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Articolo 703 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 07/03/2024]

Funzioni dell'esecutore testamentario

Dispositivo dell'art. 703 Codice Civile

L'esecutore testamentario deve curare che siano esattamente eseguite le disposizioni di ultima volontà del defunto [706 c.c.].

A tal fine, salvo contraria volontà del testatore, egli deve amministrare la massa ereditaria, prendendo possesso(1) dei beni che ne fanno parte(2) [707, 709 c.c.].

Il possesso non può durare più di un anno dalla dichiarazione di accettazione [702 c.c.], salvo che l'autorità giudiziaria, per motivi di evidente necessità, sentiti gli eredi, ne prolunghi la durata, che non potrà mai superare un altro anno [709].

L'esecutore deve amministrare come un buon padre di famiglia [1176, 2030 c.c.] e può compiere tutti gli atti di gestione occorrenti. Quando è necessario alienare beni dell'eredità, ne chiede l'autorizzazione all'autorità giudiziaria, la quale provvede sentiti gli eredi(3) [747 c.p.c.].

Qualsiasi atto dell'esecutore testamentario non pregiudica [476 c.c.] il diritto del chiamato a rinunziare all'eredità [519 c.c.] o ad accettarla col beneficio d'inventario [484 c.c.].

Note

(1) Sarebbe più corretto parlare di detenzione, mancando nell'esecutore testamentario l'animus possidendi (v. art. 1140 del c.c.), ossia la volontà di esercitare sui beni i poteri che spettano al proprietario o al titolare di altri diritti reali, in quanto l'amministrazione dei beni è strumentale all'esecuzione dell'incarico.
(2) Se l'esecutore ha il potere di amministrare deve:
- prendere possesso dei beni, richiedendolo all'erede;
- amministrare i beni con la diligenza del buon padre di famiglia;
- compiere gli atti di gestione e di ordinaria amministrazione;
- alienare i beni solo con l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria.
Se l'esecutore non ha il potere di amministrare, i suoi compiti sono limitati a:
- richiedere l'apposizione dei sigilli e redigere l'inventario (v. art. 705 del c.c.);
- intervenire nelle azioni relative all'eredità (v. art. 704 del c.c.);
- richiedere l'adempimento dell'onere (v. art. 648 del c.c.) e delle disposizione a favore dell'anima (v. art. 629 del c.c.).
(3) Sono preclusi gli atti solamente utili (e non necessari) e quelli incompatibili con il carattere temporaneo della gestione.

Ratio Legis

I poteri riconosciuti all'esecutore testamentario sono funzionali allo svolgimento dell'incarico conferitogli ma allo stesso tempo tengono in considerazione le esigenze di eredi e legatari.

Spiegazione dell'art. 703 Codice Civile

Dopo aver stabilito da chi e con quale negozio giuridico deve essere nominato l’esecutore testamentario, quali persone siano capaci di assumere l’ufficio e con quali formalità e modalità, l’art. 703 ne determina le funzioni. E poiché, alle frammentarie ed insufficienti disposizioni del vecchio codice del 1865, sostituisce un’organica disciplina delle funzioni stesse con un opportuno allargamento dei correlativi poteri, l’articolo ha importanza fondamentale per comprendere il sistema, soprattutto per quanto attiene alla precisazione della struttura giuridica dell'istituto come ufficio.
La disposizione, nella prima parte, stabilisce il compito esclusivo ed essenziale dell’esecutore testamentario e ne rafforza il contenuto rispetto al vecchio codice del 1865: mentre quest’ultimo attribuiva mansioni di vigilanza affinché il testamento fosse eseguito, l’art. 703 addossa, di regola, all’attività personale dell’esecutore, l'esatta attuazione delle disposizioni di ultima volontà, con una formulazione solenne, che chiarisce trattarsi di un impegno non soltanto di carattere giuridico, ma altresì di indole morale. Dal punto di vista giuridico, curare l’esatta esecuzione della volontà del testatore, quale naturalmente manifestata nel testamento, significa che l’esecutore, come non può far di meno di quanto disposto, così non può fare neanche di più. Non potrebbe quindi, anche rispetto alle nuove norme, adducendo segrete e verbali istruzioni del testatore, apportare modificazioni o aggiunte alle disposizioni contenute nel testamento.
È da notare, d’altra parte, che, mentre l’art. #908#, quarto comma, del codice del 1865, parlava di esecuzione del testamento, nella norma attuale si è usata più opportunamente la frase: “disposizioni di ultima volontà”. Modificazione che lascia intendere che il compito dell'esecutore possa essere stato limitato dal testatore ad attuare soltanto alcune delle disposizioni contenute nel testamento. Non è facile elencare con precisione quali possano essere queste disposizioni, data la piena autonomia che è lasciata al testatore in ordine al contenuto del testamento ed alla concreta attuazione del contenuto stesso. Come riferimento generico, è da tener presente che le disposizioni da eseguire possono avere o non avere carattere strettamente patrimoniale, bensì preminentemente finalità religiose, benefiche, storiche, artistiche ecc. È da ricordare inoltre, in proposito, quanto è stato osservato nella relazione del Guardasigilli al progetto definitivo; che cioè “l’esecutore è un amministratore dell’eredità, quindi il suo compito va necessariamente oltre i limiti tradizionali segnati dall’esecuzione dei legati e degli altri oneri stabiliti dal testatore. Come amministratore, l’esecutore deve curare la gestione dei beni ereditari, erogare spese, pagare eventualmente i creditori, specialmente quando il pagamento debba precedere l'esecuzione dei legati”.
Ma l’attuazione concreta delle disposizioni di ultima volontà se, da un lato, costituisce la finalità specifica dell’esecuzione testamentaria, dall'altro ne è anche il limite. Ciò è chiarito dal secondo comma, dell’art. 703, il quale, al fine, appunto, dell’esecuzione testamentaria, impone all’esecutore di amministrare la massa ereditaria, e, coerentemente, di prendere possesso dei beni che la compongono. E lo impone come regola, apportando, in questa parte, una profonda e sostanziale modificazione al sistema del vecchio codice del 1865, secondo il quale (art. #906#) soltanto la volontà del testatore poteva investire l’esecutore del possesso, limitatamente ai beni mobili: dunque, in relazione a questi soltanto, era possibile una gestione diretta da parte dell’esecutore medesimo. La nuova disposizione, invece, come risulta chiaro dalla formulazione, investe l’esecutore testamentario del possesso dei beni ereditari mobili ed immobili senza distinzione e dell’amministrazione dei medesimi, autorizzandolo, com’è detto nel quarto comma, a compiere tutti gli atti di gestione occorrenti.

Questa, nel sistema accolto dal codice in vigore, è, come si è detto, la regola. L’eccezione si ha quando vi è diversa disposizione del testatore, il quale, come può limitare il possesso e l’amministrazione che vi si ricollega (ai soli mobili, o ai soli immobili, ovvero a parte degli uni e degli altri) così può anche vietare del tutto il possesso medesimo. In tal guisa viene tolta la partecipazione attiva dell’esecutore all’attuazione delle disposizioni di ultima volontà; oltre il caso, possibile in pratica, che quelle affidate all’esecutore, per essere di indole prettamente morale, non richiedano, per natura loro, il possesso e l’amministrazione di beni.

Tornando ora all’ipotesi normale, è da notare che il possesso, di cui si parla nel secondo comma dell’articolo, non eccede i limiti della semplice detenzione, con tutte le conseguenze inerenti a tale tipo di possesso, poiché del possesso legittimo e della proprietà restano titolari gli eredi.

Quanto all’amministrazione, occorre qualche chiarimento. Non si coglierebbe, infatti, la vera portata della disposizione, se alla parola si desse un significato restrittivo, considerando l’esecutore testamentario come un semplice amministratore di patrimonio altrui. Questo non può essere razionalmente il concetto della legge, perché si tratta di un'amministrazione qualificata dalla precisa finalità di dare esecuzione alle disposizioni di ultima volontà. E, se per raggiungere questa finalità specifica, l’esecutore può compiere tutti gli occorrenti atti di gestione, non si può escludere che, fra questi, vi siano compresi anche atti di disposizione intesi sempre al raggiungimento dello scopo suindicato. In tal senso si era già manifestata un’autorevole dottrina in relazione alle norme del codice del 1865, per il caso in cui fosse stato concesso il possesso di beni ereditari. Si è osservato, al riguardo, che, in tale ipotesi, potrà parlarsi di poteri di disposizione dell'esecutore, limitati, però, sempre a quello scopo (pagamento dei legati, delle spese ereditarie ecc.). Ora, questo, a maggior ragione, sembra debba ritenersi in relazione alle nuove norme, intese ad ampliare i poteri dell’esecutore, mettendolo in condizioni di attuare effettivamente le ultime volontà, in modo autonomo ed indipendente dall’erede.

Argomento a favore si potrebbe trarre, non soltanto dalla relazione del Guardasigilli al progetto definitivo, ma altresì dal fatto che la legge, da un lato, vieta espressamente all’esecutore soltanto gli atti di alienazione, dall’altro, gli accorda il potere di esercitare le azioni relative all’adempimento del suo ufficio. È da ricordare, ancora, che, nell'originaria redazione, quale si legge nel progetto definitivo del Guardasigilli, si stabilì che l’esecutore potesse compiere tutti gli atti occorrenti per una regolare gestione. Formula abbastanza comprensiva, che fu sostituita con quella attuale dell’art. 703 dalla Commissione delle Assemblee legislative, e dalla discussione non emerge che si siano volute apportare restrizioni ai poteri dell’esecutore in ordine alla gestione. È vero che uno dei membri della predetta Commissione rilevò che il potere dell’esecutore testamentario non può essere altro che quello di amministratore ordinario, tanto che per la vendita dei beni si richiedeva l’autorizzazione del tribunale, ma potrebbe osservarsi che gli atti di vendita, o di alienazione in genere, sono atti di disposizioni per eccellenza; ma non sono i soli ipotizzabili.

Il codice in vigore, pur avendo allargato ed organicamente disciplinato i poteri dell'esecutore testamentario, accordandogli il possesso dei beni ereditari, ha fissato tuttavia due limiti alla durata del medesimo. L’uno, dipendente dalla volontà dell’erede, nel caso preveduto dall’art. 707; l’altro stabilito dal legislatore nel terzo comma dell’alt. 703, che, su questo punto, eccetto che per la proroga, non si discosta dal vecchio codice del 1865. Però, per quest’ultimo (art. #906#) la decorrenza dell’anno era fissata dal giorno della morte del testatore e, secondo l’opinione comune, non era in alcun modo prorogabile. Il codice in vigore statuisce, invece, opportunamente, che il termine decorre dalla dichiarazione di accettazione e che l’autorità giudiziaria può prorogarlo fino al limite massimo di un altro anno, a decorrere naturalmente dalla scadenza del primo. In complesso, quindi, l’esecutore testamentario può usufruire di un termine di due anni per portare a compimento l’incarico. Nulla vieta, peraltro, né la legge offre argomento in contrario, che il testatore apporti in proposito restrizioni sia circa il limite di tempo, sia circa la prorogabilità. Quando questa sia possibile, in ipotesi, essa non è rimessa alla pura discrezionalità dell'autorità giudiziaria, ma deve essere concessa per motivi di evidente necessità. Sono quindi richiesti due requisiti di carattere oggettivo, che il giudice deve valutare dandone congrua motivazione. Si richiede, altresì, che il giudice, prima di concedere la proroga, senta gli eredi; ma il loro parere non può, naturalmente, avere efficacia vincolante.
Cessati, per scadenza del termine originario o prorogato, il possesso e l'amministrazione dei beni, può non cessare l'ufficio dell’esecutore; ufficio che, secondo le disposizioni del testatore, può continuare sia per la vigilanza sull’esecuzione che passa agli eredi, sia per attuazione di particolari disposizioni che non richiedono il possesso dei beni. È da notare, in proposito, che, tanto nel progetto della Commissione reale quanto in quello definitivo del Guardasigilli, il divieto era limitato alla vendita dei beni ereditari. La Commissione delle Assemblee legislative propose, invece, che alla parola “vendere” si sostituisse “alienare” e la proposta passò nel codice in vigore. Con ciò si è evidentemente allargato il divieto, estendendolo a tutti gli atti che importano alienazione secondo i principi generali.
La disposizione stessa va intesa come riferentesi non soltanto alle necessità inerenti al soddisfacimento dei legati, ma anche a quelle dipendenti dall’attuazione di tutti i pesi ed oneri compresi nell’esecuzione testamentaria. Bisogna notare, inoltre, che, per autorizzare l’alienazione, non sono necessarie le ragioni di evidente necessità richieste per la proroga del possesso: è, perciò, da ritenere che il relativo provvedimento sia rimesso al prudente criterio del giudice, il quale deve, però, anche in questo caso, sentire gli eredi. Il che è di evidente opportunità, potendo costoro evitare l’alienazione con il dare all’esecutore il modo di attuare le disposizioni del testamento. Questa facoltà degli eredi è dominante nel sistema, tanto che l’art. 707 subordina, a tale facoltà, la riconsegna a costoro dei beni ereditari.
La tutela dei diritti degli eredi sta alla base del sistema accolto dal codice in vigore nella disciplina dell’esecuzione testamentaria. A questi criteri è pure ispirato l’ultimo comma dell’art. 703 circa la portata, del quale, peraltro, è necessario qualche chiarimento. A stare alla formulazione e argomentando a contrario, parrebbe infatti che il legislatore si fosse preoccupato soltanto di salvaguardare il diritto dell’erede alla rinunzia dell’eredità, od all’accettazione con beneficio di inventario. Ma così non è: il problema è più ampio e consiste nell’esaminare se la presenza dell’esecutore testamentario e l'amministrazione dei beni ereditari a lui affidata, col possesso dei beni medesimi, possa o no pregiudicare i diritti degli eredi, non soltanto per quanto riguarda la rinunzia all’eredità, o l’accettazione beneficiata (il che è escluso testualmente dalla legge), ma anche per ciò che riguarda la stessa disponibilità dei beni anzidetti da parte degli eredi. Il problema, intuitivamente di grande importanza pratica, è stato discusso dalla Commissione reale: si prospettò, infatti, l’opportunità di fissare limitazioni ai diritti dell’erede e ai diritti dei creditori dell’erede stesso, stabilendosi che l’erede non potesse disporre dei beni dell’eredità, compresi nella gestione dell’esecutore testamentario, e che i creditori dell’erede, che non fossero creditori dell’eredità, non potessero agire sui beni anzidetti. Si sarebbe così creata una temporanea indisponibilità dei beni ereditari da parte dell’erede ed un temporaneo divieto degli atti di esecuzione da parte dei creditori dell’erede stesso. Ma si apprende dalla relazione che non si ritenne opportuno porre alcuna limitazione, neppure nei riguardi esclusivamente degli eredi non legittimari.

Dunque, è chiaro il senso nel quale deve essere inteso l’orientamento del sistema in ordine al problema al quale si è accennato: nel senso, cioè, che, in mancanza di espressa disposizione in contrario, essendo l’erede, come regola, proprietario e legittimo possessore dei beni ereditari, nessuna limitazione egli subisce quanto alla disposizione dei beni, allo stesso modo che nessuna limitazione subiscono i diritti dei creditori dell’erede circa l’esecuzione; salve le limitazioni derivanti dalla separazione dei patrimoni e dal beneficio dell'inventario. Se, nell’ultimo comma dell’art. 703, si è ritenuto di dover ricordare espressamente che gli atti dell’esecutore non pregiudicano la rinunzia o l’accettazione col beneficio dell'inventario, ciò è stato fatto evidentemente per eliminare ogni dubbio che l’attività esplicata dall’esecutore potesse essere intesa come atto di gestione ereditaria vera e propria. Dubbio che, d'altronde, resta pure eliminato dal considerare che l’esecutore agisce in via autonoma senza rappresentare l’erede e non ne impegna in alcun modo la responsabilità.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

335 Sulla disciplina dell'istituto dell'esecutore testamentario, che, com'è stato riconosciuto, dopo le modificazioni apportate col progetto definitivo, è stata resa più organica, compiuta ed efficace, sono state fatte poche osservazioni, delle quali alcune di mero carattere formale. Tralasciando di accennare a queste ultime, quasi integralmente accolte, mi fermerò sui rilievi sostanziali. Il primo di essi riflette la dispo-sizione che fissa in un anno, salva eventuale proroga, la durata del possesso dei beni ereditari da parte dell'esecutore (art. 703 del c.c.). E' stato proposto di portare a diciotto mesi il termine massimo di tale durata, salva sempre la possibilità della proroga; ma ho ritenuto di dover conservare immutata la norma, perché il periodo di gestione dell'esecutore testamentario deve essere contenuto in limiti di tempo per quanto possibile ristretti.

Massime relative all'art. 703 Codice Civile

Cass. civ. n. 5520/2020

L'esecutore testamentario, mentre è titolare "iure proprio" delle azioni, relative all'esercizio del suo ufficio, che trovano il loro fondamento e il loro presupposto sostanziale nel suo incarico di custode e di detentore dei beni ereditari ovvero nella gestione, con o senza amministrazione, della massa ereditaria, è soltanto legittimato processuale, a norma dell'art. 704 c.c., per quanto riguarda le azioni relative all'eredità e, cioè, a diritti ed obblighi che egli non acquista o assume per sé, in quanto ricadenti direttamente nel patrimonio ereditario, pur agendo in nome proprio. In tale ultima ipotesi, in cui non è investito della legale rappresentanza degli eredi del "de cuius", ma agisce in nome proprio, l'esecutore testamentario assume la figura di sostituto processuale, in quanto resiste a tutela di un diritto di cui sono titolari gli eredi, ma la sua chiamata in giudizio è necessaria ad integrare il contraddittorio.

Cass. civ. n. 10594/2019

Ai sensi dell'art. 709 c.c., l'esecutore testamentario è tenuto a rendere il conto della propria gestione ogni volta che quest'ultima cessi, ed anche laddove ciò si verifichi prima del decorso di un anno dalla morte del testatore.

Cass. civ. n. 12241/2016

In tema di funzioni dell'esecutore testamentario, il termine annuale previsto dall'art. 703 c.c. riguarda solo il possesso dei beni ereditari, non anche l'amministrazione degli stessi, la cui gestione l'esecutore deve proseguire finché non siano esattamente attuate le disposizioni testamentarie, salvo contraria volontà del testatore o esonero giudiziale ex art. 710 c.c.

Cass. civ. n. 26473/2013

È inammissibile il ricorso ordinario per cassazione avverso l'ordinanza resa in sede di reclamo contro un provvedimento relativo ad esecutore testamentario, in quanto, trattandosi di pronuncia non impugnabile ai sensi dell'art. 750, terzo e quarto comma, cod. proc. civ., l'unico rimedio esperibile è il ricorso straordinario ex art. 111 Cost.

Cass. civ. n. 9289/1991

Con riguardo al decreto di autorizzazione dell'esecutore testamentario alla vendita di un bene dell'eredità (nella specie, bene immobile), l'inosservanza dell'art. 703, quarto comma, c.c., ove fa obbligo della preventiva audizione degli eredi, determina l'inefficacia del provvedimento nei confronti di costoro, i quali rimasti in possesso del bene e convenuti in rivendica all'acquirente di esso sono legittimati a dedurla come motivo di impugnativa della vendita e di inopponibilità della stessa nei loro confronti.

Cass. civ. n. 1619/1974

Presupposto dell'amministrazione che la legge conferisce all'esecutore testamentario, è il possesso dei beni ereditari, senza del quale non è data all'esecutore l'attuazione dei compiti che gli sono propri. Ove, pertanto, l'esecutore non sia in grado di entrare nel possesso dei beni ereditari (possesso che egli non acquista ipso iure con l'accettazione dell'incarico, dovendolo richiedere all'erede) — avvenga ciò per rifiuto dell'erede di procedere alla consegna dei beni stessi o per contestazioni dall'erede sollevate circa la validità del testamento o la nomina dell'esecutore — non può porsi a carico dell'esecutore la impossibilità, dovuta a fatto a lui non imputabile, di esercitare le sue funzioni ed in tal caso il termine di un anno previsto dall'art. 703 c.c. non potrà cominciare a decorrere se non dal momento in cui sarà cessata la causa dell'impedimento.

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Consulenze legali
relative all'articolo 703 Codice Civile

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Marco N. chiede
mercoledì 29/08/2018 - Lazio
“Nel mese di giugno 2018 è venuto a mancare un mio caro amico.
Nel testamento (olografo e pubblicato) mi ha lasciato un caro pensiero euro 7.000 da prelevare da un conto bancario ben individuato.
Nel testamento vi sono altri lasciti a parenti di somme liquide e di immobili da vendere e dividere con altre persone nominate nell'atto.
Nel testamento è stato nominato un esecutore testamentario.
DOMANDA:

Quando posso richiedere all'esecutore testamentario i 7000,00 euro;
Quando debbo pagare le tasse di successione.”
Consulenza legale i 12/09/2018
Il lascito in denaro di cui si parla nel quesito si definisce, tecnicamente, “legato”: si tratta di una disposizione testamentaria a titolo particolare (ovvero che ha un oggetto ben individuato e preciso) della quale beneficiano uno o più soggetti designati dal defunto.

Il legato – per rispondere alla prima delle due domande poste nel quesito – si acquista automaticamente, per effetto dell’apertura della successione, senza bisogno cioè di accettazione e salvo rinuncia.
La successione si apre nel momento della morte del testatore, pertanto il beneficiario della somma di € 7.000,00, nel momento in cui il testamento è stato pubblicato, già era titolare della somma in forza della disposizione a suo favore.
La somma ereditata può essere quindi richiesta all’esecutore testamentario in qualsiasi momento.

Per quanto riguarda, invece, le imposte di successione, è opportuno ricordare che esse gravano su tutti i chiamati all’eredità, sia sugli eredi che sui legatari.

Tali imposte vengono calcolate dall’Agenzia delle Entrate sulla base della dichiarazione di successione, perché è in quest’ultimo documento che sono descritti, oltre alle generalità dei successori, anche i beni oggetto dell’eredità.
La dichiarazione di successione dev’essere presentata – previa compilazione dell’apposito modulo dell’Agenzia delle Entrate – dai chiamati alla successione entro 12 mesi dall’apertura di quest’ultima (ovvero, di fatto, dal giorno della morte del testatore).
Attenzione: se più persone sono obbligate alla presentazione della dichiarazione, è sufficiente che la stessa sia presentata da una sola di esse.
La presentazione della dichiarazione è adempimento imprescindibile per poter disporre dei bene ricevuti dal defunto.
L’imposta è dovuta dagli eredi e dai legatari in maniera proporzionale, differenziando l’applicazione di essa a seconda del grado di parentela o di affinità dell’erede o del legatario.

Il pagamento dell’imposta di successione, con ciò rispondendo alla seconda domanda di cui al quesito, non è possibile se prima non si riceva il relativo avviso dall’Agenzia delle Entrate.
Infatti, è quest’ultima che, a seguito della presentazione di dichiarazione di successione, la liquida (ovvero la calcola) entro il terzo anno successivo alla dichiarazione (o entro il quinto anno, se la dichiarazione è omessa) e successivamente ne richiede il pagamento.
L’imposta così calcolata va quindi pagata entro 60 giorni dal ricevimento della comunicazione, con la presentazione di F24.

Mentre nel caso degli eredi, in merito all’imposta, vige la solidarietà passiva, ovvero l’avviso di liquidazione viene spedito a tutti gli eredi indistintamente perché tutti costoro sono obbligati a pagarla per intero (il fisco può chiedere l’integrale pagamento a ciascuno di loro, salvo poi il suo diritto di rivalersi nei confronti degli altri eredi), nel caso invece dei legatari non è così, ovvero ciascun legatario sarà tenuto solo per la sua quota.

Stefano Z. chiede
venerdì 16/09/2016 - Friuli-Venezia
“Sono esecutore testamentario di Tizia. In relazione all'art. 703 quarto comma ecc. nello specifico chiedo e vorrei sapere con esattezza (dovendo fare istanza) quanto segue in relazione a quanto disposto dall'atto pubblico testamentario che cito in sunto " In caso di mia morte desidero che IL MIO APPARTAMENTO sito ecc..sia ALIENATO A MIGLIOR OFFERENTE e CHE IL RICAVATO SIA DEVOLUTO ALLE PERSONE E ASSOCIAZIONI ONLUS CHE DI SEGUITO VADO A DESCRIVERE E PER LE PERCENTUALITA' CADAUNO DESCRITTE".
Con quanto sopra scritto dal testatore a mio avviso non serve che gli eredi diano la loro adesione alla vendita, ma che solo ne siano a conoscenza con tutta la documentazione necessaria e inerente a tutto l'iter necessario, sino alla vendita. Inoltre specificando "al miglior offerente" da un ulteriore volontà di vendita a prezzo di mercato.
attendo grazie”
Consulenza legale i 23/09/2016
Per rispondere al quesito in esame si ritiene preliminarmente opportuno puntualizzare che può qualificarsi come esecutore testamentario non il soggetto genericamente chiamato a tale ufficio dal testatore, ma il soggetto che abbia espressamente accettato il relativo incarico nelle forme tassative previste dal codice civile, non essendo in alcun modo ammissibile un’accettazione tacita ed anzi essendo passibile di essere qualificato quale “falsus procurator” il soggetto che agisca come tale non essendolo di diritto.

Ciò precisato, non vi è dubbio poi che per poter accettare l’ufficio di esecutore testamentario è necessario che il testamento sia pubblicato, essendo nella pratica elemento materiale per il Cancelliere al fine di poter ricevere l’accettazione della carica.

Fatta questa premessa, altro passo indispensabile per meglio inquadrare la fattispecie proposta è quello di correttamente individuare la natura dell’attività propria dell’esecutore, in ordine alla quale, in assenza di una uniformità di opinioni, prevale comunque la tesi secondo cui l'esecutore debba amministrare attivamente, potendo dunque porre in essere qualsiasi atto di amministrazione necessario per l'adempimento dei legati, per il pagamento dei debiti ereditari e, in genere, per attuare la volontà del defunto.

Ed è proprio a questa volontà che occorre fare riferimento per delineare i limiti dell'operato dell'esecutore in quanto, seppure ordinariamente quest'ultimo sarà tenuto a curare l'attuazione di tutte le disposizioni, il de cuius può tuttavia limitare il possesso ed i relativi poteri di amministrazione ad una parte soltanto dell'asse ereditario, come d'altronde può disporre che l'esecutore debba attivarsi solo in relazione ad una o più delle disposizioni testamentarie.

Nell’ambito dei poteri attribuitigli, potranno essere compiuti atti qualificabili sia come di ordinaria che di straordinaria amministrazione.
A tale ultimo riguardo va detto che, anche se il quarto comma dell'art. 703 codice civile prevede espressamente l’ipotesi in cui si renda necessario alienare uno o più beni ereditari, non si dubita che la disposizione valga a legittimare il compimento da parte dell'esecutore di ogni ulteriore atto di straordinaria amministrazione.

Unico limite è costituito dalla necessità che l'esecutore debba preventivamente munirsi dell'autorizzazione giudiziale; giudice competente è il Tribunale nella cui circoscrizione si è aperta la successione ex art. 747 cod. proc. civ.

Prima di provvedere l'autorità giudiziaria dovrà sentire gli eredi: al riguardo è sufficiente che, ai sensi del IV comma dell'art. 703 cod. civ., venga data comunicazione a costoro affinchè possano comparire nel relativo procedimento, senza che l'eventuale loro mancanza sia produttiva di speciali conseguenze (non essendovi alcun parere nè vincolante, nè obbligatorio da acquisire).

Occorre infine precisare, ed è questo ciò che più interessa, che non vanno autorizzati quegli atti di straordinaria amministrazione il cui compimento fosse stato previsto dal testatore, in quanto si tratta semplicemente di atti esecutivi della volontà di costui (in questo senso l'opinione prevalente: cfr. Vicari, L'esecutore testamentario, in Successioni e donazioni, a cura di Rescigno, vol.I, Padova, 1994, p.1333, Cass. 63/1386, argomentando dalla considerazione che l'atto di alienazione rappresenta un atto dovuto, con la conseguenza che sottoporre a controllo una volontà di tal genere sarebbe contraddittorio in un sistema quale il nostro, orientato al rispetto del volere testamentario).

Un cenno si ritiene opportuno fare in merito alla validità di una simile disposizione, la quale deve ritenersi senz’altro valida non incorrendo nel divieto di cui all’art. 632 c.c., norma che sanziona con la nullità la disposizione che lascia al mero arbitrio dell’onerato o di un terzo di determinare la quantità del legato; in questa ipotesi non ricorre il mero arbitrio, poiché la circostanza che il testatore abbia disposto che la vendita del bene venga fatta al miglior offerente, comporta implicitamente la sua volontà di ancorare il prezzo di vendita al valore di mercato del bene.

Corretta pare infine la disposizione testamentaria nella parte in cui vengono dettagliatamente indicati le persone e associazioni ONLUS a cui devolvere il ricavato della vendita, risultando in tal senso conforme al disposto di cui all’art. 630 codice civile.

Brunella P. chiede
giovedì 21/07/2011 - Lazio

“Sono stata nominata esecutrice testamentaria dal mio compagno, deceduto in ottobre 2010, nonchè erede di una parte del patrimonio. Ai figli del fratello germano del testatore vengono lasciati altri beni immobili nel paese di nascita del de cuius, con la clausola che la biblioteca personale del defunto venga tenuta unita e fruita per eventi culturali nel territorio, PENA IL DECADIMENTO DELL'EREDITA AI NIPOTI.

Mi chiedo come poter agire in qualità di esecutrice perchè ciò venga rispettato: possibile nominare un esperto che cataloghi tutti i testi presenti nella biblioteca? E in tal caso chi dovrebbe provvedere alle spese? Inoltre, siccome i beni immobiliari lasciati ai nipoti risultano un'unica massa ereditaria indistinta, potrei io procedere a eventuale suddivisione? O ciò non mi compete? E infine: anche la liquidazione percepita dal de cuius in quanto funzionario dello stato dovrebbe essere suddivisa dalla sottoscritta a norma di legge?
Grazie, Brunella P.”

Consulenza legale i 22/07/2011

L’esecutore testamentario deve curare che siano esattamente eseguite le disposizioni di ultima volontà del defunto.

Nella fattispecie, sembra, inoltre che ci si trovi di fronte all’imposizione di un onere o modus, cioè una prestazione accessoria imposta ai beneficiari dell’eredità, con carattere risolutivo per espressa volontà del testatore.

Per l’adempimento dell’onere può agire qualsiasi interessato a norma dell’art. 648 del c.c., quindi, a maggior ragione l’esecutore testamentario, cui è attribuita la rappresentanza processuale dell’eredità. Egli, inoltre, può far apporre i sigilli e far redigere l’inventario dei beni e le spese delle operazioni sono a carico dell’eredità (v. art. 712 del c.c.).

Per quanto riguarda la divisione, può promuoverla solo l’ esecutore testamentario abilitato direttamente dal testatore, che non sia erede o legatario ex art. 706 del c.c.; ma chi scrive è erede, quindi, proprio e solo in questa qualità può chiedere la divisione a norma dell’art. 713 del c.c..

Infine, le somme già percepite a titolo di liquidazione del de cuius, entrano a far parte del suo patrimonio e cadono in eredità come tali sono da dividersi tra gli eredi secondo le quote di spettanza.


Luciana P. chiede
mercoledì 20/07/2011 - Lombardia

“Cosa succede se nel testamento pubblico viene nominato esecutore testamentario un professionista che opera come esecutore, ma non deposita l'accettazione in cancelleria? E' valida la successione? E' valida l'accettazione degli eredi?

Grazie”

Consulenza legale i 22/07/2011

Il testamento e la sua validità non risentono di un’eventuale mancata accettazione dell’esecutore testamentario. Le situazioni vanno distinte. Solo per svolgere le funzioni inerenti all’ufficio l’accettazione da parte di chi è stato nominato esecutore è necessaria e a norma dell’art. 702 del c.c. qualsiasi interessato può fare istanza all’autorità giudiziaria affinché assegni un termine per l’accettazione, decorso il quale l’esecutore si considera rinunziante. Le vicende successorie rimangono, invece, impregiudicate.


G. P. chiede
martedì 10/05/2022 - Estero
“Rif: Il codice di riferimento della Consulenza era Q202230860 –
Domande complementari;

2. Doveri di Esecutore testamentario di pagare i debiti e spese ereditarie ?
Lei mi dice: “Per quanto riguarda la sussistenza di eventuali debiti, gli stessi potranno essere portati in detrazione dal valore dell’attivo ereditario che si andrà a dichiarare nella denuncia di successione, purchè risultanti da documenti certi e sempre che siano riconducibili a beni e diritti esistenti in Italia”.

Riguardo a questo caso, la mia comprensione è che questi dati ridurranno le imposte e tasse della registrazione; ma i debiti del defunto rimangono non pagati, vero?
Poi, mi dice: “Per le somme corrisposte personalmente a titolo di imposte di successione, invece, si avrà il diritto di recuperarle dagli altri eredi, eventualmente trattenendole dal prezzo di vendita degli stessi beni ereditari”. Questa è certamente una soluzione ragionevole; tuttavia, se gli eredi non hanno denaro ed si rifiutano di risarcire l'esecutore per tutte le sue spese, allora qual’è il processo per recuperare queste spese?

Si tratta d’un valore marcato del’eredita è di circa $100.000 euro, con $40.000 di rustica casa (comunione, tra i sei coeredi) e ‘l’altro $60.000 di pezzi di terreno sono già divisi e assegnati a ciascuno dei sei (6) eredi.

Secondo Art. 719 c.c.– “Vendita dei beni per il pagamento dei debiti ereditari” dice che: “Se i coeredi aventi diritto a piu' della meta' dell'asse (ereditario) concordano nella necessita' della vendita per il pagamento dei debiti e pesi ereditari, si procede alla vendita ... di quei beni immobili la cui alienazione rechi minor pregiudizio agli interessi dei condividenti”. Dunque io vorrei sapere le seguenti cose:

Domanda 2: (Riconoscendo per chiarimento, l'esecutore è anche uno dei sei eredi);
1. Dopo la dichiarazione di successione, si puo vendere i beni dei coeredi per pagare gli debiti ereditari e le spese del’esecutore, ai sensi di Art 712.? Se la risposta è affermativa, allora,
2. Come “Esecutore testamentario canadese” posso usare la legge successoria italiana ad attuare l'art 719 ?
3. L'esecutore può fare la decisione di vendita per pagare i debiti e spese per conto di tutti i sei coeredi, oppure ha bisogno dell'accordo e consenso di metà dei coeredi ereditari?
4. La metà del’asse ereditario è definita come +50,0% solo della eredita comunione (cioe $40,000 coeredi) o deve essere il +50,0% del’intera l'eredità di $100,000 (cioe $40,000 comunione piu $60,000 assegnata)?
5. La metà del’asse ereditario è definita come +50,0% del valore fiscale o come 50,0% del valore marcato?
6. Se i coeredi non mi risarciscono per tutte le mie spese legittime, quali azioni posso intraprendere per recuperare tali spese, ai sensi di art 712? Posso presentare un pegno o mutuo?

Cordiali saluti”
Consulenza legale i 19/05/2022
Le domande poste con il quesito in esame attengono essenzialmente all’esatta incidenza che possono avere i debiti e pesi ereditari sul patrimonio relitto dalla de cuius nonché alla possibilità concessa all’esecutore testamentario di vendere i beni situati in Italia per soddisfare i debiti ereditari.

In ordine alla prima questione deve rispondersi nel senso che di tali debiti se ne potrà tener conto soltanto ai fini del calcolo dell’imposta di successione dovuta per i beni situati su territorio italiano, in tal senso dovendosi argomentare dal comma 1 dell’art. 20 del T.U. successioni e donazioni.
Volendo esemplificare può dirsi che se su un bene del valore di 100 euro risultano imposte non pagate per 60 (ad esempio per IMU), i 60 euro di debiti con il fisco (ampiamente documentabili) potranno essere portati in decremento ai fini del calcolo dell’imposta di successione dovuta.

L’altra questione, un po’ più complessa, è quella relativa alla vendita di beni ereditari situati in Italia da parte dell’esecutore testamentario canadese.
In questo caso la norma della Legge 218/1995 che viene in considerazione è l’art. 50, rubricato “Giurisdizione in materia successoria”, e ciò perché, secondo quanto previsto dall’ordinamento giuridico italiano, affinchè l’esecutore testamentario possa legittimamente alienare un bene ereditario occorre che sia stato previamente autorizzato dall’autorità giudiziaria (così dispone l’art. 703 del c.c.).

Secondo quanto previsto dalla lettera e) del citato art. 50, in materia successoria sussiste la giurisdizione italiana se la domanda concerne beni situati in Italia.
Ciò significa che, se l’esecutore testamentario canadese, in tale sua qualità, intende alienare un bene ereditario posto sul territorio italiano, dovrà necessariamente essere autorizzato dal giudice del luogo in cui tale bene si trova.
Tuttavia, prima di giungere alla fase dell’autorizzazione giudiziaria, occorre compiere un passo indietro, in quanto l’esecutore testamentario dovrà preliminarmente adempiere a tutte le condizioni richieste per poter operare nell’ordinamento giuridico italiano.
Più precisamente, dovrà:
1. richiedere la copia legalizzata del testamento con il relativo Probate (omologazione del testamento) dalla competente Superior Court of Justice canadese.
Il Probate costituisce la procedura con la quale il Tribunale canadese riconosce l'autorità dell’esecutore testamentario ed è necessario proprio perchè fornisce le dovute garanzie in relazione sia alla validità del testamento sia al fatto che l’esecutore testamentario è autorizzato ad agire in nome e per conto della persona deceduta nel rispetto delle volontà testamentarie.
2. le firme apposte sul Probate devono essere state legalizzate dal Ministero degli Affari esteri canadese.
3. tutta la documentazione deve essere tradotta professionalmente da un traduttore certificato dalla ATIO (Association of Translators and Interpreters of Ontario).
Completate le predette procedure, la documentazione deve essere presentata in Consolato per la legalizzazione finale, per poi essere restituita per la sua registrazione presso le autorità nazionali, affinché il testamento sia riconosciuto valido anche nell’ordinamento italiano.
Ciò implicherà la pubblicazione e registrazione del testamento presso la "Conservatoria dei Registri immobiliari" italiana, a cui seguirà l'eventuale pagamento, nei termini sopra precisati, delle imposte di successione.

Soltanto dopo che saranno stati espletati tutti i suddetti passaggi, ci si potrà presentare dinanzi ad un notaio italiano, incaricandolo della eventuale vendita dei beni siti in Italia (sempre se previamente autorizzati dal giudice italiano, come richiesto dall’art. 703 c.c.).
Si tratta di una procedura abbastanza complessa, che qui si è cercato di esporre nei suoi passaggi fondamentali.
Proprio per tale ragione, non si può fare a meno di consigliare di rivolgersi per assistenza ad un avvocato specializzato in materia di successione internazionale.

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