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Ordine di riallacciare l'acqua agli utenti morosi

Ordine di riallacciare l'acqua agli utenti morosi
L’ordine del sindaco di riallacciare l’acqua agli utenti morosi non è legittimo poichè il Comune è estraneo al rapporto contrattuale tra azienda fornitrice e fruitore.
Secondo quanto sentenziato dal T.A.R. Lazio, sezione staccata di Latina, nella sentenza n. 711/2015, in un ricorso della società Acea Ato 5 s.p.a., contro l’amministrazione Comunale, “il sindaco non può ordinare al gestore del servizio idrico di riallacciare la fornitura agli utenti morosi”. Tale ordine, emanato tramite ordinanza prevista dal TUEL, comporterebbe, infatti, uno “sviamento di potere”, poichè il Comune è estraneo al rapporto contrattuale gestore-utente.
Il caso
La società attrice, fornitrice dell'acqua, si opponeva all'ordinanza del Sindaco di Cassino - impugnandola davanti al TAR - che ingiungeva “il ripristino immediato dell'erogazione dell'acqua” in favore delle utenze domestiche di alcuni cittadini morosi.
Infatti, proprio in ragione di tale morosità (mancato pagamento di una somma, invero, non irrisoria), l'azienda fornitrice aveva sospeso la fornitura di acqua.
La sospensione non era avvenuta "dall’oggi al domani": dopo, infatti, ripetuti solleciti e preavvisi, gli utenti interessati dalla sospensione continuavano ad essere morosi di ben 20.000 euro.
Secondo la società era stato applicato in modo non corretto l'art. 50, comma 5 del Testo unico degli enti locali, rubricato “Competenze del sindaco e del presidente della provincia”.
Il Sindaco, infatti, per fronteggiare emergenze sanitarie o di igiene pubblica, può assumere i provvedimenti che ritenga più opportuni, essendo, il primo cittadino, garante, in primis, della salute della propria cittadinanza. Il Sindaco, di fatto, riteneva di aver agito correttamente e a tutela dei cittadini, poichè l’erogazione dell’acqua rientra nei bisogni primari di natura “socio-assistenziale”.
Il Comune sosteneva che la società avrebbe potuto ridurre il flusso d’acqua piuttosto che privarne del tutto intere famiglie.
Ma il ragionamento del primo cittadino non trovava accoglimento in sede di giudizio: i giudici del TAR, hanno ritenuto fondata la doglianza della società attrice, confermando “il difetto dei presupposti per l'esercizio del potere di ordinanza sindacale previsto dall'art. 50, comma 5, T.U.E.L.”.
Il comportamento del sindaco integra un palese “sviamento di potere”, essendo, il Comune, estraneo al rapporto contrattuale gestore-utente. Tale ingerenza impedisce al fornitore, in modo illegittimo, di poter utilizzare i rimedi di legge tesi ad interrompere la somministrazione di acqua nei confronti di utenti morosi.
Per i giudici, in definitiva, il Comune non può interferire nel rapporto privatistico gestore-utente.


LA SENTENZA
Considerato che con il ricorso in epigrafe la società ACEA ATO 5 S.p.A. ha
impugnato l’ordinanza del Sindaco di Cassino n. -OMISSIS-, chiedendone
l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione;
Considerato che con detta ordinanza, emanata ai sensi dell’art. 50, comma 5, del
d.lgs. n. 267/2000 (T.U.E.L.), il Sindaco di Cassino ha ingiunto alla società
ricorrente di ripristinare immediatamente l’erogazione dell’acqua in favore
dell’utenza domestica contrassegnata con il n. -OMISSIS-, intestata alla sig.ra -
OMISSIS-;
Osservato che, in punto di fatto, l’ACEA ATO 5 S.p.A. espone di essere gestore
del servizio idrico integrato (S.I.I.) dell’Ambito Territoriale Ottimale (A.T.O.) n. 5
– Lazio Meridionale-Frosinone e di aver proceduto alla sospensione della fornitura
di acqua, dopo ripetuti solleciti e preavvisi, a seguito della situazione di grave
morosità dell’utente (pari a circa € 20.000,00);
Osservato che, in punto di diritto, la società ricorrente ha dedotto i seguenti
motivi:
- violazione dell’art. 50, comma 5, T.U.E.L. ed eccesso di potere per sviamento,
poiché, mentre le ordinanze contingibili ed urgenti possono essere emesse dal
Sindaco per fronteggiare le emergenze sanitarie o di igiene pubblica, nel caso de
quo non sarebbe stato indicato alcun pericolo per l’igiene e la salute pubblica e si
sarebbero tutelati esclusivamente gli interessi dell’utente privato. Fuorviante
sarebbe poi il richiamo da parte dell’ordinanza impugnata ad “aspetti di natura
socio-assistenziale”, che non avrebbero rilevanza ai fini dell’adozione delle
ordinanze ex art. 50 T.U.E.L.;
- violazione di legge, eccesso di potere, difetto di istruttoria e di motivazione,
giacché l’ordinanza impugnata si fonderebbe sull’erroneo presupposto
dell’illegittimità della condotta dell’ACEA ATO 5 S.p.A. (la quale non avrebbe
potuto procedere al distacco completo della fornitura, ma, al più, a ridurre il
flusso), mentre la condotta tenuta dalla società sarebbe pienamente legittima sotto
tutti gli aspetti presi in esame dal provvedimento stesso;
- violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990, eccesso di potere per difetto di
istruttoria e motivazione sotto altro profilo, giacché sarebbero prive di
fondamento le affermazioni contenute nell’ordinanza gravata, secondo cui l’utente
avrebbe contestato la morosità, nonché il consumo abnorme registrato dal
contatore e l’insorgenza di una perdita occulta, ed avrebbe subito l’asportazione
del contatore di sua proprietà senza alcuna notifica;
Osservato che si è costituito in giudizio il Comune di Cassino, depositando una
memoria difensiva e documentazione sui fatti di causa e resistendo alle pretese
attoree;
Preso atto della rinuncia all’istanza cautelare da parte dell’ACEA ATO 5 S.p.A.;
Considerato che la ricorrente ha depositato memoria conclusiva e memoria di
replica, insistendo per l’accoglimento del gravame;
Considerato che anche il Comune di Cassino ha depositato una memoria
conclusiva ed una replica, insistendo per il rigetto del ricorso;
Rilevato che la controinteressata sig.ra -OMISSIS-, pur ritualmente e
tempestivamente evocata, non si è costituita in giudizio;
Ritenuto, in via preliminare, di doversi pronunciare in senso positivo sulla
questione – rilevabile ex officio – della procedibilità del ricorso, poiché l’ordinanza
impugnata ha dettato una disciplina non provvisoria, ma tale da incidere in modo
stabile sul rapporto cui inerisce, con l’effetto – secondo la memoria conclusiva
della ricorrente – di determinare una sorta di immunità sine die in favore della
controinteressata;
Ritenuta, nel merito, la sussistenza degli estremi per pronunciare sentenza cd.
semplificata, ai sensi dell’art. 74 c.p.a., in virtù della manifesta fondatezza del
ricorso;
Considerato, in proposito, che è fondata e da accogliere la censura, dedotta con il
primo motivo, di difetto dei presupposti per l’esercizio del potere sindacale di
ordinanza previsto dall’art. 50, comma 5, T.U.E.L.;
Rilevato, infatti, che secondo la giurisprudenza occupatasi della questione (T.A.R.
Sardegna, Sez. I, 12 giugno 2015, n. 855; T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, 13
maggio 2015, n. 1000; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III, 1° febbraio 2013, n. 290), il
Sindaco non può intervenire con l’ordinanza prevista dall’art. 50, comma 5,
T.U.E.L. a vietare al gestore del servizio idrico l’interruzione della fornitura nei
confronti di singoli utenti morosi, poiché in questo caso si realizza uno sviamento
di potere, che vede il Comune, estraneo al rapporto contrattuale gestore – utente,
impedire al medesimo gestore di azionare i rimedi di legge tesi ad interrompere la
somministrazione di acqua nei confronti di utenti non in regola con il pagamento
della prevista tariffa, e ciò a prescindere dall’imputabilità di siffatto inadempimento
a ragioni di ordine sociale;
Considerato che, ad avviso del Collegio, va senz’altro condivisa l’affermazione per
cui all’Autorità comunale non può essere riconosciuto un ruolo nello svolgersi del
rapporto di utenza tra il soggetto gestore del S.I.I. ed il destinatario della fornitura
idrica, ed in ordine al suo sviluppo contrattuale (v. T.A.R. Sardegna, Sez. I, n.
855/2015, cit.). Ove, comunque, si voglia ipotizzare sul punto una sorta di
“dinamica di rapporti” tra Autorità comunale e gestore del servizio, lo strumento
amministrativo utilizzabile non potrebbe legittimamente rinvenirsi nell’ordinanza
ex art. 50 cit., che, in carenza dei presupposti di contingibilità (sul quale cfr. C.d.S.,
Sez. V, 12 giugno 2009, n. 3765; id., Sez. IV, 13 dicembre 1999, n. 1844) e di
urgenza, risulta essere del tutto sproporzionato rispetto all’obiettivo da raggiungere
(T.A.R. Sicilia Palermo, Sez. I, n. 290/2013, cit.);
Osservato che in senso contrario non è invocabile una recente pronuncia recante
rigetto del ricorso proposto contro l’ordinanza sindacale (T.A.R. Calabria,
Catanzaro, Sez. II, 10 aprile 2012, n. 358), trattandosi di precedente che atteneva
alla ben diversa fattispecie del contratto di somministrazione concluso tra il gestore
del servizio idrico ed un Comune, sicché: a) il Comune era, esso stesso, parte del
rapporto contrattuale, nonché debitore inadempiente all’obbligo di pagamento; b)
l’interruzione della fornitura di acqua da parte del gestore non riguardava solo
singole utenze;
Considerato che la fondatezza della censura di difetto dei presupposti, dedotta con
il primo motivo, attesa la sua portata logicamente (e giuridicamente) assorbente,
esime il Collegio dall’analizzare le ulteriori censure formulate dalla ricorrente;
Osservato in particolare, al riguardo, che se non vi è spazio nella fattispecie in
esame per l’esercizio del potere ex art. 50, comma 5, cit., diventa irrilevante
verificare se la condotta della ricorrente sia o no stata improntata a legittimità, altri
essendo i rimedi offerti dall’ordinamento per l’ipotesi in cui si ravvisassero
scorrettezze o illegittimità contrattuali;
Osservato, inoltre, che per la medesima ragione fuoriesce dal presente contenzioso
anche la verifica circa la sussistenza di perdite occulte del contatore, tali da
giustificare le contestazioni mosse dalla controinteressata ai pagamenti che le sono
stati richiesti, con il corollario che appaiono inconferenti le eccezioni formulate sul
punto dalla difesa del Comune di Cassino nelle varie memorie depositate in
giudizio;
Ritenuto, in conclusione, che il ricorso sia fondato e da accogliere, in ragione della
fondatezza della doglianza di difetto dei presupposti, dedotta con il primo motivo,
e con assorbimento delle ulteriori censure;
Ritenuto, per l’effetto, di dover annullare l’ordinanza del Sindaco di Cassino n. -
OMISSIS-;
Ritenuto, da ultimo, di dover liquidare le spese secondo il criterio della
soccombenza, nella misura indicata in dispositivo, nei riguardi del Comune di
Cassino, e di dover dichiarare irripetibili le spese nei riguardi della sig.ra -
OMISSIS-, non costituitasi in giudizio
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sezione staccata di Latina
(Sezione I^), così definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe
proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’ordinanza sindacale con esso
impugnata.
Condanna il Comune di Cassino al pagamento in favore della società ricorrente
delle spese e degli onorari di causa, che liquida in via forfettaria in € 2.000,00
(duemila/00), oltre accessori di legge, dichiarando irripetibili le spese nei confronti
della sig.ra -OMISSIS-.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1, del d.lgs. 30
giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti e della dignità della parte interessata, per
procedere all’oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi della sig.ra
-OMISSIS-, dà mandato alla Segreteria di provvedere all’annotazione di cui ai
commi 1 e 2 della citata disposizione, nei termini indicati.


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