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Pergotenda sul terrazzo di proprietà. E' lecita?

Pergotenda sul terrazzo di proprietà. E' lecita?
Il Consiglio di Stato precisa fino a dove l'attività volta a realizzare pergotende è libera e non necessita la richiesta di previe autorizzazioni.
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1619 del 27 aprile 2016, ha fornito alcune interessanti precisazioni in merito alla legittimità dell’installazione di una “pergotenda” sul terrazzo di proprietà.

Nel caso esaminato dal Consiglio di Stato, il TAR Lazio, in primo grado, aveva respinto il ricorso proposto da un condomino, il quale aveva chiesto l’annullamento di un provvedimento comunale, che gli aveva imposto la sospensione dei lavori e la successiva rimozione e demolizione della pergotenda installata sul terrazzo di proprietà (si trattava, in particolare, di una struttura caratterizzata da delle tende plastiche scorrevoli su binari, comandate elettricamente, con un elemento frangisole in alluminio), in quanto non era stato richiesto ed ottenuto il relativo permesso di costruire.

Secondo il TAR, infatti, l’installazione della pergotenda rappresentava “una modificazione permanente della sagoma dell’edificio per la cui esecuzione deve ritenersi necessaria la previa acquisizione di apposito permesso di costruire”.

Ritenendo tale sentenza ingiusta, il proprietario dell’immobile proponeva impugnazione dinanzi al Consiglio di Stato, per violazione dell’art. 6 del D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico sull’edilizia).

Secondo l’appellante, infatti, il TAR non avrebbe “esattamente compreso e valutato la fattispecie concreta della installazione di due pergotende, la quale rientra nell’ambito di operatività dell’articolo 6 del dpr n. 380/2001 (cd. attività edilizia libera), dovendosi in proposito fare riferimento (accertamento omesso dal Tribunale) alla sussistenza di peculiari caratteristiche, quali l’amovibilità delle opere, la loro temporaneità ovvero la loro natura di arredo pertinenziale”.

Secondo il ricorrente, dunque, l’installazione della pergotenda, che rappresenta un’opera temporanea e avente natura di arredo della terrazza, rientra nella “attività edilizia libera”, che non richiede, dunque, nessun titolo abilitativo per essere effettuata, con la conseguenza che risultava illegittimo il provvedimento del Comune che ne imponeva la rimozione.

Rileva il ricorrente, infatti, come il TAR avesse errato nel ritenere “l’opera realizzata assoggettata al preventivo rilascio del permesso di costruire, atteso che, nella specie, non era configurabile un intervento di ristrutturazione edilizia (…) difettando l’indefettibile presupposto della trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio”.

Il Consiglio di Stato, tuttavia, rilevava come le pergotende, rappresentando “strutture destinate ad una migliore vivibilità dello spazio esterno dell’unità abitativa (terrazzo)”, devono necessariamente considerarsi “installate non in via occasionale, ma per soddisfare la suddetta esigenza, la quale non è certamente precaria”.

In sostanza, secondo il Consiglio, “le “pergotende” realizzate non si connotano per una temporaneità della loro utilizzazione, ma piuttosto per costituire un “elemento di migliore fruizione dello spazio, stabile e duraturo”.

Quanto alla questione relativa al necessario rilascio del permesso di costruire, per la realizzazione di tali opere, il Consiglio rileva come, ai sensi degli articoli 3 e 10 del dpr n. 380/2001, “sono in primo luogo soggetti al rilascio del permesso di costruire gli interventi di nuova costruzione, categoria nella quale rientrano quelli che realizzano una trasformazione edilizia e urbanistica del territorio”.

Il Consiglio, tuttavia, ritiene che “la struttura in alluminio anodizzato destinata ad ospitare tende retrattili in materiale plastico non integri tali caratteristiche”, in quanto “l’opera principale non è la struttura in sé, ma la tenda, quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata ad una migliore fruizione dello spazio esterno dell’unità abitativa”.

La tenda, poi, integrata alla struttura portante, “non vale a configurare una “nuova costruzione”, atteso che essa è in materiale plastico e retrattile, onde non presenta caratteristiche tali da costituire un organismo edilizio rilevante, comportante trasformazione del territorio”.

Allo stesso modo, non poteva nemmeno parlarsi di intervento di “ristrutturazione edilizia”, dal momento che si può parlare di ristrutturazione solo quando “le opere realizzate abbiano consistenza e rilevanza edilizia, siano cioè tali da poter “trasformare l’organismo edilizio, condividendo pertanto natura e consistenza degli elementi costitutivi di esso”.

Tuttavia, la presenza nella struttura di alluminio di alcune “lastre di vetro”, faceva si, secondo il Consiglio di Stato, che si dovesse, effettivamente, parlare di “nuova costruzione”, essendo il manufatto idoneo a “determinare una trasformazione urbanistico ed edilizia del territorio”, dal momento che tali elementi in vetro rappresentano delle “vere e proprie tamponature laterali”.

Di conseguenza, secondo il Consiglio di Stato, “l’ordine di demolizione avrebbe (…) dovuto limitarsi alla sola rimozione delle strutture laterali in vetro in uno ai binari (inferiore e superiore) di scorrimento delle stesse, ma non anche dell’intera struttura”.

Alla luce di quanto sopra, il Consiglio di Stato riteneva l’appello proposto, solo parzialmente fondato.

Pertanto, la sentenza del TAR andava riformata, imponendo la demolizione unicamente con riferimento alle “tamponature laterali in vetro e dei binari (inferiore e superiore) di scorrimento di esse”.





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