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Articolo 658 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Intimazione di sfratto per morosità

Dispositivo dell'art. 658 Codice di procedura civile

Il locatore [c.c. 1571] può intimare al conduttore lo sfratto con le modalità stabilite nell'articolo precedente (1) anche in caso di mancato pagamento del canone d'affitto alle scadenze, e chiedere nello stesso atto (2) l'ingiunzione di pagamento (3) per i canoni scaduti (4).

Se il canone consiste in derrate (5), il locatore deve dichiarare a norma dell'articolo 639 la somma che è disposto ad accettare in sostituzione.

Note

(1) La procedura descritta dalla norma in esame permette al locatore di intimare lo sfratto nel caso in cui il conduttore risulti inadempiente, ovvero moroso. Tale procedimento consiste nell'esercizio di un'azione costitutiva promossa al fine di ottenere la risoluzione del contratto per inadempimento e la condanna del conduttore moroso al rilascio dell'immobile.
(2) Con l'intimazione di sfratto per morosità il locatore può decidere anche di richiedere la condanna al pagamento dei canoni scaduti e per quelli che andranno a scadere fino all'esecuzione dello sfratto. Diversamente, il locatore può promuovere un successivo ed autonomo giudizio con atto separato, l'ingiunzione per il pagamento dei canoni (si cfr. l'art.669).
(3) Anche se il locatore decide di promuovere il procedimento di ingiunzione dei canoni scaduti unitamente all'intimazione è bene precisare che i due procedimenti sommari restano autonomi. Invero, se proposta resta comunque subordinata alla convalida dello sfratto. Inoltre, è necessario al fine di ottenere la convalida di sfratto che il locatore dia la prova della persistenza della morosità, a prescindere dalla domanda di ingiunzione. Pronunciata la convalida, se si è chiesto decreto di ingiunzione, viene emesso un separato decreto ingiuntivo che non incide sulla prima.
(4) Tale comma è stato così sostituito dall'art. 6, l. 10-7-1984, n. 399.
(5) In caso di contestazione del valore delle derrate, trova applicazione la disposizione contenuta all'art. 666.

Spiegazione dell'art. 658 Codice di procedura civile

L'intimazione di sfratto per morosità non è altro che l'esercizio in forma speciale dell'azione costitutiva di risoluzione per inadempimento e di quella di condanna al rilascio dell'immobile, anche se parte della dottrina è dell’idea che, poiché a seguito dell’inadempimento del conduttore la detenzione dell'immobile diverrebbe automaticamente illegittima, lo sfratto per morosità non può più configurarsi come esercizio di un'azione di risoluzione del rapporto.

Per quanto concerne il rapporto tra intimazione di sfratto per morosità e finita locazione, occorre osservare che è inammissibile richiedere una nuova risoluzione del rapporto con la convalida dello sfratto per morosità nel caso in cui la cessazione del rapporto di locazione sia già stata accertata con un provvedimento, ordinanza di convalida o sentenza, passato in giudicato.
Nel caso in cui, invece, sia stata accertata la futura scadenza del rapporto (licenza per finita locazione) con provvedimento passato in giudicato, nulla vieta di richiedere la convalida di sfratto per una morosità verificatasi successivamente a tale pronuncia, in quanto non può esservi alcuna incompatibilità logica tra quell'accertamento ed il verificarsi di una causa di risoluzione successiva, a seguito della quale l’intimante può chiedere un'anticipata risoluzione del rapporto.

L'unico inadempimento che consente di richiedere lo sfratto è quello derivante dal mancato pagamento del canone; in presenza di altre violazioni degli obblighi contrattuali che gravano sul conduttore (ad esempio, il mutamento della destinazione d'uso, la perdita della cosa, l'omessa manutenzione, la sublocazione vietata), ci si dovrà avvalere del giudizio ordinario.

Ai fini della valutazione della rilevanza dell’inadempimento (tale da legittimare l’intimazione di sfratto per morosità), occorre fare riferimento a quanto statuito dall’art. 5 della l. equo canone, norma che ha fissato un requisito quantitativo (solo per gli oneri accessori un importo superiore a due canoni, mentre per l'obbligazione principale è rilevante il mancato pagamento anche di un solo canone) ed un requisito temporale (la protrazione dell'inadempimento per almeno venti giorni oltre la scadenza).
E’ stato, tuttavia, precisato in dottrina che tale riferimento normativo possa farsi valere solo per le locazioni abitative, mentre negli altri casi ci si deve affidare alla valutazione discrezionale del giudice sulla gravità dell'inadempimento.

Per quanto riguarda, poi, il mancato pagamento degli oneri accessori, il ricorso alla procedura in esame si ritiene ammissibile solo per quelli previsti dall’art. 9 della l. equo canone, mentre il ricorso al giudizio di convalida va escluso per gli altri obblighi accessori gravanti sul conduttore, quali la spesa per la registrazione del contratto, il deposito cauzionale, ecc..

Nel procedimento di convalida trova frequente applicazione l'istituto della sanatoria della morosità ex art. 55 della l. equo canone.
Trattasi di norma che è sempre stata considerata quale una deroga al principio desumibile dall'ultimo comma dell’art. 1453 del c.c. secondo cui il debitore non può più adempiere dopo la notifica della domanda giudiziale.
Essa ha natura sia sostanziale che processuale, in quanto l'istanza del conduttore da vita ad un sub-procedimento all'interno della fase speciale della convalida. La sanatoria può realizzarsi secondo due diverse modalità, e precisamente: con il pagamento all'udienza di convalida ovvero per mezzo della concessione del c.d. termine di grazia.
Sia per la prima modalità che per la seconda, non è possibile fruire della sanatoria per più di tre volte nel corso di un quadriennio, da intendersi in termini naturalistici e non contrattuali (ossia con riferimento ad un periodo contrattuale di quattro anni).
Eccezionalmente è possibile, tuttavia, beneficiare dell'istituto anche una quarta volta, qualora l'inadempimento non si sia protratto per oltre due mesi e sia dovuto alle precarie condizioni economiche del conduttore, insorte dopo la stipulazione del contratto, riconducibili a disoccupazione, malattie o gravi e comprovate condizioni di difficoltà .
Legittimato al pagamento è l'intimato, se costituito personalmente, o il suo difensore; si ammette, tuttavia, anche la possibilità che il pagamento sia effettuato anche da un terzo, quale un parente o un vicino, in quanto il terzo comma dell’art. 1180 del c.c. consente il pagamento da parte di persona diversa dal debitore anche contro la volontà del creditore, se quest'ultimo non ha un interesse a ricevere la prestazione dal debitore.
Legittimato a ricevere il pagamento è il difensore dell'intimante ed il suo rifiuto renderebbe l'inadempimento non più imputabile al conduttore, con conseguente impossibilità di procedere alla convalida.

Accade spesso nella pratica che il conduttore richieda il termine di grazia e, nello stesso tempo, contesti di essere in tutto o in parte inadempiente; è questo il caso in cui l'istanza di sanatoria è accompagnata dalla espressa riserva di ripetere le somme in caso di esito favorevole del giudizio.
L'ammissibilità di un'istanza con riserva risponde alla facoltà concessa ad ogni debitore di formulare una riserva di ripetizione e si fonda sull'esistenza di una duplice volontà di sanare la morosità con riserva e di contestarne la fondatezza.

Se non sorgono contestazioni sulla sanatoria, il giudizio potrà così proseguire:
  1. se all'udienza di verifica non compaiono entrambe le parti, si avrà l'estinzione del giudizio ex art. 662 del c.p.c.;
  2. se compaiono entrambe le parti ovvero il solo intimante dando atto che la morosità è stata sanata, il giudice dovrà dichiarare l'avvenuta purgazione ed il procedimento verrà definito con ordinanza avente natura sostanziale di sentenza e potenziale attitudine al giudicato.
  3. se compare il solo intimato, la mancata comparizione dell'intimante non può che intendersi come rinuncia agli atti, conseguente all'avvenuto pagamento, e pertanto potrà con ordinanza dichiararsi estinto il giudizio.

Se, al contrario, la sanatoria non è avvenuta o se sorgono contestazioni sull'avvenuto pagamento, potranno aversi i seguenti effetti:
  1. se le parti compaiano ed è pacifico l'avvenuto mancato pagamento di tutta o di parte della mora, il giudice dovrà convalidare l'intimazione di sfratto;
  2. se, pur risultando pacifica tra le parti la mancata purgazione, l'intimato insiste nell'opposizione che aveva formulato, chiedendo la sanatoria con riserva, il giudice non deve convalidare, ma può emettere l'ordinanza provvisoria di rilascio;
  3. se tra le parti insorge controversia proprio sull'avvenuta purgazione della mora, non sarà possibile definire il giudizio con l'ordinanza di convalida, ma nel giudizio di merito dovrà accertarsi la sussistenza della sanatoria (è sempre possibile l’emanazione dell'ordinanza provvisoria di rilascio).

Massime relative all'art. 658 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 2742/2017

Nella ipotesi di azione di sfratto per morosità, la declaratoria di nullità del contratto per mancata registrazione, con contestuale condanna del conduttore al rilascio dell’immobile, non implica un vizio di ultrapetizione, né la violazione del diritto di difesa dell’intimato.

Cass. civ. n. 17582/2015

In tema di procedimento di sfratto per morosità, la dichiarazione del locatore che la morosità persiste costituisce il presupposto di legittimità della convalida, sicché contro di essa è ammissibile l'appello solo se diretto a contestarne la mancanza e non per dedurne la non veridicità.

Cass. civ. n. 11864/2015

La risoluzione del contratto di locazione di immobili sulla base di una clausola risolutiva espressa non può essere pronunciata di ufficio, ma postula la corrispondente e specifica domanda giudiziale della parte nel cui interesse quella clausola è stata prevista, sicché, una volta proposta l'ordinaria domanda ex art. 1453 cod. civ., con l'intimazione di sfratto per morosità, non è possibile mutarla in richiesta di accertamento dell'avvenuta risoluzione "ope legis" di cui all'art. 1456 cod. civ., atteso che quest'ultima è radicalmente diversa dalla prima, sia quanto al "petitum", perché invocando la risoluzione ai sensi dell'articolo 1453 cod. civ. si chiede una sentenza costitutiva mentre la domanda di cui all'articolo 1456 cod. civ. ne postula una dichiarativa, sia relativamente alla "causa petendi", perché nella ordinaria domanda di risoluzione, ai sensi dell'articolo 1453 cod. civ., il fatto costitutivo è l'inadempimento grave e colpevole, nell'altra, viceversa, la violazione della clausola risolutiva espressa.

Cass. civ. n. 21836/2014

La speciale sanatoria della morosità del conduttore, disciplinata dall'art. 55 della legge 27 luglio 1978, n. 392, per le sole locazioni abitative di immobili urbani, si applica, oltre che nel procedimento di convalida di sfratto, anche quando la domanda di risoluzione contrattuale sia stata introdotta in via ordinaria, ovvero sia stata deferita agli arbitri.

Cass. civ. n. 19865/2014

Nel procedimento per convalida di sfratto, il giudice che ritenga inammissibile l'istanza del conduttore per la sanatoria della morosità, ai sensi dell'art. 55 della legge 27 luglio 1978, n. 392, può emettere solo l'ordinanza di rilascio, a norma dell'art. 665 cod. proc. civ., disponendo la prosecuzione del giudizio a cognizione piena, in quanto l'ordinanza di convalida, a norma dell'art. 663 cod. proc. civ., risulterebbe emessa nell'opposizione dell'intimato e, quindi, fuori dei casi di legge, sì da integrare una sentenza appellabile.

Cass. civ. n. 8013/2009

Sia la convalida di sfratto per morosità, sia il decreto ingiuntivo concesso per il pagamento di canoni locatizi insoluti, una volta divenuti inoppugnabili, acquistano l'efficacia del giudicato sull'esistenza del contratto di locazione, su quella del credito per il pagamento dei canoni e sull'inesistenza di fatti impeditivi, modificativi od estintivi dell'uno o dell'altro che non siano stati dedotti nel corso del giudizio. I suddetti provvedimenti non possono, invece, fare stato sulla qualificazione del contratto, ed in particolare sulla sua assoggettabilità o meno alla disciplina di cui alla legge 27 luglio 1978, n. 392, che non abbia formato oggetto di accertamento, nemmeno sommario, da parte del giudice.

Cass. civ. n. 13538/2000

In tema di locazione di immobili urbani, la legge 27 luglio 1978, n. 392, all'art. 55, ha inserito, nel procedimento speciale per convalida di sfratto, un subprocedimento di sanatoria, stabilendo modalità e termini entro i quali è consentito al conduttore di evitare la convalida dello sfratto o, successivamente, la emissione dell'ordinanza di rilascio, attraverso la corresponsione dei canoni dovuti, con la conseguenza che, ove il conduttore non abbia manifestato alcuna opposizione all'intimato sfratto, limitandosi a richiedere il termine per sanare la morosità, non potrà, in caso di attestazione dell'intimante di mancata o incompleta sanatoria nel termine assegnato, fondare la sua opposizione, volta ad impedire la emissione a suo carico del provvedimento definitivo di rilascio ex art. 663, primo comma, c.p.c., che su eccezioni relative al completo adempimento della obbligazione nella forma qualificata derivata dal provvedimento di assegnazione del termine.

Cass. civ. n. 2087/2000

Lo speciale istituto della sanatoria della morosità del conduttore, previsto e disciplinato dall'art. 55, L. 27 luglio 1978, n. 392, per le locazioni aventi ad oggetto immobili urbani adibiti ad uso di abitazione, trova applicazione sia nel procedimento di convalida di sfratto per morosità di cui all'art. 658 c.p.c., sia allorché la domanda per conseguire la restituzione dell'immobile sia stata introdotta dal locatore con un ordinario giudizio di risoluzione del contratto per inadempimento.

Cass. civ. n. 9889/1995

In tema di convalida di sfratto per morosità, in base al disposto di cui agli artt. 1197 e 1277 c.c., il conduttore, per sanare la mora, deve consegnare al locatore moneta avente corso legale nello Stato per un valore pari al proprio debito, con facoltà, per il creditore, di rifiutare una prestazione diversa. Ove, pertanto, una tale diversa prestazione sia accettata – come nell'ipotesi siano consegnati, senza alcuna opposizione, assegni privi della data e del luogo di emissione, privi di valore esecutivo e validi unicamente come promesse di pagamento – il creditore non può, in un momento successivo, eccepire l'omessa sanatoria della morosità, per essere i titoli già accettati non validi come assegni bancari.

Cass. civ. n. 9987/1994

Il locatore ha facoltà di chiedere nell'intimazione di sfratto la condanna del conduttore alle spese processuali, che ben possono essere richieste in separata sede.

Cass. civ. n. 160/1990

La L. 27 luglio 1978, n. 392 non ha, neppure implicitamente abrogato il procedimento per convalida di sfratto di cui all'art. 657 c.p.c., ma ha apportato – con specifico riferimento allo sfratto per morosità – particolari modifiche, stabilendo modalità e termini entro i quali è consentito al conduttore di sanare la morosità, con l'effetto di impedire, alla prima udienza, la convalida dello sfratto o, successivamente, l'emissione dell'ordinanza di rilascio, ai sensi dell'art. 665 stesso codice, con la conseguenza che, qualora – concesso dal pretore il termine di grazia di cui all'art. 55 della L. n. 392 del 1978 – l'intimato non provveda a sanare la morosità nel termine perentorio concessogli, detto giudice non è tenuto a decidere con sentenza sulla domanda di risoluzione, ma può emettere, nel concorso delle altre condizioni, il provvedimento di convalida, che non assume natura di sentenza e non è passibile di impugnazione mediante appello.

Cass. civ. n. 5113/1989

Poiché a norma dell'art. 55 della L. 27 luglio 1978, n. 392, la concessione di un termine per il pagamento dei canoni scaduti rappresenta non un obbligo ma una facoltà discrezionale di cui il giudice può avvalersi quando, non essendo stato effettuato il pagamento in udienza, sussistono comprovate condizioni di difficoltà del conduttore, senza che la sollecitazione da parte dell'intimato di tale facoltà integri opposizione preclusiva della convalida, legittimamente il giudice, ove non ritenga di concedere il richiesto termine, convalida lo sfratto con provvedimento che ha natura di ordinanza non impugnabile – salva l'opposizione ex art. 668 c.p.c. – ove, oltre al requisito della mancata opposizione dell'intimato, sussista anche l'attestazione in giudizio del locatore o del suo procuratore della persistenza della morosità.

Cass. civ. n. 4292/1989

La particolare sanatoria della morosità nel pagamento del canone di locazione stabilita dall'art. 55 della L. n. 392 del 1978 trova applicazione soltanto nel procedimento di convalida di sfratto per morosità di cui all'art. 658 c.p.c. e non pure qualora sia introdotto con citazione un ordinario giudizio di risoluzione del contratto per inadempimento, nel qual caso non è consentito al conduttore adempiere la propria obbligazione dopo la proposizione della domanda ai sensi del terzo comma dell'art. 1453 c.c.

Cass. civ. n. 1835/1989

Gli artt. 5 e 55 della L. n. 392 del 1978 (cosiddetta dell'equo canone) hanno introdotto relativamente alla gravità dell'inadempimento predeterminata ex lege, alla possibilità della sanatoria ed alla concessione del termine di grazia, un'equiparazione fra canone di locazione ed oneri accessori con la conseguenza che anche la morosità per soli oneri accessori può essere dedotta in giudizio con lo speciale procedimento di convalida ex art. 658 c.p.c.

Cass. civ. n. 7745/1986

Il procedimento di convalida di sfratto per morosità, di cui agli artt. 658 e ss. c.p.c., è predisposto per i casi di «mancato pagamento del canone di affitto», costituendo così un rimedio per l'inadempimento dell'obbligazione principale del conduttore, quella diretta cioè a compensare il locatore per il godimento da parte sua della res indicata in contratto. Consegue che, anche con riguardo alle locazioni soggette alla disciplina della L. n. 392 del 1978, detto procedimento non trova applicazione in caso di mancato assolvimento degli «oneri accessori» gravanti sul conduttore, i quali non si traducono in compensi per il locatore, senza che il rito speciale della convalida possa essere utilizzato in via analogica per il divieto di cui all'art. 14 disp. prel. c.c., e restando la concessione del termine di grazia per il relativo pagamento, a norma dell'art. 55 della detta legge del cosiddetto equo canone, attuabile anche in un ordinario giudizio di cognizione per la risoluzione del rapporto locatizio.

Cass. civ. n. 4795/1985

Il provvedimento con il quale il pretore – adito con procedimento di convalida di sfratto per morosità (art. 658 c.p.c.) – dichiari l'estinzione del giudizio per avere l'intimato sanata la morosità, senza disporre in presenza della domanda di rilascio del locatore la prosecuzione del giudizio stesso con il rito ordinario, ha natura di sentenza impugnabile con gli ordinari mezzi di gravame senza che ne sia possibile la riassunzione davanti allo stesso pretore, avendo l'estinzione fatto venir meno gli effetti processuali e sostanziali della domanda.

Cass. civ. n. 5566/1983

La domanda di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, ancorché non sia stata formulata espressamente dal locatore, è implicitamente contenuta e quindi tacitamente proposta con l'istanza di convalida dello sfratto con la conseguenza che, in esito al giudizio a cognizione ordinaria susseguito alla trasformazione dell'originario procedimento per convalida, il giudice deve statuire sulla domanda di risoluzione.

Cass. civ. n. 82/1983

Nel procedimento di convalida di sfratto per morosità, qualora il conduttore — riconoscendo parzialmente la morosità — provveda a corrispondere quanto da lui reputato dovuto e, nelle more del susseguente giudizio di merito, a rilasciare l'immobile, ove resti accertato, in esito al giudizio stesso, che non era dovuta altra somma oltre quella versata, non è consentito al giudice — il quale dichiari con la sentenza la cessazione della materia del contendere — frazionare l'unico giudizio in due distinti procedimenti e ravvisare, nel secondo, la soccombenza del locatore, dovendo, invece, considerare che la pretesa era stata, ancorché parzialmente, riconosciuta dal convenuto il quale, pertanto, avendo dato, con il proprio comportamento, causa alla intrapresa azione, dimostratasi parzialmente fondata, deve essere considerato, ai fini delle regolamentazioni delle spese processuali, soccombente.

Cass. civ. n. 4776/1982

Nel procedimento di sfratto per morosità delineato dall'art. 658 c.p.c., la domanda di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento dell'obbligazione di pagamento del canone è proposta con la notifica della citazione per convalida della intimazione di sfratto, sulla quale – per effetto dell'opposizione dell'intimato – si apre il giudizio ordinario.

Cass. civ. n. 848/1982

Poiché nella domanda di convalida di sfratto per morosità — ed in quella conseguente di risoluzione del rapporto di locazione per inadempimento del conduttore — deve ritenersi implicita l'istanza di rilascio dell'immobile oggetto del contratto, non sussiste vizio di extrapetizione qualora il giudice dell'appello abbia disposto il rilascio stesso a seguito del rigetto del gravame avverso la sentenza che aveva pronunciato la risoluzione del contratto per grave inadempimento del conduttore, rimanendo detta statuizione nell'ambito della res in iudicium deducta.

Cass. civ. n. 4138/1981

Lo speciale procedimento di convalida di sfratto per morosità, previsto all'art. 658 c.p.c., concludendosi necessariamente con una pronunzia di risoluzione del vincolo contrattuale, non è utilizzabile per far valere ragioni di credito inerenti ad un pregresso rapporto locatizio, cessato cioè al momento della intimazione.

Cass. civ. n. 374/1971

La facoltà che, per economia di giudizio, di tempo e di spese, il legislatore concede al locatore di proporre con unico atto domanda di convalida e domanda di ingiunzione, ha per presupposto che lo stesso giudice, funzionalmente competente per la convalida, sia anche competente per valore ad emettere il decreto di ingiunzione. Ove invece l'ammontare della pigione per il quale si chiede l'ingiunzione ecceda i limiti del conciliatore o del pretore adito, per ottenere il relativo decreto il locatore deve rivolgersi al pretore o al presidente del tribunale, ma è escluso che possa determinarsi uno spostamento della competenza per la convalida che, attribuita ad altro giudice per ragione di materia, è insuscettibile di essere attratto dal giudice dell'ingiunzione. Le due domande sono distinte ed indipendenti e postulano la pronunzia di provvedimenti diversi ed autonomi. Pertanto ove la convalida non possa essere ordinata per l'opposizione dell'intimato, tale procedimento rimane definitivamente chiuso e su di esso si innesta un normale giudizio, nel quale le parti possono sempre proporre ex novo domande ed eccezioni, e quindi il locatore è facultato a formulare anche una nuova causa petendi in concorso o in sostituzione di quelle precedentemente dedotte, a fondamento dell'invocata risoluzione del contratto.

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Consulenze legali
relative all'articolo 658 Codice di procedura civile

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D. M. chiede
venerdì 08/03/2024
“Buongiorno vorrei sapere se in una locazione invece di utilizzare lo strumento dello sfratto per morosità posso utilizzare la risoluzione per inadempimento del contratto di locazione essendo io locatario.
Poi che tipo di atto giudiziario devo fare ricorso o atto di citazione e se la competenza è del tribunale o del giudice di pace.
Grazie”
Consulenza legale i 25/03/2024
In realtà la procedura di intimazione di sfratto per morosità è un procedimento speciale, previsto dagli artt. 658 e ss. del codice di procedura civile, che costituisce un tipo particolare di azione di risoluzione per inadempimento. Si tratta, infatti, di un procedimento sommario, cioè caratterizzato da una fase di accertamento molto ridotta rispetto a un giudizio ordinario, e che consente quindi al locatore, in caso appunto di morosità del conduttore, di riacquistare la disponibilità dell’immobile in tempi più rapidi rispetto a una “normale” azione di risoluzione per inadempimento. Inoltre è prevista la possibilità di chiedere, con lo stesso atto con cui si introduce la procedura di sfratto, anche un decreto ingiuntivo per il pagamento dei canoni scaduti.
La fase di cognizione “piena” avrà luogo solo nel caso in cui l’intimato-convenuto proponga opposizione, secondo l’articolata procedura descritta dal codice civile.
L’intimazione di sfratto per morosità si introduce con citazione, che deve avere il contenuto stabilito dall’art. 660 c.p.c. ed essere notificata nelle forme e nel rispetto dei termini a comparire previsti dalla norma appena citata. Giudice competente è inderogabilmente il tribunale del luogo in cui si trova l’immobile locato.

Se, invece, il locatore intende proporre un’azione ordinaria, dovrà farlo con ricorso, poiché alle controversie in materia di locazione trova applicazione il rito del lavoro (ex art. 447 bis c.p.c.). La procedura si svolgerà, dunque, secondo le regole del procedimento in materia di lavoro (artt. 414 e ss. c.p.c.).
Anche in caso di azione ordinaria, comunque, la competenza spetta al tribunale e non al giudice di pace, come ribadito dalla Corte di Cassazione, secondo cui “tutte le controversie in materia di locazioni immobiliari esulano dalla competenza del giudice di pace, perché, a seguito della soppressione dell'ufficio del pretore, con la conseguente abrogazione dell'art. 8 c.p.c. ad opera dell'art. 49 del d.lgs. n. 51 del 1998, la competenza in materia di locazione di immobili urbani è stata attribuita al tribunale” (Cass. Civ., Sez. VI - 3, ordinanza 30/07/2019, n. 20554).

F. C. chiede
venerdì 14/01/2022 - Molise
“E' piu di un anno che ho affittato un locale come deposito.

La persona a cui il locale è affittato non paga piu il canone mensile da diversi mesi nonostante diversi miei solleciti telefonici e tramite messaggi.

Come posso agire per ottenere le mensilità arretrate ed interrompere il contratto?

grazie”
Consulenza legale i 14/01/2022
Al contratto di locazione uso deposito/magazzino si applica la normativa speciale contenuta nella L.392/78 nonché la disciplina generale in materia di sfratto per morosità contenuta nel codice di procedura civile.
Trattandosi di locale usato come deposito non è prevista la corresponsione di indennità di avviamento la quale non è dovuta quando nel locale condotto in locazione si svolgano attività che “non comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori nonché destinati all’esercizio di attività professionali […]”: ciò è espressamente previsto nell’art. 35 della L.392/78.

Ciò premesso molto brevemente in punto di diritto, in merito al quesito in esame si osserva quanto segue.

Il conduttore del locale si trova in una situazione di palese morosità non versando il canone “da diversi mesi”.
Dunque, se il contratto di locazione è stato regolarmente registrato ci si potrà senz’altro rivolgere al tribunale per richiedere una convalida di sfratto per morosità ai sensi dell’art. 658 c.p.c. che dichiari risolto il contratto e condanni il conduttore (tramite l’emissione di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo) al pagamento dei canoni dovuti e non versati sino alla riconsegna dell’immobile.

Suggeriamo dunque di procedere nel modo seguente.

Inviare una diffida formale (preferibilmente tramite avvocato) via raccomandata o via pec con cui si invita il conduttore a saldare la pregressa morosità entro un certo termine (non inferiore a 15 giorni) avvertendo che in mancanza si procederà inoltrando gli atti legali più opportuni.
Decorso il predetto termine, in mancanza di pagamento, si potrà quindi procedere per via giudiziale notificando l’atto di intimazione di sfratto.

Luigi O. chiede
venerdì 10/11/2017 - Lazio
“Mi riferisco all’art. 1453 c.c. e seguenti e all’art. 2930 c.c. e seguenti.
Ho dato in “affitto con riscatto” un mio appartamento con atto notarile.
Nell’atto notarile è scritto: “in caso di mancato pagamento, anche non consecutivo, di almeno due canoni mensili il presente contratto si risolverà di diritto”.
Come procedere?
Premesso che, nell’eventuale momento, opterò per l’assistenza legale (sempre opportuna ad evitare un cavillo che blocchi tutto) desidero essere informato (amo sapere) la prassi da seguire.
1. Raccomandate agli interessati (sono due) con diffida ad adempiere a quanto stabilito nell’atto notarile dando trenta giorni a partire dalla data della raccomandata avvertendo che trascorso inutilmente detto termine ci sarà la risoluzione del contratto;

2. Non ricevendo riposte positive, depositare presso l’ufficio dell’Ufficiale Giudiziario la documentazione (atto notarile e raccomandate?) al fine che lo stesso proceda alla riconsegna dell’immobile al titolare dopo essere stato incaricato da un giudice.

3. Mi chiedo: in caso di accordo tra le parti, per il rilascio, è sufficiente una scrittura privata?

4. E' possibile spedire le raccomandate in anticipo senza aspettare la scadenza avvertendo che non oagando il prossimo canone si sarà la risoluzione del contratto?

5. Nell’atto notarile “Affitto con riscatto” è previsto il pagamento delle spese condominiali ordinarie e straordinarie del palazzo a carico del compratore. E se non paga?

Consulenza legale i 29/11/2017
La prassi ipotizzata è corretta: va inviata alle controparti (intestatarie del contratto) una raccomandata con diffida ad adempiere e quindi a sanare la morosità entro e non oltre un determinato termine (ad avviso di chi scrive 30 giorni sono eccessivi: solitamente se ne concedono 15), avvisando che in difetto di positivo riscontro ci si avvarrà della clausola risolutiva espressa di cui al punto …. del contratto e quest’ultimo si intenderà quindi risolto di diritto.

Qualora l’inquilino non lasci l’immobile spontaneamente se non dopo la diffida, non si potrà – purtroppo – già rivolgersi all’ufficiale giudiziario ma sarà necessario procurarsi prima un titolo esecutivo.
Le strade – sotto il profilo processuale - sono due:
  • ci si può rivolgere al Giudice promuovendo un giudizio ordinario, per richiedere l’accertamento dell’intervenuta risoluzione e la condanna dell’inquilino a rilasciare l’immobile al proprietario.
  • oppure - trattandosi nel caso di specie di locazione - la soluzione sicuramente più rapida ed efficace è quella di avvalersi della procedura sommaria di sfratto per morosità. Essa consiste nella notifica alla controparte di un atto di citazione nel quale si intima lo sfratto e si conviene l’inquilino moroso davanti al Giudice affinché quest’ultimo convalidi lo sfratto.
Al giudice basterà portare come prova (mediante allegazione di tale documentazione all’atto di citazione) la copia del contratto di locazione (con prova dell’avvenuta registrazione) e la copia della raccomandata di diffida inviata, specificando l’ammontare ancora dovuto dall’inquilino (comprensivo di interessi di mora).
All’udienza fissata dal Giudice, previa verifica che la morosità persiste, viene convalidato lo sfratto e fissata una data a partire dalla quale sarà possibile procedere con il rilascio forzato (dunque con richiesta, stavolta sì, all’Ufficiale Giudiziario, di accedere all’immobile per sgomberarlo).

La procedura di sfratto può essere avviata, quindi, indipendentemente dall’esistenza di una clausola risolutiva espressa e dunque dal fatto che il contratto si sia risolto o meno, quando il conduttore sia in mora anche di una sola mensilità di canone.

Se le parti si mettono invece d’accordo per un rilascio spontaneo, è senz’altro sufficiente una scrittura privata: l’importante sarà effettuare le debite comunicazioni relative alla chiusura del contratto per ragioni fiscali (trasmissione modello RLI all’Agenzia delle Entrate).

Per quanto concerne la spedizione “in anticipo” delle raccomandate, non si comprende bene il senso della domanda. Non appena si verifica la morosità di due mensilità di canone, infatti, il contratto si risolve di diritto (automaticamente): non si dovrà attendere, dunque, alcun “termine”, ma semplicemente, decorsi due mesi senza che il locatore abbia ricevuto regolarmente il canone alla scadenza pattuita, quest’ultimo potrà inviare la raccomandata con la quale, avvalendosi della clausola risolutiva espressa, si comunicherà a controparte l’avvenuta risoluzione.

Per quanto concerne l’ultima domanda, occorrerebbe sapere quale sia la disciplina applicabile al contratto in questione. Se si si tratta, infatti, di locazione soggetta alla legge n. 392/1978 (cosiddetta disciplina sull’equo canone), l’art. 5 di quest’ultima legittima la risoluzione del contratto anche in caso di mancato pagamento delle spese condominiali: “salvo quanto previsto dall'articolo 55, il mancato pagamento del canone decorsi venti giorni dalla scadenza prevista, ovvero il mancato pagamento, nel termine previsto, degli oneri accessori quando l'importo non pagato superi quello di due mensilità del canone, costituisce motivo di risoluzione, ai sensi dell'articolo 1455 del codice civile”.

Attenzione, tuttavia, che risoluzione non significa sfratto.
Infatti, chi non paga le spese condominiali può vedersi citato in giudizio per l'accertamento dell'avvenuta risoluzione del contratto e della morosità, ma attraverso un giudizio civile ordinario.
Altra cosa è, invece, il procedimento di intimazione di sfratto per morosità regolato dal codice di procedura civile (art. 658 c.p.c.).
Costituisce principio consolidato della Corte di Cassazione, infatti, quello per cui quest’ultimo procedimento “è predisposto per i casi di "mancato pagamento del canone di affitto".
Esso costituisce, dunque, un rimedio all'inadempimento dell'obbligazione principale del conduttore, contrapposta a quella del locatore di far godere all’altro la cosa locata.
Il procedimento in questione non riguarda, invece, i casi di mancato assolvimento degli "oneri accessori" gravanti sul conduttore, i quali non si traducono in compensi per il locatore e quindi non può essere esteso al di fuori dei casi previsti dalla legge.
Si tratta in effetti di un rito speciale, che si pone come eccezione all'ordinario processo civile non sommario, per cui la relativa normativa non è applicabile per analogia.

Per rispondere alla domanda, dunque, se il conduttore non paga gli oneri condominiali, il locatore potrà legittimamente convenirlo in giudizio per la risoluzione del contratto.
In definitiva e più precisamente:
a) se l’inquilino è moroso nel pagamento dei soli canoni, meglio procedere con lo sfratto per morosità;
b) se l’inquilino è moroso nel pagamento sia dei canoni che delle spese condominiali, sarà sempre opportuno ricorrere alla procedura di sfratto;
c) se l’iquilino è moroso nel pagamento delle sole spese condominiali, se si vuole risolvere il contratto lo si dovrà convenire in giudizio per sentire accertare la risoluzione del contratto e condannare al rilascio.

Si noti bene, tuttavia, che tutto ciò attiene solamente al recupero del pieno possesso dell’immobile: per quel che riguarda, invece, il recupero dei canoni non corrisposti, che è tutt’altra questione, occorrerà procurarsi un’ingiunzione di pagamento.

Alberto F. chiede
lunedì 07/03/2016 - Piemonte
“Mi rivolgo a questo studio per la risoluzione di un problema di coabitazione familiare.
Diversi anni fa ho accolto mio padre nella casa (alloggio ammobiliato in affitto) in cui ancora oggi abito. Desiderando interrompere tale coabitazione e recuperare indipendenza e privacy (ho più di 40 anni), ho più volte invitato mio padre a cercarsi un'altra sistemazione ricevendo un deciso diniego. Ho pensato allora di non rinnovare il contratto d'affitto (che scadrà a breve) e cercare io stesso un'altra sistemazione, ma mio padre mi ha chiaramente detto di non essere comunque intenzionato a liberare l'alloggio (né il proprietario intende stipulare un nuovo contratto con lui) ed io temo che, in quanto affittuario, me ne possano derivare conseguenze legali.

Esiste una soluzione legale per raggiungere il mio obiettivo oppure, in estrema ratio, devo sospendere il pagamento dell'affitto e farmi sfrattare per morosità? E con quali conseguenze?

Per completezza di informazione preciso che: (a) entrambi disponiamo di un reddito mensile di importo equivalente (b) mio padre, che fra pochi mesi compirà 67 anni, gode di buona salute (c) a suo tempo, mio padre ha fissato la residenza presso la mia abitazione e risulta tuttora iscritto sul mio stato di famiglia.”
Consulenza legale i 11/03/2016
Nel caso di specie viene in rilievo la L. 9 dicembre 1998 n.431 che disciplina le locazioni e il rilascio degli immobili ad uso abitativo.
L’art. 2 della predetta legge disciplina la modalità di stipula e di rinnovo dei contratti di locazione e prevede in particolare al primo comma che “le parti possono stipulare contratti di locazione di durata non inferiore a quattro anni, decorsi i quali i contratti sono rinnovati per un periodo di quattro anni, fatti salvi i casi in cui il locatore intenda adibire l'immobile agli usi o effettuare sullo stesso le opere di cui all'articolo 3, ovvero vendere l'immobile alle condizioni e con le modalità di cui al medesimo articolo 3. Alla seconda scadenza del contratto, ciascuna delle parti ha diritto di attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni o per la rinuncia al rinnovo del contratto, comunicando la propria intenzione con lettera raccomandata da inviare all'altra parte almeno sei mesi prima della scadenza. La parte interpellata deve rispondere a mezzo lettera raccomandata entro sessanta giorni dalla data di ricezione della raccomandata di cui al secondo periodo. In mancanza di risposta o di accordo il contratto si intenderà scaduto alla data di cessazione della locazione. In mancanza della comunicazione di cui al secondo periodo il contratto è rinnovato tacitamente alle medesime condizioni”.

La soluzione che appare più conveniente sarebbe quella di inviare al locatore, tramite raccomandata con ricevuta di ritorno, la disdetta, che impedisce il rinnovo automatico entro il termine indicato nel contratto di locazione in essere. Con tale comunicazione si manifesta la propria volontà di non rinnovare l’accordo locatizio che pertanto cesserà nel termine di efficacia della comunicazione di disdetta.

Entro tale termine il conduttore e coloro che, inseriti nel suo nucleo familiare, hanno goduto dell’immobile dovranno rilasciare l’immobile altrimenti potranno incorrere nella procedura di sfratto per finita locazione ex art. 657 c.p.c. e ss che comporta il rilascio obbligato dell’immobile con la relativa condanna alle spese giudiziarie per l’azione che il locatore ha dovuto intraprendere per riottenere la disponibilità dell’immobile di sua proprietà. Nel caso di specie quindi, al fine di ottenere la cessazione della coabitazione con il proprio genitore - il quale, da quanto si evince nel quesito, si dimostra letteralmente inamovibile - sarebbe opportuno inviare la disdetta del contratto di locazione e poi procedere con il rilascio dell’immobile entro il termine pattuito con il relativo cambio di residenza che verrà fissata nella nuova abitazione da scegliersi. Così facendo nessuna conseguenza pregiudizievole e/o responsabilità potrà essere addebitata al conduttore, mentre se il genitore non avrà intenzione di lasciare l’immobile sarà proprio lui a dover sopportare le conseguenze pregiudizievoli, a causa della sua occupazione abusiva priva di titolo giustificativo.

Si sconsiglia, invece, di omettere il versamento del canone d’affitto, perché tale atteggiamento integra senz'altro un inadempimento contrattuale e legittima il locatore ad azionare la procedura di sfratto per morosità ex art. 658 c.p.c. a carico del conduttore moroso, con la conseguente condanna al rilascio dell’immobile e al pagamento delle spese giudiziarie.

Si precisa, altresì, che nel caso in cui sia già spirato il termine per impedire il rinnovo del contratto, la legge sopracitata all’art. 3 comma 6 dispone comunque la facoltà del conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, di recedere in qualsiasi momento dal contratto, dando comunicazione al locatore con preavviso di sei mesi.

Infine, in relazione alla precisazione della presenza di un unico stato di famiglia, appare opportuno chiarire che una volta lasciato l’immobile locato e spostata la residenza anagrafica in un’altra abitazione lo stato di famiglia non potrà dirsi ancora sussistente ai sensi del D.P.R. 223/1989.

Sabrina F. chiede
mercoledì 07/05/2014 - Marche
“Quanti mesi di morosità devono esserci per poter esercitare l'azione di sfratto?ne basta uno?”
Consulenza legale i 08/05/2014
Di regola è il contratto a stabilire quanti mesi di morosità sono necessari per poter esercitare l'azione di sfratto contro il conduttore (spesso viene previsto che un solo canone non pagato comporti la risoluzione del contratto).
Se il contratto non prevede nulla, si applica l'art. 5 della legge 27 luglio 1978, n. 392, che recita: "Salvo quanto previsto dall'articolo 55, il mancato pagamento del canone decorsi venti giorni dalla scadenza prevista, ovvero il mancato pagamento, nel termine previsto, degli oneri accessori quando l'importo non pagato superi quello di due mensilità del canone, costituisce motivo di risoluzione, ai sensi dell'articolo 1455 del codice civile".
L'art. 55 della medesima legge prevede comunque che la morosità del conduttore possa essere sanata in sede giudiziale per non più di tre volte nel corso di un quadriennio, se il conduttore alla prima udienza versa l'importo dovuto per tutti i canoni scaduti e per gli oneri accessori maturati sino a tale data (oltre a interessi legali e spese processuali).
Ove il pagamento non avvenga in udienza, il giudice, dinanzi a comprovate condizioni di difficoltà del conduttore, può assegnare un termine non superiore a 90 giorni.


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