A partire dal 1° gennaio 2026, il quadro dei diritti legati alla Legge 104 si arricchirà di una novità significativa che riguarda i lavoratori i quali affrontano situazioni di salute complesse e i loro caregiver: la possibilità di usufruire di dieci ore annue di permesso retribuito aggiuntivo per visite, esami e cure mediche. Questa introduzione normativa non sostituisce i permessi già esistenti, ma li integra, offrendo uno strumento in più per conciliare le esigenze di cura con gli impegni lavorativi.
Finora, le tutele previste dalla Legge 104 hanno consentito ai lavoratori dipendenti pubblici e privati, nonché a chi assiste un familiare con grave disabilità, di usufruire di tre giorni di permesso retribuiti al mese, frazionabili anche in ore per flessibilità organizzativa. Dal 2026, questa protezione viene ampliata con un pacchetto annuale di 10 ore dedicato a prestazioni sanitarie specifiche, come visite specialistiche, esami diagnostici, analisi cliniche e cicli terapeutici ricorrenti.
Dal punto di vista giuridico, la misura nasce con l’intento di rispondere a esigenze crescenti: molte persone con patologie oncologiche, invalidanti o croniche devono affrontare controlli periodici e terapie che richiedono tempo e continuità. In questi casi, i tre giorni mensili standard possono non essere sufficienti a coprire tutte le assenze necessarie, soprattutto quando le prestazioni sanitarie si susseguono o si sovrappongono nel corso dell’anno. Le dieci ore aggiuntive, quindi, non vanno considerate come un “bonus” generalizzato, ma come uno strumento mirato a supportare lavoratori e famiglie in condizioni di fragilità sanitaria.
La disciplina applicativa è stata chiarita dall’INPS tramite la Circolare n. 152 del 19 dicembre 2025, che fornisce indicazioni operative su come riconoscere, gestire e documentare questi permessi, oltre a delineare i profili contributivi e retributivi necessari per le imprese e gli enti pubblici. In particolare, la circolare specifica che i permessi saranno retribuiti con un’indennità calcolata secondo criteri analoghi a quelli della malattia comune, e che il datore di lavoro anticipa l’indennità in busta paga, per poi recuperarla tramite meccanismi contributivi.
Un aspetto giuridico essenziale riguarda la cumulabilità dei permessi: le dieci ore annue si sommano ai tre giorni mensili previsti dalla normativa “base”. Ciò significa che il lavoratore non deve scegliere tra l’una e l’altra tutela, ma può utilizzare entrambe in funzione delle necessità reali, con una maggiore precisione nella gestione delle assenze per attività sanitarie brevi. Questa cumulabilità è un elemento innovativo, perché permette di coprire sia le esigenze di assistenza continuativa previste dalla 104 sia le assenze più puntuali, legate a prestazioni mediche specifiche.
Un’altra questione rilevante riguarda chi può beneficiare di queste ore extra. In primo luogo, la norma riguarda i lavoratori affetti da patologie gravi, croniche o invalidanti con invalidità civile riconosciuta pari almeno al 74% o situazioni di salute analoghe. Tuttavia, la tutela non riguarda solo il diretto interessato: anche i lavoratori che assistono persone disabili con le medesime condizioni (compreso il caso in cui le persone assistite siano figli minorenni con disabilità) possono accedere alle ore aggiuntive per accompagnarli e gestire le prestazioni sanitarie di cui questi necessitano.
Sul piano operativo, per accedere ai permessi 104 extra non è sufficiente la semplice dichiarazione di bisogno: è richiesta una documentazione medica che attesti la necessità di visite, esami o cure, con indicazioni che rendano possibile verificare la natura della prestazione e la sua rilevanza. Dal punto di vista amministrativo, il lavoratore deve comunicare al datore di lavoro la volontà di fruire del permesso e presentare le prove della prestazione svolta, in modo da integrare correttamente le registrazioni retributive e contributive.
Oltre all’aspetto individuale, la norma ha anche un’importante dimensione collettiva: essa riconosce che la conciliazione tra lavoro e salute è un tema centrale nelle politiche sociali e del lavoro, soprattutto in un sistema demografico in cui le malattie croniche e invalidanti sono sempre più diffuse. Offrire uno strumento giuridico che consenta di gestire con maggiore flessibilità le assenze per cure non è solo un vantaggio per il singolo lavoratore, ma rappresenta un investimento in coesione sociale e tutela del reddito.