Cassazione civile Sez. III sentenza n. 15025 del 21 novembre 2000

(1 massima)

(massima n. 1)

L'art. 4, comma primo del decreto legge n. 857 del 1976, conv. nella legge n. 39 del 1977 non costituisce una limitazione, nel minimo o nel massimo, del risarcimento da lucro cessante per invalidità permanente o inabilità temporanea, poiché il danno che va liquidato è sempre quello effettivamente verificatosi. Solo ai fini probatori, per l'individuazione di quale sia il concreto reddito da lavoro percepito dal soggetto, e sulla cui proiezione futura l'invalidità incide negativamente, la disposizione in questione fornisce una presunzione, con il rinvio, per quanto attiene al lavoro autonomo, al reddito netto risultante più elevato tra quelli dichiarati dal danneggiato ai fini Irpef negli ultimi tre anni, senza però agganciare il contenuto sostanziale del danno al reddito che risulta ai fini fiscali (in applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, nell'ipotesi di superamento della presunzione iuris tantum, aveva ritenuto che la prova contraria dovesse attenere esclusivamente al triennio precedente, in relazione alle dichiarazioni fiscali, e non invece al reddito effettivo al momento dell'incidente).

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