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Avvocato, rischi la sospensione dall’albo se la PEC è inattiva o piena: novità CNDCEC per tutti i professionisti

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Avvocato, rischi la sospensione dall’albo se la PEC è inattiva o piena: novità CNDCEC per tutti i professionisti
Avere una PEC non basta: occorre che sia attiva, accessibile e funzionante, perché rappresenta a tutti gli effetti il domicilio digitale del professionista, con valore legale pari a un indirizzo fisico. I chiarimenti del CNDCEC
Con la finalità di avvertire dei rischi legati a un uso non scrupoloso degli strumenti digitali, il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili (CNDCEC) ha recentemente chiarito, con il Pronto Ordini n. 63/2025, che non basta possedere una casella PEC per rispettare le regole di legge. Infatti, il professionista deve sempre assicurarsi che l'indirizzo sia valido, attivo e non saturo, pena pesanti conseguenze sanzionatorie.

Com'è noto, l'obbligo di disporre di un domicilio digitale - che mira ad assicurare certezza giuridica, efficienza e trasparenza nei rapporti tra ordini, P.A. e professionisti - è stato fissato con il decreto legge 185/2008, testo che impone ai professionisti iscritti agli ordini e collegi di comunicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) all'ordine di appartenenza.
Alcuni anni dopo, il decreto legge 76/2020 ha rafforzato la normativa, prevedendo un vero e proprio sistema sanzionatorio per i casi di inadempienza. In particolare, l'art. 37, comma 7-bis, stabilisce che il professionista che non comunica il proprio domicilio digitale deve essere diffidato a provvedere entro trenta giorni, con la sospensione dall'albo in caso di mancata regolarizzazione.

In particolare, il quesito posto dall'Ordine di Milano al CNDCEC riguardava una ricorrente situazione pratica: cosa accade quando la PEC risulta inattiva, non valida o satura, pur essendo stata in origine comunicata? Ebbene, il Consiglio nazionale ha fornito un chiarimento inequivocabile: una casella PEC in uno di questi stati deve essere considerata, a tutti gli effetti, come mancata comunicazione del domicilio digitale. Conseguentemente, anche in circostanze come queste, l'iscritto all'albo potrà essere diffidato con apposita procedura ed essere sospeso automaticamente dall'albo, fino all'effettivo adempimento.

La finalità alla base di questo obbligo - rimarca il CNDCEC - è garantire efficienza, trasparenza e certezza giuridica delle comunicazioni, mediante canali che assicurino disponibilità immediata, tracciabilità e valore legale. Ne consegue che la PEC deve essere sempre operativa, valida e idonea a ricevere comunicazioni. Altrimenti, la situazione può essere equiparata, sul piano degli effetti giuridici, alla mancata comunicazione del domicilio stesso, poiché non ne viene consentita la funzione tipica (ricevere comunicazioni con efficacia legale).

Perciò, se la casella è inattiva (ad esempio perché scaduta o mai attivata), non valida (indirizzo errato o non riconosciuto come PEC) o satura (impossibilità di ricevere nuovi messaggi), l'Ordine sarà libero di adottare le adeguate contromisure. In termini concreti, per risolvere la situazione il professionista dovrà:
  • fornire entro trenta giorni un domicilio digitale valido e funzionante, oppure
  • svuotare la casella PEC laddove sia satura, così da renderla nuovamente operativa.
Inoltre, il CNDCEC precisa che, in ipotesi di mancato adempimento, il Consiglio dell'Ordine provvederà alla sospensione dell'iscritto, senza ulteriore preavviso, e che tale provvedimento ha natura amministrativa e non disciplinare. Questo significa che - come già previsto dall'art. 16, comma settimo, del D.L. 185/2008 per la mancata comunicazione del domicilio digitale - anche per l'inattività sopravvenuta della casella PEC spetta al Consiglio dell'Ordine (e non al Consiglio di Disciplina) adottare il provvedimento sanzionatorio.

Non a caso, le precisazioni del CNDCEC mirano a distinguere tra sanzioni amministrative e procedimenti disciplinari. L'inattività o la mancata validità della PEC non comporta l'apertura di un procedimento disciplinare, ma rientra nel meccanismo amministrativo di sospensione previsto dal D.L. 76/2020.

Il Consiglio di Disciplina, invece, resta competente per l'avvio e la gestione dei procedimenti disciplinari. Tuttavia, il CNDCEC ha sottolineato che le frequenti difficoltà nel notificare atti disciplinari agli iscritti (quando la PEC non sia funzionante) rendono necessario un sistema alternativo di notifica. Ecco perché l'art. 26, comma primo, del Regolamento per l'esercizio della funzione disciplinare territoriale stabilisce che i provvedimenti disciplinari debbono essere notificati entro trenta giorni dalla pubblicazione, tramite PEC, oppure lettera raccomandata con avviso di ricevimento, o ancora attraverso ufficiale giudiziario, in caso di impossibilità di utilizzo della posta elettronica certificata.

Concludendo, il Pronto Ordini n. 63/2025 del CNDCEC rappresenta un importante richiamo alla responsabilità digitale dei professionisti: una PEC non funzionante compromette la validità delle comunicazioni, mettendo a rischio l'efficacia legale delle notifiche. Per questo, la mancata gestione corretta della propria casella - anche solo per saturazione della memoria - è considerata una violazione dell'obbligo di legge. Il professionista, per evitare rischi, dovrà mantenere sempre attiva la propria casella, comunicare tempestivamente all'Ordine eventuali variazioni dell'indirizzo e controllare periodicamente la capienza della PEC (svuotandola quando necessario). Solo in questo modo potrà garantirsi che la casella sia idonea a ricevere comunicazioni legali in ogni momento.

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