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Articolo 2267 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Responsabilità per le obbligazioni sociali

Dispositivo dell'art. 2267 Codice Civile

I creditori della società possono far valere i loro diritti sul patrimonio sociale [2268, 2271]. Per le obbligazioni sociali rispondono inoltre personalmente e solidalmente [1292](1) i soci che hanno agito in nome e per conto della società [38, 41, 2317, 2320, 2331, 2508, 2615] e, salvo patto contrario, gli altri soci [2269, 2280, 2291, 2297, 2740].

Il patto(2) deve essere portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei [1396]; in mancanza, la limitazione della responsabilità o l'esclusione della solidarietà non è opponibile a coloro che non ne hanno avuto conoscenza [2193, 2290, 204 disp.att.c.c.].

Note

(1) Tutti i soci amministratori ai quali è attribuita la rappresentanza della società, indipendentemente da chi tra questi ha realmente contratto l'obbligazione.

(2) Il riferimento è al patto limitativo della responsabilità.

Ratio Legis

È da questo articolo che si trae conferma circa l'autonomia patrimoniale imperfetta di cui godono le società di persone. Nonostante si tratti di enti dotati di una propria soggettività giuridica e di un proprio patrimonio, dei debiti sociali la norma chiama a rispondere, oltreché la società con il proprio patrimonio, anche i soci con il proprio patrimonio personale, ferma restando la possibilità di escludere per via pattizia la responsabilità di coloro che non abbiano agito in nome e per conto della società (solo nella società semplice).

Spiegazione dell'art. 2267 Codice Civile

Le società di persone sono enti privi di personalità giuridica, cui tuttavia la legge riconosce una forma imperfetta di autonomia patrimoniale, in virtù della quale i terzi e creditori possono rivalersi sia sul patrimonio della società, sia sul patrimonio dei singoli soci.

Nel modello legale tutti i soci sono solidalmente e illimitatamente responsabili ed i creditori saranno legittimati ad agire direttamente nei loro confronti.
La responsabilità o la solidarietà potrà essere limitata o esclusa solo con riferimento ai soci che non abbiano agito in nome e per conto della società (di norma i soci-amministratori), mediante apposito patto adeguatamente portato a conoscenza dei terzi. Si ritiene pertanto che il principio della responsabilità illimitata e solidale sia inderogabile non solo per tutti i soci dotati di poteri di rappresentanza, bensì per tutti i soci-amministratori.

La norma contribuisce a differenziare le società semplici dalle società in nome collettivo, posto che nelle s.n.c. qualsiasi patto limitativo della responsabilità dei soci non potrà avere effetto alcuno nei confronti dei terzi, anche se correttamente portato a loro conoscenza.

Massime relative all'art. 2267 Codice Civile

Cass. civ. n. 41670/2021

La clausola di deroga della competenza territoriale contenuta in un contratto concluso da una società in accomandita semplice è vincolante anche per i singoli soci, agli effetti dell'art. 2267 c.c., operando, pertanto, nei confronti della società e dei soci responsabili per le obbligazioni sociali il medesimo foro convenzionale pattuito come esclusivo. (Fattispecie relativa a procedimento d'ingiunzione promosso nei confronti di socio accomandatario di s.a.s. cancellata dal registro delle imprese). (Regola competenza).

Cass. civ. n. 3022/2015

La responsabilità illimitata del socio illimitatamente responsabile di una società di persone per le obbligazioni sociali trae origine dalla sua qualità di socio e si configura come personale e diretta, anche se con carattere di sussidiarietà in relazione al preventivo obbligo di escussione del patrimonio sociale. Pertanto, l'atto con cui il socio illimitatamente responsabile di una società in nome collettivo rilascia garanzia ipotecaria per un debito della società non può considerarsi costitutivo di garanzia per un'obbligazione altrui, ma per un'obbligazione propria.

Cass. civ. n. 4528/2014

È valida la fidejussione prestata dal socio illimitatamente responsabile in favore della società di persone che, pur se sprovvista di personalità giuridica, costituisce un distinto centro di interessi e di imputazione di situazioni sostanziali e processuali, dotato di una propria autonomia e capacità rispetto ai soci stessi; ne consegue che la predetta garanzia rientra tra quelle prestate per le obbligazioni altrui secondo l'art. 1936 c.c., non sovrapponendosi alla garanzia fissata "ex lege" dalle disposizioni sulla responsabilità illimitata e solidale, potendo invero sussistere altri interessi che ne giustificano l'ottenimento - alla stregua di garanzia ulteriore - in capo al creditore sociale ed essendo lo stesso "beneficium excussionis", di cui all'art. 2304 c.c., posto a tutela dei soci ma disponibile, senza alterazioni del tipo legale di società.

Cass. civ. n. 12765/2011

Allorché l'accertamento ai fini IRPEF ed ILOR nei confronti dei pretesi soci sia fondato sull'esistenza di una società di fatto, l'eventuale annullamento dell'accertamento, per l'insussistenza della società stessa, non determina l'automatico annullamento dell'accertamento in questione, dovendo il giudice accertare se le operazioni economiche ascritte alla società ritenuta inesistente siano state compiute dai soci singolarmente od anche solo da alcuno di essi. Infatti, dal coordinato disposto dell'art. 5 del d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917 e degli artt. 1 e 2 del. d.p.r. 29 settembre 1973, n. 599 discende che, in ipotesi di società di fatto tra due o più soggetti, l'ILOR fa carico alla società e l'IRPEF (o l'IRPEG, se uno dei soci di fatto è una società regolare) al singolo socio proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili. Pertanto, allorché sia accertata esistenza di una società di fatto, i soci sono soggetti passivi, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili, unicamente dell'imposta sui redditi, in quanto è la società il soggetto passivo dell'ILOR; mentre, quando sia accertata l'inesistenza della società di fatto, il soggetto passivo di entrambe le imposte per il reddito prodotto dall'attività economica ascritta (in origine) alla società, risultata inesistente, va individuato nella persona cui sia riconducibile quell'attività; ed invero, la mancanza, nella società di fatto di una personalità distinta da quella dei pretesi soci impone di ritenere comunque riferito, già nella contestazione dell'Ufficio, individualmente ad ogni ipotizzato socio l'avvenuto svolgimento di quell'attività economica produttiva di reddito imponibile, con la conseguenza dell'assunzione "ex lege", da parte del medesimo, della qualità di soggetto passivo di entrambe le imposte.

Cass. civ. n. 6734/2011

Il decreto ingiuntivo pronunciato a carico di una società di persone estende i suoi effetti anche contro i soci illimitatamente responsabili, derivando dall'esistenza dell'obbligazione sociale necessariamente la responsabilità dei singoli soci e, quindi, ricorrendo una situazione non diversa da quella che, ai sensi dell'art. 477 c.p.c., consente di porre in esecuzione il titolo in confronto di soggetti diversi dalla persona contro cui è stato formato e risolvendosi, altresì, l'imperfetta personalità giuridica della società di persone in quella dei soci, i cui patrimoni sono protetti dalle iniziative dei terzi solo dalla sussidiarietà, mentre la pienezza del potere di gestione in capo ad essi finisce con il far diventare dei soci i debiti della società; ciascun socio, pertanto, ha l'onere di proporre opposizione contro detto titolo, con la conseguenza che, in difetto, in ragione della conseguita definitività del provvedimento monitorio anche nei confronti del socio, questi non può più opporre l'eventuale prescrizione maturata in precedenza.

Cass. civ. n. 19946/2004

La sentenza di condanna pronunciata in un processo tra il creditore della società ed una società di persone costituisce titolo esecutivo anche contro il socio illimitatamente responsabile, in quanto dall'esistenza dell'obbligazione sociale deriva necessariamente la responsabilità del socio, salvo il beneficio della preventiva escussione del patrimonio sociale; ne consegue che in caso di opposizione del socio contro cui sia stato azionato il credito il giudice deve specificamente procedere all'accertamento della sua effettiva qualità. (Nella specie la S.C. ha cassato per difetto di motivazione la sentenza di merito che aveva omesso di considerare i fatti allegati dal ricorrente per dimostrare di aver perduto la qualità di socio).

Cass. civ. n. 18653/2004

Il rapporto di sussidiarietà che lega la responsabilità dei soci di società di persone rispetto alla responsabilità della società, che per prima può essere chiamata a rispondere dei debiti sociali, non esclude che sia i soci che la società possano essere debitori solidali rispetto alla stessa obbligazione, seppure in grado diverso.

Cass. civ. n. 8305/2003

Se un socio di una società di persone emette in proprio assegni in favore di un creditore della società, deve presumersi che il pagamento sia effettuato al fine di estinguere il debito della stessa. Egli ha, infatti, in polo socio solidalmente ed illimitatamente responsabile per le obbligazioni sociali (salvo, il beneficio della previa escussione del patrimonio sociale ex art. 2304 c.c.), un interesse diretto ad adempiere le obbligazioni gravanti sulla società, e, pertanto, il suo pagamento non può essere considerato come proveniente da un terzo. Ne consegue che, a fronte della eccezione di pagamento sollevata dalla società, incombe al creditore l'onere di dimostrare la diversa causale del pagamento ricevuto.

Cass. civ. n. 12310/1999

La posizione del socio illimitatamente responsabile di una società personale non è assimilabile a quella di un fideiussore, sia pure ex lege, poiché mentre quest'ultimo garantisce un debito altrui e per tale ragione, una volta effettuato il pagamento, ha azione di regresso per l'intero nei confronti del debitore principale e si surroga nei diritti del creditore (artt. 1949 e 1950 c.c.), il socio illimitatamente responsabile risponde con il proprio patrimonio di debiti che non possono dirsi a lui estranei, in quanto derivanti dall'esercizio dell'attività comune (al cui svolgimento, data l'assenza di un'organizzazione corporativa, partecipa direttamente: artt. 2257 e 2258 c.c.), ed è anzi tenuto, ove i fondi sociali risultino insufficienti, a provvedere anche mediante contribuzioni aggiuntive a quelle effettuate all'atto dei conferimenti (art. 2280 c.c.) onde l'impossibilità di ammettere (ex art. 1954 c.c.) un'azione di regresso contro la società del socio che abbia provveduto al pagamento di un debito sociale e l'inapplicabilità degli artt. 1953, 1955 e 1957 c.c., che hanno la loro giustificazione nell'esigenza di salvaguardare la possibilità del regresso del fideiussore. Tali conclusioni non trovano ostacolo nel fatto che anche le società personali costituiscano centri di imputazione di situazioni giuridiche distinti dalle persone dei soci, posto che siffatta soggettività ha carattere transitorio e strumentale, essendo i diritti e gli obblighi ad esse imputati destinati a tradursi in situazioni individuali in capo ai singoli membri.

Cass. civ. n. 4768/1999

Il fatto illecito colposo di uno dei soci di una società di fatto, commesso nell'ambito dell'attività della stessa e per il raggiungimento dei suoi scopi, costituisce illecito della società, ed impegna tutti i soci solidalmente ed illimitatamente, salvo che la responsabilità del socio operatore sia personale, in quanto correlata ad un atto diretto alla lesione dell'altrui diritto, e non coinvolga, quindi, gli altri soci. Tale principio conserva validità anche nella ipotesi in cui sia intervenuta una sentenza penale di assoluzione (per non aver commesso il fatto) nei confronti di uno dei soci, in quanto, operando le statuizioni del giudice penale e di quello civile su piani diversi, l'assoluzione non esclude che la società ed i soci, cui, congiuntamente ed unitariamente è imputato dall'ordinamento l'evento dannoso, ne rispondano civilmente di fronte ai terzi: in tal caso, nei rapporti interni, le conseguenze che da tale affermazione di responsabilità derivano si ripartiscono tra i soci secondo il criterio della partecipazione di ciascuno alle sorti dell'attività collettiva.

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Consulenze legali
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Enrico M. chiede
martedì 07/07/2015 - Trentino-Alto Adige
“Il mio socio (di una SNC) si è avvalso del recesso il 31 marzo 2015 con comunicazione preventiva. Prima del recesso ho provveduto a ridurre l'esposizione bancaria in modo da non utilizzare la parte di fido su cui sussisteva la sua garanzia personale, quindi la banca lo ha sollevato da obbligazioni fideiussorie. Ciononostante vi erano passività bancarie per circa € 50.000,00. Contestualmente ci erano fatture per circa € 50.000,00 emesse prima del 31 marzo e comunque di competenza del periodo ante cessione. Attualmente oltre alle varie fatture da pagare, vi sono anche 2 contratti ante cessione, il primo obbliga la società all'acquisto in 3 anni per circa 80.000, il secondo è un accordo con altra società, stipulato presso lo studio di un legale, per la realizzazione di un software che fino alla data della cessione ha prodotto € 80.000 di lavori di cui solo 10.000 fatturati ante cessione, ma tutti i lavori sono stati svolti nel 2014.
Sto provvedendo pian piano a pagare tutti i debiti, ma ora il mio ex socio mi richiede indietro un finanziamento alla società di € 49.000,00 che per ingenuità credevo fosse un versamento come da precedenti accordi verbali. Purtroppo io ho messo a disposizione della società oltre a 2 anni di lavoro quotidiano senza corrispettivi, anche l'intero costo di un dipendente (di altra mia società) senza mai chiedere alcun corrispettivo. Per un valore di circa 80.000,00.
Se metto in liquidazione la società, lui dovrà pagare per i debiti residui anche in relazione alla quota parte di debiti non pagata dopo la cessione perché interamente sostenuta dal sottoscritto?
Inoltre non mi risulta sia stata fatta la pubblicazione in camera di commercio della cessione come previsto per liberarlo anche dai debiti successivi.
Potrei fatturare ora i miei rimborsi spese e compensi e quelli del collaboratore in prestito con indicazione del periodo di competenza 2014?”
Consulenza legale i 09/07/2015
Il quesito richiede l'analisi della responsabilità del socio di s.n.c. uscito dalla compagine sociale.
L'art. 2267 del c.c. sancisce la responsabilità personale e solidale del singolo socio che abbia agito in nome e per conto della società (nonché degli ulteriori soci, in difetto di patto contrario esternamente opponibile).
Tale responsabilità non termina con l'uscita del socio dalla società: l'art. 2290 del c.c. prescrive che, nelle ipotesi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente a un socio, questi o i suoi eredi sono responsabili verso i terzi per le obbligazioni sociali fino al giorno in cui si verifica lo scioglimento, il quale va portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei (in mancanza non è opponibile ai terzi che lo hanno senza colpa ignorato).
Il mezzo con cui mettere a conoscenza i terzi del recesso è attualmente il deposito e la relativa iscrizione presso il registro delle imprese.
Se non è stata data l'idonea pubblicità allo scioglimento del rapporto, il socio risponde anche delle obbligazioni sorte dopo il suo recesso. Tuttavia, nei rapporti interni ciò non vale: anche se egli fosse stato costretto a pagare, vanterebbe comunque diritto di regresso per l'intero verso la società e nei confronti degli altri soci rimasti in società (proporzionalmente alla partecipazione sociale).

Purtroppo non è possibile in questa sede indicare analiticamente quali siano i debiti che competono al socio uscito.
Nell’operazione di recesso, il socio che cessa il rapporto con la società viene ad essere liquidato con una somma di denaro che rappresenta il complesso delle attività meno le passività, cui vanno aggiunti avviamento, utili e plusvalenze latenti, tolte le perdite e minusvalenze latenti, il tutto diviso per due (il numero dei soci).
La norma di riferimento è l'art. 2289 del c.c., che stabilisce che nei casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente a un socio, egli ha diritto soltanto ad una somma di danaro che rappresenti il valore della quota. La liquidazione della quota è fatta in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento, e se vi sono operazioni in corso, il socio partecipa agli utili e alle perdite inerenti alle operazioni medesime.

Nel caso di specie, ad esempio, vi erano dei contratti in corso al momento dello scioglimento, per cui ogni utile e perdita ad essi relativa vedrà anche la partecipazione del socio fuoriuscito.

Di regola, poi, quando la società viene posta in liquidazione, ogni socio è chiamato dal liquidatore ad effettuare ulteriori versamenti nella cassa sociale, se i proventi della cessione delle attività della s.n.c. non è sufficiente a coprire i debiti (se si tratta di debiti cui è tenuto a partecipare anche il socio fuoriuscito).

In conclusione, è bene sottoporre l'intera situazione ad un commercialista che possa effettuare il calcolo della quota dovuta al socio uscente, nonché valutare l'opportunità della messa in liquidazione della società e gli effetti sui debiti.