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I rapporti tra il diritto penale ed il gioco d'azzardo

I rapporti tra il diritto penale ed il gioco d'azzardo
Il concessionario che gestisce apparecchi e giochi elettronici a "premi" è un "incaricato di pubblico servizio" sicchè, in caso di appropriazione di danaro, è configurabile il più grave reato di peculato.
Con la pronuncia n. 6087/2021, le Sezioni Unite della Cassazione si sono pronunciate sul complesso tema dell' appropriazione di danaro da parte dell'esercente concessionario di giochi elettronici di cui ex art. 110 del T.U.L.P.S. comma VI. All'analisi del decisum della pronuncia, appare opportuno riassumere brevemente il contesto normativo del c.d. gioco di azzardo lecito. Come è noto, l'esercizio e la gestione di giochi elettronici a "premi" è un fenomeno parzialmente autorizzato dallo Stato (seppure non incoraggiato) ed è regolato dai sensi del D.P.R. 640/72 da una concessione traslativa con cui il Ministero dell' Economia consente al concessionario di gestire una serie di apparecchi elettronici che risultano collegati ad una rete di controllo. Tali apparecchi, seppure di proprietà privata, devono essere muniti dell'apposito nulla osta rilasciato dall'ente concedente che attesta la conformità dei sistemi tecnologici alle disposizioni vigenti richiamate proprio dal T.U.L.P.S.. Nell'ambito di tale contesto normativo, il concessionario gestisce l'attività di gioco all'interno di un continuo controllo realizzato per tramite del collegamento alla rete telematica dei singoli apparecchi. Tale sistema di controllo interno è teso al controllo del flusso di denaro tanto in entrata, ovvero quello riscosso in conseguenza del gioco lecito, quanto in uscita ovvero la retribuzione delle vincite. Ciò permette anche di controllare eventuali flussi irregolari e di monitorare anche gli episodi patologici del gioco attraverso sistemi posti a protezione dell'utente che scommette.

Ciò premesso, le Sezioni Unite della Cassazione hanno abbracciato l'orientamento giurisprudenziale per il quale i proventi del gioco presenti negli apparecchi telematici, al netto del denaro restituito quale vincita agli scommettitori, appartengano di diritto alla pubblica amministrazione in quanto trattasi di denaro pubblico. Per effetto di tale qualifica, il privato concessionario gestisce in via esclusiva una attività propria della P.A. che rientra nel regime del monopolio legale e pertanto ne esercita anche i medesimi poteri di matrice pubblicistica. Alla luce di tale circostanza, le Sezioni Unite hanno confermato che il privato concessionario assume agli occhi del diritto penale la qualifica di incaricato di pubblico servizio ex art. 357 del c.p. poichè maneggia denaro pubblico in forza anche del titolo di legittimazione alla giocata che rende lecito un gioco d'azzardo. Tale qualifica è idonea a mutare, nel caso in cui il concessionario si appropri del danaro contenuto all'interno degli apparecchi, il titolo del reato dalla più tenue appropriazione indebita ex art. 646 del c.p. al più grave delitto di peculato ex art. 314 del c.p. in quanto si appropria di denaro destinato al pagamento del c.d. PREU (prelievo erariale unico) essendo tale somma di appartenenza della P.A. sin dal momento della sua riscossione.


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