Un intervento che va letto come un segnale politico, ma anche economico: sostenere i redditi reali, fidelizzare i dipendenti e incentivare un modello di impresa più attento al benessere delle persone. Ecco, nel dettaglio, cosa cambia, come funzionano i fringe benefit e perché il 2026 potrebbe essere l’anno della loro definitiva consacrazione.
Cosa sono i fringe benefit e perché le aziende li amano
I fringe benefit rappresentano una componente non monetaria della retribuzione, ossia un insieme di beni e servizi che le aziende offrono ai propri dipendenti come parte del pacchetto di compensi complessivo. Sono, in sostanza, un modo per incrementare il valore percepito dello stipendio senza aumentare il costo fiscale.
Tra le forme più comuni di fringe benefit rientrano:
- auto aziendale a uso personale o promiscuo;
- buoni pasto cartacei o elettronici;
- voucher carburante o buoni spesa;
- copertura assicurativa o sanitaria;
- pagamento totale o parziale dell’affitto o delle utenze domestiche.
Il principio alla base del loro funzionamento è quello di offrire vantaggi concreti che migliorano la qualità della vita del dipendente, rafforzando il legame con l’azienda e accrescendo la motivazione. Per le imprese, questa politica non è solo un investimento in capitale umano, ma anche una leva strategica di fidelizzazione e attrattività nei confronti di nuovi talenti.
Vantaggi fiscali dei fringe benefit
Sotto il profilo fiscale, i fringe benefit sono particolarmente appetibili, perché non soggetti a Irpef né a contributi previdenziali fino al limite di legge. Ciò si traduce in un guadagno reale per il lavoratore e in una riduzione del costo del lavoro per l’impresa.
Tuttavia, la normativa prevede un meccanismo rigido: se il valore complessivo dei benefit supera anche di un solo euro la soglia di esenzione, l’intero importo diventa imponibile. Niente franchigie, niente sforamenti parziali: o si resta sotto la soglia, o si perde l’agevolazione. Ecco perché le aziende devono monitorare con attenzione l’erogazione dei benefit, magari con strumenti digitali di gestione del welfare, per non vanificare i vantaggi fiscali.
Manovra 2026 e fringe benefit: le nuove soglie di esenzione
Ma passiamo ora alle novità. La Manovra 2026 punta a un potenziamento deciso del welfare aziendale. La bozza della Legge di Bilancio prevede, infatti, il raddoppio delle soglie esenti, una misura che andrebbe ad incidere direttamente sulla disponibilità economica dei lavoratori.
I nuovi limiti previsti sono:
- 2.000 euro annui per tutti i lavoratori dipendenti;
- 4.000 euro annui per i lavoratori con figli fiscalmente a carico.
Premi di produttività e welfarizzazione: l’altro tassello della Manovra
Nel pacchetto lavoro della Manovra non c’è solo il capitolo fringe benefit. Tra le ipotesi allo studio c’è anche un ritocco alle agevolazioni sui premi di produttività, con l’intenzione di innalzare il limite massimo su cui applicare la tassazione ridotta. Oggi, i lavoratori con reddito annuo fino a 80.000 euro beneficiano di un’imposta sostitutiva agevolata, scesa dal 10% al 5% fino al 2027.
Ma la vera novità riguarda la possibilità di trasformare il premio in welfare aziendale. Se il dipendente sceglie di convertire il premio in servizi - buoni, rimborsi o benefit - l’importo diventa completamente esente da tassazione. È il fenomeno della cosiddetta welfarizzazione, una tendenza in forte crescita perché vantaggiosa per il lavoratore e per l'azienda. Il primo ottiene un beneficio netto maggiore, la seconda riduce i costi e consolida il senso di appartenenza del team.
Le regole ancora in vigore: il quadro attuale
Fino all’entrata in vigore della nuova Manovra, continuano però ad applicarsi le disposizioni della Legge di Bilancio 2025, valide per il triennio 2025-2027. Attualmente i limiti di esenzione dei fringe benefit sono fissati a:
- 1.000 euro annui per tutti i dipendenti;
- 2.000 euro per i lavoratori con figli fiscalmente a carico.
- non concorrono alla formazione del reddito i beni e servizi erogati dall’azienda;
- non sono tassati i rimborsi per spese domestiche come bollette di luce, gas e acqua, affitto o mutuo sulla prima casa.