Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 1999 del 3 marzo 1993

(2 massime)

(massima n. 1)

Ai fini della configurabilità del delitto di maltrattamenti è sufficiente un lasso di tempo, ancorché limitato, e tuttavia utile alla realizzazione della ripetizione di atti vessatori idonea a determinare la sofferenza fisica o morale continuativa della parte offesa.

(massima n. 2)

Non incorre in nullità il giudice per le indagini preliminari che, in sede di patteggiamento, si riservi di pronunciare, anziché rendere la sentenza, così violando il principio di immediatezza della deliberazione. Siffatto principio, fissato dall'art. 525, primo comma c.p.p. (applicabile anche quando il procedimento speciale di che trattasi si svolga nel corso delle indagini preliminari), diversamente da quello dell'immutabilità del giudice, stabilito dal secondo comma dell'art. 525 cit., non è sanzionato da nullità e, pertanto, la sua inosservanza è improduttiva di effetti ai sensi degli artt. 178 ss. c.p.p. Altrettanto è a dire quanto alla previsione contenuta nell'art. 448, primo comma c.p.p.: «... il giudice pronuncia immediatamente sentenza». Il suddetto comportamento del giudice, pertanto, va qualificato solo non formalmente corretto.

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