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Articolo 10 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Delitto comune dello straniero all'estero

Dispositivo dell'art. 10 Codice Penale

Lo straniero, che, fuori dei casi indicati negli articoli 7 e 8, commette in territorio estero(1), a danno dello Stato(2) o di un cittadino, un delitto per il quale la legge italiana stabilisce [la pena di morte o](3) l'ergastolo, o la reclusione non inferiore nel minimo a un anno, è punito secondo la legge medesima [112], sempre che si trovi nel territorio dello Stato, e vi sia richiesta del Ministro della giustizia, ovvero istanza o querela della persona offesa.

Se il delitto è commesso a danno delle Comunità europee, di uno Stato estero(4) o di uno straniero, il colpevole è punito secondo la legge italiana, a richiesta del Ministro della giustizia, sempre che:

  1. 1) si trovi nel territorio dello Stato;
  2. 2) si tratti di delitto per il quale è stabilita la pena [di morte o] dell'ergastolo ovvero della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni;
  3. 3) l'estradizione di lui non sia stata conceduta, ovvero non sia stata accettata dal Governo dello Stato in cui egli ha commesso il delitto, o da quello dello Stato a cui egli appartiene.

La richiesta del Ministro della giustizia o l'istanza o la querela della persona offesa non sono necessarie per i delitti previsti dagli articoli 317, 318, 319, 319 bis, 319 ter, 319 quater, 320, 321, 322 e 322 bis(5)(6).

Note

(1) Per quanto riguarda nello specifico la fattispecie di abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato, il legislatore ha predisposto un'apposita disciplina contenuta agli articoli 180 e ss. del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (c.d. T.U. Draghi), riguardante la disciplina del mercato finanziario.
(2) Lo Stato si considera danneggiato qualora sia stato leso un interesse pubblico o economico dello Stato oppure un interesse relativo alla pubblica amministrazione.
(3) La pena di morte è' stata soppressa prima per i delitti previsti dal codice penale ex art. 1 d.lgs. 10 agosto 1944, n. 224 e poi per i delitti previsti dalle leggi speciali (art. 1 d.lgs. 22 gennaio 1948, n.21). La Costituzione, attraverso l'art. 27, introducendo il cd principio di umanizzazione della pena,l'ha abolita quasi totalmente, circoscrivendone l'applicazione solo ai casi previsti dalle leggi militari di guerra. Ma anche rispetto a tali ipotesi è stata abrogata con l'art. 1 l. 13 ottobre 1994, n. 589. Tale abrogazione è stata però operata con legge ordinaria, per cui, qualora venisse dichiarato lo stato di guerra, basterà una legge ordinaria per reintrodurla nelle leggi militari di guerra.
(4) A partire dal 2000, la dicitura «a danno di uno Stato estero» è stata sostituita con «a danno delle Comunità europee, di uno Stato estero», successivamente alla ratifica di convenzioni in materia di corruzione di pubblici ufficiali, avvenuta con l. 29 settembre 2000, n. 300.
(5) Tale comma è stato introdotto dall'art. 1, comma 1, lettera b) dell L. 9 gennaio 2019 n. 3.
(6) La L. 21 febbraio 2024, n. 14 ha disposto (con l'art. 4, comma 6) che "In deroga all'articolo 10 del codice penale, salvo che il reato sia commesso in danno di un cittadino albanese o dello Stato albanese, lo straniero sottoposto alle procedure di cui al comma 1 del presente articolo, che commette un delitto all'interno delle aree di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera c), del Protocollo, è punito secondo la legge italiana, se vi è richiesta del Ministro della giustizia, fermo restando il regime di procedibilità previsto per il delitto. La richiesta del Ministro non è necessaria per i delitti puniti con la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni".

Ratio Legis

La norma pone le medesime questioni esaminate in relazione all'art. 9, alla cui analisi, pertanto, si rinvia.

Spiegazione dell'art. 10 Codice Penale

La norma in esame disciplina ulteriori ipotesi in cui lo Stato italiano pretende di poter punire il soggetto agente (in questo caso lo straniero), se abbia in qualche modo causato un offesa ad un bene giuridico tutelato dalla legge penale italiana.

La disciplina è pressoché uguale a quella prevista per il delitto comune del cittadino commesso all'estero di cui all'art. 9 c.p.

Per “reati commessi ai danni dello Stato” si intendono i reati che hanno cagionato la lesione di un interesse pubblico od economico dello Stato, o di un interesse attinente alla pubblica amministrazione.

Massime relative all'art. 10 Codice Penale

Cass. pen. n. 6043/2021

Ai fini della procedibilità di un delitto commesso dallo straniero all'estero, la richiesta del ministro non deve essere necessariamente preceduta dalla procedura di estradizione con esito negativo, ma occorre soltanto che all'estradizione non si sia dato luogo, non potendo coesistere i due istituti della procedibilità nello Stato e dell'estradizione.

Cass. pen. n. 19762/2020

In tema di reato commesso all'estero da uno straniero, il presupposto della presenza del colpevole nel territorio dello Stato, richiesto dall'art. 10, comma secondo, n. 1, cod. pen. per la sua perseguibilità in Italia, è integrato anche in caso di presenza transitoria e occasionale, non essendo a tal fine, richiesto un effettivo radicamento del soggetto sul territorio nazionale.

Cass. pen. n. 45295/2017

Rientra nella giurisdizione del giudice italiano il reato comune commesso all'estero dallo straniero in danno di un cittadino italiano purché l'imputato si trovi nel territorio dello Stato italiano e la persona offesa abbia sporto querela, senza che sia necessaria anche la richiesta del Ministro. (Fattispecie in materia di violenza sessuale).

Cass. pen. n. 35633/2010

Integra il delitto di sequestro di persona (art. 630 c.p.), punibile secondo la legge italiana, la condotta di cittadini turchi di nazionalità curda che - superando con violenza gli agenti della questura - penetrino all'interno del Consolato Generale della Grecia, rinchiudendo il Console nel suo Ufficio, al fine di fargli spedire un fax al Primo Ministro della Repubblica Ellenica, in quanto la legge penale da osservare nei locali, ancorché inviolabili, di un consolato estero in Italia è, anche a seguito della Convenzione di Vienna, quella che si applica in qualsiasi parte del territorio italiano, qualunque siano le norme dello Stato ospitato e indipendentemente dall'immunità riconosciuta agli addetti ed all'inviolabilità dei locali strettamente riservati all'esercizio delle funzioni diplomatiche, le quali non implicano affatto l'extraterritorialità delle sedi diplomatiche.

Cass. pen. n. 2955/2006

Nel caso di delitto commesso in territorio estero da uno straniero in danno di altro straniero, la presenza del colpevole nel territorio dello Stato, richiesta dall'art. 10 c.p. per la sua perseguibilità in Italia, deve essere sussistente prima della richiesta di rinvio a giudizio, a nulla rilevando l'eventuale allontanamento dello straniero in un momento successivo all'avveramento della citata condizione di procedibilità.

Cass. pen. n. 65/2006

In materia di falso, il concorso nel reato, che esclude la punibilità della diversa ipotesi criminosa prevista dall'art. 489 c.p. (uso di atto falso), deve configurarsi in termini di concreta punibilità. Ne consegue che, se la falsificazione è stata commessa all'estero e non vi sia la richiesta del Ministro della giustizia ex art. 10 c.p., il soggetto che abbia prodotto o concorso a produrre l'atto falso risponde, ricorrendone le condizioni, del reato di uso dello stesso, ai sensi dell'art. 489 c.p. (Fattispecie relativa alla contraffazione dei dati anagrafici su un passaporto di Paese straniero e su un visto di ingresso in Italia, esibiti alla frontiera).

Cass. pen. n. 41333/2003

Nel caso di delitti commessi all'estero da uno straniero in danno di un cittadino italiano, la presenza del colpevole nel territorio dello Stato, richiesta dall'art. 10 c.p. per la loro perseguibilità in Italia, costituisce condizione di procedibilità la cui sussistenza è richiesta anche ai fini dell'applicazione di misure cautelari da adottarsi nella fase delle indagini preliminari. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha annullato senza rinvio il provvedimento del tribunale che, in accoglimento di gravame proposto dal pubblico ministero ai sensi dell'art. 310 c.p.p., aveva disposto l'applicazione della custodia in carcere nei confronti di taluni soggetti, non presenti nel territorio nazionale, cui si addebitava l'omicidio, commesso in Afghanistan, di una giornalista italiana).

Cass. pen. n. 38401/2002

In tema di reati commessi all'estero, al di fuori dei casi tassativamente indicati all'art. 7 c.p., è condizione indispensabile per il perseguimento dei reati commessi all'estero dallo straniero che questi risultino punibili come illeciti penali oltre che dalla legge penale italiana anche dall'ordinamento del luogo dove sono stati consumati, ancorché con nomen iuris e pene diversi (in applicazione di tale principio la Corte ha annullato senza rinvio il provvedimento coercitivo impugnato riguardante la cessione di armi da guerra avvenuta esclusivamente in territorio estero in violazione dell'embargo stabilito da risoluzioni dell'Onu, non tradottesi peraltro all'interno dell'ordinamento italiano in norme vincolanti).

Cass. pen. n. 993/1999

Poiché la competenza territoriale a conoscere di un reato associativo si radica nel luogo in cui la struttura criminosa destinata ad agire nel tempo diventa concretamente operante, a nulla rilevando il luogo di consumazione dei singoli reati oggetto del “pactum sceleris”, per determinare la sussistenza della giurisdizione italiana occorre verificare in quale luogo si è realizzata l'operatività della struttura medesima, dovendosi attribuire importanza secondaria al luogo in cui sono stati realizzati i singoli delitti commessi in attuazione del programma criminoso a meno che non rivelino essi stessi, per il loro numero e consistenza, il luogo di operatività predetto. (In applicazione di tale principio la Corte ha escluso la giurisdizione del giudice italiano con riferimento all'imputazione di associazione per delinquere elevata — in assenza di richiesta del Ministro di giustizia — a carico di un cittadino americano che, a mezzo di posta elettronica, offriva in vendita organi umani a scopo di trapianto).

Cass. pen. n. 2128/1994

Il giudice dell'incidente de libertate non può rivalutare autonomamente una questione pregiudiziale e strettamente connessa alla definizione del merito già esaminata dal giudice della cognizione e da costui risolta con la relativa sentenza. Invero con il procedimento incidentale in materia cautelare non può porsi in discussione una questione che, pur attenendo anche alla legittimità della misura cautelare, sia stata, per la sua confluenza nel giudizio di merito, già decisa dal giudice competente, con possibilità di riforma ormai rimessa unicamente al giudice di cognizione del successivo grado. (Fattispecie relativa ad un reato di omicidio volontario commesso all'estero, in cui nel giudizio di merito di primo grado il giudice aveva escluso la necessità, per la procedibilità in ordine al reato suddetto, della richiesta o istanza di cui all'art. 10 c.p., avendo ritenuto che il prevenuto fosse cittadino italiano e che quindi fosse sufficiente la sua presenza nel territorio dello Stato, ai sensi dell'art. 9 stesso codice; la Cassazione ha ritenuto corretta la decisione del tribunale che, in sede di appello avverso l'ordinanza che aveva respinto la richiesta di revoca della misura della custodia cautelare in carcere, aveva escluso che potesse addivenirsi alla richiesta di revoca, fondata sulla pretesa insussistenza della condizione di procedibilità di cui al comma 1 dell'art. 10 c.p., sul rilievo che appunto la questione era già stata affrontata e risolta in senso sfavorevole all'imputato nel giudizio di merito).

Cass. pen. n. 377/1993

La presenza dello straniero nel territorio dello Stato, richiesta dall'art. 10 c.p. ai fini della perseguibilità in Italia del delitto comune commesso all'estero dal medesimo straniero in danno dello Stato o di un cittadino italiano, è normativamente strutturata come condizione di procedibilità ed è quindi da considerare soggetta a tutte le regole proprie di siffatta condizione.

Cass. pen. n. 4144/1993

L'art. 90, terzo comma, c.p.p., prevede che qualora la persona offesa sia deceduta in conseguenza del reato, le facoltà ed i diritti previsti dalla legge sono esercitati dai prossimi congiunti (art. 307, quarto comma, c.p.) della medesima. Tra tali diritti rientra anche quello di proporre l'istanza prevista dall'art. 10, primo comma, c.p., per la perseguibilità di taluni delitti comuni commessi all'estero da uno straniero. (Fattispecie in tema di omicidio pluriaggravato commesso da uno straniero in danno di una cittadina all'estero).

La richiesta, l'istanza e la querela risultano regolate nel sistema penalistico quali condizioni che non attengono alla struttura del fatto-reato o alla sua punibilità, bensì alla procedibilità dell'azione penale. Anche la presenza del colpevole nel territorio dello Stato, richiesta dall'art. 10 c.p. per la «punibilità» di taluni reati commessi all'estero dallo straniero è normalmente strutturata come condizione di procedibilità, soggetta quindi alle regole proprie di queste, e l'inizio di tale presenza costituisce, quindi, il dies a quo di decorrenza del termine (non soggetto a sospensioni o ad interruzioni) per l'esercizio dell'azione penale.

Per la perseguibilità in Italia di un reato commesso all'estero in danno di un cittadino italiano, in ordine al quale vi sia stata la richiesta di procedimento del Ministro della giustizia occorre anche la querela della persona offesa ove si tratti di reato che se commesso in Italia sarebbe procedibile a querela.

Cass. pen. n. 13988/1989

Non è configurabile alcuna improcedibilità nel caso in cui lo Stato estero, nel cui territorio siano stati commessi i reati non solo non si avvalga della facoltà di richiedere l'estradizione, ma porti a conoscenza dello Stato italiano, nel cui territorio si trovi il reo, l'esistenza dei delitti, collaborando alla raccolta delle prove e dimostrando così d'avere rinunciato a punire direttamente l'autore dei fatti.

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S. C. chiede
sabato 17/12/2022 - Toscana
“Supponiamo che un cittadino Italiano sia querelato all'estero per un delitto commesso all'estero (in Spagna), ad esempio per un presunto delitto di natura sessuale ai danni di un cittadino straniero maggiore di età.
Nel caso in cui il cittadino Italiano querelato sia residente in Italia, al momento che viene querelato all'estero il processo è di competenza Italiana ?
Se la querela arrivasse fuori dai tempi di caducità della querela Italiani ( ad esempio dopo un anno per reati sessuali), ma nel paese dove è stato commesso il fatto la querela fosse ancora valida ( essendovi ad esempio a disposizione molti anni per presentarla ),
il reato sarebbe archiviato in entrambi i paesi ?”
Consulenza legale i 27/12/2022
Il codice penale sancisce il principio di territorialità, che significa che è punibile secondo la legge italiana colui che commette un reato nel territorio dello Stato italiano. Secondo il principio di territorialità, l’applicazione della legge penale è, di regola, circoscritta al territorio dello Stato ed alla sua osservanza sono tenuti cittadini, stranieri e apolidi che vi si trovano. Infatti, l’art. 3 comma 1 del cp (“Obbligatorietà della legge penale”) stabilisce che “la legge penale italiana obbliga tutti coloro che, cittadini o stranieri, si trovano nel territorio dello Stato, salve le eccezioni stabilite dal diritto pubblico interno o dal diritto internazionale”. Al contempo, l’art. 6 comma 1 del cp (“Reati commessi nel territorio dello Stato”) stabilisce che “Chiunque commette un reato nel territorio dello Stato è punito secondo la legge italiana”.
La nozione di “territorio dello Stato” è, a sua volta, declinata all’ 4 comma 2 del cp (“Cittadino italiano. Territorio dello Stato”) per cui: “Agli effetti della legge penale, è territorio dello Stato il territorio della Repubblica ed ogni altro luogo soggetto alla sovranità dello Stato. Le navi e gli aeromobili italiani sono considerati come territorio dello Stato, ovunque si trovino, salvo che siano soggetti, secondo il diritto internazionale, a una legge territoriale straniera”.
Per “territorio dello Stato italiano” si intende il territorio della Repubblica, ovvero:
– la superficie terrestre compresa nei suoi confini politico-geografici;
– il mare costiero (fino dodici miglia marine dalla linea costiera;
– lo spazio aereo ed il sottosuolo;
– le navi e agli aeromobili italiani, ovunque essi si trovino.

Per rispondere alla domanda bisogna analizzare è quanto disposto dagli articoli 7-10 del codice di procedura penale italiano. Si tratta di disposizioni che individuano i criteri di applicazione della competenza e prevedono che, dopo aver commesso un reato all’estero, è possibile sostenere il processo in Italia.
Alcuni reati benché commessi all’estero (e non sul territorio dello Stato Italiano così come sopra individuato) vengono puniti secondo la legge italiana e ciò a prescindere dal fatto che l’autore sia cittadino italiano o straniero (sono i c.d. reati politici): è il caso dei
- delitti contro la personalità dello Stato,
-di quelli di contraffazione del sigillo dello Stato e di uso di tale sigillo contraffatto,
- di falsità di monete aventi corso legale nel territorio dello Stato, o di valori bollati o di carte di pubblico credito italiano,
- reati commessi da pubblici ufficiali a servizio dello Stato perpetrati abusando di poteri o violando i doveri inerenti le loro funzioni,
-ogni altro reato per il quale speciali disposizioni di legge o convenzioni internazionali stabiliscono l’applicabilità della legge italiana.
Per delitto politico si intende ogni delitto che offende un interesse politico dello Stato, ovvero un diritto politico del cittadino.
sono reati punibili secondo la legge italiana anche quelli commessi da un cittadino italiano nei quali è perseguito un delitto per il quale la legge italiana stabilisce la pena dell’ergastolo o la reclusione non inferiore nel minimo a tre anni.
Quando, invece, si tratta di delitti punibili con la reclusione inferiore a tre anni affinchè venga applicata la Legge italiana, oltre alla presenza del reo nel territorio dello Stato italiano, occorre apposita richiesta del Ministro della Giustizia, ovvero l’istanza o la querela della persona offesa.

Proprio perché consentono la persecuzione di reati commessi all’estero, le disposizioni sovra citate costituiscono una deroga al principio di territorialità della legge penale sopraindicato. Tale deroga è specificata in senso generale dall’art. 3, comma 2, c.p. per cui “La legge penale italiana obbliga altresì tutti coloro che, cittadini o stranieri, si trovino all’estero, ma limitatamente ai casi stabiliti dalla legge medesima o dal diritto internazionale”, ove tra i “casi stabiliti dalla legge medesima (penale, NDR)” rientrano segnatamente gli art. art. 7 del c.p. , art. 8 del c.p. e art. 9 del c.p. in esame. Per quanto precede, infatti, la sanzione prevista da tali articoli consegue alla qualificazione del reato commesso all’estero “secondo la legge italiana” (o “secondo la legge medesima”).
Trattandosi di un presunto reato di natura sessuale rientrerebbe con ogni probabilità nella sfera di applicazione dell’art. art. 9 del c.p..
Qualora il reato sia stato commesso interamente all’estero, la competenza è determinata successivamente dal luogo della residenza, della dimora, del domicilio, dell’arresto o della consegna dell’imputato.
Per tali ragioni, qualora la persona offesa abbia sporto querela è possibile che il reato venga perseguito anche in italia, se sussistono determinati requisiti, indicati dall’art. art. 10 del c.p..
In primo luogo, per poter affrontare il processo penale in Italia, la persona che ha commesso il reato deve necessariamente trovarsi nello Stato Italiano nel momento dell’esercizio dell’azione penale.
In secondo luogo, è necessaria la cosiddetta doppia incriminabilità secondo cui è condizione indispensabile che i reati commessi all’estero dallo straniero risultino punibili come illeciti penali oltre che dalla legge penale italiana anche dall’ordinamento del luogo ove sono stati consumati (in questo caso in Spagna).
Inoltre, il termine valido entro cui è possibile proporre la richiesta di procedimento è quello di tre anni previsto dall' art. [[n128]] comma 2 del c.p.p. Questo termine inizia a decorrere dal momento in cui il reo si trova nel territorio dello Stato.
La presenza del cittadino nel territorio statale è condizione di procedibilità e non di punibilità e l'assenza di tale requisito al momento dell'esercizio dell'azione penale determinerà una sentenza di non luogo a procedere ove il Pubblico Ministero chieda comunque il rinvio a giudizio.
Se la querela arrivasse fuori dai tempi di caducità della querela Italiana ma nel paese dove è stato commesso il fatto la querela fosse ancora valida, non sarebbe possibile perseguire il reato in italia (salvo non si tratti di reati perseguibili d’ufficio) mentre in Spagna si e potrebbe essere possibile – e conveniente - spostare il processo in Italia.

Da ultimo, nell'ambito del diritto dell'Unione Europea, è principio generale quello del ne bis in idem e, come tale, deve trovare pieno riconoscimento nell'ordinamento interno, e dunque, «ogni sentenza emessa da uno Stato membro deve valere quale sentenza di ogni singolo Stato, sul presupposto che si tratta di ordinamenti fondati sul rispetto dei diritti umani e delle garanzie difensive che costituiscono il nucleo del giusto processo».

Una Convenzione della Comunità Europea (25 maggio 1987, ratificata in Italia con legge n. 350/89) e la Convenzione di applicazione degli Accordi di Schengen hanno stabilito, però, che è fatto divieto di giudicare nuovamente chi sia stato giudicato all’estero, a condizione che la pena comminata sia stata eseguita o sia in corso di esecuzione o non possa più essere eseguita.