Cassazione penale Sez. I sentenza n. 2548 del 17 marzo 1993

(2 massime)

(massima n. 1)

Ai sensi dell'art. 136 della Costituzione, quando la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità di una norma, questa cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. Pertanto, qualora il pretore abbia ammesso il teste, la cui deposizione fosse vietata dall'art. 195, quarto comma, c.p.p. ancora in vigore, è da ritenersi legittima la deposizione medesima se al momento in cui essa è stata assunta il divieto è venuto meno per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale della disposizione che la prevedeva. (Nella specie l'ammissione del teste, ufficiale di polizia giudiziaria, che avrebbe dovuto deporre sulle dichiarazioni ricevute da testimoni resisi irreperibili, era stata chiesta ed ammessa a chiusura della discussione finale il 29 gennaio 1992, quando era stata dichiarata l'illegittimità costituzionale del quarto comma dell'art. 195 citato, avvenuta con sentenza della Corte costituzionale 31 gennaio 1992, della quale si conosceva già il dispositivo, deliberato il 22 gennaio 1992).

(massima n. 2)

L'art. 525, primo comma, c.p.p. dispone che la sentenza è deliberata subito dopo la chiusura del dibattimento, ma ciò non significa che il giudice, una volta entrato in camera di consiglio, debba necessariamente uscirne con la sentenza già deliberata. Infatti, il terzo comma dello stesso articolo dispone che la deliberazione può essere sospesa nel caso previsto dall'art. 528 stesso codice o in caso di assoluta impossibilità e, comunque, le citate disposizioni non escludono che il giudice possa adottare una deliberazione diversa dalla sentenza che definisce il giudizio, pronunciando un'ordinanza con la quale disponga una ulteriore attività dibattimentale, quale l'assunzione di nuove prove, confronti fra testi già sentiti, l'espletamento di una perizia, la rinnovazione di una citazione che sia risultata nulla ecc.

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