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Diritto processuale penale -

Il minore autore di reato: una tutela in tema di provvedimenti limitativi della libertą personale

AUTORE:
ANNO ACCADEMICO: 2021
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitą degli Studi di Cagliari
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
Il presente elaborato ha per oggetto l’analisi della figura del minore autore di reato e, in particolare, la tutela accordatagli in tema di provvedimenti limitativi della libertà personale. L’obiettivo è quello di approfondire il delicato tema delle restrizioni della libertà personale (art. 13 Cost.), con riguardo a soggetti con un’evoluzione ancora in formazione che, pertanto, meritano maggior tutela.
La prima parte si concentra in generale sulla figura del minore, mettendo in evidenza la tutela che gli è stata accordata dall’ordinamento italiano già a partire dall’introduzione - con R.D.L. n. 1404/1934 - del Tribunale per i Minorenni, autorità giudiziaria con particolare specializzazione in materia, sino all’istituzione, con d.P.R. n. 448/1988, del Codice Processo Penale Minorile. La trattazione prosegue delineando i punti più rilevanti contenuti nel medesimo codice: in particolare, analizza i principi generali del processo minorile, tra i quali emerge la finalità rieducativa che è alla base dell’intero sistema; essa trova espressione all’art. 27 Cost., comma 3, nel quale si specifica che «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato».
La seconda parte dell’elaborato entra, invece, più nel vivo del processo e delle tutele del minore, prevedendo i provvedimenti limitativi della libertà personale e, dunque, le misure «pre-cautelari» e «cautelari». Le prime sono: l’arresto in flagranza di reato (art. 16 del Codice Processo Penale Minorile), il fermo (art. 17 del Codice Processo Penale Minorile) e l’accompagnamento a seguito di flagranza (art. 18 bis del Codice Processo Penale Minorile). Sono misure facoltative, dal momento che è l’autorità procedente a stabilire, sulla base dei presupposti previsti dalla legge, la necessità di una loro applicazione. Ancora una volta, l’esigenza è quella di evitare che il minore possa andar incontro ad «un’esperienza traumatica idonea ad incidere negativamente sullo sviluppo della sua personalità». Infine, l’ultimo capitolo tratta le misure cautelari disciplinate nel nostro ordinamento: le prescrizioni (art. 20 del Codice Processo Penale Minorile), la permanenza in casa (art. 21 del Codice Processo Penale Minorile), il collocamento in comunità (art. 22 del Codice Processo Penale Minorile) e la custodia cautelare in carcere (art. 23 del Codice Processo Penale Minorile). Le prime tre sono provvedimenti obbligatori, così definiti per gli obblighi posti a carico del giovane. L’ultima è una cautela a carattere coercitivo. In ragione del carattere invasivo tipico di tali misure, il legislatore prevede dei criteri di scelta, di cui il giudice deve tenere conto nell’applicazione, che in parte richiamano quelli già previsti nel codice di procedura penale a carico di imputati adulti (l’art. 19 del Codice Processo Penale Minorile rimanda all’art. 275 del c.p.p., in cui si esclude, però, l’estensione del 3° comma).
È, invece, espressamente prevista quale requisito per il procedimento minorile, come più volte richiamato, l’esigenza di non interrompere i processi educativi in atto, intesi non come meri rapporti interpersonali e sociali del minore, ma consolidati percorsi, come ad esempio quello scolastico o lavorativo, idonei a integrare il minore nella società e a formarlo nella personalità. Tale esigenza trova attuazione nella previsione della custodia in carcere come extrema ratio; ciò sta ad indicare che essa, proprio per costituire la misura più afflittiva tra quelle menzionate, ha una limitata possibilità di utilizzo.

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