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Articolo 2383 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Nomina e revoca degli amministratori

Dispositivo dell'art. 2383 Codice Civile

La nomina degli amministratori spetta all'assemblea, fatta eccezione per i primi amministratori, che sono nominati nell'atto costitutivo [2335, n. 4], e salvo il disposto degli articoli 2351, 2449 e 2450 [2364, n. 2, 2409]. La nomina è in ogni caso preceduta dalla presentazione, da parte dell'interessato, di una dichiarazione circa l'inesistenza, a suo carico, delle cause di ineleggibilità previste dall'articolo 2382 e di interdizioni dall'ufficio di amministratore adottate nei suoi confronti in uno Stato membro dell'Unione europea.

Gli amministratori non possono essere nominati per un periodo superiore a tre esercizi [2385], e scadono alla data dell'assemblea convocata per l'approvazione del bilancio relativo all'ultimo esercizio della loro carica.

Gli amministratori sono rieleggibili, salvo diversa disposizione dello statuto, e sono revocabili dall'assemblea in qualunque tempo, anche se nominati nell'atto costitutivo, salvo il diritto dell'amministratore al risarcimento dei danni, se la revoca avviene senza giusta causa [2386, 2456].

Entro trenta giorni dalla notizia della loro nomina gli amministratori [2457] devono chiederne [2194] l'iscrizione nel registro delle imprese [2188] indicando per ciascuno di essi il cognome e il nome, il luogo e la data di nascita, il domicilio e la cittadinanza, nonché a quali tra essi è attribuita la rappresentanza della società, precisando se disgiuntamente o congiuntamente.

Le cause di nullità o di annullabilità della nomina degli amministratori che hanno la rappresentanza della società non sono opponibili ai terzi dopo l'adempimento della pubblicità di cui al quarto comma(1), salvo che la società provi che i terzi ne erano a conoscenza(2).

Note

(1) L'iscrizione nel registro delle imprese della nomina e della cessazione degli organi societari, pur avendo efficacia dichiarativa e non costitutiva, determina il momento in cui l'evento diviene opponibile ai terzi di buona fede.
(2) Tale disposizione è stata modificata dall'art. 6, comma 2, del D.Lgs. 8 novembre 2021, n. 183.

Ratio Legis

La norma sancisce il principio di ordine pubblico in base al quale i primi amministratori sono nominati nell'atto costitutivo e quelli successivi sono nominati dall'assemblea. Si tratta di principio inderogabile.

Spiegazione dell'art. 2383 Codice Civile

La norma in esame si occupa di disciplinare la nomina degli amministratori.
In particolare, si prevede che l'assemblea nomina gli amministratori successivi a quelli nominati nell'atto costitutivo.
Si dispone, inoltre, che tale nomina sia sempre preceduta dalla presentazione della dichiarazione circa l'inesistenza, a suo carico, delle cause di ineleggibilità previste dall'articolo 2382 e di interdizioni dall'ufficio di amministratore adottate nei suoi confronti in uno Stato membro dell'Unione europea. A tale proposito va precisato che questa previsione è frutto della recente riforma apportata con il D.Lgs. n. 183/2021 in attuazione della Direttiva UE n. 1151 del 2019. Lo scopo, infatti, era quello di armonizzare il diritto societario europeo nel contesto del mercato unico digitale.

Lo statuto può attribuire la nomina degli amministratori all'assemblea straordinaria.
Ai sensi dell'art. 2368 possono essere introdotte nello statuto clausole che consentono ai soci di minoranza di eleggere un numero di amministratori proporzionale ai voti espressi dalla maggioranza e dalla minoranza.
La nomina di tutti o alcuni amministratori può essere oggetto di patto parasociale della specie dei sindacati di voto (v. art. 2341 bis).
La scelta del sistema di votazione, salva diversa previsione dello statuto, spetta al presidente dell'assemblea (2371).
Il potere di revoca è inderogabile. La revoca è atto discrezionale dell'assemblea ordinaria (2364) liberamente adottabile in qualsiasi momento. L'assenza di giusta causa, infatti, determina il solo dovere di risarcire i danni ma non inficia l'efficacia della revoca che rappresenta un atto lecito, manifestazione del diritto dei soci.

Il termine triennale stabilito per la carica degli amministratori è inderogabile in aumento, mentre è ammessa una durata inferiore.

La nomina e la cessazione dalla carica degli amministratori sono soggette ad iscrizione nel registro delle imprese. Il termine di 30 giorni decorre dalla notizia della nomina e non dalla dalla sua accettazione da parte dell'amministratore.
Sulla società, e non sul terzo contraente, grava il rischio dell'invalidità della nomina degli amministratori.

Relazione al D.Lgs. 6/2003

(Relazione illustrativa del decreto legislativo recante: "Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366.")

6 Il potere di gestione e il potere di rappresentanza. La gestione dell'impresa sociale spetta in via esclusiva agli amministratori (art. 2380 bis, primo comma), i quali hanno poteri di gestione estesi a tutti gli atti che rientrano nell'oggetto sociale (art. 2380 bis, primo comma) e una rappresentanza generale per tutti gli atti compiuti in nome della società (art. 2384 del c.c., primo comma). Lo statuto o l'atto di nomina o di delega possono limitare in vario modo questi poteri di gestione o di rappresentanza, o entrambi, anche prevedendo una dissociazione tra rappresentanza generale (ad esempio attribuita al presidente) e poteri di gestione (ad esempio attribuiti al consiglio, al comitato esecutivo o ad amministratori delegati). In tutti questi casi le limitazioni "che risultano dallo statuto o da una decisione degli organi competenti" (art. 2384, secondo comma, nonché articolo 9.2 della direttiva n. 151 del 9 marzo 1968 del Consiglio dei Ministri della CEE), anche se pubblicate, non sono opponibili ai terzi, salvo che si provi che questi abbiano intenzionalmente agito a danno della società (art. 2384, secondo comma). Nei rapporti esterni, per tutelare l'affidamento dei terzi - e salva l'exceptio doli - sia gli atti compiuti dall'amministratore munito del potere di rappresentanza ma privo del potere di gestione (atti estranei all'oggetto sociale o casi di dissociazione del potere di rappresentanza dal potere di gestione), sia gli atti che eccedono i limiti - anche se pubblicati - ai poteri di gestione o di rappresentanza, rimangono validi e impegnativi; nei rapporti interni, invece, la mancanza o eccesso di potere o l'estraneità dell'atto all'oggetto sociale restano rilevanti quale base per un'azione di responsabilità (art. 2393 del c.c. e art. 2393 bis), quale giusta causa di revoca (art. 2383 del c.c., terzo comma), e quale motivo di denuncia al collegio sindacale o al tribunale (art. 2408 del c.c. e art. 2409 del c.c.).

Massime relative all'art. 2383 Codice Civile

Cass. civ. n. 4586/2023

La revoca dell'amministratore di società a responsabilità limitata può essere disposta in ogni tempo dall'assemblea dei soci, anche in assenza di giusta causa ma, essendo il rapporto di amministrazione riconducibile quale "species" a sé stante al "genus" del mandato, l'amministratore revocato "ante tempus" senza giusta causa ha diritto al risarcimento del danno, per il principio posto dall'art. 1725, comma 1, c.c., salvo espressa pattuizione statutaria o convenzionale in senso contrario.

Cass. civ. n. 22351/2022

In caso di cessazione dalla carica di amministratore per messa in liquidazione della società non sono dovuti i danni per revoca senza giusta causa, atteso che la nomina dei liquidatori non dà luogo ad una revoca (tacita o implicita) riconducibile al disposto dell'art. 2383, comma 3, c.c., venendo meno l'organo gestorio e la continuità dell'amministrazione.

Cass. civ. n. 21495/2020

In tema di revoca dell'amministratore di società per azioni, le ragioni che integrano la giusta causa, ai sensi dell'art. 2383, comma 3, c.c., devono essere specificamente enunciate nella delibera assembleare che adotta tale decisione senza che sia possibile la successiva deduzione in sede giudiziaria di ragioni ulteriori. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto priva di giusta causa la revoca dell'amministratore per motivi non erano stati descritti neanche nel corso della discussione su di essa). (Rigetta, CORTE D'APPELLO BRESCIA, 11/05/2016).

Cass. civ. n. 31660/2019

In tema di società di capitali, è ammessa la revoca dall'incarico di presidente o di vice presidente del consiglio di amministrazione anche in assenza di una giusta causa, spettando in quest'ultimo caso soltanto una tutela risarcitoria in favore del soggetto ingiustificatamente revocato in applicazione analogica dell'art. 2383 c.c.; tuttavia, quando la revoca costituisca la risposta ad un'attività di difesa del principio di parità di trattamento indipendentemente dalla razza e origine etnica, posta in essere con buona fede e correttezza dal soggetto revocato, quest'ultimo, essendo a sua volta vittima di condotta discriminatoria, ha anche diritto ad essere reintegrato nella propria carica ai sensi dell'art. 28 del d.lgs. n. 150 del 2011.

Cass. civ. n. 2037/2018

In tema di revoca dell'amministratore di società di capitali, le ragioni che integrano la giusta causa, ai sensi dell'art. 2383, comma 3, c.c. devono essere specificamente enunciate nella delibera assembleare senza che sia possibile una successiva deduzione in sede giudiziaria di ragioni ulteriori. In tale ambito spetta alla società l'onere di dimostrare la sussistenza di una giusta causa di revoca, trattandosi di un fatto costitutivo della facoltà di recedere senza conseguenze risarcitorie.

In caso di revoca dell'amministratore di una società per azioni, alla responsabilità contrattuale della società di cui all'art. 2383 c.c. relativa al lucro cessante per i compensi residui non percepiti, derivante dal fatto stesso del recesso senza giusta causa dal rapporto di amministrazione, può aggiungersi la responsabilità, sempre di natura contrattuale, per violazione delle regole di buona fede e correttezza, oppure una responsabilità extracontrattuale della società, o di soggetti in concorso con essa, solo in presenza di condotte che costituiscano un "quid pluris", diverso ed ulteriore, rispetto alla revoca in sé, allorché le stesse ragioni della revoca, oltre ad essere semplicemente insussistenti o inidonee a fondare il potere di recesso, oppure le concrete modalità della cessazione del rapporto, connotate da colpa o dolo, siano tali da ledere un diritto della persona distinto dal diritto dell'amministratore alla prosecuzione della carica sino alla sua naturale scadenza.

Cass. civ. n. 14695/2017

In tema di società di capitali, atteso che la norma che riserva all'assemblea la nomina e la revoca degli amministratori è inderogabile, in quanto di ordine pubblico per la sua incidenza su interessi generali della collettività, e che le deliberazioni dell'assemblea debbono essere inderogabilmente prese con l'osservanza del metodo collegiale, non può ammettersi che, attraverso singole clausole contrattuali, le parti possano giungere, di fatto, a svuotare la portata di tali principi.

Cass. civ. n. 7587/2016

In tema di società di capitali, e nel silenzio dell'art. 2381 c.c., la revoca della delega all'amministratore delegato, decisa dal consiglio di amministrazione, deve essere assistita da "giusta causa", sussistendo, in caso contrario, il diritto del revocato al risarcimento dei danni eventualmente patiti. Tanto in applicazione analogica dell'art. 2383, comma 3, c.c., disciplinante la revoca degli amministratori da parte dell'assemblea, norma di cui ricorre la stessa "ratio", in base alla quale, pur nella libertà del conseguimento degli interessi e degli obiettivi societari, occorre, in assenza di "giusta causa", tenere conto del sacrificio economico e sociale dell'amministratore conseguente alla revoca, soprattutto quando la delega comporti un'attività remunerata suscettibile di valutazioni professionali nel mercato dei "manager".

Cass. civ. n. 23381/2013

La giusta causa per la revoca dell'amministratore, prevista dall'art. 2383, terzo comma, c.c., può consistere non solo in fatti integranti un significativo inadempimento degli obblighi derivanti dall'incarico, ma anche in fatti che minino il "pactum ficuciae", elidendo l'affidamento riposto al momento della nomina sulle attitudini e capacità dell'amministratore, sempre che essi siano oggettivamente valutabili come capaci di mettere in forse la correttezza e le attitudini gestionali dell'amministratore revocato, e non costituiscano, invece, il mero inadempimento ad una inesistente soggezione dell'amministratore stesso alle direttive del socio di maggioranza, pur se pubblico. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito la quale aveva escluso la giusta causa in una vicenda in cui l'assemblea dei soci di una società per azioni, partecipata in via maggioritaria da un Comune, aveva deliberato di revocare l'amministratore sulla base di atti risultati, in realtà, coerenti con i doveri dallo stesso assunti con il mandato ad amministrare la società, come, in particolare, l'iniziativa giudiziaria promossa contro il Comune inadempiente rispetto agli obblighi assunti contrattualmente con la società ed il rifiuto opposto all'indebito accesso alla contabilità sociale da parte di alcuni consiglieri comunali).

Cass. civ. n. 8221/2012

Anche prima della riforma del diritto societario approvata col d.l.vo n. 6 del 2003 - che ha introdotto l'art. 2380 bis c.c., secondo il quale la gestione dell'impresa sociale spetta "esclusivamente" agli amministratori - vigeva, nella società per azioni, il principio di esclusività delle competenze gestorie degli amministratori. Ne consegue che, anche qualora la nuova norma sia inapplicabile "ratione temporis", costituisce giusta causa di revoca dell'amministratore di una società per azioni, agli effetti dell'art. 2383, terzo comma, c.c., la sua adesione ad un patto parasociale che rimette le scelte gestorie alla volontà maggioritaria dei relativi contraenti (cosiddetto sindacato di gestione).

Cass. civ. n. 7425/2012

La revoca assembleare per giusta causa dell'amministratore di società per azioni, che può discendere dal venir meno del rapporto di fiducia con la compagine societaria, non costituisce una sanzione, e, pertanto, non richiede la preventiva contestazione dei comportamenti legittimanti la revoca stessa. (Fattispecie relativa a società a prevalente partecipazione pubblica, regolata dal d.l. 20 maggio 1993, n. 150, non convertito e di cui al successivo d.l. 16 maggio 1994, n. 293, convertito dalla legge 15 luglio 1994, n. 444).

Cass. civ. n. 27512/2008

Allorché una società di capitali abbia deliberato la riduzione del numero dei componenti del consiglio di amministrazione, la riconducibilità di tale atto ad una più ampia direttiva generale emessa nell'ambito del gruppo societario di appartenenza, non vale ad escludere che sia configurabile una revoca dell'amministratore in esubero, in quanto le iniziative, anche legittime, dell'assemblea, che incidano, direttamente od indirettamente, sul termine originariamente fissato nella nomina, determinano il diritto al risarcimento del danno, allorchè la revoca sia avvenuta senza giusta causa.

In materia di società di capitali, la revoca degli amministratori che può dar luogo al risarcimento del danno ove avvenuta senza giusta causa non deve essere necessariamente formalizzata in un'esplicita manifestazione di volontà, ma può anche avvenire in modo implicito, come nel caso in cui venga deliberata una riduzione dei membri del consiglio di amministrazione; in questo caso si verifica, infatti, una doppia caducazione: quella della precedente delibera, con la quale era previsto un più ampio numero ál consiglierl, e quella degli amministratori in esubero rispetto al numero originariamente stabilito, la cui permanenza risulta incompatibile con il contenuto delle nuove decisioni assembleari.

Cass. civ. n. 23557/2008

In tema di revoca dell'amministratore di società di capitali (nella specie, società a responsabilità limitata) la sussistenza di una giusta causa esclude il diritto dell'amministratore al risarcimento del danno prodotto dall'anticipato scioglimento del rapporto, ai sensi dell'art. 2383, terzo comma, c.c. (nel testo, vigente ratione temporis anteriore alle modifiche introdotte dal D.L.vo 17 gennaio 2003, n. 6), se espressamente enunciata nell'atto dell'assemblea che altresì descriva le ragioni della revoca, senza che queste, omesse nell'atto deliberativo, possano essere integrate in prosieguo, nel corso del giudizio, appartenendo alla sola assemblea ogni valutazione in proposito.

In tema di revoca dell'amministratore di società, la giusta causa può essere sia soggettiva che oggettiva, purchè si tratti di circostanze o fatti sopravvenuti idonei ad influire negativamente sulla prosecuzione del rapporto; nel secondo caso, essa consiste in situazioni estranee alla persona dell'amministratore, quindi non integranti un suo inadempimento e sempre che ricorra un quid pluris cioè l'esistenza di situazioni tali da elidere il citato affidamento; ne consegue che le mere ragioni di convenienza economica addotte dalla società, con il richiamo alle perdite subite ed al fine di giustificare la modificazione dell'organo amministrativo da collegiale a monocratico invocando un risparmio di spesa, non integrano la nozione di giusta causa, discendendone così il diritto al risarcimento del danno ex art. 2383, terzo comma, c.c.

Cass. civ. n. 16692/2002

Ai sensi degli artt. 2383 e 2385 c.c., richiamati dal successivo art. 2487, in tema di organi di una società a responsabilità limitata, la nomina e la revoca degli amministratori devono essere iscritte nel registro di cancelleria (art. 100 att. c.c. e pubblicate nel bollettino ufficiale delle società per azioni ed a responsabilità limitata, divenendo opponibili ai terzi, ai sensi dell'art. 2457 ter c.c. (richiamato dal successivo art. 2497 bis), solo dopo tale pubblicazione, a meno che la società non provi che i terzi ne fossero comunque a conoscenza, con la conseguenza che, anche ai fini della notifica nelle mani del legale rappresentante della società al di fuori della sua sede legale (art. 145 u.c. c.p.c.) il mutamento soggettivo intervenuto in seno alla società, non reso pubblico nelle forme predette, non è opponibile al terzo notificante, salva prova - a carico della società - che quegli, prima di eseguire la notifica nelle mani del rappresentante così come risultante dal detto sistema di pubblicità, abbia avuto conoscenza del mutamento dell'organo rappresentativo.

Cass. civ. n. 6928/2001

L'accettazione della nomina ad amministratore di una società necessaria, avendo i poteri degli amministratori, fonte contrattuale non richiede l'osservanza di specifiche formalità e può essere anche tacita, prescindendo dall'adempimento degli oneri pubblicitari di cui all'art. 2383, quarto comma c.c.; in tal caso, l'accettazione può essere desunta da atti positivi incompatibili con la volontà di rifiutare la nomina e il relativo accertamento, investendo una questione di fatto, è incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato.

Cass. civ. n. 3312/2000

L'amministratore di una società a responsabilità limitata nominato a tempo indeterminato può, del tutto legittimamente, esser revocato con preavviso, ai sensi dell'art. 1725, secondo comma, c.c., senza che a ciò osti il disposto del terzo comma dell'art. 2383 stesso codice (richiamato, ratione materiae, dal successivo art. 2487), riguardando detta norma la (diversa) ipotesi di nomina dell'amministratore a tempo determinato.

Cass. civ. n. 9482/1999

L'art. 2383 c.c., che prevede il diritto al risarcimento dei danni in favore dell'amministratore di una società per azioni revocato dall'incarico senza giusta causa, non si applica indiscriminatamente, nonostante il richiamo ad esso contenuto nell'art. 2487 c.c., agli amministratori di società a responsabilità limitata. Esso, infatti, va inquadrato nel sistema normativo della società per azioni, che non prevede la nomina di amministratori a tempo indeterminato, ipotesi nella quale l'applicazione della suddetta regola comporterebbe la impossibilità, per tutta la durata della vita dell'amministratore, di una revoca in assenza di giusta causa senza obbligo di risarcimento del danno, in aperta contraddizione con il carattere fiduciario dell'incarico di cui si tratta. Pertanto, la revoca di un amministratore di una società a responsabilità limitata nominato a tempo indeterminato non trova la sua disciplina nel predetto art. 2382 c.c., bensì nell'ari. 1725 c.c., il cui secondo comma prevede che, in assenza di giusta causa, la revoca del mandato a titolo oneroso a tempo indeterminato attribuisce al mandatario (figura la cui somiglianza con quella dell'amministratore di società di capitali giustifica l'applicazione analogica a quest'ultimo della relativa disciplina, in assenza di una normativa specifica) il diritto al risarcimento del danno solo se essa non sia stata comunicata con congruo preavviso.

Cass. civ. n. 11801/1998

La giusta causa della revoca dell'amministratore societario, quale ragione di disconoscimento al mandatario del danno prodotto dall'anticipato scioglimento del rapporto (art. 2383, terzo comma c.c.), può derivare anche da fatti non integranti inadempimento, ma richiede pur sempre un quid pluris, rispetto al mero dissenso (alla radice di ogni recesso ad nutum), ossia esige situazioni sopravvenute (provocate o meno dall'amministratore stesso) che minino il pactum fiduciae, elidendo l'affidamento inizialmente riposto sulle attitudini e le capacità dell'organo di gestione.

La revoca dell'amministratore, al pari della nomina, è atto di pertinenza dell'assemblea e, come tale, riferibile alla società, che esprime la propria volontà di rescindere il mandato ad amministratore per il tramite dell'assemblea stessa. Ne deriva che la responsabilità risarcitoria per revoca dell'amministratore senza giusta causa grava esclusivamente sul soggetto revocante, ossia sulla società, in sintonia con le regole generali poste dall'art. 1723 c.c. Invece, una eventuale responsabilità personale dei soci, che concorrono mediante il voto alla formazione della volontà societaria ma non sono autori della revoca, può discendere non dalla disciplina del rapporto di mandato (del quale essi non sono parti), ma dai comuni canoni dell'illecito aquilano, ove essi compiano con dolo o colpa autonomi atti lesivi dei diritti dell'amministratore.

Cass. civ. n. 4971/1998

Una volta attribuito sia pure con delibera viziata i poteri di rappresentanza ad un soggetto includenti capacità gestionali ed attuative delle decisioni assunte in sede collegiale, sono inopponibili ai terzi in buona fede le eventuali cause di nullità o annullabilità della delibera medesima. Più in particolare, il D.P.R. 29 dicembre 1969, n. 1127, attuativo della direttiva CEE del 9 marzo 1968, n. 151, ha ampliato la tutela dei terzi nei confronti degli atti societari, introducendo il settimo comma dell'art. 2383 c.c., per cui le cause di annullabilità o di nullità della nomina degli amministratori non sono opponibili ai terzi in buona fede, una volta avvenuta la pubblicazione delle relative delibere sul Bollettino Ufficiale delle società.

Cass. civ. n. 3181/1990

L'art. 2383 c.c., che riserva all'assemblea la nomina e la revoca degli amministratori della società, e l'art. 2386 dello stesso codice, che affida agli altri amministratori la sostituzione dell'amministratore venuto a mancare nel corso dell'esercizio, costituiscono norme inderogabili, in quanto di ordine pubblico per la loro incidenza su interessi generali della collettività. E pertanto nullo il contratto che, in contrasto con dette norme, preveda che la nomina di un consigliere di amministrazione sia effettuata da un organo (nella specie, presidente della società) diverso da quelli suindicati. (Principio affermato in fattispecie nella quale l'impugnata sentenza cassata dalla S.C. aveva ritenuto che il contratto fra il presidente di una società per azioni ed un professionista, avente ad oggetto la prestazione dell'opera coordinata e continuativa del secondo per la riorganizzazione gestionale e la conduzione della società e delle sue collegate, contenesse anche il conferimento al professionista dei poteri di amministratore delegato necessari per lo svolgimento dei compiti predetti).

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Vincenzo L. chiede
mercoledì 25/04/2018 - Sicilia
“Una società è partecipata al 51 % da comuni, mentre il 49 % delle quote è detenuto da privati.
Il 27 aprile 2015, giorno in cui si è celebrata l'assemblea dei soci, è stato approvato un bilancio che in questi anni abbiamo dimostrato non essere conforme ai criteri di redazione. Ovvero l'utilizzo per il 2014 degli stessi criteri dell'esercizio 2013 nel calcolo degli ammortamenti avrebbe comportato una chiusura in perdita del bilancio chiuso al 31 dicembre 2014.
Si sarebbe registrata la terza perdita d'esercizio consecutiva (con segno meno: 2012 € 50.445 - 2013 € 41.860 e 2014 di circa € 30.000, portata, di fatto, attraverso un artifizio contabile a + € 4.256). Abbiamo dimostrato l'esistenza di comunicazioni sociali a dir poco fantasiose. Abbiamo sostenuto altresì che ai sensi dell'Art 1 comma 734 legge 296 27/12/2006 "Non può essere nominato amministratore di ente, istituzione, azienda pubblica, società a totale o parziale capitale pubblico chi, avendo ricoperto nei cinque anni precedenti incarichi analoghi, abbia chiuso in perdita tre esercizi consecutivi".
La domanda che pongo è la seguente: nonostante le nostre rimostranze nel corso dell'assemblea il presidente in carica dal 1997 (ininterrottamente) è stato riconfermato. Se dovessimo riuscire a certificare la terza perdita d'esercizio e che per la redazione del bilancio 2014 sono stati utilizzati criteri di valutazione non conformi alla legge (c'è un indagine della magistratura in corso), tutti gli atti sottoscritti dal legale rappresentante dal 28 aprile 2015 sono legittimi?”
Consulenza legale i 06/05/2018
A parere di chi scrive, la disciplina degli atti di gestione posti in essere dall’amministratore di una società a partecipazione pubblica resta disciplinata dalle norme di diritto privato, non potendosi far applicazione della legge sul provvedimento amministrativo (L. n. 241/1990).

L’amministratore di una società ha sia i poteri di gestione sia i poteri di rappresentanza conferiti dallo statuto della società.
Si tratta di una rappresentanza organica che imputa direttamente gli effetti dell’atto compiuto dall’organo rappresentativo all’ente rappresentato in forza dell’atto di nomina e conferimento dell’incarico.
Sono in ogni caso validi ed efficaci rispetto a terzi gli atti posti in essere dagli amministratori con rappresentanza sia se estranei all'oggetto sociale, sia se compiuti senza il relativo potere di gestione, sia se eccedenti eventuali limiti del potere di rappresentanza (art. 2383 c.c.).
L’impossibilità per legge, in particolare in base al comma 734 art. 1 Legge 296/2006, di essere nominato quale amministratore di società, non fa venire meno ex tunc (i.e.: con efficacia retroattiva) il rapporto di rappresentanza organica conferita con la nomina.

Tale ricostruzione sembra compatibile con il Testo Unico sulle società partecipate (D. Lgs. n. 175/2016) il quale ha previsto esplicitamente all’art. 21 le azioni da intraprendere in caso di più esercizi di bilancio negativi fino all’ipotesi di revoca dell’amministratore, con un parallelismo della disciplina specifica alla disciplina del codice civile, indice di una "privatizzazione" della materia.

Ad ogni modo la cattiva gestione della società è sicuramente una giusta causa per revocare l’amministratore, così come confermato dalla Corte di Cassazione sent. 23381/2013, ma non può determinare l'automatica illegittimità di tutti gli atti sottoscritti dall'amministratore stesso.

Resta poi senz'altro ferma la possibilità di agire per il danno erariale causato dalla mala gestio dell’amministratore, ovvero per il danno erariale causato dall’assemblea che ha nominato un soggetto che non poteva essere nominato in base a quanto previsto dal comma 734 art. 1 Legge 296/2006.