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Articolo 525 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Immediatezza della deliberazione

Dispositivo dell'art. 525 Codice di procedura penale

1. La sentenza è deliberata subito dopo la chiusura del dibattimento.

2. Alla deliberazione concorrono, a pena di nullità assoluta [179], gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento. Se alla deliberazione devono concorrere i giudici supplenti in sostituzione dei titolari impediti, i provvedimenti già emessi conservano efficacia se non sono espressamente revocati(1).

3. Salvo quanto previsto dall'articolo 528, la deliberazione non può essere sospesa se non in caso di assoluta impossibilità. La sospensione è disposta dal presidente con ordinanza.

Note

(1) Pare che tale disposizione debba applicarsi in tutti i casi di mutamento in itinere della composizione fisica del giudice.

Ratio Legis

La norma in esame è diretta a chiarire i i principi di immediatezza della deliberazione e dell'immutabilità del giudice, fondamentale in un sistema processuale imperniato sull'oralità e sull'esame incrociato.

Spiegazione dell'art. 525 Codice di procedura penale

Subito dopo la chiusura del dibattimento e, nello specifico, esaurita la discussione finale ai sensi dell'art. 523, viene il momento della deliberazione della sentenza.
La norma in commento enuncia il principio dell'immediatezza della deliberazione ed il principio dell'immutabilità del giudice.

Invero, la partecipazione degli stessi giudice che hanno partecipato al dibattimento è prevista a pena di nullità assoluta (insanabile e rilevabile in ogni momento, v. a proposito art. 179), posto che in un sistema giuridico moderno è imprescindibile che il giudice deliberante abbia completa cognizione di ciò che è avvenuto nella fase dibattimentale, ovvero il luogo in cui si forma la prova nel contraddittorio delle parti.

Per quanto concerne invece il principio dell'immediatezza, la deliberazione può essere sospesa solo in caso di assoluta necessità.

Solamente in caso di sostituzione dei giudice in quel momento impediti a deliberare (si pensi al caso estremo di morte di uno dei giudici), i provvedimenti già emessi conservano efficacia, se non espressamente revocati. In ogni caso, il principio dell'immutabilità resta salvo, posto che sarà necessario rinnovare la fase istruttoria.

Le SSUU Penali (sent. n. 41736/19) precisano che a seguito del mutamento del giudice le parti hanno il diritto di presentare prove nuove (anche chiedendo termine per il deposito di lista ex art. 468 c.p.p., al momento in cui viene rilevato il mutamento del giudice oppure di uno o più componenti del Collegio giudicante) o di chiedere la ripetizione di quelle già espletate dinanzi al precedente giudice.

Tuttavia, le SSUU Penali impongono un particolare (e sicuramente gravoso) onere a carico delle parti, sia da un punto di vista temporale, in quanto sono chiamate da un lato ad accertarsi in prima persona dell’avvenuto mutamento del giudice e a formulare richiesta di prove nuove tempestivamente per non perdere il diritto di “difendersi provando”, che da un punto di vista sostanziale, in quanto le parti devono anche indicare specificamente le ragioni che impongano la rinnovazione della prova già espletata.

Massime relative all'art. 525 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 41372/2018

In tema di immutabilità del giudice, non è ravvisabile la nullità prevista dall'art. 525, comma 2, cod. proc. pen. per il caso di non corrispondenza fra i giudici che adottano la deliberazione e quelli che hanno partecipato al dibattimento qualora, dopo che sia stata espletata l'audizione del perito, intervenga modifica nella composizione dell'organo giudicante, davanti al quale, tuttavia, venga rinnovata l'ordinanza ammissiva della perizia, ed espletata una nuova audizione del perito, in quanto tale nullità è configurabile solo quando risulti dagli atti di causa che sia stato impedito alle parti di celebrare un nuovo dibattimento e che, quindi, la rinnovazione del dibattimento sia stata deliberatamente rifiutata od esclusa.

Cass. pen. n. 10127/2018

Nel caso di rinnovazione del dibattimento per mutamento della persona fisica del giudice o della composizione del collegio giudicante, sono utilizzabili le prove assunte mediante conferma delle dichiarazioni rese in precedenza e legittimamente inserite nel fascicolo del dibattimento, sempre che la parte, ancorché non abbia manifestato il consenso all'utilizzabilità, sia stata messa in condizione di svolgere il controesame in modo ampio, formulando tutte le domande ritenute necessarie.

Cass. pen. n. 48635/2017

Il principio dell'immutabilità del giudice, sancito dall'art. 525, secondo comma, cod. proc. pen., non è applicabile alla pronuncia sull'estradizione emessa dalla corte di appello, pertanto, una volta rinviato il giudizio sull'estradabilità ad altra udienza per l'acquisizione di ulteriore documentazione, non è imposta la stessa composizione del collegio, dovendo la pronuncia essere resa in base alla documentazione trasmessa dallo Stato richiedente e a conclusione della discussione orale delle parti, nei limiti entro cui queste ultime intendano sviluppare argomenti ulteriori rispetto a quelli già risultanti dai documenti acquisiti agli atti e prodotti dalla difesa.

Cass. pen. n. 23015/2017

Nel caso di rinnovazione del dibattimento a causa del mutamento della persona del giudice monocratico o della composizione del giudice collegiale, la testimonianza raccolta dal primo giudice non è utilizzabile per la decisione mediante semplice lettura, senza ripetere l'esame del dichiarante, quando questo possa avere luogo e sia stato richiesto da una delle parti. (Nell'enunciare il principio di cui in massima, la S.C. ha, peraltro, affermato che allorquando, nel corso del dibattimento rinnovato a causa del mutamento del giudice, non è possibile ripetere l'audizione del teste perché questi non è stato reperito, il giudice può comunque disporre, ai sensi dell'art. 511, comma secondo, cod. proc. pen., la lettura delle dichiarazioni precedentemente raccolte nel contraddittorio delle parti e inserite legittimamente negli atti dibattimentali).

Cass. pen. n. 13599/2017

L'immutabilità del giudice, sancita dall'art. 525, comma secondo, cod. proc. pen., essendo espressione di un principio generale, si estende anche alle decisioni assunte nei giudizi di impugnazione cautelare. (Nella fattispecie la S.C. ha annullato l'ordinanza resa dal tribunale del riesame, poiché il verbale dell'udienza camerale recava l'indicazione di un collegio diversamente composto da quello riportato nell'intestazione del dispositivo e del provvedimento successivamente depositato).

Cass. pen. n. 4940/2017

Non sussiste la nullità della sentenza qualora la discussione finale sia stata frazionata dinanzi a collegi diversamente composti ed il tribunale non si sia limitato alla rinnovazione mediante lettura dei verbali delle prove raccolte, ma abbia espressamente disposto anche la lettura degli interventi conclusivi svolti dinanzi al precedente collegio - registrati e trascritti - senza opposizione delle parti, in quanto, in tal caso, si deve intendere che esse abbiano prestato consenso, sia pure implicitamente, alla lettura degli atti suddetti.

Cass. pen. n. 3858/2017

Nel caso di rinnovazione del dibattimento per mutamento della composizione del giudice, l'onere della citazione dei testi grava sulla parte che ne aveva originariamente chiesto l'assunzione. (In motivazione, la Corte ha precisato che sono inutilizzabili le dichiarazioni testimoniali precedentemente assunte qualora anche una sola delle parti processuali si opponga alla lettura).

Cass. pen. n. 48765/2016

Il principio di immutabilità del giudice, sancito dall'art. 525, comma secondo, cod. proc. pen., riguarda l'effettivo svolgimento dell'intera attività dibattimentale, ed, in particolare, le acquisizioni probatorie, restandone esclusa l'attività relativa a provvedimenti ordinatori miranti solo all'ordinato svolgimento del processo. Ne consegue che il giudice il quale decide sulla richiesta delle prove, ammettendole o negandone l'ammissione, non può non essere lo stesso che delibera la sentenza. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato la sentenza emessa senza procedere alla rinnovazione e nonostante l'opposizione della difesa, all'esito di un dibattimento, in cui il Collegio che aveva raccolto le conclusioni dei periti era mutato nella sua composizione rispetto a quello che aveva ammesso la prova, disposto la perizia e conferito l'incarico).

Cass. pen. n. 36813/2016

Non sussiste la nullità della sentenza qualora le prove siano valutate da un collegio in composizione diversa da quello davanti al quale le stesse siano state acquisite e le parti presenti non si siano opposte, né abbiano esplicitamente richiesto di procedere alla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, in quanto, in tal caso, si deve intendere che esse abbiano prestato consenso, sia pure implicitamente, alla lettura degli atti suddetti.

Cass. pen. n. 52229/2014

Nell'ipotesi di mutamento della composizione dell'organo giudicante, il principio per il quale le prove precedentemente acquisite non possono essere direttamente utilizzate mediante lettura dei relativi verbali, in assenza del consenso delle parti, non implica che, qualora tale consenso manchi, detti verbali debbano essere stralciati dal fascicolo per il dibattimento di cui fanno parte integrante, in quanto essi attengono alla documentazione di un'attività legittimamente compiuta; ne consegue che, ove in sede di rinnovazione il soggetto esaminato confermi le precedenti dichiarazioni e le parti non ritengano di chiedergli chiarimenti o di formulare nuove domande e contestazioni, è legittimo utilizzare "per relationem" il contenuto materiale di tali precedenti dichiarazioni.

Cass. pen. n. 20351/2014

Il principio di immutabilità del giudice trova applicazione anche nel procedimento di esecuzione e comporta che la decisione debba essere assunta dallo stesso giudice che ha provveduto alla trattazione della procedura, ma non impedisce che nella stessa possano essere utilizzati anche atti precedentemente ammessi o acquisiti innanzi al giudice in diversa composizione.

Cass. pen. n. 47471/2013

Il principio di immutabilità del giudice riguarda le attività dibattimentali il cui svolgimento abbia incidenza sull'oggetto del giudizio, ma non anche le attività relative all'adozione di provvedimenti miranti solo all'ordinata trattazione del processo. (In applicazione del principio, la S.C. ha escluso la nullità della sentenza nell'ipotesi di mutamento della composizione del collegio in udienze nelle quali si era proceduto al mero rinvio del dibattimento ad altra data).

Cass. pen. n. 32367/2013

Il principio di immutabilità del giudice non trova applicazione nel giudizio abbreviato cd semplice (cioè senza integrazione probatoria), sia perché l'art. 442 c.p.p. non richiama l'art. 525 c.p.p., sia perché questa disposizione si riferisce ad una deliberazione emessa all'esito di un dibattimento caratterizzato per essere la sede di formazione della prova. (In motivazione, la Corte ha affermato che nel giudizio abbreviato è applicabile il principio di immediatezza - che impone che il giudice che ha assistito alla discussione proceda alla deliberazione - che è liberamente rinunciabile dalle parti).

Cass. pen. n. 31924/2013

Non viola il principio di immutabilità del giudice, e quindi non è causa di nullità, il mutamento del giudice immediatamente dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento ma prima della decisione sull' ammissione delle prove.

Cass. pen. n. 45649/2012

Costituisce un'ipotesi di nullità assoluta per violazione del principio dell'immutabilità del giudice il frazionamento degli interventi conclusivi delle parti svolti dinanzi a due collegi diversamente composti. (Fattispecie in cui il PG, le parti civili ed uno dei difensori dell'imputato avevano formulato ed illustrato le proprie conclusioni dinanzi ad un collegio poi mutato, per due dei suoi componenti, rispetto a quello dinanzi al quale, invece, aveva rassegnato le proprie conclusioni l'altro difensore dell'imputato).

Cass. pen. n. 43171/2012

Il consenso preventivo espresso dalla difesa dell'imputato alla utilizzazione degli atti e delle prove assunte nel dibattimento nel caso di futuro mutamento della composizione del collegio a causa del trasferimento di un giudice, non integra un'ipotesi di consenso condizionato, la cui condizione dovrebbe considerarsi come non apposta, ma di mera delimitazione dell'oggetto del consenso medesimo. (Fattispecie in cui la Suprema Corte ha ritenuto che il consenso espresso in relazione all'eventuale cambiamento di un giudice in procinto di essere trasferito non poteva operare per il caso, poi concretamente verificatosi, del mutamento dell'intero collegio).

Cass. pen. n. 1759/2012

Non sussiste alcuna violazione del principio di immutabilità del giudice qualora, in grado d'appello, la sentenza venga deliberata dal giudice collegiale che ha provveduto all'assunzione della prova, precostituita o meno che sia, sebbene in composizione diversa rispetto al momento in cui ne era stata disposta l'acquisizione.

Cass. pen. n. 2928/2010

Il principio di immutabilità del giudice non è violato quando l'istruzione dibattimentale sia stata condotta e portata a termine da un collegio giudicante che, in una composizione parzialmente diversa, abbia precedentemente ammesso le prove e nominato dei periti, senza che nessuna delle parti abbia sollevato obiezioni o formulato richiesta di rinnovazione degli atti anteriormente assunti sino alla deliberazione della sentenza.

Cass. pen. n. 43803/2008

Il principio di immutabilità del giudice è applicabile anche con riferimento ai giudizi di impugnazione cautelare. (Nella specie, relativa a procedimento di appello su misura cautelare reale per la cui definizione il tribunale aveva utilizzato atti acquisiti in precedenza da un collegio in diversa composizione, la Corte ha ritenuto osservato detto principio ).

Cass. pen. n. 42509/2008

In tema di nullità, nel caso in cui il giudice collegiale di appello che ha disposto l'acquisizione della prova sia diverso dal collegio che ha proceduto all'assunzione della prova e alla deliberazione, non sussiste alcuna violazione del principio di immutabilità anche se si tratta di prova non precostituita. (In motivazione la Corte, nell'enunciare il predetto principio, ha precisato che il principio di immutabilità esige soltanto che a decidere sia lo stesso giudice che ha presieduto all'istruttoria ).

Cass. pen. n. 39904/2008

Il principio di immutabilità del giudice non è violato qualora l'istruzione dibattimentale sia stata condotta da un magistrato, temporaneamente sostituito da un altro magistrato che abbia provveduto alla mera esclusione di alcuni documenti dal fascicolo del dibattimento e all'ammissione di alcuni testi richiesti dalle parti, senza procedere peraltro al relativo esame, trattandosi di atti a contenuto ordinatorio finalizzati solo all'ordinato svolgimento del processo, senza alcuna valenza sul giudizio.

Cass. pen. n. 35191/2008

La sospensione della deliberazione può essere disposta per assoluta impossibilità pur quando il giudice si avveda, nella camera di consiglio successiva alla discussione finale, di non potersi formare un convincimento per l'esistenza di risultanze probatorie irrimediabilmente contrastanti, rendendosi così necessaria lo svolgimento di ulteriore attività istruttoria.

Cass. pen. n. 4721/2008

Non è causa di nullità della sentenza nel giudizio d'appello l'omesso ritiro in camera di consiglio dei giudici per la decisione subito dopo la chiusura della discussione, essendo il principio dell'immediatezza della deliberazione, volto a garantire continuità tra il momento della formazione della prova e quello della decisione, non riferibile al giudizio d'appello, di natura essenzialmente cartolare. (La Corte ha comunque rilevato, in motivazione, che per l'inosservanza del principio in oggetto non è prevista alcuna sanzione).

Cass. pen. n. 25806/2007

Il principio dell'immutabilità del giudice, sancito dall'art. 525, comma secondo, c.p.p. è espressione di un principio generale estensibile anche alle decisioni assunte con ordinanza all'esito dell'udienza camerale ex art. 127 c.p.p. (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato l'ordinanza resa ex art. 310 c.p.p. dal Tribunale del riesame, poiché vi era contrasto tra il verbale di udienza e l'intestazione del provvedimento, con conseguente dubbio che due magistrati che avevano partecipato alla decisione non avessero partecipato all'udienza).

Cass. pen. n. 3462/2006

In forza del principio di tassatività delle nullità, l'inosservanza del principio sancito dall'art. 525, comma primo, c.p.p., in base al quale la sentenza deve essere deliberata subito dopo la chiusura del dibattimento, in caso di differimento disposto per la prosecuzione della discussione ad altra udienza « per eventuali repliche» anche se poi le parti non si avvalgono di tale possibilità, con il conseguente inutile prolungamento della fase dibattimentale, non determina alcuna nullità.

Cass. pen. n. 5737/2004

Il principio di immutabilità del giudice (art. 525 c.p.p.), espressamente previsto per la sola fase dibattimentale, si applica anche al procedimento di prevenzione — avuto riguardo alle peculiarità di quest'ultimo, caratterizzato da procedure semplificate ed, in particolare, dal fatto che si svolge in camera di consiglio — solo nel caso in cui le conclusioni delle parti siano ricevute da un collegio diverso da quello decidente, con la conseguenza che il mutamento del collegio determina la nullità assoluta di cui all'art. 525 c.p.p.; nell'ipotesi, invece, in cui dette parti siano ammesse a dedurre di nuovo le conclusioni dinanzi ad un collegio diversamente composto prima della decisione, non si verifica la suddetta nullità.

Cass. pen. n. 18856/2003

La nullità prevista dall'art. 525, comma 2, c.p.p., non può essere ravvisata nella deliberazione della sentenza da parte di un giudice diverso da quello che ha dichiarato la contumacia dell'imputato.

Non può essere ravvisata la nullità prevista dall'art. 525, comma 2, c.p.p. per la mancata rinnovazione, nell'acquiescenza delle parti, della relazione in sede d'appello.

Cass. pen. n. 8737/2003

Il provvedimento del presidente della corte d'assise che, a chiusura avvenuta del dibattimento, dispone la presenza, nella camera di consiglio preordinata alla deliberazione della sentenza conclusiva del giudizio, anche dei giudici supplenti, per l'eventualità di una sostituzione di quelli effettivi in caso di impedimento di questi ultimi, è illegittimo, ma non determina la nullità della sentenza per violazione delle disposizioni concernenti il numero dei giudici necessario a costituire i collegi, qualora in concreto non si sia verificata l'esigenza di provvedere ad alcuna sostituzione e i giudici supplenti non abbiano preso comunque parte attiva alla decisione.

Nel giudizio di corte d'assise, qualora alla camera di consiglio per la deliberazione della sentenza abbiano partecipato anche i giudici supplenti, la prova di un eventuale loro ruolo attivo nella decisione deve essere fornita dalla parte che contesta la veridicità delle risultanze documentali (verbale di dibattimento, dispositivo e testo della sentenza), ma non può essere tratta né dal riferimento alla loro dichiarata «partecipazione» ad essa, non indicando necessariamente tale termine un apporto alla deliberazione, né dall'indicazione, nell'intestazione della sentenza, dei nominativi dei giudici supplenti che siano qualificati come tali, trattandosi di un'espressione ridondante e inidonea, di per sè, a inficiare la validità della sentenza.

Cass. pen. n. 1713/2003

Il principio dell'immutabilità del giudice, sancito dall'art. 525, secondo comma c.p.p., pur essendo espressamente riferito alla sentenza pronunciata a seguito di dibattimento, è applicabile anche all'ordinanza emessa all'esito della procedura svolta in camera di consiglio ai sensi dell'art. 127 c.p.p., con conseguente nullità del provvedimento pronunziato da un collegio non composto dalle medesime persone fisiche che hanno partecipato alla trattazione dell'udienza.

Cass. pen. n. 8854/2000

Il principio di immutabilità del giudice, nella parte in cui gli impone la partecipazione all'assunzione della prova, trova applicazione soltanto nell'ambito dello stesso processo e non si riferisce ai casi in cui taluni elementi di prova, raccolti in un procedimento, siano, poi, legittimamente utilizzabili in un altro. (Fattispecie relativa all'acquisizione al fascicolo del dibattimento, senza previo esame del teste e del perito, rispettivamente, di dichiarazioni testimoniali e di relazioni peritali assunte in altro procedimento).

Cass. pen. n. 294/2000

Attesa la natura cautelare del giudizio di prevenzione, che ha carattere peculiare e si svolge in camera di consiglio, deve ritenersi senz'altro consentita la diversa composizione collegiale tra un'udienza e l'altra, risolvendosi ciò in una garanzia di assoluta imparzialità del giudice nei confronti dei soggetti proposti; né siffatta evenienza tange i principi di cui agli artt. 178, lett. a) e 525 c.p.p., applicabili alla formazione della volontà collegiale nel giudizio susseguente a pubblico dibattimento. (In applicazione di tale principio la Corte ha dichiarato manifestamente infondato il motivo con il quale il ricorrente denunciava la violazione del principio di immutabilità del giudice, essendosi svolto il procedimento di appello in più udienze dinanzi a collegi diversamente composti). *

Cass. pen. n. 12620/1999

Nell'ipotesi di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale per mutamento della composizione del giudice non è necessaria anche la rinnovazione della citazione dell'imputato contumace — che non è richiesta dalla norma — e ciò in quanto la verifica della vocatio in iudicium, costituita da valutazioni meramente formali, può essere effettuata da giudice diverso da quello alla cui presenza sono assunte le prove ed a cui è riservata la decisione.

Cass. pen. n. 9151/1999

Qualora, successivamente al provvedimento con il quale è stata disposta l'effettuazione di una perizia ed è stata effettuata la designazione dei periti, intervenga modifica nella composizione dell'organo giudicante, davanti al quale, tuttavia, l'incombente venga poi espletato, senza che alcuna delle parti sollevi obiezioni o formuli richiesta di rinnovazione dell'incarico peritale, l'utilizzazione, ai fini del decidere, delle risultanze di detta perizia non può in alcun modo dar luogo alla nullità prevista dall'art. 525, comma 2, c.p.p. per il caso di non corrispondenza fra i giudici che adottano la deliberazione e quelli che hanno partecipato al dibattimento.

Cass. pen. n. 2/1999

Nel caso di rinnovazione del dibattimento a causa del mutamento della persona del giudice monocratico o della composizione del giudice collegiale, la testimonianza raccolta dal primo giudice non è utilizzabile per la decisione mediante semplice lettura, senza ripetere l'esame del dichiarante, quando questo possa avere luogo e sia stato richiesto da una delle parti. (Nell'enunciare il principio di cui in massima, la S.C. ha, peraltro, affermato che allorquando, nel corso del dibattimento rinnovato a causa del mutamento del giudice, nessuna delle parti riproponga la richiesta di ammissione della prova assunta in precedenza, il giudice può di ufficio disporre la lettura delle dichiarazioni precedentemente raccolte nel contraddittorio delle parti e inserite legittimamente negli atti dibattimentali).

Cass. pen. n. 1842/1999

In ipotesi di mutamento della persona del giudice, la declaratoria di nullità del rinvio a giudizio eventualmente pronunciata, non vincola il diverso collegio chiamato ad emettere la decisione, giacché altrimenti sarebbe violato il principio dell'immutabilità del giudice sancito dall'art. 525, comma 2, c.p.p. Tale principio consente infatti di far salva, ove compiuta da un diverso giudice, soltanto l'attività relativa a provvedimenti ordinatori miranti all'ordinato svolgimento del processo e privi di valenza nel giudizio, quali la sospensione o il rinvio del dibattimento. (Nella specie il P.M., nella prima udienza di trattazione, aveva dichiarato di non aver voluto esercitare l'azione penale per uno dei reati imputati, e la Cassazione, rilevato che l'azione penale era irretrattabile ed il P.M. poteva chiedere l'assoluzione all'esito della discussione, essendo poi mutato il collegio ha enunciato il principio di cui in massima).

Cass. pen. n. 11700/1998

Non si ha violazione del principio di immutabilità del giudice allorché il giudizio venga definito da giudice diverso da quello che, in precedente udienza, si era limitato a dichiarare la contumacia dell'imputato, rinviando il dibattimento ad altra udienza, senza che si desse corso alla lettura del capo di imputazione e alla relazione del pubblico ministero; e ciò perché, ad integrare la causa di nullità prevista dall'art. 525 c.p.p. è necessaria la diversità dei giudici della deliberazione da quelli che hanno partecipato al dibattimento, non da quelli che hanno partecipato agli atti predibattimentali.

Cass. pen. n. 10590/1998

Il principio dell'immutabilità del giudice concerne l'iter del processo che si dispiega dal momento dell'apertura del dibattimento fino alla deliberazione della sentenza, dovendo la decisione conclusiva essere necessariamente adottata dal medesimo giudice che ha proceduto all'acquisizione delle prove ed ha risolto le questioni inerenti all'oggetto del giudizio, ma non riguarda il compimento degli atti precedenti, fra i quali quelli relativi all'accertamento della regolare costituzione delle parti e la dichiarazione di contumacia.

Nel caso di cambiamento della composizione del collegio giudicante nel corso dell'istruzione dibattimentale, si può legittimamente procedere a rinnovare l'assunzione delle prove — anche senza il consenso della difesa e senza effettuare nuove audizioni — mediante la lettura degli atti precedentemente assunti ed inseriti nel fascicolo del dibattimento, secondo il disposto integrato delle norme contenute negli artt. 511, comma 1, e 480, comma 2, c.p.p. (Affermando tale principio la Corte ne ha posto in evidenza la rispondenza al dettato costituzionale, atteso che la pregressa fase dibattimentale conserva il carattere di attività processuale espletata legittimamente).

Cass. pen. n. 10137/1998

La nullità insanabile della sentenza che la norma dell'art. 525, secondo comma, c.p.p. ricollega alla mancata partecipazione anche parziale dei giudici che l'hanno pronunciata all'istruttoria dibattimentale non si verifica qualora innanzi al medesimo collegio del tribunale si sia svolta l'intera istruttoria, anche se si tratti di collegio in composizione diversa da quella innanzi al quale si era svolta l'udienza fissata nel decreto di citazione a giudizio, senza che sia necessaria anche la rinnovazione della medesima citazione, previo rinvio del dibattimento, perché anche in tal caso risulta pienamente realizzata l'esigenza che la deliberazione della sentenza avvenga a opera dello stesso giudice che ha partecipato all'istruzione dibattimentale.

Cass. pen. n. 9815/1998

La semplice lettura, da parte del giudice che decide, degli atti di istruzione probatoria in precedenza raccolti da giudice diversamente composto non è sufficiente a garantire il rispetto del principio di immutabilità del giudice di cui all'art. 525 comma 2 c.p.p., la cui violazione è espressamente sanzionata con la nullità assoluta. (Nell'affermare detto principio la Corte ha osservato come in un processo fondato sulla formazione della prova nel dibattimento, ed in cui il «recupero» e l'utilizzazione delle dichiarazioni non raccolte direttamente dal giudicante si pone come un'eccezione alla regola generale, non può avere ingresso un'interpretazione della legge processuale che consenta al giudice di basare la propria decisione sulla semplice lettura dei verbali delle prove acquisite, ancorché legittimamente, nel corso di un dibattimento il quale, per la diversa composizione dell'organo giudicante, pur attenendo allo stesso fatto non può che considerarsi diverso).

Cass. pen. n. 9085/1998

Nel caso di rinnovata assunzione delle prove dibattimentali per mutata composizione del collegio, si può legittimamente dare lettura dei verbali degli atti precedentemente assunti ed inseriti nel fascicolo del dibattimento, anche senza procedere a nuove audizioni e senza il consenso delle parti.

Cass. pen. n. 9362/1998

La nullità prevista dall'art. 525, secondo comma, c.p.p., non può essere ravvisata nella deliberazione della sentenza da parte di un giudice diverso da quello che ha dichiarato la contumacia dell'imputato. Il principio dell'immutabilità del giudice non è violato qualora la sentenza sia deliberata dal giudice che ha partecipato all'intero dibattimento ed ha provveduto, direttamente, alle acquisizioni probatorie, alla risoluzione di questioni incidentali ed alle decisioni inerenti l'oggetto del giudizio. Non rientrano in tali attività gli atti introduttivi del giudizio, concernenti il controllo della regolare costituzione delle parti e l'eventuale dichiarazione di contumacia, atteso che il dibattimento inizia con la dichiarazione di apertura, che è successiva a tali atti.

Cass. pen. n. 543/1998

Il principio della immutabilità del giudice impone che la sentenza sia deliberata dagli stessi giudici (intesi come medesime persone fisiche) che hanno partecipato all'intero dibattimento, acquisendo prove, risolvendo questioni incidentali o adottando comunque decisioni interinali inerenti all'oggetto del giudizio. (Nella fattispecie, la Corte ha annullato la sentenza d'appello essendosi verificato che, introdotto ritualmente il giudizio dinanzi alla Corte d'Appello, composta da determinati magistrati, la stessa, in presenza dell'imputato dopo l'espletamento delle formalità di apertura, e dopo aver dichiarato aperto il dibattimento, si era pronunciata sulla inammissibilità dei motivi nuovi d'impugnazione presentati dal prevenuto, circoscrivendo così l'oggetto del devolutum, e aveva disposto la sospensione del dibattimento, rinviandolo in prosieguo ad altra udienza, nella quale un Collegio in composizione parzialmente diversa lo aveva concluso deliberando la sentenza)

Cass. pen. n. 6868/1997

Ove il giudice che abbia deliberato la decisione sia diverso da quello che abbia soltanto dichiarato la contumacia dell'imputato, non è ravvisabile la nullità prevista dall'art. 525 comma 2 c.p.p.. Infatti, non è violato il principio dell'immutabilità del giudice sancito dalla norma indicata quando la sentenza sia deliberata dal giudice che abbia partecipato interamente al dibattimento, procedendo, cioé, alle acquisizioni probatorie, alle risoluzioni di questioni incidentali ed alle decisioni inerenti l'oggetto del giudizio: non rientrano in tali attività gli atti introduttivi del giudizio, concernenti il controllo della regolare costituzione delle parti e l'eventuale dichiarazione di contumacia, poiché il dibattimento inizia con la dichiarazione di apertura, che è successiva a tali atti.

Cass. pen. n. 11170/1996

Il principio della immutabilità dei giudici che compongono il collegio — formulato nell'art. 525 comma secondo c.p.p. — deve ritenersi violato, con conseguente nullità assoluta della sentenza emessa, nel caso di prove assunte da un collegio diversamente composto rispetto a quello che poi le ha valutate ed ha giudicato nel merito; ed è irrilevante che le prove stesse siano state assunte, così come avviene per l'incidente probatorio, in contraddittorio delle parti: non sarebbe invero pertinente un eventuale richiamo alla utilizzabilità del materiale assunto durante l'incidente probatorio, perché la disciplina relativa alla assunzione ed utilizzabilità delle prove mediante l'incidente probatorio è particolare a tale mezzo istruttorio e non può essere estesa alle prove assunte nel dibattimento per le quali si applicano i principi della immediatezza della deliberazione e della immutabilità dei giudici che hanno partecipato al dibattimento.

Cass. pen. n. 8411/1996

Il principio di immutabilità del giudice, sancito dall'art. 525, comma secondo, c.p.p., riguarda l'effettivo svolgimento dell'intera attività dibattimentale, ed in particolare le acquisizioni probatorie, la risoluzione di questioni incidentali, le decisioni interinali inerenti all'oggetto del giudizio e simili, restandone esclusa l'attività relativa a provvedimenti ordinatori miranti solo all'ordinato svolgimento del processo, senza avere valenza sul giudizio (ad esempio sospensione o rinvio del dibattimento). Ne consegue che il giudice il quale decide sulla richiesta delle prove, ammettendole o negandone l'ammissione, non può non essere lo stesso che delibera la sentenza.

Cass. pen. n. 3339/1996

Ai provvedimenti emessi de plano non è applicabile l'art. 525, comma secondo, c.p.p. che si riferisce direttamente alle deliberazioni prese dai giudici a conclusione del dibattimento e la cui interpretazione può essere estesa sino a ricomprendere le decisioni adottate all'esito di procedimenti ai quali abbiano partecipato in contraddittorio le parti (ad esempio quelli ex art. 127 c.p.p.) ma non già quelle prese inaudita altera parte. (Nella fattispecie, relativa a sequestro di cose a seguito di decreto di perquisizione e sequestro emesso dal P.M., il tribunale, investito del riesame, all'esito dell'udienza camerale aveva disposto la restituzione di alcuni oggetti, riservandosi la decisione in ordine agli altri motivi dedotti dalle parti. Successivamente, il tribunale, diversamente composto, aveva dichiarato inaudita altera parte l'inammissibilità delle richieste di riesame avverso il decreto di perquisizione del P.M. Con il ricorso per cassazione le parti avevano rilevato la nullità dell'ordinanza ex art. 178, lett. a) c.p.p. perché la decisione sull'inammissibilità era stata presa da giudici diversi da quelli che avevano proceduto all'udienza camerale).

Cass. pen. n. 6500/1996

In tema di interpretazione del comma 2 dell'art. 525 c.p.p., deve intendersi per partecipazione al dibattimento l'effettivo svolgimento dell'attività dibattimentale di acquisizione della prova, di risoluzione, mediante gli atti ordinatori, delle questioni incidentali o interinali afferenti alla fase del giudizio. Ne deriva che la semplice lettura degli atti di istruzione probatoria in precedenza ammessi e raccolti da altro giudice da parte di quello che decide non è sufficiente a garantire il principio dell'immutabilità del giudice.

Cass. pen. n. 670/1996

Nel giudizio camerale di cui agli artt. 127 e 409 c.p.p., il principio di immutabilità del giudice impone che sia lo stesso giudice (come persona fisica) che ha tenuto l'udienza a provvedere alla delibazione, ma non anche che vi sia identità tra il giudice che fissa l'udienza e quello che poi tenga la stessa.

Cass. pen. n. 4489/1996

Il principio della immutabilità del giudice, stabilito dall'art. 525, secondo comma c.p.p. con riferimento alla sentenza pronunziata all'esito del dibattimento, è applicabile anche alle ordinanze adottate all'esito della procedura in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 127 c.p.p., con la conseguente nullità del provvedimento pronunziato da un collegio non composto dalle medesime persone fisiche che hanno partecipato alla trattazione di tutte le udienze. La nullità in questione, tuttavia, non ricorre se la procedura — a seguito di precedente rinvio disposto anche per la acquisizione di ulteriore documentazione — viene riprodotta ex novo innanzi ad un collegio diverso che provveda alla complessiva trattazione (la quale comprende ogni attività finalizzata alla decisione, come l'esame delle acquisizioni probatorie e delle richieste delle parti). È invece estraneo al concetto di trattazione il mero rinvio preliminare all'esame del merito della res iudicanda.

Cass. pen. n. 12779/1995

Ai sensi dell'art. 525, comma 2, c.p.p., la violazione del principio di immutabilità del giudice si verifica ogni qualvolta la decisione venga adottata da giudici diversi rispetto a quelli che hanno partecipato alle udienze dibattimentali. Tuttavia, tale violazione non ricorre nel caso in cui il giudice che ha emesso la decisione abbia rinnovato ex novo la procedura. (Fattispecie relativa a processo per reato militare nel quale — quantunque, a seguito di numerosi rinvii, la composizione del collegio fosse più volte cambiata — nell'ultima udienza, quella in cui fu emessa la decisione, era stato escusso un teste chiave la cui ammissione, anche se disposta in precedenza da altro collegio, è stata ritenuta dalla Suprema Corte come implicitamente disposta anche dal collegio che emise la sentenza, tanto più che l'eventuale nullità concernente la mancanza di un'esplicita ordinanza ammissiva della testimonianza, avendo carattere relativo, era stata sanata dalla assenza di tempestiva eccezione della parte interessata).

Cass. pen. n. 3701/1995

La decisione emessa in camera di consiglio può essere resa anche dopo l'udienza, riferendosi l'art. 525 c.p.p., che prescrive l'immediatezza della deliberazione, esclusivamente alle sentenze pronunciate a seguito di dibattimento. (Nella specie la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso con il quale si deduceva che il dispositivo della sentenza emessa dal giudice per le indagini preliminari a seguito di giudizio abbreviato non era stato letto in udienza, ma depositato successivamente insieme alla motivazione).

Cass. pen. n. 1744/1994

Il principio di immutabilità del giudice, sancito dall'art. 525, comma 2, c.p.p., sebbene inserito nell'ambito della disciplina concernente la deliberazione della sentenza, ha una portata di carattere generale e trova applicazione anche nel procedimento esecutivo. Ne consegue che è affetta da nullità assoluta, rilevabile di ufficio, la deliberazione del tribunale che decide sull'incidente di esecuzione in composizione parzialmente diversa da quella che aveva disposto il rinvio dell'udienza a data fissa, dopo avere disposto l'acquisizione di una sentenza allo scopo di accertare la condonabilità della pena inflitta.

Cass. pen. n. 2685/1994

Il principio dell'immutabilità del giudice, sancito dall'art. 525, comma 2, c.p.p., pur essendo espressamente riferito alla sentenza pronunciata a seguito del dibattimento, è applicabile anche all'ordinanza emessa all'esito della procedura svolta in camera di consiglio ai sensi dell'art. 127 c.p.p. (Fattispecie nella quale la Suprema Corte è pervenuta all'annullamento dell'ordinanza del tribunale del riesame, a causa del parziale contrasto tra il verbale di udienza e l'intestazione del provvedimento, col conseguente dubbio che uno dei magistrati che avevano proceduto alla deliberazione non fosse stato presente all'udienza stessa).

Cass. pen. n. 9984/1993

La pubblicazione (art. 545 c.p.p.) e il deposito (art. 548 c.p.p.) della sentenza hanno finalità diverse. La prima conclude la fase della deliberazione in camera di consiglio e consacra la decisione definitiva non più modificabile, il secondo serve a mettere l'atto a disposizione delle parti e segna i tempi dell'impugnazione in determinati casi. Ne consegue che la pubblicazione delle sentenze attiene al dispositivo che contiene la decisione e garantisce l'immediatezza della deliberazione stabilita dall'art. 525 c.p.p. e che il deposito della sentenza non può essere né assorbente né sostitutivo di tale adempimento anche quando dispositivo e motivazione sono contestuali. Ciò vale anche per le sentenze emesse con la procedura dell'art. 599 c.p.p., che devono essere pubblicate immediatamente, mediante redazione del dispositivo contenente la decisione con la data e la sottoscrizione del giudice e del presidente del collegio. La mancata pubblicazione immediata della sentenza nel procedimento svoltosi con il rito della camera di consiglio rappresenta una irregolarità non sanzionata da nullità, non prevista dagli artt. 525 e 545 c.p.p.

Cass. pen. n. 2164/1993

Anche nel procedimento dinanzi al tribunale di sorveglianza sull'istanza di differimento della pena, vige il principio dell'immutabilità del giudice, previsto dall'art. 525, secondo comma, c.p.p., la cui inosservanza comporta nullità di ordine generale (art. 179, secondo comma, c.p.p.).

Cass. pen. n. 5097/1993

Il principio dell'immutabilità del giudice, sancito dall'art. 525, secondo comma, c.p.p., è rispettato ogni qualvolta la sentenza sia deliberata dal giudice che ha partecipato interamente al dibattimento, svolgendo la relativa istruttoria. (Nella fattispecie è stata esclusa la violazione del principio enunciato, sul rilievo che il «nuovo» pretore aveva disposto la rinnovazione degli atti di istruzione probatoria compiuti in precedenza).

Cass. pen. n. 781/1993

Il mutamento della persona del giudice non rende di per sè necessaria la rinnovazione della citazione, necessitando solo che il nuovo giudice svolga interamente il dibattimento, in modo che sia osservata la disposizione dell'art. 525, secondo comma c.p.p., cosa che il giudice può fare nell'udienza in corso, ove possibile, oppure in una successiva udienza fissata sospendendo il dibattimento.

Cass. pen. n. 2548/1993

L'art. 525, primo comma, c.p.p. dispone che la sentenza è deliberata subito dopo la chiusura del dibattimento, ma ciò non significa che il giudice, una volta entrato in camera di consiglio, debba necessariamente uscirne con la sentenza già deliberata. Infatti, il terzo comma dello stesso articolo dispone che la deliberazione può essere sospesa nel caso previsto dall'art. 528 stesso codice o in caso di assoluta impossibilità e, comunque, le citate disposizioni non escludono che il giudice possa adottare una deliberazione diversa dalla sentenza che definisce il giudizio, pronunciando un'ordinanza con la quale disponga una ulteriore attività dibattimentale, quale l'assunzione di nuove prove, confronti fra testi già sentiti, l'espletamento di una perizia, la rinnovazione di una citazione che sia risultata nulla ecc.

Cass. pen. n. 1999/1993

Non incorre in nullità il giudice per le indagini preliminari che, in sede di patteggiamento, si riservi di pronunciare, anziché rendere la sentenza, così violando il principio di immediatezza della deliberazione. Siffatto principio, fissato dall'art. 525, primo comma c.p.p. (applicabile anche quando il procedimento speciale di che trattasi si svolga nel corso delle indagini preliminari), diversamente da quello dell'immutabilità del giudice, stabilito dal secondo comma dell'art. 525 cit., non è sanzionato da nullità e, pertanto, la sua inosservanza è improduttiva di effetti ai sensi degli artt. 178 ss. c.p.p. Altrettanto è a dire quanto alla previsione contenuta nell'art. 448, primo comma c.p.p.: «... il giudice pronuncia immediatamente sentenza». Il suddetto comportamento del giudice, pertanto, va qualificato solo non formalmente corretto.

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Daniele . P. chiede
martedì 22/01/2013 - Lazio
“Un membro del collegio viene sostituito all'udienza successiva alla prima, dopo definite le formalità di apertura e dopo la nomina ed il giuramento di un CTU, ma prima della escussione di testi. In tal caso è legittimo richiedere l'integrale rinnovazione del dibattimento e quindi sono ancora e nuovamente disponibili le eccezioni esperibili solo prima delle formalità di cui all'art. 491?

In particolare alla seconda udienza con il nuovo componente del collegio si è ancora in termini per la ricusazione di uno dei membri del collegio?”
Consulenza legale i 25/01/2013
Il quesito proposto attiene al principio dell’immutabilità del giudice di cui si trova traccia all’art. 525 del c.p.p.. Risulta assai controversa l'ipotesi di mutamento nel corso del processo del magistrato-persona fisica giudicante o componente del collegio giudicante. In tale ambito si precisa che la predetta disposizione, facendo espresso riferimento alla partecipazione del giudice al dibattimento, limita la necessità della rinnovazione esclusivamente alle attività stricto sensu dibattimentali, ovvero a tutte quelle compiute successivamente alla dichiarazione di apertura ex art. 492 del c.p.p.. Invero, il principio di immutabilità del giudice del dibattimento, coerentemente alla finalità di assicurare l’identità tra il giudice che emette la decisione e quello che ha presieduto alla raccolta delle prove ed alla relativa discussione, vale per la fase di istruzione, di discussione e di deliberazione, ma non si estende anche alla fase degli atti introduttivi, che precede il dibattimento vero e proprio. Ne consegue che non è ravvisabile la nullità prevista dall'art. 525 se i componenti del collegio deliberante siano diversi da quelli innanzi ai quali si sono verificati gli atti introduttivi del giudizio, tra cui la dichiarazione di contumacia.
Pertanto, in base a quanto affermato sopra, la rinnovazione sarà possibile solamente per quegli atti compiuti successivamente all’apertura del dibattimento e non per quelli previsti all’art. 491 del c.p.p..
Anche per ciò che riguarda la ricusazione di uno dei membri del collegio, il termine di decadenza per la proposizione della relativa dichiarazione ai sensi dell’art. 38 del c.p.p. è quello previsto all’art. 491 del c.p.p., primo comma, ovvero quello relativo alle questioni preliminari. Le questioni preliminari, infatti, sono precluse se non sono proposte subito dopo aver compiuto per la prima volta l’accertamento della costituzione delle parti. Pertanto, ai fini del rispetto di tale termine, è necessario che la dichiarazione di ricusazione non solo sia proposta prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di cui all’art. 492 del c.p.p., ma subito dopo l’accertamento relativo alla costituzione delle parti, che rappresenta la prima formalità da osservarsi nell’ambito degli atti introduttivi del dibattimento. Non sarà possibile dunque la rinnovazione del termine per presentare la dichiarazione di ricusazione di un componente del collegio che già faceva parte di questo al momento in cui si è stata modificata la sua composizione. Diverso sarà invece il caso contemplato al secondo comma dell’art. 38 del c.p.p. in base al quale “Qualora la causa di ricusazione sia sorta o sia divenuta nota dopo la scadenza dei termini previsti dal comma 1, la dichiarazione può essere proposta entro tre giorni. Se la causa è sorta o è divenuta nota durante l'udienza, la dichiarazione di ricusazione deve essere in ogni caso proposta prima del termine dell'udienza”.