La norma in commento riguarda gli
amministratori ma può essere applicata anche ai
liquidatori.
Il legislatore sancisce il principio della continuità dell'organo gestorio e dispone la
prorogatio della funzione amministrativa per il periodo compreso tra il termine naturale del mandato e l'accettazione dell'incarico da parte degli amministratori che seguono. Gli amministratori scaduti conservano i poteri anteriori alla scadenza.
Le
dimissioni ("dichiarazione di rinuncia") degli amministratori richiedono la
forma scritta. Tale dichiarazione ha natura unilaterale recettizia.
Destinatario delle dimissioni è il presidente del c.d.a. In mancanza del presidente, la rinuncia deve essere indirizzata a ciascun amministratore.
La rinuncia si perfeziona e diviene
irrevocabile quando giunge a conoscenza dei destinatari.
La rinuncia può essere
non motivata e non obbliga il dimissionario a indennizzare la società.
Continua a sussistere la prassi delle c.d.
dimissioni in bianco, cioè quelle che talvolta accompagnano l'accettazione della carica di amministratore. Tale prassi non contravviene alle norme di
ordine pubblico e risulta lecita.
Altre cause di cessazione sono:
- la
morte dell'amministratore, che rimane soggetta alla disciplina pubblicitaria prevista per le altre cause e non consente la successione nel rapporto gestorio degli eredi;
- l'
estinzione della società;
-
particolari clausole previste dallo statuto, come la clausola
simul stabunt simul cadent (v.
2386);
- la
liquidazione.
Non è causa di cessazione degli amministratori il
fallimento della società, che anzi richiede il compimento di atti proprio da parte degli amministratori.
La cessazione dalla carica degli amministratori è soggetta a iscrizione nel
Registro delle imprese con effetto dichiarativo. A far iscrivere la cessazione è tenuto il collegio sindacale, non i singoli amministratori.