Cassazione civile Sez. III sentenza n. 19865 del 22 settembre 2014

(3 massime)

(massima n. 1)

Il giudice investito dell'appello contro un'ordinanza (nella specie, per convalida di sfratto) qualificata dall'appellante come sentenza (nella specie, per difetto di un presupposto legale) può dichiarare ammissibile il gravame per una ragione diversa, senza incorrere in ultrapetizione, atteso che le condizioni di ammissibilità dell'impugnazione devono essere apprezzate dal giudice d'ufficio.

(massima n. 2)

Nel procedimento per convalida di sfratto, il giudice che ritenga inammissibile l'istanza del conduttore per la sanatoria della morosità, ai sensi dell'art. 55 della legge 27 luglio 1978, n. 392, può emettere solo l'ordinanza di rilascio, a norma dell'art. 665 cod. proc. civ., disponendo la prosecuzione del giudizio a cognizione piena, in quanto l'ordinanza di convalida, a norma dell'art. 663 cod. proc. civ., risulterebbe emessa nell'opposizione dell'intimato e, quindi, fuori dei casi di legge, sì da integrare una sentenza appellabile.

(massima n. 3)

Ai fini della convalida dello sfratto, l'attestazione del locatore che la morosità persiste, ai sensi dell'art. 663, terzo comma, cod. proc. civ., è necessaria solo quando l'intimato non compaia all'udienza, perché, se egli compare e si oppone, la deduzione di cessazione della morosità resta affidata alla sua difesa, mentre, se compare e non si oppone, la necessità dell'attestazione è assorbita dalla non opposizione.

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