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Articolo 137 Codice delle assicurazioni private

(D.lgs. 7 settembre 2005, n. 209)

[Aggiornato al 20/01/2024]

Danno patrimoniale

Dispositivo dell'art. 137 Codice delle assicurazioni private

1. Nel caso di danno alla persona, quando agli effetti del risarcimento si debba considerare l'incidenza dell'inabilità temporanea o dell'invalidità permanente su un reddito di lavoro comunque qualificabile, tale reddito si determina, per il lavoro dipendente, sulla base del reddito di lavoro, maggiorato dei redditi esenti e al lordo delle detrazioni e delle ritenute di legge, che risulta il più elevato tra quelli degli ultimi tre anni e, per il lavoro autonomo, sulla base del reddito netto che risulta il più elevato tra quelli dichiarati dal danneggiato ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche negli ultimi tre anni ovvero, nei casi previsti dalla legge, dall'apposita certificazione rilasciata dal datore di lavoro ai sensi delle norme di legge.

2. È in ogni caso ammessa la prova contraria, ma, quando dalla stessa risulti che il reddito sia superiore di oltre un quinto rispetto a quello risultante dagli atti indicati nel comma 1, il giudice ne fa segnalazione al competente ufficio dell'Agenzia delle entrate.

3. In tutti gli altri casi il reddito che occorre considerare ai fini del risarcimento non può essere inferiore a tre volte l'ammontare annuo della pensione sociale.

Massime relative all'art. 137 Codice delle assicurazioni private

Cass. civ. n. 2062/2010

In tema di invalidità permanente, l'art. 4 del D.L. 23 dicembre 1976, n. 857, conv. in legge 26 febbraio 1977, n. 39 (successivamente abrogato per effetto del D.L.vo 7 settembre 2005, n. 209), può essere utilizzato ai fini della determinazione del danno solo laddove quest'ultimo sia stato in concreto accertato.

Cass. civ. n. 24331/2008

La liquidazione del danno da riduzione della capacità di guadagno, patito in conseguenza di un sinistro stradale da un minore in età scolare, può avvenire attraverso il ricorso alla prova presuntiva, allorché possa ritenersi ragionevolmente probabile che in futuro la vittima percepirà un reddito inferiore a quello che avrebbe altrimenti conseguito in assenza dell'infortunio. La relativa prognosi deve avvenire, in primo luogo, in base agli studi compiuti ed alle inclinazioni manifestate dalla vittima ed, in secondo luogo, sulla scorta delle condizioni economico - sociali della famiglia. In assenza di riscontri concreti dai quali desumere gli elementi suddetti, (e, perciò, del possibile ricorso alla prova presuntiva), la liquidazione potrà avvenire attraverso il ricorso al triplo della pensione sociale. La scelta tra l'uno o l'altro tipo di liquidazione costituisce un giudizio tipicamente di merito ed è, pertanto, insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivata.

Cass. civ. n. 18855/2008

L'art. 4 del D.L. 23 dicembre 1976, n. 857, come modificato dalla legge di conversione 26 febbraio 1977, n. 39, nel disporre che in caso di danno alle persone, quando agli effetti del risarcimento si debba considerare l'incidenza dell'inabilità temporanea o dell'invalidità permanente su un reddito di lavoro comunque qualificabile, tale reddito si determina, per il lavoro dipendente, sulla base del reddito da lavoro maggiorato dei redditi esenti e delle detrazioni di legge e, per il lavoro autonomo, sulla base del reddito netto risultante più elevato tra quelli dichiarati dal danneggiato ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche degli ultimi tre anni, attribuisce rilievo alla stregua della sua testuale formulazione al reddito da lavoro netto dichiarato dal lavoratore autonomo ai fini dell'applicazione della sopraindicata imposta ed ha riguardo, quindi, non al reddito che residua dopo l'applicazione dell'imposta stessa ma alla base imponibile di cui all'art. 3 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, e cioè all'importo che il contribuente è tenuto a dichiarare ai fini dell'imposta sopraindicata, dovendo inoltre intendersi per reddito dichiarato dal danneggiato quello risultante dalla differenza fra il totale dei compensi conseguiti (al lordo delle ritenute d'acconto ) ed il totale dei costi inerenti all'esercizio professionale analiticamente specificati o, se consentito dalla legge, forfettariamente conteggiati senza possibilità di ulteriore decurtazione dell'importo risultante da tale differenza, per effetto del conteggio delle ritenute d'imposta sofferte dal professionista.

Cass. civ. n. 3436/2006

L'art. 4 del D.L. n. 857/1976, come modificato dalla legge n. 39/1977 — secondo il quale, nel caso di danno alle persone, quando agli effetti del risarcimento debba considerarsi l'incidenza dell'inabilità temporanea o dell'invalidità permanente sul reddito di lavoro, tale reddito non può essere inferiore al triplo dell'ammontare annuo della pensione sociale — si applica quando si tratta di liquidare il danno in favore della persona che lo ha subito in occasione dell'incidente stradale, mentre si deve escludere che la norma possa essere estesa analogicamente alla liquidazione del danno consistente nella morte della persona che è rimasta coinvolta nell'incidente ostandovi la natura eccezionale di essa (vedi Corte Cost. 24/10/1995 n. 445). Peraltro, l'inapplicabilità della norma in quanto tale non implica che il giudice non possa far riferimento al criterio stabilito dalla norma medesima nella liquidazione equitativa del danno ex articoli 2055 e 1226 c.c.

Cass. civ. n. 11007/2003

In una causa di risarcimento danni da incidente stradale, le dichiarazioni dei redditi hanno efficacia probatoria privilegiata, ai sensi dell'art. 4 della legge 26 febbraio 1977, n. 39, soltanto quando ricorrano due condizioni: a) oggetto del giudizio sia l'azione diretta promossa dal danneggiato nei confronti dell'assicuratore della r.c.a. del responsabile, ex art. 18 della legge n. 990 del 1969; b) il danno che si intende provare con la dichiarazione dei redditi sia costituito da una contrazione del reddito conseguente ad invalidità permanente. Nel caso in cui — come nella fattispecie in esame — il danno di cui si chieda il risarcimento sia costituito dalla riduzione delle entrate conseguita alla morte di un congiunto, le risultanze delle dichiarazioni dei redditi sono liberamente valutabili dal giudice, la cui pronuncia sul punto non è sindacabile in sede di legittimità ove adeguatamente motivata.

Cass. civ. n. 10022/2003

In tema di risarcimento del danno da fatto illecito, anche se è stato adottato erroneamente dal giudice di primo grado il criterio di liquidazione del danno biologico, utilizzando come parametro di riferimento il criterio di cui all'art. 4 della legge 26 febbraio 1977, n. 39, anziché quello della liquidazione equitativa di cui agli artt. 2056 e 1226 c.c., non può il giudice di appello, senza violare il principio devolutivo, modificare detto criterio in mancanza di specifica impugnazione sul punto. Peraltro, anche se sia stato adottato erroneamente il suddetto criterio di liquidazione del danno biologico, la relativa obbligazione integra un debito di valore, in quanto volto alla reintegrazione del patrimonio della parte lesa nella situazione in cui si sarebbe trovato se non si fosse verificato l'evento dannoso. Ne consegue che l'adeguamento dell'effettivo valore monetario al momento della decisione (rivalutazione) non esige alcuna specifica richiesta della parte, dovendo essere accordato anche d'ufficio, sulla base del solo fatto notorio dell'inflazione, ed anche per il periodo intercorrente tra la decisione di primo grado e quella di appello, salva un'espressa manifestazione di volontà contraria del danneggiato.

Cass. civ. n. 5581/2003

Nella liquidazione del danno patrimoniale da decesso di congiunto causato dalla circolazione di veicoli a motore o di natanti, non può essere utilizzato il criterio indicato dall'art. 4 del D.L. 23 dicembre 1976, n. 857, convertito in legge 26 febbraio 1977, n. 39, che è disposizione di stretta applicazione che si riferisce al pregiudizio patrimoniale da inabilità temporanea o permanente, e che assume le risultanze delle dichiarazioni fiscali dell'invalido come parametro base cui commisurare il risarcimento.

Cass. civ. n. 4242/2003

Il giudice non può procedere alla liquidazione del danno biologico secondo i principi di cui all'art. 4 del D.L. n. 857 del 1976, conv. nella legge n. 37 del 1977, che si riferisce, nell'ambito dell'azione diretta contro l'assicuratore, al pregiudizio patrimoniale conseguente alla menomazione della capacità di produzione del reddito personale, ma deve fondarsi sul criterio equitativo di cui agli artt. 2056 e 1223 c.c., considerando le circostanze del caso concreto, e specificamente, quali elementi di riferimento pertinenti, la gravità delle lesioni, gli eventuali postumi permanenti, l'età, l'attività espletata, le condizioni sociali e familiari del danneggiato. Il giudice può anche ispirarsi a criteri predeterminati e standardizzati, purché ciò attui flessibilmente, definendo così una regola ponderale su misura per il caso specifico. Consegue che costituisce criterio valido di liquidazione quello che assume a parametro il valore medio del punto di invalidità, calcolato sulla media dei precedenti giudiziari, purché la sentenza sia sorretta da congrua motivazione in ordine all'adeguamento del valore medio del punto alla peculiarità del caso. Condizioni di corretta applicazione di tale criterio debbono essere il suo collegamento al danno specifico e la sua personalizzazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione del giudice di merito che aveva applicato, per la liquidazione del danno, un criterio equitativo, puro, senza alcun riferimento a tabelle, pur tenendo conto dei punti di invalidità, dando atto di aver tenuto conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del caso concreto, e segnatamente della rilevanza del danno estetico nella vita di relazione di una giovane donna).

Cass. civ. n. 11376/2002

In tema di assicurazione della responsabilità civile automobilistica l'art. 4, comma terzo, legge 26 febbraio 1977, n. 39 — il quale dispone che, ai fini del risarcimento del danno patrimoniale da invalidità permanente o temporanea, il reddito che occorre considerare non può essere inferiore a tre volte l'ammontare annuo della pensione sociale — implica che debba farsi riferimento all'importo della pensione sociale alla data dell'evento dannoso e della correlativa perdita del presunto reddito, rivalutabile fino alla data della liquidazione; quanto, poi, alla liquidazione del danno futuro, può farsi ricorso alle tabelle di cui al R.D. n. 1403 del 1922, rapportato al coefficiente età-percentuale di invalidità residuata con base il triplo della pensione sociale e considerato lo scarto tra vita lavorativa e fisica, tenendo nel dovuto conto l'aumento della vita media rispetto al 1922. Tali criteri non sono, peraltro, tassativi, potendo il giudice del merito ricorrere anche ad altre regole quale l'entità di cui agli artt. 1226 e 2056 c.c. ovvero ad entrambi i principi; tale scelta, costituendo giudizio di merito, se congruamente motivata, è insindacabile in sede di legittimità.

Cass. civ. n. 2070/2002

Il danno patrimoniale per invalidità temporanea non è dovuto se la lesione conseguente all'evento dannoso non ha prodotto una contrazione del reddito del danneggiato, sul quale ultimo incombe in proposito uno specifico onere probatorio; in mancanza di prova in ordine all'attività lavorativa del danneggiato non può quindi procedersi alla liquidazione del danno assumendo quale reddito il triplo della pensione sociale, giacché tale criterio concerne il reddito da lavoro dipendente.

Cass. civ. n. 13409/2001

L'accertamento di postumi permanenti, incidenti con una certa entità sulla capacità lavorativa specifica, non comporta l'automatico obbligo del danneggiante di risarcire il danno patrimoniale, conseguenza della riduzione della capacità di guadagno — derivante dalla ridotta capacità lavorativa specifica — e quindi di produzione di reddito; perciò detto danno patrimoniale da invalidità deve essere accertato in concreto attraverso la dimostrazione che il soggetto leso svolgesse o, trattandosi di persona non ancora dedita ad attività lavorativa, presumibilmente avrebbe svolto, un'attività produttiva di reddito. La liquidazione del danno, peraltro, non può essere fatta in modo automatico in base ai criteri dettati dall'art. 4 legge 26 febbraio 1977, n. 39, che non comporta alcun automatismo di calcolo, ma si limita ad indicare alcuni criteri di quantificazione del danno sul presupposto della prova relativa che incombe al danneggiato e può essere anche data in via presuntiva, purché sia certa la riduzione di capacità lavorativa specifica.

Cass. civ. n. 4743/2001

In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, la norma di cui all'art. 4, comma terzo, D.L. n. 857 del 1976, convertito con modificazioni in legge n. 39 del 1977, che prevede la liquidazione del danno in misura pari al triplo della pensione sociale, non è applicabile nel caso di danni subiti da lavoratore autonomo ovvero dipendente. Per questi, invece, il risarcimento del danno per l'inabilità temporanea o permanente derivante da circolazione stradale deve determinarsi in conformità ai criteri previsti dal comma primo dello stesso art. 4 succitato e cioè: rispettivamente, per il lavoratore autonomo sulla base del reddito netto più elevato tra quelli dichiarati nella denuncia dei redditi delle persone fisiche degli ultimi tre anni e per il lavoratore dipendente sul reddito di lavoro maggiorato dei redditi esenti e delle detrazioni di legge.

Cass. civ. n. 15025/2000

L'art. 4, comma primo del decreto legge n. 857 del 1976, conv. nella legge n. 39 del 1977 non costituisce una limitazione, nel minimo o nel massimo, del risarcimento da lucro cessante per invalidità permanente o inabilità temporanea, poiché il danno che va liquidato è sempre quello effettivamente verificatosi. Solo ai fini probatori, per l'individuazione di quale sia il concreto reddito da lavoro percepito dal soggetto, e sulla cui proiezione futura l'invalidità incide negativamente, la disposizione in questione fornisce una presunzione, con il rinvio, per quanto attiene al lavoro autonomo, al reddito netto risultante più elevato tra quelli dichiarati dal danneggiato ai fini Irpef negli ultimi tre anni, senza però agganciare il contenuto sostanziale del danno al reddito che risulta ai fini fiscali (in applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, nell'ipotesi di superamento della presunzione iuris tantum, aveva ritenuto che la prova contraria dovesse attenere esclusivamente al triennio precedente, in relazione alle dichiarazioni fiscali, e non invece al reddito effettivo al momento dell'incidente).

Cass. civ. n. 6321/2000

Nella liquidazione del danno da invalidità permanente deve aversi riguardo, per la determinazione del pregiudizio patrimoniale subito dal danneggiato, agli emolumenti che a questi spettano in concreto e, perciò, alle competenze effettive al netto delle ritenute, avendo la legge 26 febbraio 1977 n. 39 eliminato, ai fini del risarcimento del danno, ogni riferimento al reddito lordo per il lavoro dipendente. In caso di morte del danneggiato, anche il risarcimento dei danni patrimoniali derivanti ai congiunti postula l'adozione di un metodo di calcolo funzionale all'accertamento del reddito netto su cui determinare il danno futuro subito dagli eredi, sulla base della detrazione, dal reddito stesso, sia del relativo carico fiscale, sia della c.d. «quota sibi» (della parte, cioè, del reddito che il defunto avrebbe speso per sè), quota che può legittimamente quantificarsi come percentuale del reddito complessivo al lordo delle imposte e delle contribuzioni.

Cass. civ. n. 6247/1999

L'accertamento di postumi permanenti non comporta l'automatico obbligo del danneggiante di risarcire il danno patrimoniale in conseguenza della riduzione della capacità di guadagno con riferimento all'art. 4 della legge 39/1977 che non comporta alcun automatismo di calcolo, ma si limita ad indicare alcuni criteri di quantificazione del danno sul presupposto di una sicura prova da fornirsi da parte del danneggiato anche in via presuntiva, dell'effettiva incidenza dell'invalidità sulla sua vita lavorativa e conseguente riduzione della capacità di guadagno.

Cass. civ. n. 4801/1999

In tema di risarcimento del danno derivante dalla circolazione stradale, la norma di cui all'art. 4 del D.L. 23 dicembre 1976 n. 857 — secondo la quale il reddito che occorre considerare agli effetti del risarcimento non può comunque essere inferiore a tre volte l'ammontare annuo della pensione sociale — si applica soltanto all'ipotesi dell'azione diretta del danneggiato nei confronti dell'assicuratore, e non anche nel rapporto tra danneggiato e danneggiante, che è indipendente dal contratto assicurativo. Conseguentemente nel rapporto tra il responsabile e il danneggiato il danno futuro va collegato all'invalidità permanente va liquidato in via equitativa, a norma degli artt. 2056 e 1226, essendo fondato su situazioni future ed ipotetiche, conoscibili soltanto come probabili o possibili. Peraltro, anche nell'ambito di tale valutazione equitativa, il giudice può assumere come criterio di orientamento quello del triplo della pensione sociale di cui alla disposizione indicata.

Cass. civ. n. 12686/1998

Il criterio legislativo del triplo della pensione sociale di cui all'art. 4 del D.L. n. 587 del 1976 conv. in L. n. 39 del 1977, deve ritenersi applicabile, in mancanza di prova di un reddito superiore, anche in tema di risarcimento del danno futuro sofferto dai familiari per la morte di un congiunto e, quindi, tra l'altro, nei casi di privazione della legittima aspettativa di un coniuge o di un genitore ad un contributo da parte, rispettivamente, dell'altro coniuge o del figlio prematuramente scomparso.

Cass. civ. n. 12312/1998

Il danno morale, conseguito a lesioni alla persona, non può essere liquidato facendo applicazione del criterio di cui all'art. 4 L. 26 febbraio 1977, n. 39 (triplo della pensione sociale).

Cass. civ. n. 10088/1998

Nella liquidazione del danno alla persona per responsabilità civile derivante dalla guida di autoveicoli a motore e dei natanti, allorquando la componente del reddito dev'essere tenuta presente nella liquidazione del danno da lucro cessante, il reddito si determina con i criteri stabiliti dall'art. 4, primo comma del D.L. 23 dicembre 1976, n. 857, conv. nella L. 26 febbraio 1977, n. 39, e le possibili correzioni della liquidazione attraverso il criterio equitativo debbono essere convenientemente motivate.

Cass. civ. n. 5135/1998

Nella valutazione dei danni futuri il criterio della valutazione equitativa costituisce una facoltà discrezionale del giudice di merito non sindacabile in sede di legittimità, potendo il detto giudice assumere come criterio di orientamento quello del triplo della pensione sociale indicato nell'art. 4 D.L. 23 dicembre 1976 n. 857.

Cass. civ. n. 1865/1997

Quando la persona danneggiata muoia nel corso del giudizio di liquidazione del danno per causa sopravvenuta e indipendente dal fatto lesivo di cui il convenuto è chiamato a rispondere, la determinazione dei danni futuri che gli eredi del defunto richiedano iure successionis e non iure proprio, va effettuata con riferimento non alla durata probabile, ma alla durata effettiva della vita del danneggiato, sicché non è più giustificato il metodo di liquidazione basato sulla capitalizzazione attuariale del triplo della pensione sociale.

Cass. civ. n. 1688/1997

Il giudice è obbligato a segnalare al competente ufficio delle imposte dirette, ai sensi dell'art. 4 secondo comma D.L. 23 dicembre 1976 n. 857 (convertito nella legge 26 febbraio 1977 n. 39) anche l'omessa presentazione della denuncia dei redditi da parte del danneggiato che invece dimostri di averne percepiti, onde ottenere il risarcimento del danno da inabilità temporanea o invalidità permanente incidente sulla fonte di tali redditi.

Cass. civ. n. 760/1997

In tema di risarcimento dei danni causati dalla circolazione di veicoli a motore, l'art. 4 comma primo del D.L. n. 857 del 1976 (convertito con modifiche in legge n. 39 del 1977), nel fare riferimento, ai fini della determinazione del danno da invalidità temporanea o permanente, nell'ipotesi di redditi di lavoro, alle risultanze delle dichiarazioni fiscali dell'ultimo triennio anteriore al sinistro, non esclude che, al medesimo fine, possono essere presi in considerazione anche redditi non dichiarati; la prova contraria che, ai sensi del secondo comma dell'art. 34 citato, il danneggiato è ammesso a fornire avverso le risultanze delle dichiarazioni fiscali, non deve necessariamente riguardare la «significatività» del criterio di cui al primo comma ai fini della determinazione della capacità di guadagno, ma può anche investire la veridicità delle dichiarazioni fiscali, sia nel senso dell'eventuale esposizione di redditi in misura inferiore, sia nel senso dell'individuazione di redditi del tutto non dichiarati.

Cass. civ. n. 8817/1996

In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, in caso di inabilità temporanea o di inabilità permanente, l'art. 4 del D.L. 23 dicembre 1976 n. 857, convertito con modificazioni in legge 26 febbraio 1977 n. 39, disciplina al primo e al secondo comma in via esclusiva la misura del risarcimento spettante al danneggiato, che è titolare di reddito di lavoro dipendente o autonomo, mentre al terzo comma (con la previsione che il reddito che occorre considerare ai fini del risarcimento non può essere comunque inferiore a tre volte l'ammontare annuo della pensione sociale) fa riferimento all'eventualità che il danneggiato non sia titolare di alcun reddito di lavoro, o sia titolare di un reddito di lavoro attualmente negativo per particolari contingenze o - anche se positivo - con caratteristiche tali (esiguità, discontinuità o precarietà del lavoro, livello di mansioni inferiori alle capacità professionali del lavoratore) da escludere che esso possa costituire la componente di base del calcolo probabilistico delle possibilità di reddito futuro.

Cass. civ. n. 6941/1996

In tema di liquidazione del danno patrimoniale futuro derivante dalla diminuita capacità di guadagno, l'art. 4 del D.L. n. 857 del 1976, convertito in legge n. 39 del 1977, non richiede che il reddito desumibile dal modello 740 debba essere altrimenti avvalorato, né che, ai fini della menzionata liquidazione, sia necessaria la dichiarazione dei redditi per più di un anno, in quanto il riferimento al triennio, contenuto nel primo comma del menzionato articolo, rileva al solo fine di stabilire, nei casi di redditi annuali tra loro differenti, quello che deve costituire la base per la quantificazione del risarcimento. (Nella specie, la Suprema Corte, in applicazione dell'enunciato principio, ha cassato la sentenza del giudice di merito, il quale aveva applicato il criterio legislativo del triplo della pensione sociale, benché il danneggiato avesse dimostrato, mediante la produzione della dichiarazione dei redditi dell'anno precedente al sinistro, di avere percepito un reddito superiore).

Cass. civ. n. 5271/1995

Nella liquidazione del danno biologico, inteso come menomazione dell'integrità psicofisica della persona in sé considerata, indipendentemente dalle ripercussioni che essa può comportare sulla capacità di lavoro e di guadagno del soggetto, non può essere utilizzato, come parametro di riferimento, il criterio indicato dall'art. 4, comma terzo, del D.L. 23 dicembre 1976, n. 857 — convertito in legge 26 febbraio 1977, n. 39 —, che si riferisce al pregiudizio patrimoniale conseguente alla menomazione della capacità di produzione del reddito personale e non può pertanto servire a commisurare il danno conseguente alla menomazione degli attributi e requisiti biologici della persona, in sé considerata.

Cass. civ. n. 10269/1994

In tema di risarcimento danni alla persona derivanti dalla circolazione stradale, il criterio di liquidazione previsto dall'art. 4 del D.L. 23 dicembre 1976, n. 857, convertito nella legge 26 febbraio 1977, n. 39, è applicabile nei soli casi in cui il danneggiato sia percettore di reddito di lavoro, poiché l'inciso «in tutti gli altri casi», di cui al terzo comma del citato articolo, va riferito alle ipotesi in cui il reddito da lavoro non risulti in base ai criteri indicati nei due commi precedenti e non anche nelle ipotesi in cui il soggetto sia privo di un reddito.

Cass. civ. n. 5669/1994

In tema di determinazione del reddito da considerare ai fini del risarcimento del danno da inabilità permanente, l'art. 4 del D.L. n. 857 del 1976 — convertito in L. n. 39 del 1977 —, stabilendo, dopo avere indicato (comma 1 e 2) i criteri da adottarsi con riguardo ai casi di lavoro, rispettivamente, autonomo e subordinato, allorché stabilisce (comma 3) che «in tutti gli altri casi» il reddito da considerare ai detti fini non può essere inferiore a tre volte l'ammontare annuo della pensione sociale, ricomprende in tale ultima previsione non solo l'ipotesi in cui l'invalidità permanente ed il conseguente danno futuro sia stato riportato da soggetti che non siano lavoratori dipendenti o autonomi, ma anche quella, più generale, in cui il danno futuro incida su soggetti (nella specie, un lavoratore autonomo) attualmente privi di reddito, in relazioni a particolari contingenze, ma potenzialmente idonei a produrlo.

Cass. civ. n. 2822/1994

Agli effetti previsti dall'art. 4, L. 26 febbraio 1977, n. 39 con riguardo al risarcimento del danno alle persone per inabilità temporanea od invalidità permanente, per reddito netto da attività professionale, dichiarato dal danneggiato ai fini Irpef, deve intendersi quello risultante dalla differenza tra il totale dei compensi conseguiti (al lordo dalle ritenute di acconto) ed il totale dei costi inerenti all'esercizio professionale — analiticamente specificati o, se per legge consentito, forfettariamente conteggiati — senza che l'importo risultante da tale differenza possa essere ulteriormente decurtato dall'ammontare delle ritenute d'imposta dal professionista sofferte

Cass. civ. n. 2442/1994

In tema di risarcimento del danno derivante da circolazione stradale, l'ammontare annuo della pensione sociale, cui fa riferimento l'art. 4, D.L. 23 dicembre 1976, n. 857, convertito in L. 26 febbraio 1977, n. 39, deve ritenersi comprensivo dell'aumento di lire 975.000 previsto dall'art. 2, secondo comma, L. 15 aprile 1985, n. 140, senza che nel caso il giudice, che provveda a liquidare il danno, sia tenuto all'accertamento della sussistenza in concreto delle condizioni, a cui il citato art. 2 subordina la concessione della pensione, trattandosi di un parametro di quantificazione del minimo risarcimento spettante al danneggiato con riguardo all'assicurazione obbligatoria in materia di circolazione.

Cass. civ. n. 1936/1994

In tema di risarcimento del danno da invalidità temporanea o permanente causata dalla circolazione di veicoli a motore, l'art. 4 D.L. 23 dicembre 1976 n. 857, conv. in L. 26 febbraio 1977 n. 39, assume le risultanze delle dichiarazioni fiscali dell'ultimo triennio antecedente al sinistro a parametro base cui commisurare l'incidenza di detta invalidità sui guadagni del lavoratore danneggiato, salva la prova contraria relativa ad un reddito diverso, che può essere fornita non solo dall'assicuratore del responsabile del danno, ma anche dal lavoratore danneggiato per dimostrare la non significatività del reddito dichiarato a fronte di quello da lui prodotto nel medesimo periodo di tempo con la sua attività lavorativa remunerata. Conseguentemente nel caso in cui si debba quantificare il lucro cessante sofferto da un libero professionista per effetto della lesione personale subita, vanno presi in considerazione, per individuare la capacità di guadagno, anche gli incrementi patrimoniali ritraibili con ragionevole previsione dal lavoro svolto, pur se non ancora introitati al tempo del sinistro o nel triennio precedente, per naturali vicende collegate al particolare tipo di attività.

Cass. civ. n. 4632/1993

In materia di assicurazione della responsabilità civile automobilistica, l'art. 4 comma terzo L. 39 del 1977, il quale dispone che ai fini del risarcimento del danno da invalidità permanente o temporanea il reddito che occorre considerare non può essere comunque inferiore a tre volte l'ammontare annuo della pensione sociale, implica che debba farsi riferimento all'importo della pensione sociale alla data dell'evento dannoso e della correlativa perdita del presunto reddito, rivalutabile fino alla data della liquidazione.

Cass. civ. n. 12547/1991

L'applicazione delle tabelle di capitalizzazione approvato con R.D. n. 1403 del 1922, così come il richiamo al reddito di lavoro dipendente di cui all'art. 4 comma primo della legge n. 39 del 1977, ha una giustificazione razionale solo quando sia ravvisabile una correlazione quantitativa tra percentuale di perdita della generica capacità lavorativa e percentuale di riduzione del reddito di lavoro e non può essere, quindi, invocata quando, come nei casi di microinvalidità, manchi questa correlazione con la conseguenza che in tali casi si presenta per contro giustificato il ricorso alla valutazione equitativa del danno, giusta la previsione normativa di cui agli artt. 1226 e 2056 c.c.

Cass. civ. n. 6018/1991

In materia di prova del danno da incidenti stradali, l'omessa produzione da parte del danneggiato delle dichiarazioni dei redditi ai fini dell'applicazione della norma contenuta nel primo comma dell'art. 4 della L. 26 febbraio 1977, n. 39, non comporta a carico del giudice l'obbligo di richiedere al competente ufficio finanziario informazioni relative alle suddette dichiarazioni a norma dell'art. 213 c.p.c., trattandosi di facoltà discrezionale del giudice con riguardo alla necessità di informazioni relative ad atti o documenti della P.A. che questa non può fornire alla parte interessata, di cui non sostituisce l'adempimento del relativo onere probatorio.

Cass. civ. n. 1801/1991

In tema di liquidazione di danno da invalidità permanente, con riguardo a soggetto in età che non comporti capacità lavorativa, od, in particolare, che frequenti corsi di studio, il criterio del minimo legale di cui all'art. 4 della L. n. 39 del 26 febbraio 1977, secondo cui il giudice deve considerare un reddito non inferiore a tre volte l'ammontare annuo della pensione sociale, può operare solo sussidiariamente dopo la ricerca e la valutazione degli elementi di determinazione del probabile reddito del futuro quali l'età del danneggiato, gli studi compiuti, le condizioni familiari e sociali, e nel quadro dei risultati di tale indagine.

Cass. civ. n. 1094/1991

Con riguardo al risarcimento del danno derivante da responsabilità civile per la circolazione di veicoli a motore, a norma del secondo comma dell'art. 4 del D.L. 23 dicembre 1976 n. 857 (conv., con modifiche, in L. 26 febbraio 1977 n. 39), interpretato in senso coerente con il principio di parità stabilito dall'art. 3 della Costituzione, il danneggiato lavoratore dipendente od autonomo al fine della dimostrazione del danno sofferto per lucro cessante può essere ammesso a fornire la prova contraria a quanto risulta dalle dichiarazioni fiscali sia nel caso in cui abbia presentato dichiarazione incompleta o infedele sia nel caso in cui non abbia presentato denuncia dei redditi (pur avendone l'obbligo).

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Consulenze legali
relative all'articolo 137 Codice delle assicurazioni private

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Elvio P. chiede
lunedì 11/05/2015 - Abruzzo
“Buonasera.
Richiedo il seguente quesito a pagamento.
Nell'anno 2006 sono stato operato al cuore, ho messo una protesi di valvola aortica.
Per tale motivo la mia attività di Geometra si è ridotta, dovendomi astenere dal lavoro nei periodi di caldo e di freddo e non potendo effettuare lavori pesanti.
Ho conseguito i seguenti redditi netti professionali:
ANNO 2011= Reddito negativo - Volume affari = Euro 4405
ANNO 2012= Reddito negativo - Volume affari = Euro 4222
ANNO 2013= Reddito = Euro 4911 - Volume affari 13.838
Orbene, il 31 Dicembre 2013 alle ore 20,25 sono stato investito da una macchina; per tale incidente non ancora presento richiesta di risarcimento alla assicurazione.
Ho appena ricevuto la consulenza del medico legale che mi ha assegnato 55% di danno biologico. Dembulo con bastone.
Scrivo per quanto concerne il lucro cessante.
In merito faccio presente: che la malattia si è protratta dal 31-12-2013 al 13 Marzo 2015 (giorni 427).
Faccio presente che nell'anno 2014 ho fatturato un volume di affari di Euro 9.027, ma è un fatturato relativo a lavori svolti negli anni 2012 e 2013, che i clienti come di consueto pagano con ritardo e la fattura ai fini fiscali va emessa appunto all'atto del pagamento avvenuto nel 2014, ma i lavori sono stati svolti principalmente nel 2013.
Infatti, sulla base delle cartelle cliniche, nell'anno 2014 non avrei potuto effettuare alcuna prestazione professionale.
QUESITO:
Come poter risolvere il problema con la richiesta di risarcimento del LUCRO CESSANTE?
Quale la soluzione più opportuna?
In attesa di riscontro, ringrazio e porgo distinti saluti.”
Consulenza legale i 13/05/2015
Il quesito proposto non è di facile soluzione. La giurisprudenza ha affrontato in numerose occasioni la questione del risarcimento del danno patrimoniale del professionista, in particolare sotto il profilo del lucro cessante.

Innanzitutto, va premesso che in base al codice civile, art. 2056, il risarcimento dovuto al danneggiato si deve determinare secondo le disposizioni degli articoli 1223, 1226 e 1227. In particolare, l'art. 1223 sancisce che il risarcimento del danno deve comprendere così la perdita subita, come il mancato guadagno, in quanto siano conseguenza immediata e diretta dell'inadempimento-evento dannoso.
Il secondo comma dell'art. 2056 precisa, inoltre, che il lucro cessante è valutato dal giudice con equo apprezzamento delle circostanze del caso.
Altro principio fondamentale è dato dalla necessità che il danneggiato provi il danno subito, prova che nel caso del lucro cessante si presenta abbastanza ardua.

La giurisprudenza ha ritenuto che il danno emergente derivante da invalidità permanente ed inabilità temporanea, conseguite ad un sinistro stradale, si può liquidare, ai sensi della L. n. 39 del 1977, art. 4, sulla base delle risultanze delle dichiarazioni dei redditi presentate dal danneggiato nei tre anni precedenti il sinistro e non della dichiarazione di un solo anno (comunque le risultanze di tali dichiarazioni fondano una mera presunzione juris tantum sull'entità del reddito percepito dal danneggiato, cfr. Cass. civ., sez. III, 1.10.2009, n. 21062).
Il citato art. 4 della legge n. 39/77 è stato abrogato dall'art. 354, primo comma del d.lgs. 109/05 (codice delle assicurazioni), e oggi bisogna fare riferimento all'art. 137 di tale codice, che recita:
"Nel caso di danno alla persona, quando agli effetti del risarcimento si debba considerare l'incidenza dell'inabilità temporanea o dell'invalidità permanente su un reddito di lavoro comunque qualificabile, tale reddito si determina [...] per il lavoro autonomo, sulla base del reddito netto che risulta il più elevato tra quelli dichiarati dal danneggiato ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche negli ultimi tre anni ovvero, nei casi previsti dalla legge, dall'apposita certificazione rilasciata dal datore di lavoro ai sensi delle norme di legge.
E' in ogni caso ammessa la prova contraria [...]
".

E' evidente che, nel caso di specie, il riferimento alle ultime dichiarazioni dei redditi (2011-2013) non è di grande aiuto per il professionista, in quanto un problema di salute precedente al sinistro lo aveva costretto ad una drastica riduzione dell'attività.
Come sopra accennato, però, v'è da dire che le dichiarazioni dei redditi costituiscono un elemento indiziario della capacità reddituale del lavoratore, in quanto può sempre darsi la prova contraria. La giurisprudenza ha sottolineato che il danno chiamato "lucro emergente", "proiettandosi nel futuro, è da valutare su base prognostica" e che "il danneggiato, nell'ambito delle prove, può avvalersi anche delle presunzioni semplici" (Cass. civ., sez. III, 25.1.2008, n. 1690).

Nel nostro caso, si tratta di provare - e bisogna ammettere che non ci sembra una prova estremamente semplice - che nel 2013 il geometra stava ricominciando a lavorare con ritmi più intensi, riprendendo i livelli antecedenti all'operazione subita al cuore; si dovrà anche dimostrare che erano stati assunti numerosi incarichi che non è stato possibile espletare a causa dell'incidente.
Se non si riesce a provare questo, si dovrebbe almeno tentare di sommare i guadagni del 2013 e quelli dichiarati nel 2014, assumendo che anche questi ultimi rientrano in attività compiute nel 2013, cioè prima dell'incidente: trattandosi di utilizzare prove documentali (assunzioni di incarico), questo tipo di dimostrazione dovrebbe risultare abbastanza agevole.

Una recente pronuncia della Suprema Corte ha risposto precisamente al seguente quesito di diritto: "dica altresì la Corte se la prova della riduzione futura della capacità di guadagno possa essere dimostrata solo attraverso le dichiarazioni dei redditi riferite agli anni successivi al verificarsi del sinistro oppure anche per il tramite di altra documentazione idonea a dimostrare o far comunque presumere che il guadagno futuro sarà in concreto inferiore a quello degli anni antecedenti il sinistro". Con sentenza del 23.9.2014 n. 20003 i giudici hanno risposto, ribadendo un orientamento consolidato, che "la valutazione prognostica del pregiudizio economico proiettantesi nel futuro consente anche di avvalersi di presunzioni semplici [...], salva determinazione equitativa del quantum risarcitorio in assenza di prova certa offertone dalla parte istante".

Tornando al quesito, si può ipotizzare che - riuscendo il geometra a dimostrare che proprio quando è avvenuto l'incidente la sua attività era in corso di ripresa - il giudice liquidi in via equitativa il danno, poiché sarà molto arduo dare la prova precisa del reddito non percepito dal 2014 in poi a causa del sinistro. La valutazione equitativa prevista dall’art. 1226 del c.c. è consentita in generale quando il danno non possa essere provato nel suo preciso ammontare, mancando un rigido parametro obiettivo nell’ordinamento positivo: la liquidazione compete al giudice e pertanto è difficile prevederne l'ammontare.