Cassazione civile Sez. III sentenza n. 1290 del 2 febbraio 1993

(1 massima)

(massima n. 1)

L'attestazione in giudizio del locatore o del suo procuratore circa la persistenza della morosità del conduttore, cui l'art. 663 ultimo comma c.p.c. subordina la convalida dello sfratto, è sostanzialmente un'ulteriore conferma dell'intimazione di sfratto per morosità richiesta all'intimato, nell'ambito del procedimento sommario, al fine di certificare (occorrendo, anche con una cauzione) la mancata purgazione della mora fino al momento della pronuncia del relativo provvedimento. Tale attestazione non richiede l'adozione di formule sacramentali, ma non può essere desunta da una dichiarazione equipollente del locatore o del suo procuratore, valutato, se del caso, anche il contegno processuale del conduttore. Pertanto, può ritenersi soddisfatta la condizione di cui all'art. 663 ultimo comma c.p.c. qualora il procuratore del locatore, pur omettendo una formale attestazione di persistenza della morosità del conduttore, abbia all'udienza di convalida, insistito nell'intimazione di sfratto, facendo espresso riferimento all'atto introduttivo, e così confermando, implicitamente, la morosità ivi non contestata.

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