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Articolo 663 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Mancata comparizione o mancata opposizione dell'intimato

Dispositivo dell'art. 663 Codice di procedura civile

Se l'intimato non compare (1) o comparendo non si oppone(2), il giudice convalida (3) con ordinanza esecutiva la licenza o lo sfratto. Il giudice ordina che sia rinnovata la citazione, se risulta o appare probabile che l'intimato non abbia avuto conoscenza della citazione stessa o non sia potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore.

Se lo sfratto è stato intimato per mancato pagamento del canone, la convalida è subordinata all'attestazione in giudizio del locatore o del suo procuratore che la morosità persiste. In tale caso il giudice può ordinare al locatore di prestare una cauzione(8).

Note

(1) Il legislatore dispone che se il conduttore non compare o anche se compare non si oppone, il giudice deve convalidare la licenza o lo sfratto. Lo stesso esito si verifica anche quando il conduttore si sia costituito in cancelleria ma non sia comparso in udienza, poiché il giudice non può rifiutare la convalida sulla base dei motivi di opposizione enunciati nella comparsa dall'intimato stesso.
(2) La comparizione del conduttore rappresenta un onere in quanto la mancata comparizione o, in caso di comparizione, la mancata opposizione, viene equiparata all'ammissione dei fatti indicati nell'intimazione di licenza o di sfratto, sfavorevoli al conduttore stesso che ha dunque l'onere di difendersi per evitare la pronuncia della convalida.
(3) La convalida consiste nel provvedimento con cui il giudice conferma la licenza o lo sfratto intimato dal locatore sulla base dell'accertamento della esistenza del contratto e dei presupposti che consentono il ricorso al procedimento speciale. Tale provvedimento viene pronunciato automaticamente alla mancata comparizione od opposizione.
(4) L'ordinanza di convalida viene redatta in calce all'originale dell'atto di intimazione, con l'ordine di apposizione della formula esecutiva (art. 474). L'originale della citazione con la convalida non viene depositata in cancelleria ma resta in possesso del locatore, diversamente da quanto accade per il decreto ingiuntivo. Tale ordinanza di convalida, munita di formula esecutiva, assume anche l'autorità di cosa giudicata.
(5) Tale comma è stato aggiunto dalla l. 22-12-1973, n. 841 in tema di proroga dei contratti di locazione di immobili urbani. La previsione del termine è finalizzata a far conoscere all'intimato non comparso il contenuto del provvedimento emesso a suo danno. Infatti, nel caso in cui sia comparso e, quindi, abbia avuto immediata conoscenza del provvedimento sin dal momento della sua pronuncia, dal silenzio della legge può ritenersi che la formula esecutiva abbia immediata efficacia.
(6) In caso di intimazione di sfratto per morosità, l'ordinanza di convalida può essere pronunciata solo nel caso in cui il locatore attesti che la morosità persiste. Tale attestazione deve riguardare i soli canoni indicati nell'intimazione di sfratto e non quelli successivi. Infatti, se il conduttore ha pagato i canoni indicati nell'intimazione, il locatore al fine di ottenere la convalida, non può invocare il mancato pagamento dei canoni successivi all'intimazione.
Infine, nel caso in cui manchi la dichiarazione che attesti la morosità e il giudice pronunci ugualmente la convalida, l'ordinanza stessa è appellabile.
(7) Visto che il procedimento è di natura sommaria il legislatore prevede tale per tutelare la posizione del conduttore, anche in ragione della mancata comparizione od opposizione dell'intimato.
(8) Disposizione riformulata dal D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (c.d. "Riforma Cartabia"), come modificato dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197, il quale ha disposto (con l'art. 35, comma 1) che "Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti".

Spiegazione dell'art. 663 Codice di procedura civile

Mentre l’art. 662 del c.p.c. subordina l'adozione della convalida alla comparizione dell'intimante, la norma in esame prevede, quale ulteriore condizione, la mancata comparizione dell'intimato ovvero, in alternativa e qualora compaia, la sua non opposizione.
In considerazione delle particolari garanzie che il legislatore ha voluto adottare per far sì che la citazione giunga a conoscenza dell'intimato, nella consapevolezza che dalla sua mancata comparizione derivano gravi conseguenze, la seconda parte del primo comma ribadisce la necessità che sia assicurata l'effettività del diritto di difesa del convenuto, assicurando una concreta possibilità di essere presente in udienza (ci si vuole garantire che l’intimato abbia avuto conoscenza effettiva della citazione e non quella presunta ricollegabile alla conoscenza legale).
Per tale ragione trova spiegazione, peraltro, l'esclusione della notifica ai sensi dell'art. 143 del c.p.c. e la necessità dell'ulteriore avvertimento previsto dall'ultimo comma dell’art. 660 del c.p.c..

Stando a quanto appena detto, il giudice sarà tenuto a disporre la rinnovazione della citazione ogni volta che la notificazione sia invalida, ovvero allorchè sia stato fatto uso di una forma di notificazione incompatibile con la convalida.
Inoltre, la rinnovazione dovrà essere disposta anche quando, malgrado la validità della notificazione, si possa dubitare del fatto che l'intimato ne abbia avuto conoscenza o pur avendone avuto conoscenza non sia potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore (attraverso l'ordine di rinnovazione il giudice è chiamato in via preventiva a prevenire l'insorgere di cause che possano successivamente legittimare l'opposizione tardiva).

La comparizione in udienza può far seguito ad una precedente costituzione, in cui vi è stata contestazione da parte dell’intimato; in tal caso la mancata opposizione comporterà un abbandono dell'iniziale contestazione, purchè il comportamento dell'intimato sia chiaramente ed inequivocabilmente diretto a manifestare una volontà di adesione alla intimazione del locatore.

Leggendo la norma, ci si potrebbe convincere del fatto che la convalida scaturisca in modo automatico dalle condotte dell'intimato di cui si è detto sopra, ovvero dalla mancata comparizione ovvero dalla mancata opposizione.
In realtà non è questo il senso da dare alla norma, in quanto occorre, in primo luogo, verificare se la mancata comparizione sia dipesa da una scelta volontaria e consapevole o meno, occorrendo se del caso disporre la rinnovazione della citazione.
Inoltre, se si tratta di sfratto per morosità, è anche richiesto che vi sia l'attestazione da parte del difensore dell'intimante della persistenza della mora.
A ciò si aggiunga che il giudice, per emettere il provvedimento di convalida, dovrà comunque verificare la sussistenza dei presupposti processuali e delle condizioni generali e speciali dell'azione.

Se l'intimato si oppone alla convalida, poiché il procedimento speciale si trasforma in un giudizio ordinario di cognizione, devono ritenersi sicuramente possibili tutte le forme di intervento volontario e coatto previste per quest’ultimo giudizio, che si realizzeranno secondo la disciplina dettata dall’art. 419 del c.p.c..
Al contrario, se l'intimato non compare o non si oppone, si pongono dei dubbi circa la possibilità per il terzo di intervenire nella fase speciale ed impedire l'emanazione dell'ordinanza di convalida.
Si ritiene preferibile la tesi positiva, in considerazione del fatto che al terzo, pregiudicato dall'ordinanza di convalida, è riconosciuta la tutela successiva dell'opposizione ex art. 404 del c.p.c..
Per quanto concerne l'attestazione della persistenza della morosità, occorre precisare che questa è relativa solo ai canoni indicati nell'intimazione, senza che possano avere rilevanza inadempimenti diversi ed, in particolare, quelli successivi alla notifica dell'intimazione e non allegati nella stessa.
Il locatore potrà far valere la morosità non dedotta in citazione soltanto chiedendo al giudice il passaggio alla fase ordinaria.
Si ritiene che, qualora l'intimato compaia e non si opponga alla convalida, l'attestazione in esame non sia necessaria, in quanto la condotta dell’intimato la rende superflua.

La richiesta dell'intimato del termine di grazia per sanare la morosità previsto dall'art. 55 della legge sull'equo canone determina, all'interno del giudizio di convalida, un subprocedimento.
All'udienza di verifica, fissata alla scadenza del termine per la purgazione, il difensore dell'intimante dovrà rendere una dichiarazione analoga a quella prevista dalla presente norma, con la differenza che oggetto della dichiarazione non sarà la persistenza della morosità indicata nell'atto di intimazione dello sfratto, ma quanto oggetto dell'ordinanza di concessione del termine.

Il provvedimento di convalida ha forma di ordinanza esecutiva.
In questa parte il primo comma della norma ha subito le modifiche derivanti dall’eliminazione, per effetto della Riforma Cartabia, della formula esecutiva.
E’ stato anche eliminato, per la medesima ragione, il secondo comma, il quale era stato introdotto dalla Legge n. 841/1973 in tema di proroga dei contratti di locazione di immobili urbani.

L’ordinanza di convalida non viene qualificata dalla norma in esame come espressamente non impugnabile, ma ciò può essere desunto agevolmente dalla previsione dell'art. 668 del c.p.c. in quanto, al di fuori delle condizioni e del termine per l'opposizione tardiva, l'ordinanza non può più essere rimessa in discussione; pertanto, a tale ordinanza, oltre all'efficacia esecutiva, va riconosciuto il carattere della definitività.
Per quanto concerne i rimedi esperibili avverso l'ordinanza di convalida, prevale la tesi secondo cui va esclusa l'applicabilità dei mezzi d'impugnazioni ordinari, mentre si discute sulla possibilità di utilizzare il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost. o la c.d. actio nullitatis.
Va però osservato che il primo presuppone la mancanza di altri mezzi specifici d'impugnazione (mentre avverso l'ordinanza è ammessa l'opposizione tardiva), e che la seconda si pone in contrasto con l'immutabilità sostanziale del risultato raggiunto attraverso il procedimento.

Massime relative all'art. 663 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 17049/2017

L’ordinanza di convalida dello sfratto per morosità ha efficacia di cosa giudicata sostanziale su ogni questione in merito alla risoluzione del contratto ed al possesso di fatto della cosa locata, ma non preclude, nell'autonomia dei rispettivi e correlativi diritti, né al locatore di instaurare separato giudizio per il pagamento dei canoni, né al conduttore di chiedere in giudizio l’accertamento dell’obbligo del pagamento e di eccepire e contrastare, nell’indagine sui rapporti di dare e di avere in relazione ai canoni, la misura di questi, tranne il caso in cui allo sfratto per morosità si sia accompagnata contestualmente l’ingiunzione di pagamento per i canoni, risultando, in tale ipotesi, coperti dal giudicato anche i fatti impeditivi/estintivi del relativo obbligo. (Nella specie la S.C., correggendo sul punto la motivazione della sentenza di merito, ha escluso che vi fosse alcuna preclusione, derivante dal passaggio in giudicato dell’ordinanza di convalida di sfratto per morosità, riguardo all’esame dell’anteriore domanda di accertamento degli inadempimenti del locatore, né che potesse ritenersi assorbita l’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., dedotta dal conduttore anteriormente all’intimazione della convalida, ancorché non riproposta nel successivo giudizio di sfratto per morosità).

Cass. civ. n. 14625/2017

L’ordinanza di convalida di sfratto, ove erroneamente emessa malgrado l’opposizione dell’intimato, assume natura decisoria e contenuto sostanziale di sentenza, sicché è impugnabile con l’appello, potendo con tale atto l’intimato chiedere la rimessione in termini per espletare l’attività difensiva impeditagli in primo grado, fermo restando che il giudice del gravame deve decidere la controversia nel merito, atteso che l’omissione del mutamento di rito, di cui all’art. 667 c.p.c., non integra alcuna delle ipotesi tassativamente previste dagli artt. 343 e 354 c.p.c. per la rimessione della causa al primo giudice.

Cass. civ. n. 411/2017

L’ordinanza di convalida di licenza o di sfratto per finita locazione, preclusa l’opposizione tardiva, acquista efficacia di cosa giudicata sostanziale non solo sull’esistenza della locazione, sulla qualità di locatore dell’intimante e di conduttore dell’intimato, sull’intervento di una causa di cessazione o risoluzione del rapporto, ma anche sulla sua qualificazione, se la scadenza del medesimo, richiesta e accordata dal giudice, è strettamente collegata alla tipologia del contratto.

Cass. civ. n. 19865/2014

Ai fini della convalida dello sfratto, l'attestazione del locatore che la morosità persiste, ai sensi dell'art. 663, terzo comma, cod. proc. civ., è necessaria solo quando l'intimato non compaia all'udienza, perché, se egli compare e si oppone, la deduzione di cessazione della morosità resta affidata alla sua difesa, mentre, se compare e non si oppone, la necessità dell'attestazione è assorbita dalla non opposizione.

Cass. civ. n. 15230/2014

L'ordinanza di convalida della licenza o dello sfratto ex art. 663 cod. proc. civ., pur impugnabile, in linea di principio, soltanto con l'opposizione tardiva ex art. 668 cod. proc. civ., è soggetta al normale rimedio dell'appello solo se emanata nel difetto dei presupposti prescritti dalla legge, costituiti dalla presenza del locatore all'udienza fissata in citazione e dalla mancanza di eccezioni o difese del conduttore ovvero dalla sua assenza, e, quindi, al di fuori dello schema processuale ad essa relativo, essendo, in tal caso, equiparabile, nella sostanza, ad una sentenza anche ai fini dell'impugnazione, sicché la circostanza che il giudice non abbia esaminato questioni di merito rilevabili d'ufficio (quale quella relativa all'eventuale nullità del contratto) non ne comporta l'appellabilità.

Cass. civ. n. 12994/2013

Solo quando nel giudizio di convalida di sfratto per morosità sia stato proposto ricorso per l'ingiunzione di pagamento di canoni scaduti, il provvedimento destinato a concluderlo può assumere l'efficacia di cosa giudicata, non soltanto circa l'esistenza e validità del rapporto corrente "inter partes" e sulla misura del canone preteso, ma anche circa l'inesistenza di tutti i fatti impeditivi o estintivi, anche non dedotti, ma deducibili nel giudizio d'opposizione, come l'insussistenza, totale o parziale, del credito azionato in sede monitoria dal locatore, per effetto di controcrediti del conduttore per somme indebitamente corrisposte a titolo di maggiorazione "contra legem" del canone.

Cass. civ. n. 5540/2012

In tema di locazione di immobili urbani, il conduttore che, convenuto in un giudizio di sfratto per morosità, abbia richiesto la concessione del cd. "termine di grazia", manifesta implicitamente, per ciò solo, una volontà incompatibile con quella di opporsi alla convalida, sicché al mancato adempimento nel termine fissato dal giudice consegue "ipso facto" l'emissione da parte di questi dell'ordinanza di convalida ex art. 663 c.p.c., senza che possano assumere rilievo eventuali eccezioni o contestazioni circa la sussistenza e/o l'entità del credito vantato dal locatore sollevate dopo la predetta richiesta di termine per sanare la morosità, giacché, a norma dell'art. 55 della legge 27 luglio 1978, n. 392, il comportamento del conduttore sanante la morosità deve consistere nell'estinzione di tutto quanto dovuto per canoni, oneri accessori, interessi e spese fino alla scadenza del termine di grazia, senza che l'inadempimento residuo sia suscettibile di nuova verifica sotto il profilo della gravità. Il giudice non ha infatti il potere di valutare se il superamento, ancorché esiguo, del suddetto termine di grazia concesso al conduttore per sanare la morosità costituisca inadempimento grave, ma solo la possibilità di fissare il termine entro il limite minimo e massimo stabilito dal legislatore; e d'altro canto l'obbligazione di pagamento del canone, in mancanza di diversa pattuizione, deve essere adempiuta al domicilio del creditore al tempo della scadenza, e perciò il rischio di ritardo o mancata ricezione restando pertanto a carico del debitore, in quanto attiene alla fase preparatoria del pagamento.

Cass. civ. n. 12979/2010

Avverso un provvedimento di convalida di licenza o di sfratto per finita locazione o per morosità è inammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., sia nell'ipotesi in cui si sia in presenza di una vera e propria ordinanza, dal momento che avverso la stessa è proponibile soltanto l'opposizione tardiva di cui all'art. 668 c.p.c., sia qualora detto provvedimento sia stato emesso in carenza dei presupposti di legge, perché, in tal caso, l'impugnazione deve essere proposta con l'appello, assumendo l'ordinanza natura decisoria e contenuto sostanziale di sentenza.

Cass. civ. n. 15353/2006

Nell'ipotesi prevista dal primo comma dell'art. 663 c.p.c. titolo esecutivo, generante l'azione esecutiva di rilascio, è l'intimazione di licenza o sfratto convalidata, dovendo il giudice disporre l'apposizione della formula esecutiva in calce alla citazione di licenza o di sfratto, cioè in calce al documento che contiene l'atto di intimazione di licenza o di sfratto e la contestuale domanda di convalida. Pertanto, l'efficacia sostanziale (sanzionata appunto dalla formula esecutiva) è prodotta dalla coesistenza dell'intimazione di licenza o di sfratto e dall'ordinanza di convalida, con la conseguenza che laddove l'apposizione della formula risulti effettuata altrove (nella specie in calce al verbale di udienza), essa resta priva di rilievo ai fini dell'impugnazione dell'ordinanza di convalida mediante appello, potendosi se del caso configurare l'opposizione ex art. 615 o 617 c.p.c.

Cass. civ. n. 11380/2006

In tema di procedimento di sfratto per morosità, avverso la ordinanza convalida è consentito l'appello soltanto per denunciare che il provvedimento è stato emesso in difetto dei presupposti di legge, restando il provvedimento soggetto, diversamente, soltanto al rimedio dell'opposizione tardiva di cui all'articolo 668 c.p.c. Ne consegue che è inammissibile l'appello proposto contro un'ordinanza di convalida pronunciata a seguito di mancata sanatoria nel termine della morosità, poiché l'ordinanza è pronunciata correttamente. (Nella fattispecie l'intimato non aveva provveduto a sanare la morosità nel termine assegnatogli ed il giudice aveva convalidato lo sfratto con ordinanza, cui quello aveva proposto appello svolgendo contestazioni di merito; la S.C. ha respinto il suo ricorso ma dichiarando, sulla base del citato principio, l'inammissibilità dell'appello, rigettato dalla corte di merito).

Cass. civ. n. 11298/2004

L'ordinanza di convalida di sfratto può essere emessa entro i limiti oggettivi segnati dagli artt. 657 e 658 c.p.c., in presenza dei presupposti specificamente indicati dall'art. 663 c.p.c., e necessita anche della ricorrenza delle condizioni generali dell'azione, tra le quali rientra la corretta evocazione in giudizio della parte intimata; ne consegue che, ove quest'ultima proponga opposizione alla convalida eccependo — non rileva se fondatamente o meno — il mancato rispetto del termine a comparire, il giudice non può emettere ordinanza di convalida e quest'ultima, se emessa ugualmente, assume valore di sentenza ed è perciò impugnabile con l'appello

Cass. civ. n. 19772/2003

In tema di locazione di immobili urbani, il conduttore che, convenuto in un giudizio di sfratto per morosità, abbia richiesto in via subordinata la concessione del c.d. «termine di grazia», manifesta implicitamente una prevalente volontà solutoria incompatibile con quella di opporsi alla convalida, che comunque non può più ritenersi condizionata alla mancata proposizione dell'opposizione, secondo quanto dispone l'art. 665 c.p.c., bensì del mancato pagamento del dovuto nel termine — che ha carattere perentorio — all'uopo fissato giusta il disposto dell'art. 55 L. 392/78, sicché, al mancato adempimento nel termine fissato dal giudice, consegue, l'emissione, da parte di questi, dell'ordinanza di convalida ex art. 663 c.p.c. Infatti per effetto del mancato pagamento, il procedimento retrocede alla fase precedente all'instaurazione del subprocedimento di sanatoria e il provvedimento da emettere è quello di convalida, che sarebbe stato emesso se il subprocedimento non fosse stato instaurato.

Cass. civ. n. 17738/2002

In materia di procedimento sommario per convalida di sfratto, qualora all'udienza di convalida il locatore dia atto, senza rinunciare alla domanda, che dopo la notificazione della citazione per convalida il conduttore ha provveduto a pagare il canone senza però corrispondere gli interessi di mora e le spese, viene meno il presupposto della persistenza della morosità che legittima l'emissione dell'ordinanza di convalida ai sensi dell'art. 663 c.p.c., mentre ben può il giudice emettere l'ordinanza di rilascio ex art. 665 c.p.c., disponendo, ai sensi dell'art. 667 c.p.c., per la prosecuzione del giudizio nelle forme del rito speciale — previo mutamento del rito ai sensi dell'art. 426 c.p.c. — in ordine agli interessi legali e alle spese di giudizio.

Cass. civ. n. 17151/2002

Ai fini della convalida dell'ordinanza di licenza o sfratto è necessario che sussistano sia i relativi presupposti specifici, indicati nel primo e nel terzo comma dell'art. 663 c.p.c. (consistenti nella mancata comparizione, nella mancata contestazione e nella dichiarata persistenza della mora — sicché non è sufficiente che l'intimato si limiti a comparire ma è necessario che si opponga alla convalida), sia i presupposti generali dell'azione (quelli attinenti cioè alla giurisdizione, alla competenza, alla capacità processuale dell'intimante e alla corretta vocazione in giudizio). Ne consegue che, in difetto dei suindicati presupposti, la domanda va rigettata, e il provvedimento di convalida ciononostante emesso deve sostanzialmente equipararsi ad una sentenza, in quanto tale impugnabile con l'appello, irrilevante essendo al riguardo il comportamento mantenuto dall'intimato che si sia limitato a comparire all'udienza.

Cass. civ. n. 332/2001

L'ordinanza di convalida di licenza di sfratto, che non ha natura di sentenza e non è dunque impugnabile con i mezzi ordinari d'impugnazione, se è tuttavia emessa fuori dei limiti oggettivi segnati dagli artt. 557 e 658 c.p.c., in assenza delle condizioni previste dall'art. 663 ovvero in mancanza di un presupposto generale di ammissibilità del procedimento speciale, assume valore di sentenza ed è perciò impugnabile con l'appello. Pertanto, assume valore di sentenza ed è perciò impugnabile con l'appello. Pertanto, ove il locatore dopo la notificazione della citazione per convalida dia atto che il conduttore ha provveduto a pagare il canone, senza però corrispondere gli interessi di mora e le spese, tale situazione non integra la richiesta di dichiarazione di persistente morosità, con la conseguenza che l'ordinanza ex art. 633 c.p.c. ugualmente pronunziata viene ad assumere natura di sentenza ed è impugnabile con l'appello.

Cass. civ. n. 3889/2000

Il procedimento per convalida di sfratto è caratterizzato da «tipicità ed immediatezza» che non consentono alternative oltre all'adozione o non adozione del provvedimento di convalida alla prima udienza. Ciò comporta che non sono possibili rinvii di sorta (fatta eccezione ovviamente per i rinvii d'ufficio disposti per la mancata tenuta dell'udienza), che snaturerebbero siffatto procedimento consentendo, fra l'altro, la costituzione in giudizio dell'intimato, che farebbe venir meno proprio il fondamentale presupposto su cui si fonda la possibilità di adozione di un provvedimento di convalida. Consegue che costituitasi la parte intimata con atto d'opposizione dopo il rinvio della prima udienza, il provvedimento di convalida reso nel contraddittorio delle parti, avuto riguardo a tutte le loro difese, ha natura sostanziale di sentenza e come tale è impugnabile con l'appello.

Cass. civ. n. 247/2000

L'ordinanza di convalida non ha natura di sentenza, e non è dunque impugnabile, se non è emessa al di fuori dello schema tipico del procedimento sommario disciplinato dall'art. 663 c.p.c., il quale è rispettato tutte le volte che l'ordinanza sia stata emessa ritualmente, in presenza dei presupposti formali previsti per la sua adozione. Fra questi si annovera, nel caso di sfratto intimato per mancato pagamento del canone (ovvero degli oneri accessori, com'è assolutamente pacifico), «l'attestazione del locatore o del suo procuratore che la morosità persiste» (art. 663, terzo comma, c.p.c.), e non già la verità della dichiarazione stessa, che attiene all'effettiva sussistenza della morosità e concerne dunque un aspetto sostanziale. Ne consegue che l'eventuale falsità della dichiarazione di persistenza della morosità di cui al terzo comma dell'art. 663 c.p.c. non consente di utilizzare avverso il provvedimento di convalida dello sfratto i mezzi ordinari d'impugnazione previsti per le sentenze (salva la revocazione ex art. 395, n. 1 c.p.c., a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 51 del 1995), restando le eventuali ragioni dell'intimato affidate all'azione risarcitoria.

Cass. civ. n. 6406/1999

L'ordinanza di convalida di licenza o sfratto per finita locazione, preclusa l'opposizione tardiva, acquista efficacia di cosa giudicata sostanziale non solo sull'esistenza della locazione; sulla qualità di locatore dell'intimante e di conduttore dell'intimato; sull'intervento di una causa di cessazione o risoluzione del rapporto; ma altresì sulla qualificazione di esso, se la scadenza del medesimo, richiesta e accordata dal giudice, è strettamente correlata alla tipologia del contratto, come nel caso di rilascio disposto, per il regime transitorio, ai sensi dell'art. 58 legge 27 luglio 1978, n. 392, se la locazione è ad uso di abitazione e degli artt. 67 integrato dall'art. 15 bis legge 25 marzo 1982, n. 94 e n. 71 della stessa legge, se la locazione è ad uso diverso. In caso poi vi sia contrasto tra più giudicati sulle predette questioni, la fonte regolatrice del rapporto è costituita dall'ultimo di essi.

Cass. civ. n. 9776/1997

Allorché una controversia concernente l'applicazione dell'art. 29 della legge n. 392 del 1978 venga introdotta dinanzi al pretore con il rito previsto dagli artt. 657 ss. c.p.c. e decisa con ordinanza, anziché con sentenza disponendo il mutamento del rito, il relativo vizio deve farsi valere con l'appello e il tribunale deve decidere nel merito la causa.

Cass. civ. n. 7173/1997

Se il locatore intima disdetta per finita locazione, alla prima scadenza, di un immobile adibito ad uso commerciale, anziché con il ricorso previsto dall'art. 30, legge 27 luglio 1978, n. 392, ai sensi dell'art. 657 c.p.c., e il pretore, senza modificare il rito per accertare l'esistenza del motivo di diniego del rinnovo, emette, in assenza del conduttore, ordinanza di convalida, questa ha natura di sentenza, impugnabile con un ordinario atto di citazione (art. 342 c.p.c.), per il principio di ultrattività del rito; pertanto l'impugnazione proposta con ricorso — atto ad essa non equipollente — non notificato nei termini, benché depositato, è inammissibile per inidoneità alla costituzione di un valido rapporto processuale, né può ritenersi spettare all'appellante mutare un rito, per la cui violazione è stato investito il giudice del gravame.

Cass. civ. n. 2614/1997

L'ordinanza di convalida di sfratto per morosità pronunciata dopo che, all'udienza all'uopo fissata, la parte intimata è comparsa ed ha formulata la propria opposizione, è indipendentemente dalla comparizione o meno dell'opponente nelle udienze successive, emessa al di fuori delle condizioni previste dalla legge e, avendo natura e contenuto di sentenza, è assoggettata ai mezzi di impugnazione previsti per le sentenze e, quindi, all'appello.

Cass. civ. n. 10136/1996

L'esperibilità della revocazione per errore di fatto o per dolo di una parte in danno dell'altra, avverso l'ordinanza di convalida di sfratto per morosità o di licenza per finita locazione, derivante dalle sentenze della Corte costituzionale n. 558 del 1989 e n. 51 del 1995 (dichiarative della parziale illegittimità dell'art. 395 c.p.c.), postula l'attribuzione a detta ordinanza della natura di atto giurisdizionale decisorio, reso in unico grado, e come tale non appellabile. Ne consegue che la statuizione su detta revocatoria può essere denunciata con ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 403, secondo comma, c.p.c.

Cass. civ. n. 538/1996

Il terzo intervenuto volontariamente nel giudizio di convalida dello sfratto per morosità, ad altri intimato, per opporsi alla convalida nella asserita qualità di effettivo conduttore dell'immobile assume la qualità di parte legittimata ad impugnare con l'appello (e non con il ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost.) il provvedimento di convalida che ritenga emesso al di fuori delle condizioni previste e non può, quindi, far valere le sue ragioni con l'opposizione alla esecuzione del provvedimento di convalida, ai sensi dell'art. 615 o dell'art. 619 c.p.c.

Cass. civ. n. 270/1996

La sentenza della Corte costituzionale n. 51 del 20 febbraio 1995, nel dichiarare l'illegittimità dell'art. 395, prima parte e n. 1, c.p.c., laddove non prevedeva la revocazione avverso i provvedimenti di convalida di sfratto per morosità che fossero effetto del dolo di una delle parti in danno dell'altra, non ha inteso stabilire che i provvedimenti di convalida di sfratto debbano comunque qualificarsi «sentenze» e che avverso gli stessi siano esperibili le normali impugnazioni di cui all'art. 323 c.p.c.

Cass. civ. n. 9375/1995

Anche dopo l'entrata in vigore della legge 27 luglio 1978, n. 392, che non ha abrogato le norme del codice di rito sul procedimento per convalida di sfratto, sia il provvedimento di convalida ex art. 663 c.p.c., sia quello di rilascio ex art. 665 c.p.c., assumono forma e natura di ordinanze non impugnabili, avverso le quali è ammissibile esclusivamente, nel primo caso, l'opposizione tardiva di cui all'art. 668 dello stesso codice, allorché l'intimato provi di non aver avuto piena conoscenza dell'intimazione per irregolarità della notifica, per caso fortuito o forza maggiore. Ove peraltro tali provvedimenti siano stati emessi al di fuori delle condizioni previste dalla legge, assumono natura sostanzialmente decisoria e di sentenza, sicché sono impugnabili con l'appello, restando esclusa l'esperibilità del ricorso per cassazione a norma dell'art. 111 Cost.

Cass. civ. n. 5308/1995

L'ordinanza di convalida di licenza o di sfratto emessa dal pretore ai sensi dell'art. 663 c.p.c. è subordinata al duplice presupposto della presenza del conduttore all'udienza fissata in citazione e della mancanza di eccezioni o difese da parte del conduttore, ovvero della sua assenza, cosicché il provvedimento illegittimamente pronunciato in difetto di uno o di entrambi i presupposti menzionati, ancorché emesso nella forma dell'ordinanza, assume natura di sentenza, che ove non ricorrano le condizioni previste per l'opposizione di cui all'art. 668 c.p.c., è soggetta agli ordinari mezzi di impugnazione. Nel concorso, invece, dei presupposti di legge, il provvedimento ha natura e forma di ordinanza, avverso la quale non sono esperibili i mezzi di impugnazione stabiliti per le sentenze.

Cass. civ. n. 5720/1994

Il principio secondo cui la pronuncia sulle spese del giudizio compete esclusivamente al giudice della causa, il quale, ai sensi dell'art. 91 c.p.c., deve provvedervi anche d'ufficio con il provvedimento che chiude il processo avanti a sé — con la conseguenza che se tale statuizione non contenga esso deve essere impugnato dall'interessato onde impedire il formarsi di un giudicato negativo sul diritto al rimborso — trova applicazione anche nel procedimento per convalida di sfratto per finita locazione, nel senso che l'ordinanza pronunciata a norma dell'art. 663, primo comma, c.p.c., con cui lo sfratto è convalidato, deve contenere la condanna dell'intimato al rimborso delle spese sostenute dal locatore per gli atti del procedimento.

Cass. civ. n. 3977/1994

L'ordinanza di convalida della licenza o dello sfratto, contro la quale è generalmente ammessa solo la possibilità della impugnazione tardiva di sensi dell'art. 668 c.p.c., deve considerarsi impugnabile con l'appello se emessa in mancanza dei presupposti previsti dalla legge, e, quindi, al di fuori dello schema procedimentale ad essa relativo, come nei casi di erronea attestazione della persistenza della morosità o di violazione del principio del contraddittorio.

Cass. civ. n. 11565/1993

Avverso un provvedimento di convalida di licenza o di sfratto per finita locazione o per morosità è inammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. sia nell'ipotesi in cui si è in presenza di una vera e propria ordinanza, dal momento che avverso la stessa è proponibile soltanto l'opposizione tardiva di cui all'art. 668 c.p.c., sia nell'ipotesi in cui lo stesso sia stato emesso al di fuori delle ipotesi previste o in una situazione di assoluta carenza di potere giurisdizionale, dovendosi proporre nell'un caso l'appello e nell'altro la querela nullitatis.

Cass. civ. n. 1290/1993

L'attestazione in giudizio del locatore o del suo procuratore circa la persistenza della morosità del conduttore, cui l'art. 663 ultimo comma c.p.c. subordina la convalida dello sfratto, è sostanzialmente un'ulteriore conferma dell'intimazione di sfratto per morosità richiesta all'intimato, nell'ambito del procedimento sommario, al fine di certificare (occorrendo, anche con una cauzione) la mancata purgazione della mora fino al momento della pronuncia del relativo provvedimento. Tale attestazione non richiede l'adozione di formule sacramentali, ma non può essere desunta da una dichiarazione equipollente del locatore o del suo procuratore, valutato, se del caso, anche il contegno processuale del conduttore. Pertanto, può ritenersi soddisfatta la condizione di cui all'art. 663 ultimo comma c.p.c. qualora il procuratore del locatore, pur omettendo una formale attestazione di persistenza della morosità del conduttore, abbia all'udienza di convalida, insistito nell'intimazione di sfratto, facendo espresso riferimento all'atto introduttivo, e così confermando, implicitamente, la morosità ivi non contestata.

Cass. civ. n. 33/1991

Anche in caso di mancata comparizione o di assenza di opposizione dell'intimato l'emissione, ai sensi dell'art. 663 c.p.c., di ordinanza non impugnabile di convalida di sfratto, ha quale presupposto essenziale la sussistenza di un rapporto contrattuale avente ad oggetto la locazione di un ben determinato ed identificabile immobile con la conseguenza che quando l'indicazione dell'immobile oggetto della procedura risulti errata o comunque si deduca che l'immobile indicato è del tutto estraneo ai rapporti contrattuali tra le parti, il detto provvedimento non può essere corretto ai sensi dell'art. 287 c.p.c. bensì è soggetto agli ordinari mezzi di impugnazione

Cass. civ. n. 568/1988

Nel procedimento di sfratto per morosità, differita la prima udienza su istanza delle parti «fatti salvi i relativi diritti», il provvedimento di convalida, emesso nella successiva udienza in assenza dell'intimato ed in base all'attestazione di un sostituto (nella specie, un laureato praticante di studio) del procuratore del locatore sulla persistenza della morosità, ha natura sostanziale e formale di ordinanza ed è pertanto impugnabile solo con l'opposizione tardiva ex art. 668 c.p.c., ove ne sussistano i presupposti, e non con l'appello (che, se proposto, deve essere dichiarato inammissibile), ancorché si contesti il potere del suddetto sostituto di attestare la persistenza della morosità.

Cass. civ. n. 3026/1985

L'ordinanza di convalida dello sfratto per morosità, emessa nonostante l'opposizione dell'intimata, contenendo implicitamente il rigetto della detta opposizione, ha valore di sentenza suscettibile di impugnazione attraverso gli ordinari mezzi e, quindi, con appello, trattandosi di provvedimento pronunciato in primo grado, e non con ricorso per cassazione ex art. 111 della Costituzione.

Cass. civ. n. 2209/1985

L'ordinanza di convalida di licenza per finita locazione, che fissi una data di cessazione del rapporto locativo successiva a quella indicata nell'intimante, ravvisando l'applicabilità di proroga legale, ancorché in adesione ad una tesi formulata in via subordinata dall'intimante medesimo, esula dalla previsione dell'art. 663 c.p.c., e si traduce in un provvedimento decisorio con natura sostanziale di sentenza, come tale appellabile da parte dei soccombenti (ivi compreso il locatore, in relazione al rigetto della sua domanda principale), così come si verifica in ogni altro caso in cui la convalida venga resa in difetto delle prescritte condizioni, o comunque in violazione delle norme che la disciplinano.

Cass. civ. n. 4724/1984

L'ordinanza di «convalida dello sfratto», che il pretore emetta nonostante la comparizione ed opposizione dell'intimato, rinviando la causa per il prosieguo, è da considerarsi, a prescindere dalla erronea qualificazione adottata, come ordinanza di rilascio, secondo la previsione dell'art. 665 c.p.c., e, pertanto, non è impugnabile con ricorso per cassazione a norma dell'art. 111 della Costituzione, in quanto configura un provvedimento privo di decisorietà e definitività, restando le sorti della controversia affidate alla conclusione dell'ordinario processo di cognizione instauratosi per effetto di detta opposizione.

Cass. civ. n. 4898/1979

Nei procedimenti di convalida di sfratto, in caso di mancata comparizione o mancata opposizione dell'intimato, l'attività del giudice è limitata all'accertamento delle condizioni richieste per l'ammissibilità del procedimento speciale disciplinato dagli artt. 657 e seguenti c.p.c. e per l'emanazione del provvedimento di convalida di cui all'art. 663 stesso codice. Ricorrendo tali condizioni, il provvedimento adottato ha le caratteristiche estrinseche ed intrinseche di un'ordinanza, contro la quale non sono, quindi, esperibili i mezzi d'impugnazione stabiliti per le sentenze. Il provvedimento di convalida di licenza o di sfratto emesso dal pretore in applicazione dell'art. 663 c.p.c. ha natura di sentenza, come tale impugnabile con l'appello, quando, pur essendo stata adottata la forma dell'ordinanza non siano state osservate le condizioni poste dalla legge per la sua emanazione: in tal caso, è, quindi, inammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., tale norma assicurando l'esperibilità del ricorso (contro le sentenze o i provvedimenti relativi alla libertà personale) solo nell'ipotesi in cui la legge non preveda altri mezzi d'impugnazione.

Cass. civ. n. 220/1978

Il provvedimento di convalida dello sfratto o della licenza emanato in assenza dell'intimato — anche se è suscettibile di produrre gli effetti del giudicato sostanziale per la pronuncia di risoluzione del rapporto locatizio e per quella di condanna al rilascio dell'immobile — ha le caratteristiche estrinseche e intrinseche dell'ordinanza: pertanto, anche quando si contesti il potere del giudice di emettere l'ordinanza di convalida in assenza dell'intimato, contro di essa è ammissibile solo l'opposizione tardiva prevista dall'art. 668 c.p.c. e non l'appello o il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost.

Cass. civ. n. 1171/1977

La convalida di licenza per finita locazione, a seguito della mancata comparizione od opposizione dell'intimato rende incontestabile il diritto del locatore al rilascio dell'immobile locato, e, pertanto, preclude al conduttore di invocare norme vincolistiche o clausole contrattuali inerenti alla prosecuzione del rapporto, non solo al fine di opporsi al rilascio, ma anche al fine di ottenere il risarcimento dei danni conseguenti al rilascio medesimo, trattandosi di danni che derivano dal legittimo esercizio di un diritto del locatore.

Cass. civ. n. 352/1977

Il provvedimento con il quale il giudice, chiamato a convalidare, a norma dell'art. 663 c.p.c. una licenza o uno sfratto, dichiara il diritto del locatore al rilascio dell'immobile, ha, tra le parti, una volta preclusa l'opposizione ex art. 668 c.p.c., efficacia di cosa giudicata sostanziale, pari a quella di una sentenza di condanna al rilascio dell'immobile locato (e in più, nel caso di sfratto per morosità, di una sentenza costitutiva, di risoluzione del contratto di locazione); in ogni caso quindi, tale provvedimento tra le parti fa stato, fra l'altro, sulla pregressa esistenza di un contratto di locazione, sull'esistenza di un locatore e sulla qualità di locatario dell'intimato, sull'intervento di una causa di cessazione o risoluzione del rapporto, rappresentando, la prima e la seconda situazione (esistenza del contratto di locazione, qualità di locatore dell'intimante) presupposti generali processuali e, contemporaneamente, condizioni dell'azione inerente allo speciale procedimento

Cass. civ. n. 1713/1967

In un procedimento di licenza per finita locazione, convalidata per effetto di mancata comparizione dell'intimato, non può farsi luogo a condanna nelle spese, perché la dichiarazione di diritto non viene pronunciata in dipendenza di un fatto del convenuto, che renda necessario il ricorso alla tutela giurisdizionale, ma in considerazione di un interesse esclusivo dell'attore alla preventiva costituzione di un titolo esecutivo.

Cass. civ. n. 878/1964

Qualora il locatore convenga in giudizio il conduttore per la licenza per finita locazione, in mancanza di eccezioni da parte del conduttore-convenuto, sull'esistenza e sulla durata del contratto, il locatore-attore non è tenuto a fornire nessuna ulteriore prova in ordine all'esistenza del rapporto locatizio e alla sua durata.

Cass. civ. n. 2615/1960

Il provvedimento di convalida di sfratto per morosità ha bensì efficacia di cosa giudicata sostanziale con preclusione di ogni questione in merito alla risoluzione del contratto ed al possesso di fatto dell'immobile locato, ma non preclude, tuttavia, nell'autonomia dei rispettivi e correlativi diritti, né al locatore di instaurare il giudizio separato per conseguire il pagamento dei canoni, né al conduttore di chiedere in giudizio l'accertamento sull'esistenza stessa dell'obbligo del pagamento, e di eccepire e contrastare la misura dei canoni, e di proporre anche riconvenzionale per la restituzione delle somme che avesse eventualmente versate in più del dovuto.

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