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Articolo 487 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Chiamato all'eredità che non è nel possesso di beni

Dispositivo dell'art. 487 Codice Civile

(1)Il chiamato all'eredità, che non è nel possesso di beni ereditari, può fare la dichiarazione di accettare col beneficio d'inventario [484 c.c.] fino a che il diritto di accettare non è prescritto [480 c.c.](2).

Quando ha fatto la dichiarazione, deve compiere l'inventario nel termine di tre mesi dalla dichiarazione, salva la proroga accordata dall'autorità giudiziaria a norma dell'articolo 485(3); in mancanza, è considerato erede puro e semplice [476, 488 c.c.](4).

Quando ha fatto l'inventario non preceduto da dichiarazione d'accettazione, questa deve essere fatta nei quaranta giorni successivi al compimento dell'inventario; in mancanza, il chiamato perde il diritto di accettare l'eredità(5).

Note

(1) La norma non si applica al legittimario pretermesso, ossia al legittimario che sia stato escluso dalla successione. Tale soggetto, non essendo chiamato all'eredità, non ha infatti il potere di accettare.
(2) Il termine di prescrizione è decennale (v. art. 480 del c.c.).
(3) La proroga può essere concessa dal tribunale del luogo in cui si è aperta la successione, se l'inventario è stato iniziato ma non ancora completato. Non può eccedere i tre mesi, salvo che si verifichino gravi circostanze.
(4) Il chiamato che non è nel possesso dei beni ereditari, dopo aver fatto la dichiarazione di cui all'art. 484 del c.c., ha a disposizione tre mesi, salvo proroga, per terminare l'inventario. In caso contrario, analogamente a quanto previsto dall'art. 485 del c.c., viene considerato erede puro e semplice.
(5) Il chiamato all'eredità che non è nel possesso dei beni ereditari, ove abbia compiuto le operazioni di inventario, ha quaranta giorni dalla fine delle stesse per dichiarare se intende o meno accettare l'eredità con beneficio di inventario. Ove non rispetti tale termine, il chiamato si considera erede puro e semplice.

Ratio Legis

Il chiamato all'eredità che non ha il possesso dei beni ereditari è soggetto a termini di maggior favore per procedere con l'accettazione beneficiata rispetto a quelli previsti dall'art. 485 del c.c., in quanto, non avendo la disponibilità materiale dei beni ereditari, non può appropriarsi di essi arrecando pregiudizio alle ragioni dei creditori dell'eredità.

Spiegazione dell'art. 487 Codice Civile

La norma prevede in capo al chiamato all'eredità che non sia nel possesso dei beni ereditari la facoltà di accettare puramente e semplicemente o con beneficio di inventario fino alla prescrizione del suo diritto o entro il termine eventualmente stabilito dal giudice ai sensi dell'art. 481 del codice civile.

Non sussiste in caso di chiamato non possessore la necessità di tutelare il patrimonio ereditario e i terzi dai pregiudizi che potrebbero loro derivare dalla sottrazione, dal consumo o dalla distruzione dei beni ereditari da parte del chiamato e che ha spinto il legislatore a prevedere in capo al chiamato possessore stringenti limiti temporali entro cui rinunciare, fare l'inventario e accettare con beneficio di inventario (art. 485 del codice civile).

La norma prevede, poi, in capo al chiamato non possessore, che abbia accettato l'eredità, la facoltà di accettare con beneficio di inventario predisponendo l'inventario entro tre mesi dalla dichiarazione di accettazione. Tale norma a differenza dell'art. 485 2° comma del codice civile non prevede un'eccezionale ipotesi di acquisto dell'eredità senza accettazione, in quanto prevede esclusivamente la decadenza dalla facoltà di accettare con beneficio di inventario, ma presuppone una dichiarazione espressa di accettazione.

La norma in oggetto prevede, infine, la perdita del diritto di accettare l'eredità da parte del chiamato non possessore che, redatto l'inventario, entro quaranta giorni non dichiari di accettare l'eredità.
Tale effetto si fonda sulla presunzione della mancanza di volontà di accettare del chiamato che, avendo esatta contezza del valore del patrimonio ereditario, in forza dell'inventario precedentemente stilato, entro il suddetto termine non abbia ancora accettato l'eredità.

La perdita del diritto di accettare di cui sopra è definitiva non potendo essere parificata ad una vera rinunzia e come tale pur ricorrendone i presupposti di cui all'art. 525 del codice civile non potrà essere oggetto di revoca o impugnazione da parte dei creditori ai sensi dell'art. 524 del codice civile.

Qualora, invece, nel termine di quaranta giorni dalla redazione dell'inventario il chiamato non possessore rinunzi non si determinerà allo scadere dei quaranta giorni la perdita del diritto di accettare e di conseguenza la rinuncia sarà revocabile a norma dell'art. 525 del codice civile.


Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 487 Codice Civile

Cass. civ. n. 14442/2019

In tema di accettazione dell'eredità, l'inefficacia giuridica della dichiarazione di accettazione beneficiata non seguita dalla tempestiva redazione dell'inventario, non esclude che, entro il termine di prescrizione e salva la scadenza del termine fissato ai sensi dell'art. 481 c.c., l'ente chiamato all'eredità possa nuovamente dichiarare la sua accettazione con beneficio d'inventario.

Cass. civ. n. 16514/2015

In caso di eredità beneficiata, spetta all'erede provare la tempestiva formazione dell'inventario e non al creditore - che intenda far valere la responsabilità "ultra vires" del primo - il ritardo o l'omissione dell'adempimento, trattandosi di un elemento costitutivo del relativo beneficio. (Nella specie, la S.C. ha escluso fosse sufficiente la circostanza che gli eredi, opponenti la cartella esattoriale per debiti del loro dante causa verso l'INPS, avessero accettato in sede notarile l'eredità con beneficio d'inventario, non avendo anche provato che si fossero svolte, nei termini stabiliti, le successive operazioni richieste dalla legge).

Cass. civ. n. 24668/2006

La pronuncia resa sull'ordinanza adottata dal tribunale, ai sensi dell'art. 669 terdecies c.p.c., in sede di reclamo avverso un provvedimento con cui sia stata respinta un'istanza impropria ai sensi dell'art. 487 c.c., volta a far dichiarare la decadenza di un erede dal diritto di accettare l'eredità per non aver reso la dichiarazione di accettazione nei 40 giorni successivi al compimento dell'inventario, è priva dei caratteri di decisorietà e definitività. Ne consegue che, contro di essa, è inammissibile il ricorso straordinario per cassazione. (Nella specie la S.C. ha precisato che, stante l'anomalia del procedimento, le questioni relative alla avvenuta o meno accettazione dell'eredità, decise con delibazione sommaria, avrebbero potuto essere sollevate in un eventuale giudizio di cognizione relativo alla sussistenza o meno della qualità di erede del resistente).

Cass. civ. n. 10197/2000

Il chiamato dell'eredità che non sia nel possesso dei beni ereditari non può stare in giudizio in rappresentanza dell'eredità (ipotesi prevista dall'art. 486 c.c. soltanto per il chiamato in possesso dei beni ereditari) e pertanto nei suoi confronti non è possibile né proseguire il giudizio instaurato nei confronti del de cuius, né agire ex novo; se, tuttavia, si sia agito contro il chiamato non possessore e costui si sia costituito eccependo la propria carenza di legittimazione, il giudice deve disporne l'estromissione dal giudizio, senza che, peraltro, la semplice costituzione intensa al solo fine di far valere il proprio difetto di legittimazione possa configurarsi come accettazione tacita dell'eredità, trattandosi di atto pienamente compatibile con la volontà di non accettare l'eredità.

Cass. civ. n. 6871/1999

In tema di imposta sulle successioni, anche nella ipotesi in cui i chiamati all'eredità non siano nel possesso dei beni, dopo la formale dichiarazione di voler accettare l'eredità con il beneficio di inventario, devono completare l'inventario stesso nei tre mesi successivi (sei nel caso di proroga) alla pronuncia del provvedimento del pretore di nomina, ai sensi dell'art. 769 c.p.c., del soggetto (cancelliere o notaio) deputato alla redazione dell'inventario. In tal caso, il termine semestrale per la presentazione della dichiarazione di successione decorre dalla scadenza di quello fissato nel provvedimento pretorile per la formazione dell'inventario.

Cass. civ. n. 1628/1985

Il chiamato all'eredità il quale non sia nel possesso dei beni ereditari, qualora abbia iniziato le operazioni d'inventario non precedute dall'accettazione con il beneficio d'inventario a norma dell'art. 487 c.c., può accettare l'eredità in modo puro e semplice durante lo svolgimento di tali operazioni con la conseguenza che in tale ipotesi non può trovare applicazione l'ultimo comma di detta disposizione che prevede la perdita del diritto di accettare l'eredità quando questa non sia stata ancora accettata.

Cass. civ. n. 329/1977

La limitazione ai soli creditori del defunto ed ai legatari della legittimazione a far valere la decadenza dell'erede dal beneficio dell'inventario, disposta dall'art. 505, ultimo comma, c.c. opera anche nel caso previsto dal secondo comma dell'art. 487 c.c., di chiamato all'eredità che non si trovi nel possesso dei beni ereditari e che, dopo aver dichiarato di accettare l'eredità con il beneficio dell'inventario, non compia l'inventario stesso nel termine prescritto o prorogato, verificandosi anche in tale ipotesi una decadenza dal beneficio.

Cass. civ. n. 3220/1974

Il titolo primario della delazione ereditaria è il testamento, rispetto al quale la successione legittima opera solo in via suppletiva e quella c.d. necessaria in via correttiva, subordinata all'iniziativa del riservatario preterito; quest'ultimo, finché non si avvalga dell'azione di riduzione, non è chiamato all'eredità, non ha l'onere né il potere di accettare l'eredità, e nei suoi confronti non può verificarsi la decadenza prevista dall'art. 487, terzo comma, c.c.

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MASSIMO C. chiede
venerdì 13/12/2019 - Sicilia
“In data 27/10/2019 viene a mancare il marito, per successione legittima i chiamati all’eredità sono:
1) GIACOMA, coniuge convivente, stesso stato di famiglia
2) PAOLA, figlia convivente, stesso stato di famiglia
3) ELISA, figlia non convivente, coniugata in regime di separazione dei beni e con un figlio GIORGIO allo stato attuale minore (diventerà maggiorenne Maggio 2020)
Asse ereditario costituito da:
a) immobile categoria catastale A/4 - abitazione principale - dove risiedeva IL DE CUIUS con il coniuge Giacoma e la figlia Paola
b) immobile categoria catastale C/6
su detti immobili la cui proprietà è del de cuius (provenienza da donazione a favore solo dello stesso) da visura ipocatastale risultano delle ipoteche legali iscritte da Serit Sicilia Agente per la riscossione, una nell’anno 2003 (sia su immobile abitazione principale, sia sull’altro immobile) ed un’altra nell’anno 2006 (solo sulla prima casa)
c) presenza debiti fiscali/tributari già notificati in passato e tuttora esistenti e mai regolarizzati circa 70.000€
d) comunicazione datata gennaio 2019 di debiti bancari riferiti a finanziamento, cointestato tra il “de cuius” ed il coniuge, per circa 14.800€ risalenti al 05/2013 ceduti da parte istituto bancario a società recupero crediti.
Ad ELISA, figlia non convivente CHE VUOLE COMUNQUE RINUNCIARE, sorge un dubbio, in merito alla sua posizione e precisamente se può considerarsi “non essere nel possesso dei beni “ o diversamente “ essere nel possesso dei beni”, in quanto ciò comporta una tempistica diversa per poter effettuare la sua rinuncia, per cui :
ELISA entro 27 gennaio 2020 effettua la sua rinuncia, per rappresentazione subentra il figlio GIORGIO minore (sarà maggiorenne a maggio 2020) può lo stesso attendere tranquillamente il mese di maggio ed effettuare la sua rinuncia? In attesa che GIORGIO compia la maggiore età i genitori sono obbligati a chiedere autorizzazione al giudice tutelare per la sua rinuncia o possono anche non fare nulla? Se il giudice tutelare rigetta la rinuncia, sarà obbligato ad accettare con beneficio inventario o può anche non fare nulla e non appena maggiorenne potrà comunque rinunciare?
In alternativa, qualora si conferma che Elisa si consideri “non essere nel possesso dei beni”, può tranquillamente attendere il mese di maggio 2020 ed effettuare la rinuncia congiunta con il figlio Giorgio divenuto maggiorenne?
Qual è la scelta da effettuare nell’immediato per cautelare ELISA, ma principalmente il figlio GIORGIO anche nel caso in cui potrebbero essere notificate cartelle esattoriali al defunto o agli eredi del defunto?

In attesa di un vostro parere, si ringrazia anticipatamente”
Consulenza legale i 22/12/2019
La posizione che si andrà a chiarire, per come viene richiesto nel quesito, è quella della sola figlia Elisa, chiamata insieme alla madre Giacoma ed alla sorella Paola alla successione del padre, che chiameremo Tizio.
Interesse di Elisa risulta essere quello di non accettare l’eredità e, dunque, di non assumere la qualità di erede di Tizio, considerato che il patrimonio ereditario del de cuius si presenta gravato da debiti di diversa natura e, peraltro, già assoggettato a garanzia ipotecaria.

Ora, stando a ciò che viene riferito nel quesito, il fatto che Elisa non viva con la famiglia di origine nell’abitazione di tipo A/4 destinata a casa familiare e che abbia una propria famiglia, esclude senza alcun dubbio che alla medesima possa attribuirsi la posizione di chiamato all’eredità nel possesso dei beni ereditari, prevista dall’art. 485 del c.c., ed in forza del quale viene imposto al chiamato di compiere l’inventario entro il termine di tre mesi dal giorno dell’apertura della successione o della notizia della devoluta eredità, per poi accettare entro il successivo termine di quaranta giorni.
Si tenga presente che, malgrado il carattere stringente di tale norma, il successivo art. 486 del c.c. attribuisce al chiamato all’eredità il diritto di esercitare i poteri che gli vengono riconosciuti dall’art. 460 del c.c. (ossia esercizio di azioni possessorie, compimento di atti conservativi, di vigilanza e amministrazione temporanea), senza bisogno di materiale apprensione dei beni e, di conseguenza, senza che ciò gli faccia acquisire la posizione di chiamato nel possesso dei beni.

La circostanza che Elisa non abbia ad oggi conseguito tale possesso, determina l’applicabilità nei suoi confronti dell’art. 487 del c.c., in forza del quale la stessa Elisa ha il diritto di decidere se accettare o meno l’eredità fino a che il diritto di accettare non è prescritto, ovvero entro il termine di 10 anni dall’apertura della successione, come disposto dal primo comma dell’art. 480 del c.c..

Giorgio, figlio di Elisa, allo stato attuale non riveste la posizione di chiamato all’eredità, in quanto, trattandosi di successione legittima, eredi immediati sono ex artt. 565 e 581 c.c. coniuge e figli del de cuius (in ragione di un terzo il coniuge e due terzi indivisi i figli); da ciò ne consegue che, finchè Elisa non avrà rinunciato all’eredità, Giorgio non potrà né accettare né rinunciare, non essendovi stata alcuna delazione in suo favore, la quale si produrrà soltanto nel momento in cui Elisa manifesterà la volontà di rinunciare all’eredità del padre, rinuncia che farà subentrare per rappresentazione, ex art. 467 del c.c., il discendente Giorgio nel luogo e nel grado della madre Elisa.

Anche per Giorgio il termine per accettare decorrerà dal momento dell’apertura della successione, e ciò lo si ricava dalla lettura del terzo comma dell’art. 480 c.c., ove viene detto che, nel caso di chiamati ulteriori, il termine di prescrizione non decorre soltanto se vi è stata accettazione da parte di precedenti chiamati e successivamente il loro acquisto ereditario è venuto meno.
Potrebbe apparire iniquo, a prima vista, il fatto che anche per i chiamati ulteriori il termine venga fatto decorrere dal momento dell’apertura della successione, sebbene non possano esercitare immediatamente il diritto di accettare l’eredità.
In realtà, tale scelta legislativa si giustifica considerando che i chiamati ulteriori, contro l’inerzia dei primi chiamati, hanno la possibilità di avvalersi del rimedio specifico della c.d. actio interrogatoria (prevista dall’art. 481 del c.c.), ovvero hanno la possibilità di provocare la rinunzia o la perdita del diritto di accettare dei primi chiamati, in tal modo rendendo attuale la delazione nei loro confronti, prima che si maturi il termine di prescrizione.

Chiaramente qui non sussiste un interesse di tale tipo, anzi al contrario, proprio al fine di evitare che ci si debba munire di una autorizzazione da parte del giudice tutelare (ai sensi dell’art. 321 del c.c. e dell’art. 374 del c.c.), sarà opportuno attendere che il figlio Giorgio raggiunga la maggiore età (nel mese di maggio 2020) e così entrambi (madre e figlio) poter liberamente rinunciare all’eredità di Tizio.

Per quanto concerne la posizione di Elisa medio tempore, si ritiene che non si pongano problemi di particolare rilievo, in quanto non avendo ancora accettato l’eredità e non avendo in alcun modo preso possesso dei beni ereditari, non sarà di conseguenza tenuta a sopportare, neppure per quota, i debiti del defunto padre.
Eventuali notifiche di cartelle esattoriali indirizzate agli eredi del defunto saranno da ritenere nulle perché fatte a soggetti che, finchè non avranno manifestato la volontà di accettare l’eredità, sia in forma espressa che in forma tacita, non potrà dirsi che abbiano ancora giuridicamente assunto tale qualità (rivestendo soltanto la posizione di chiamati).

Per quanto concerne specificatamente l’accettazione tacita, l’art. 476 del c.c. dispone che si ha accettazione tacita quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di compiere se non in tale qualità.
Così, a titolo meramente esemplificativo e non certamente esaustivo, possono considerarsi tali: gli atti di appropriazione di beni ereditari o di disposizione degli stessi, la promozione di un’azione spettante all’erede, la donazione, vendita e cessione secondo le forme contemplate dall’art. 477 del c.c., il pagamento di debiti ereditari con denaro prelevato dall’asse ereditario, esercizio dell’azione di riduzione, l’impugnazione di disposizioni testamentarie, la formalizzazione di una proposta di contratto avente ad oggetto beni ereditari, la proposizione di domanda giudiziale di divisione ereditaria, la riscossione di un rateo di pensione o di altre somme spettanti al de cuius.

Non possono, invece, considerarsi produttivi di accettazione tacita dell’eredità i seguenti atti (sempre a titolo meramente esemplificativo): consegna di beni ereditari da parte del chiamato all’esecutore testamentario, pagamento di un debito del de cuius con denaro personale del chiamato, continuazione nel godimento dei mobili del de cuius da parte del coniuge o dei figli conviventi, compimento di atti di amministrazione temporanea (purchè non dispositivi di beni o diritti), registrazione e trascrizione del testamento del de cuius, presentazione della denuncia di successione all’Agenzia delle Entrate.

In conclusione, perché Elisa possa continuare a mantenere la sua posizione di chiamato e non acquisire la qualità di erede sarà sufficiente non disporre di alcun bene o diritto ereditario (compreso il denaro), facendosi eventualmente autorizzare dall’autorità giudiziaria ex art. 460 secondo comma c.c. qualora la vendita di qualche bene dovesse risultare necessaria e improrogabile al fine di evitare gravosi spese di conservazione.