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Articolo 10 Testo unico edilizia

(D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380)

[Aggiornato al 08/02/2024]

Interventi subordinati a permesso di costruire

Dispositivo dell'art. 10 Testo unico edilizia

1. Costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire:

  1. a) gli interventi di nuova costruzione;
  2. b) gli interventi di ristrutturazione urbanistica;
  3. c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma o della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti di immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e, inoltre, gli interventi di ristrutturazione edilizia che comportino la demolizione e ricostruzione di edifici situati in aree tutelate ai sensi degli articoli 136, comma 1, lettere c) e d), e 142 del medesimo codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, o il ripristino di edifici, crollati o demoliti, situati nelle medesime aree, in entrambi i casi ove siano previste modifiche della sagoma o dei prospetti o del sedime o delle caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente oppure siano previsti incrementi di volumetria(1).

2. Le regioni stabiliscono con legge quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell'uso di immobili o di loro parti, sono subordinati a permesso di costruire o a segnalazione certificata di inizio attività.

3. Le regioni possono altresì individuare con legge ulteriori interventi che, in relazione all'incidenza sul territorio e sul carico urbanistico, sono sottoposti al preventivo rilascio del permesso di costruire. La violazione delle disposizioni regionali emanate ai sensi del presente comma non comporta l'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 44.

Note

(1) La lettera c) del comma 1 è stata modificata dall'art. 10, comma 1, lett. e) del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, e, successivamente, dal D. L. 1 marzo 2022, n. 17, convertito con modificazioni dalla L. 27 aprile 2022, n. 34, nonché, in seguito, dal D. L. 17 maggio 2022, n. 50, convertito con modificazioni dalla L. 15 luglio 2022, n. 91.

Spiegazione dell'art. 10 Testo unico edilizia

L’articolo in commento assoggetta al preventivo rilascio del permesso di costruire gli interventi edilizi che, tra quelli individuati dall’art. 3 del T.U., presentano il più rilevante impatto sul territorio: la nuova costruzione, la ristrutturazione urbanistica e la ristrutturazione cosiddetta “pesante”.

Affinché la ristrutturazione edilizia richieda il permesso di costruire non è sufficiente che il risultato delle opere sia un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente, posto che tale elemento è comune a qualsiasi tipo di ristrutturazione, ma è necessario che sussistano anche gli ulteriori presupposti di cui al comma 1, lettera c).
In particolare, si ha ristrutturazione pesante quando venga alterato rispetto al fabbricato pre-esistente almeno uno dei seguenti elementi:
1) la volumetria complessiva;
2) il mutamento della destinazione d’uso degli immobili compresi nelle Zone A, cioè le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestano carattere storico, artistico e di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi (art. 2, D.M. n. 1444/1968);
3) il mutamento della sagoma o della volumetria o dei prospetti degli edifici tutelati ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio.

Per una più approfondita disamina delle caratteristiche del mutamento della destinazione d’uso si rimanda al commento all’art. 23 bis, che ha meglio definito quali mutamenti di destinazione d’uso siano urbanisticamente rilevanti, in quanto determinano un aggravio del carico urbanistico.

Quanto alla differenza tra le nozioni di sagoma e prospetto, la giurisprudenza costante ritiene che la sagoma identifichi la conformazione planivolumetrica della costruzione ed il suo perimetro, considerato in senso verticale ed orizzontale.
Il prospetto, invece, indica l’aspetto esterno dell’edificio complessivamente considerato dal punto di vista estetico e architettonico, comprendendo ad esempio la presenza e la localizzazione di aperture sulle facciate.

L’articolo in commento, inoltre, lascia spazio “integrativo” alle Regioni, che mantengono la possibilità di individuare eventuali altri interventi che richiedano il rilascio del permesso di costruire, con l’avvertenza che l’esercizio di tale facoltà non influisce sul regime sanzionatorio.
Pertanto, quando si tratta di stabilire le sanzioni applicabili e se le opere abusivamente realizzate assumano anche una rilevanza sotto l’aspetto penale, l’unico parametro al quale si deve avere riguardo non è l’eventuale necessità di ottenere il permesso di costruire sancita dalla normativa regionale nell’esercizio dei poteri di cui al comma 3 dell’articolo in commento, bensì la riconducibilità dell’opera in concreto a una delle tipologie previste dalle lettera a), b) e c) del comma 1.

Massime relative all'art. 10 Testo unico edilizia

Cass. pen. n. 14725/2019

In tema di disciplina degli interventi edilizi, la previsione di cui all'art. 10, comma 1, lett. c), del D.P.R 6 giugno 2001, n. 380, che, nella formulazione modificata dall’art. 17, comma 1, lett. d), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, conv. con modificazioni dalla L. 11 novembre 2014, n. 164, non include più, tra gli interventi di ristrutturazione edilizia subordinati a permesso di costruire, quelli che comportano un aumento di unità immobiliari o di superfici utili, incide sulla struttura essenziale del reato di cui all'art. 44 del medesimo D.P.R. e, quindi, sulla fattispecie tipica, costituendo una norma extrapenale integrativa del precetto penale, suscettibile, in quanto più favorevole, di applicazione retroattiva, ai sensi dell'art. 2, comma quarto, cod. pen. (Annulla in parte con rinvio, Corte appello Firenze, 30 gennaio 2018).

Cons. Stato n. 2567/2017

In tema di ristrutturazione edilizia, deve ritenersi che, per effetto della modifica introdotta dall'art. 30, comma 1, lett. a), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, vi siano ormai tre distinte ipotesi di intervento rientranti nella definizione di "ristrutturazione edilizia", che possono portare "ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente": a) la prima, non comportante demolizione del preesistente fabbricato e comprendente (dunque, in via non esaustiva) "il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti"; b) la seconda, caratterizzata da demolizione e ricostruzione, per la quale è richiesta "la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica" (ed in questo caso, rispetto al testo previgente, non è più richiesta l'identità di sagoma); c) la terza, rappresentata dagli interventi "volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza".

In tema di ristrutturazione edilizia, è necessario il rilascio del permesso di costruire sono nel caso di una modifica (parziale o totale) dell'organismo edilizio preesistente ed un aumento della volumetria complessiva; solo in questi casi, infatti, l'intervento si caratterizza (in ossequio alla prescrizione normativa) come "trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio". Nelle ipotesi, invece, di "ristrutturazione ricostruttiva", a maggior ragione se con invarianza, oltre che di volume, anche di sagoma e di area di sedime, non vi è necessità di permesso di costruire e, dunque, ai sensi dell'art. 16 D.P.R. n. 380/2001, manca il presupposto per la richiesta e corresponsione del contributo di costruzione (alla stregua del principio nella specie è stato ritenuto illegittimo il provvedimento con il quale il Comune aveva chiesto il pagamento degli oneri di urbanizzazione per la ricostruzione di un opificio crollato a seguito di incendio).

Cons. Stato n. 2852/2012

In materia edilizia, nel caso di opere realizzate sulla base di titolo annullato, la loro demolizione deve essere considerata quale extrema ratio, privilegiando, ogni volta che ciò sia possibile, la riedizione del permesso di costruire emendato dai vizi riscontrati (Conferma della sentenza del T.a.r. Lombardia, Brescia, sez. I, 29 marzo 2011, n. 480).

Cons. Stato n. 3508/2011

In quanto atto amministrativo che legittima l'attività edilizia nell'ordinamento pubblicistico, il permesso non attribuisce però alcun diritto soggettivo alla stregua del diritto comune a favore di tale soggetto. La rilevanza giuridica della licenza edilizia va circoscritta infatti ai rapporti tra P.A. e costruttore ed ai possibili riflessi sulle correlate posizioni di interesse legittimo dei terzi, ma comunque presuppone pur sempre il necessario ed ineludibile possesso dei titoli proprietari da parte del richiedente.

Cons. Stato n. 3000/2011

A decorrere dall'entrata in vigore del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. n. 42 del 22 gennaio 2004), è previsto, nell'ambito del regime transitorio in materia di autorizzazione paesaggistica, contenuto nell'art. 159 del medesimo D.Lgs. n. 42 del 2004, che l'Amministrazione competente al rilascio dell'autorizzazione stessa dia immediata comunicazione alla Soprintendenza delle autorizzazioni rilasciate, con contestuale invio di tale comunicazione agli interessati, quale avviso di inizio del procedimento, ai sensi e per gli effetti della l. 7 agosto 1990, n. 241. Ne consegue che in caso di emanazione di atto di annullamento dell'autorizzazione, il privato richiedente deve ricevere comunicazione dell'avvio del subprocedimento di riesame, attivato con l'invio dell'autorizzazione paesaggistica comunale alla Soprintendenza e incombe in capo all'Amministrazione l'onere di comprovare, ove sussistente, l'avvenuta comunicazione di avvio del procedimento di cui trattasi.

Cons. Stato n. 802/2011

Il fatto che l'edificio di cui si verte venga realizzato in un'area in cui vengono demoliti edifici preesistenti non trasforma ex se l'opera in una ristrutturazione. Infatti, ciò che contraddistingue la ristrutturazione dalla nuova edificazione è la già avvenuta trasformazione del territorio, attraverso un'edificazione di cui si conservi la struttura fisica (sia pure con la sovrapposizione di un « insieme sistematico di opere, che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente »), ovvero la cui stessa struttura fisica venga del tutto sostituita, ma - in quest'ultimo caso - con ricostruzione, se non « fedele » (termine espunto dall'attuale disciplina), comunque rispettosa della volumetria e della sagoma della costruzione preesistente (da ultimo Consiglio di Stato, sez. VI, 16 dicembre 2008, n. 6214 proprio in tema di trasformazione di due manufatti agricoli in villa ad uso residenziale, con accorpamento di volumi e parziale spostamento dell'area di sedime, realizzazione ritenuta esclusa dalla nozione di ristrutturazione).

Cons. Stato n. 813/2011

A seguito dell'entrata in vigore della L. n. 10 del 1977, non è più sostenibile che il rilascio del parere della commissione edilizia comunale e la sua comunicazione equivalgono al rilascio della concessione edilizia comunale.

Il provvedimento implicito emerge in particolare le quante volte l'Amministrazione pur non adottando formalmente un provvedimento, ne determina univocamente i contenuti sostanziali, o attraverso un comportamento conseguente, ovvero determinandosi in una direzione, anche con riferimento a fasi istruttorie coerentemente svolte, a cui non può essere ricondotto altro volere che quello equivalente, al contenuto del provvedimento formale corrispondente.

Cass. pen. n. 40075/2010

L'attività di apertura e di coltivazione di una cava, pur comportando la trasformazione del territorio, non è subordinata al controllo edilizio comunale. La compatibilità della coltivazione della cava con gli interessi urbanistici è oggetto di accertamento da parte della Regione al momento del rilascio della autorizzazione per lo sfruttamento dei giacimenti che stabilisce, di solito, l'obbligo di successiva restituzione del luogo allo stato precedente. Tale obbligo non rende tutte le opere realizzate nella cava di natura precaria o, comunque, non assoggettate al regime del permesso di costruire e su tale tema necessita fare una distinzione. Pertanto, non richiedono il permesso di costruire i manufatti edilizi non destinati a durare nel tempo, ma ad essere rimossi dopo il momentaneo uso e le attività di trasformazione del sito di natura contingente. Sicché, gli interventi che non hanno le ricordate caratteristiche, anche se connesse con il ciclo produttivo della attività estrattiva, devono svolgersi nel rispetto dei piani di settore e delle norme urbanistiche e richiedono il permesso di costruire, a sensi dell'art. 10 T.U. n. 380/2001, se determinano una durevole trasformazione del territorio.

Cons. Stato n. 7342/2010

L'annullamento di una concessione edilizia non necessita di una espressa e specifica motivazione sul pubblico interesse, configurandosi questo nell'interesse della collettività al rispetto della disciplina urbanistica.

Cons. Stato n. 2579/2009

Ai fini della osservanza delle norme sulle distanze dal confine, il terrapieno ed il muro di contenimento, che producono un dislivello o aumentano quello già esistente per la natura dei luoghi, costituiscono nuove costruzioni, idonee a incidere sulla osservanza delle norme in tema di distanze dal confine.

Cons. Stato n. 6332/2007

Il rilascio del permesso di costruire avviene nell'ambito del rapporto pubblicistico, e non si estende ai rapporti tra privati, in quanto la lesione di diritti dei terzi non discende direttamente dal rilascio del titolo, ma solo dalla fisica realizzazione dell'opera contro la quale può chiedersi tutela davanti al giudice civile.

Cons. Stato n. 5837/2007

La questione inerente il mancato rispetto delle distanze dai confini appartiene alla cognizione del giudice ordinario quando la controversia sia instaurata fra soggetti privati, vertendosi in tal caso in materia di diritti soggettivi; qualora, invece, sia contestata la legittimità del titolo abilitativo rilasciato in violazione delle norme sulle distanze, si verte in tema di interessi legittimi che radicano la competenza del giudice amministrativo.

Cons. Stato n. 2960/2006

Pare maggiormente persuasivo, però, il tradizionale orientamento della giurisprudenza amministrativa che, nel caso di titolo edilizio relativo ad un fabbricato unico, esclude la possibilità di annullamento parziale dello stesso, poiché una simile statuizione è ammissibile solo se nel provvedimento siano individuabili autonome statuizioni.

Cons. Stato n. 5495/2005

L'annullamento parziale del permesso di costruire, pertanto, può aversi solo quando l'opera autorizzata sia scindibile in modo tale da poter essere oggetto di distinti progetti e concessioni; nel caso contrario, dovrà semmai essere il Comune ad eseguire il giudicato d'annullamento rilasciando, a richiesta del privato, un nuovo permesso emendato dai vizi per i quali il precedente era stato annullato.

Cons. Stato n. 5867/2004

La ristrutturazione edilizia ex art. 31, lett. D) L. 457/78 include anche la ricostruzione dell'edificio demolito purché la diversità del nuovo organismo edilizio consista nel ripristino o nella sostituzione di alcuni elementi del fabbricato stesso, e non la realizzazione di nuovi volumi (Cons. Stato, V, 5.3.2001, n. 1246): in tale ultimo caso l'intervento va considerato come nuova costruzione, soggetto alle limitazioni imposte dalle norme urbanistiche in vigore al momento del rilascio del titolo autorizzativo. In linea con tale formulazione, l'art. 3, comma 1, lett. D) D.P.R. 380/ 2001 precisa che gli interventi di ristrutturazione edilizia possono anche portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e nella maggior latitudine della modifica apportata dal D.Lgs. n. 301/2002 comprende fra gli interventi di ristrutturazione anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente. E, ancora, l'art. 10. comma 1, lett. C) del cit. D.P.R. 380/2001 precisa che sono subordinati al permesso di costruire gli interventi di ristrutturazione che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume della sagoma dei prospetti e delle superfici. Anche l'art. 2, comma 1 lett, b) della L.R. Campania n. 19/2001 include, tra quelli soggetti a D.I.A. gli interventi sui fabbricati comprensivi della demolizione e ricostruzione dell'edificio con lo stesso ingombro volumetrico. Ciò che le disposizioni in esame non prevedono è il limite in cui possono essere effettuate le modifiche nel nuovo fabbricato affinché questo sia compatibile con il criterio di ristrutturazione senza debordare nella nuova costruzione diversa dalla precedente e come tale soggetta a valutazione alla luce degli strumenti urbanistici in vigore al momento del rilascio del titolo. L'intero coacervo delle disposizioni esaminate focalizza l'attenzione sulla modifica del precedente manufatto tale da non alterare la sua compatibilità con lo strumento urbanistico in vigore al momento della demolizione. Laddove questi limite venga superato è infatti necessaria la nuova valutazione di compatibilità con lo strumento urbanistico in vigore.

Cons. Stato n. 2021/1999

Il concetto di ristrutturazione edilizia postula necessariamente la preesistenza di un fabbricato da ristrutturare, ossia di un organismo edilizio dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura, onde la ricostruzione su ruderi o su un edificio già da tempo demolito costituisce una nuova costruzione e richiede un'apposita concessione edilizia.

Cons. Stato n. 938/1999

In ipotesi di ricostruzione di un edificio diverso da quello preesistente occorre un titolo edilizio diretto non già alla ristrutturazione, ma all'edificazione del nuovo fabbricato anche se detta demolizione sia stata provocata dalla rovina dell'edificio.

Cons. Stato n. 807/1994

L'intervento edilizio consistente nell'eliminazione della preesistente muratura di fondazione e degli elementi isolati privi di travi di collegamento e nella realizzazione ex novo in cemento armato; nella realizzazione della struttura portante con un'armatura in cemento armato, prima inesistente; nella modificazione della luce interna, con conseguente aumento di volumetria; nella modificazione dell'altezza massima esterna, della sagoma a terra e della superficie non può essere qualificato come manutenzione straordinaria o risanamento ed adeguamento strutturale, rientrando, invece, negli interventi di demolizione e ricostruzione di un immobile qualificabili come ristrutturazione edilizia, e però soggetti a concessione.

Corte cost. n. 296/1991

Non rientra nel concetto di ristrutturazione la demolizione e la ricostruzione di un edificio sullo stesso o su diverso suolo; pertanto, l'art. 9 lett. d) L. 28 gennaio 1977, n. 10, non è in contrasto con gli art. 3 e 23 Cost., per la circostanza di non comprendere, nella previsione di esenzione dal contributo per il rilascio della concessione edilizia, accanto alle ipotesi di ristrutturazione ed ampliamento nei limiti del venti per cento, anche quella della integrale ricostruzione su un'area adiacente di un fabbricato demolito, adibito ad abitazione unifamiliare.

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Consulenze legali
relative all'articolo 10 Testo unico edilizia

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Martina D.A. chiede
lunedì 31/05/2021 - Campania
“Spett. Brocardi, ho accettato una proposta d'acquisto tramite agenzia immobiliare per la vendita di una villetta di mia proprietà. Fin da subito mi sono attivato per rendere l'immobile conforme urbanisticamente prima del preliminare, specificandolo nella proposta d'acquisto. Il tecnico incaricato ha già preparato tutto, e deve presentare la pratica urbanistica contestualmente al pagamento di alcuni bollettini per la sanatoria intestati al Comune. Rimane tuttavia una struttura in legno, della quale gli acquirenti sono perfettamente a conoscenza, precisamente una veranda con tettoia di tegole, posizionata in modo da creare un volume ampio in parte di cortile, e sotto consiglio del tecnico di smontare le porte scorrevoli di vetro e alluminio che la circondano, e attendere il perito della banca per la valutazione del tutto. La suddetta veranda è una struttura in legno abbastanza ingombrante tanto da considerare in prima ipotesi, come detto sopra, di smontare porte in modo da lasciare solo il tetto, oppure di smontarla completamente in caso di parere negativo da parte del perito per la prima ipotesi. Ritenete giusto attendere la valutazione del perito e in caso di parere negativo, di smontarla completamente? Consigli su come impostare il preliminare per evitare eventuali problemi? Ho sempre cercato in tutti i modi di rendere questa compravendita il più trasparente possibile, ma sembrano sempre esserci difficoltà.
Ringrazio anticipatamente per l'attenzione e porgo i miei migliori saluti
(sono in possesso delle foto della struttura descritta)
Saluti”
Consulenza legale i 07/06/2021
Dal punto di vista edilizio-urbanistico, va chiarito che le verande realizzate sia mediante chiusura di un balcone e sia mediante la tamponatura di una tettoia sono comprese per giurisprudenza pressoché costante tra le opere che richiedono il permesso di costruire ex art. 10 T.U. Edilizia.
Invero, la costruzione di una veranda costituisce un intervento edilizio di rilevante entità, in quanto comporta la creazione di un locale autonomamente utilizzabile, con aumento del volume dell’edificio pre-esistente e con la modificazione della sagoma, dell’ingombro e del prospetto del fabbricato (ex multis, Consiglio di Stato sez. II, 12 febbraio 2020, n. 1092; Consiglio di Stato sez. VI, 04 ottobre 2019, n. 6720 T.A.R. Roma, sez. II, 22 gennaio 2019, n. 847; T.A.R. Latina, sez. I, 18 ottobre 2018, n. 534).
Conseguentemente, il mancato possesso del permesso di costruire comporta inevitabilmente l’applicazione nei confronti del proprietario e del responsabile dell’abuso delle sanzioni di cui agli artt. 31 e 33 T.U. Edilizia, a seconda della classificazione dei lavori quali nuova costruzione o ristrutturazione edilizia (in sostanza comunque non si sfugge alla demolizione dell’opera).
Al riguardo, va chiarito che anche il proprietario incolpevole dell’ immobile è tenuto, al pari del responsabile, alla rimozione dell'abuso edilizio, in quanto è il soggetto che si trova nella disponibilità materiale del bene (T.A.R. Napoli, sez. III, 11 marzo 2021, n. 1614; T.A.R. Napoli, sez. IV, 04 dicembre 2020, n. 5811).
Tanto premesso, si rileva che l’opera oggetto del presente quesito sembra rientrare a pieno titolo nella categoria suddetta, viste le dimensioni della struttura e il fatto che essa è chiusa da una struttura composta da vetro e alluminio stabilmente infissa al suolo.
Pertanto, se essa è stata costruita senza previo rilascio del titolo abilitativo, le uniche soluzioni per evitare di incorrere in responsabilità nei confronti della P.A. o in pretese di rivalsa del futuro proprietario eventualmente costretto a demolire dal Comune sono o la sanatoria dell’opera o la rimozione del manufatto già correttamente suggerita dal tecnico.
Quanto al primo rimedio, si segnala che ex art. 36 T.U. Edilizia è possibile ottenere l’accertamento di conformità per gli interventi edilizi eseguiti senza titolo ma che siano conformi alla disciplina urbanistico-edilizia vigente al momento della realizzazione dell’abuso e al momento della presentazione della domanda.
Si sottolinea che, oltre ai costi di tipo tecnico, è previsto il pagamento a titolo di oblazione del contributo di costruzione in misura doppia, ma tali spese potrebbero essere probabilmente recuperate almeno in parte nel corrispettivo della compravendita, che avrebbe ad oggetto un immobile con un locale aggiuntivo.
Per quanto riguarda la rimozione dell’opera, invece, per capire l’entità dei lavori necessari è essenziale verificare se la tettoia in tegole sia stata autorizzata o meno dal Comune al momento della costruzione dell’immobile o in un momento successivo.
Nel primo caso, sarà sufficiente eliminare la struttura in vetro e alluminio, mentre nel secondo si dovrà eliminare l’intera opera.
Quale che sia la soluzione scelta, è comunque opportuno agire prima della eventuale contestazione dell’abuso da parte dell’Amministrazione, in modo da evitare un aggravio di costi e un prolungamento dei tempi burocratici.
Tenuto conto di quanto sopra detto dal punto di vista urbanistico, per quanto concerne i consigli su come impostare correttamente il preliminare al fine di evitare di incorrere in responsabilità future e possibili richieste di risarcimento danni, la soluzione che si suggerisce è quella di inserire in tale contratto una clausola in forza della quale prevedere a carico del promittente venditore una obbligazione accessoria alternativa (oltre, ovviamente, a quella principale di trasferire l’immobile al promittente compratore).

La caratteristica delle obbligazioni alternative, previste espressamente dal codice civile all’1285, è quella di essere obbligazioni parzialmente indeterminate, suscettibili di determinazione a seguito della scelta della prestazione da eseguire.
Questa scelta, che compete al debitore, può essere manifestata con dichiarazione recettizia (divenendo irrevocabile dal momento in cui la dichiarazione giunge a conoscenza dell’altra parte), oppure farsi discendere indirettamente dall’adempimento di una delle prestazioni.

In particolare, è consigliabile inserire nel preliminare di vendita la seguente clausola:

La parte promittente venditrice dà atto e riconosce che l’immobile da trasferire presenta delle difformità urbanistiche, e precisamente un vano veranda chiuso da una struttura composta da vetro e alluminio stabilmente infissa al suolo e per il quale non è stata richiesta alcuna autorizzazione né presentata domanda di sanatoria.
Relativamente a tale vano, la medesima parte promittente venditrice si obbliga a:


  1. provvedere a propria cura e spese alla sua regolarizzazione urbanistica;
in alternativa, a


  1. procedere alla demolizione del medesimo vano, ripristinando lo status originario dell’immobile da trasferire.

La scelta dovrà in ogni caso essere esercitata e giungere a conoscenza del promittente acquirente prima della data fissata per la stipula dell’atto pubblico e definitivo di vendita.
Il mancato esercizio del diritto di scelta entro il suddetto termine legittimerà la parte promittente acquirente a recedere dal presente contratto e pretendere dall’altra parte il doppio di quanto oggi ricevuto a titolo di caparra confirmatoria.”

In tal modo chi acquista avrà la garanzia della serietà dell’impegno assunto dal promittente venditore e soprattutto verrà reso formalmente edotto delle difformità urbanistiche che l’immobile presenta, mentre chi vende avrà possibilità di valutare e scegliere a sua discrezione quale soluzione potrà essere più conveniente per trasferire l’immobile in regola con la normativa urbanistica, senza incorrere in responsabilità future (entrambe le parti, inoltre, avranno possibilità sin da subito di vincolarsi contrattualmente).


Lino R. chiede
lunedì 24/09/2018 - Lombardia
É in corso di validità un piano attuativo nel comune di Pieve Albignola provincia di Pavia nel quale é prevista la edificazione di una R.S.A.
Il privato che la costruisce è esente dal pagamento del contributo sul costo di costruzione ai sensi dell'articolo 17 comma 3 del D.P.R. 380/2001?”
Consulenza legale i 30/09/2018
Il permesso di costruire, disciplinato dagli articoli 10 e ss. del Testo unico edilizia, costituisce una delle modalità tramite cui il privato può esercitare lo ius aedificandi.

Il rilascio del permesso è subordinato alla sussistenza di vari presupposti, tra cui la conformità alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente.

Ai sensi dell'art. 16, una volta ottenuto il permesso di costruire, è necessario corrispondere un contributo, in generale commisurato ai costi di urbanizzazione e di costruzione, salvo varie deroghe presenti all'interno del medesimo articolo.

Per quanto riguarda più da vicino il quesiti sottoposto, la lettera c) dell'articolo 17 prevede un esonero dalla contribuzione di cui sopra nel caso in cui l'opera da realizzare siano impianti, attrezzature, opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti.

La costruzione di una R.S.A., potendo sicuramente rientrare nella nozione di opere pubbliche ad interesse generale, è tuttavia esente da contribuzione solamente se realizzata da un ente pubblico, e non da un privato, a meno che non sia un concessionario pubblico o titolare di una società avente i requisiti dell'In House Providing (i cui requisiti sono elencati all'art. 5).

L'unico caso in cui il privato non è tenuto alla corresponsione del contributo suddetto riguarda la costruzione di opere di urbanizzazione primaria, relative cioè a strade residenziali, spazi di sosta o parcheggio, fognature, rete idrica e reti di distribuzione dell'energia elettrica e del gas.

In conclusione, l'imprenditore privato è in linea di massima tenuto al pagamento del contributo di costruzione

Manlio B. chiede
mercoledì 18/04/2018 - Marche
“Tizio ha eseguito nel 1987 uno sbancamento per il livellamento di un lotto di terreno edificabile che ricade in zona di espansione “C2” e ha costruito a monte del lotto un muro di sostegno in cemento armato di altezza pari a ml 1,50 circa per il contenimento del terreno del vicino.
Tale muro di sostegno è pertanto completamente al di sotto della quota del terreno naturale in quanto la sommità dello stesso muro coincide con la quota del terreno naturale.
La posizione del muro di sostegno è sul confine con la proprietà limitrofa ed è stato costruito completamente sulla proprietà di Tizio.
Tizio non è in possesso di alcuna concessione edilizia per la esecuzione dell’opera.
Il lotto di terreno di 500 mq è stato destinato a giardino e orto.
I confinanti di Tizio hanno oggi, a distanza di oltre 30 anni, denunciato la costruzione del muro di sostegno all’autorità comunale.
Il vigente Regolamento Edilizio Comunale stabilisce che:
Art. 2 comma 1: Costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati al permesso di costruire:
..............
h) esecuzione di opere di consolidamento e sostegno dei terreni, anche facenti parte di opere stradali, la realizzazione di laghi artificiali ad uso irriguo ed industriale……..
Inoltre….. “Nelle zone C di espansione…………..E' consentita la costruzione a confine, ove ammessa dallo strumento urbanistico, mediante accordo tra i proprietari confinanti.”
E’ ovvio che in questo caso non potrà mai esserci accordo tra i proprietari confinanti.
Ciò premesso si chiede:
a) se il muro di sostegno in parola è identificabile come “costruzione”;
b) se il Comune (che ancora non si è pronunciato) può richiedere la demolizione del suddetto muro e la rimessa in pristino dello stato dei luoghi o se l’abuso è sanabile con una sola sanzione amministrativa;
c) se per il suddetto muro, posizionato a confine fra le proprietà e al di sotto della quota naturale del terreno, può essere richiesto e rilasciato dal Comune un permesso di costruire in sanatoria.

Grazie per la cortese risposta e cordiali saluti.”
Consulenza legale i 30/04/2018
Ai sensi dell’art. 10 del vigente T.U. Edilizia (D.P.R. 380/2001), gli interventi subordinati a permesso di costruire sono quelli che comportano trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio; tra questi, gli interventi di nuova costruzione.
Prima dell’entrata in vigore del T.U. Edilizia, l’art. 1 della n. 10/1977 subordinava a concessione da parte del sindaco l’esecuzione di ogni attività comportante "trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comunale".

Sulla base del costante orientamento della giurisprudenza sia amministrativa che di legittimità, deve concludersi che i lavori descritti nel quesito non avrebbero potuto essere eseguiti in assenza di titolo abilitativo edilizio.
In particolare, è stato affermato che la realizzazione di un piazzale mediante apporto di terreno e materiale inerte e successivo sbancamento e livellamento del terreno richiede il permesso di costruire, "in quanto tale attività, pur non comportando un'edificazione in senso stretto, determina una modificazione permanente dello stato materiale e della conformazione del suolo per adattarlo ad un impiego diverso da quello che gli è proprio" (così ad es. Cass. Pen. III; 1308/2017).
Ed ancora: "le opere di scavo, di sbancamento e di livellamento del terreno, finalizzate ad usi diversi da quelli agricoli, in quanto incidono sul tessuto urbanistico del territorio, sono assoggettate a titolo abilitativo edilizio" (Cass. Pen. III, sent. 8064/2009; conf. Cass. Pen. III, sent. 48479 del 28 dicembre 2011).

Parimenti, la realizzazione del muro di contenimento non può ritenersi compresa nell’attività edilizia libera ora disciplinata dall’art. 6 T.U. Edilizia.
Anche in questo caso, infatti, secondo la giurisprudenza, per la realizzazione di un muro di contenimento è necessario il permesso di costruire, in quanto destinato a trasformare durevolmente l'area impegnata: come tale, dunque, va considerato intervento di nuova costruzione (Cass. Pen. III, sent. 15370/2010; in senso conforme Cass. n. 35898 del 2008).
Anche secondo TAR Campania, sent. 4871/2017 "il muro di contenimento, determinando una durevole trasformazione dell’area dallo stesso impegnata, non rappresenta un intervento di mera manutenzione ma una nuova costruzione, necessitante, in quanto tale, di permesso di costruire".

Passando al profilo delle sanzioni, l’art. 31 T.U. Edilizia, riguardo agli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, stabilisce che il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale ingiunge al proprietario e al responsabile dell'abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l'area che viene acquisita di diritto, ai sensi del comma 3.
In base al comma 3 del predetto articolo, infatti, se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune.

Quanto alla possibilità di sanare l’abuso, la risposta al relativo quesito richiede la verifica in concreto delle caratteristiche dell’opera in rapporto alle previsioni delle norme e degli strumenti urbanistici ed edilizi.
Infatti l’art. 36 T.U. Edilizia (rubricato "accertamento di conformità") stabilisce che, in caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, il responsabile dell'abuso o l'attuale proprietario dell'immobile possono ottenere il permesso in sanatoria.
Condizione per la concessione del permesso in sanatoria è che l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.
Il permesso in sanatoria può essere richiesto fino alla scadenza del termine di cui all’art. 31, comma 3, D.P.R. 380/2001 e comunque non oltre il momento dell'irrogazione delle sanzioni amministrative.