Cassazione penale Sez. Unite sentenza n. 2 del 31 marzo 1999

(3 massime)

(massima n. 1)

Nei casi in cui la custodia cautelare perde efficacia per inosservanza dei termini richiamati dall'art. 309, comma decimo, c.p.p., l'immediata liberazione della persona sottoposta alla misura, quale effetto automatico di detta inosservanza, può essere chiesta anche al giudice del procedimento principale a norma dell'art. 306 stesso codice, salvo che la relativa richiesta sia già stata respinta nel procedimento incidentale di impugnazione (riesame o ricorso per cassazione), dal momento che in quest'ultima eventualità si determina la preclusione endoprocessuale derivante dalla formazione del cosiddetto “giudicato cautelare”. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato l'inefficacia dell'ordinanza dispositiva della custodia cautelare relativamente a due ricorrenti, per inosservanza del termine di cui all'art. 309, comma quinto, c.p.p., ritenendo contestualmente inammissibili i ricorsi degli altri tre, che si erano già visti rigettare in precedenza ricorsi per cassazione avverso il medesimo provvedimento, senza che, frattanto la loro posizione si fosse modificata).

(massima n. 2)

Nel caso di rinnovazione del dibattimento a causa del mutamento della persona del giudice monocratico o della composizione del giudice collegiale, la testimonianza raccolta dal primo giudice non è utilizzabile per la decisione mediante semplice lettura, senza ripetere l'esame del dichiarante, quando questo possa avere luogo e sia stato richiesto da una delle parti. (Nell'enunciare il principio di cui in massima, la S.C. ha, peraltro, affermato che allorquando, nel corso del dibattimento rinnovato a causa del mutamento del giudice, nessuna delle parti riproponga la richiesta di ammissione della prova assunta in precedenza, il giudice può di ufficio disporre la lettura delle dichiarazioni precedentemente raccolte nel contraddittorio delle parti e inserite legittimamente negli atti dibattimentali).

(massima n. 3)

Non può essere qualificato come abnorme il decreto che dispone il giudizio emesso senza rispettare la regola della immediata deliberazione, lettura e deposito del provvedimento di cui all'art. 424, commi 1, 2, 3 c.p.p., nonché la cui motivazione sia ampliata in modo da valutare gli elementi di accusa, in violazione dell'art. 429, comma 1, lett. d. Si tratta di un atto che rientra comunque nello schema tipico dei provvedimenti che il giudice emette all'esito dell'udienza preliminare, e idoneo a determinare la progressione del processo alla fase del giudizio nonostante la presenza delle predette irregolarità. (Fattispecie di rigetto del ricorso per cassazione stante la inoppugnabilità del decreto in questione)

Hai un dubbio o un problema su questo argomento?

Scrivi alla nostra redazione giuridica

e ricevi la tua risposta entro 5 giorni a soli 29,90 €

Nel caso si necessiti di allegare documentazione o altro materiale informativo relativo al quesito posto, basterà seguire le indicazioni che verranno fornite via email una volta effettuato il pagamento.