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Benefici prima casa: cosa succede se non si trasferisce la residenza nell'immobile entro 18 mesi dall'acquisto?

Fisco - -
Benefici prima casa: cosa succede se non si trasferisce la residenza nell'immobile entro 18 mesi dall'acquisto?
La realizzazione dell'impegno di trasferire la residenza rappresenta un elemento essenziale per il conseguimento dei benefici "prima casa" e costituisce un vero e proprio obbligo del contribuente verso il fisco.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4591 del 28 febbraio 2018, ha fornito alcune interessanti precisazioni in tema di decadenza dai benefici “prima casa” (art. 1 della tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986).

Il caso sottoposto all’esame della Cassazione ha visto come protagonista un contribuente, che aveva impugnato l’avviso di liquidazione dell’Ufficio del Registro di Napoli, avente ad oggetto l'imposta di registro, “per decadenza dai benefici riservati alla prima abitazione”.

Nello specifico, il contribuente aveva fondato le proprie ragioni sul fatto che “il superamento del termine di 18 mesi per stabilire la residenza nell'immobile acquistato era dipeso da causa di forza maggiore costituita dall'occupazione abusiva del custode che non aveva inteso rilasciare l'immobile neppure a seguito delle procedure giudiziali instaurate”.

L’impugnazione del contribuente era stata rigettata in primo grado ma la sentenza era stata riformata in grado d’appello, dal momento che la Commissione Tributaria Regionale della Campania “riteneva che al contribuente dovesse essere comunque riconosciuto il diritto all'agevolazione perchè era stato per impossibilità che non aveva potuto effettuare ciò che voleva nei termini”.

Ritenendo la decisione ingiusta, l’Agenzia delle Entrate aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza con cui era stata accolta l’impugnazione proposta dal contribuente.

Secondo l’Agenzia delle Entrate, in particolare, la Commissione Tributaria Regionale non aveva dato corretta applicazione all’art. 1 della tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, non essendo applicabile la causa di giustificazione della forza maggioreper il mancato rispetto dei termini di adibizione dell'immobile a prima abitazione”.

La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di dover aderire alle considerazioni svolte dall’Agenzia delle Entrate, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.

Evidenziava la Cassazione, infatti, che “la fruizione dell'agevolazione fiscale connessa all'acquisto della prima casa postula che l'acquirente abbia la residenza (o presti attività lavorativa) nel comune in cui è ubicato l'immobile ovvero (…) che si impegni, in seno all'atto d'acquisto, a stabilirla in detto comune entro il termine di diciotto mesi”.

Secondo la Corte, dunque, “la realizzazione dell'impegno di trasferire la residenza” rappresenta un “elemento essenziale per il conseguimento del beneficio richiesto e provvisoriamente concesso dalla legge al momento della registrazione dell'atto e costituisce un vero e proprio obbligo del contribuente verso il fisco”.

Pertanto - pur dovendosi tener conto “della sopravvenienza di un caso di forza maggiore, e cioè di un ostacolo all'adempimento dell'obbligazione, caratterizzato dalla non imputabilità alla parte obbligata, e dall'inevitabilità ed imprevedibilità dell'evento” – rimangono del tutto “irrilevanti le motivazioni soggettive relative al mancato trasferimento della residenza nel comune in cui è ubicato l'immobile”.

Ebbene, nel caso di specie, poiché la causa di “forza maggiore” allegata dal contribuente (relativa all’occupazione da parte di terzi dell’immobile) era “preesistente all’atto di trasferimento immobiliare”, la stessa doveva considerarsi “irrilevante”, in quanto “il contribuente incorre nella decadenza dall'agevolazione, qualora l'evento dedotto sia dovuto a causa di forza maggiore preesistente rispetto alla stipula dell'acquisto”.

Del resto, osservava la Corte, “colui che acquista un immobile occupato si espone ai ritardi resi necessari dal dover intraprendere procedimenti giudiziali finalizzati al rilascio”.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione accoglieva l’impugnazione proposta dall’Agenzia delle Entrate, annullando la sentenza impugnata e respingendo il ricorso del contribuente.


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