La nozione del c.d. contratto con sé stesso. Le dispute circa la sua ammissibilità nella dottrina anteriore alla nuova codificazione
Conflitto d'interessi tra rappresentante e rappresentato potrebbe determinarsi pure nell'ipotesi detta del contratto con sé stesso o auto-contratto (selbstkontrahieren), in cui le due dichiarazioni di volontà, il cui incontro determina il consenso, promanano dalla stessa persona; così se Tizio, da Caio costituito rappresentante (rappresentanza unica) per vendere, volesse comperare per sé, o, essendo nel contempo rappresentante di Sempronio (rappresentanza doppia), dichiarasse di comperare per costui.
Le dispute intorno alla possibilità di un contratto di siffatta specie sono antiche ed hanno trovata larga eco nella dottrina moderna, massime tedesca ed italiana. I nostri scrittori di diritto comune indugiarono principalmente nella figura della compravendita a semet ipso e la dichiararono ammissibile e valida precisamente quando fosse escluso ogni pericolo di danno pel rappresentato, perché l'acquisto del rappresentante aveva luogo per un prezzo giustamente determinato.
Ma nella dottrina moderna, anteriore al nuovo codice civile, pochi temi han formato obbietto di così vive discussioni, come quello del contratto con sé stesso; e basterà, qui semplicemente riassumerle. Taluni scrittori hanno negato persino che ricorra, nella fatta ipotesi, una qualsiasi figura contrattuale: perché, se il contratto rappresenta l'incontro di due volontà, animate da opposti interessi, che trovano un punto d'intesa, precisamente questo duplice processo volitivo manca nella figura del contratto con sé stesso; perciò nella specie ricorrerebbe non una figura contrattuale, ma un unico atto ed una unica dichiarazione di volontà, del rappresentante, da qualificarsi quale un atto unilaterale, che da solo sarebbe fonte di rapporto obbligatorio. Per siffatta considerazione, ed anche per il conflitto di interessi tra rappresentante e rappresentato o tra i due rappresentati, nel caso di duplice rappresentanza, il cosiddetto contratto con sé stesso non avrebbe potuto nel nostro sistema farsi assurgere ad una generale figura, ma sarebbe stato ammissibile soltanto nei casi espressamente dalla legge consentiti (es., art. 386 abr. cod. di commercio).
Senonché tutto quest'ordine di obbiezioni era vivamente combattuto da altra dottrina, che non solo riconosceva nel contratto con sè stesso la figura tipica di contratto, ma non esitava a ravvisarne il carattere d'istituto generale, sia pure circondandolo di opportune cautele e limitazioni. E nessuno più efficacemente di Francesco Ferrara ha recentemente battuto in breccia tutte le argomentazioni contrarie a siffatta tesi. Il Ferrara rileva anzitutto che, se è vero che il contratto presuppone normalmente due volontà moventi da opposti interessi, che, con mutuo sacrificio, arrivano ad un punto di coincidenza e di incontro, non può questo schema teorico affermarsi come regola generale, perché in molti casi la volontà contrattuale si manifesta priva d'ogni impulso combattivo, riducendosi ad una pura passiva adesione; valga l'esempio dei contratti d'adesione, dei contratti per automatici, ove la volontà si riduce solo ad accettare, ad eseguire la proposta pura e semplice, senza che l'accettante esplichi altra iniziativa che quella di consentire. Ma se, dunque, la volontà contrattuale può ridursi ai minimi termini, ad una pura meccanica adesione, nulla esclude che questa adesione possa essere prestata pure dal rappresentante, per conto proprio. Anche per quanto concerne l'eventuale conflitto d'interessi, perché sussista il pericolo del danno del rappresentato o dei rappresentati, occorre che il rappresentante possa liberamente agire nella conformazione del contenuto e modalità del rapporto, così da invertirlo a beneficio proprio e danno altrui, come allorché taluno avesse affidato ad altri la sua rappresentanza per vendere o comprare beni immobili, senza determinazione di oggetto o di prezzo, ed il rappresentante volesse comperare o vendere lui. Viceversa, quando i1 contenuto della procura è così determinato e preciso da far ritenere che il rappresentante, pur sempre esprimendo una volontà, propria, sia autorizzato solo ad una ripetizione obbligata della volontà del rappresentato, sia chiamato solo a mettere in opera un contratto già conformato e strutturato per intero dalla volontà di costui, come anche nel caso che il rappresentante sia incaricato di vendere o comprare a prezzo di mercato, a prezzo fisso, nessun pericolo di danno può sorgere ad opera del rappresentante, perché la stessa è circoscritta a ricercare la persona dell'altro contraente; e, dunque, nulla vieta che questa possa venire a precisarsi nel rappresentante stesso (appunto perché non può prodursi alcun conflitto d'interesse) e che egli emetta da solo, in veste diversa, la duplice dichiarazione di volontà, da cui risulta il contratto. Questa dottrina era avvalorata da un preciso testo di legge, l'art. 386 dell'abrogato codice di commercio (cfr. ora art. 1735 cod. civ.), che espressamente stabiliva: «Nella commissione di compra o di vendita di cambiali, di obbligazioni dello Stato, o di altri titoli di credito circolanti in commercio, o di merci che hanno un prezzo di borsa o di mercato, il commissionario, se il committente non dispose altrimenti, può somministrare egli stesso, al prezzo corrente, come venditore, le cose che deve comprare, o ritenere per sé, al prezzo corrente, come compratore, le cose che deve vendere per conto del committente, salvo il suo diritto alla provvigione». La norma dell'art. 386 avvalorava, dunque, la conclusione che non solo nel negozio con sé stesso occorresse riconoscere un vero autocontratto (in quanto quella disposizione lo contemplava come distinto dal rapporto di commissione, stabilendo che il commissionario, nella fattispecie, eseguiva il rapporto di commissione e quindi aveva diritto alla provvigione: analogamente il citato art. 1735), ma che la figura del contratto con sé stesso fosse ammissibile come figura generale, tutte le volte che fosse escluso ogni pericolo di danno per il rappresentato.
Questi principii ha prescelto la nuova legge, stabilendo la validità del contratto con sé stesso, quante volte il contratto sia conforme al contenuto predeterminato dai singoli rappresentati (in caso di doppia rappresentanza), o dall'unico rappresentato (in caso di rappresentanza unica): non può configurarsi allora un conflitto d'interessi, e però il contratto con sé stesso sarà valido. Così nel caso in cui il rappresentato lo abbia autorizzato specificatamente, ovvero il contenuto del contratto (oggetto, prezzo, qualità) sia determinato in modo da escludere la possibilità del conflitto di interessi (es., il commesso del negozio bene acquista merci nell'azienda cui è addetto, al prezzo stabilito dal principale per la vendita al pubblico).
Allorquando queste condizioni non ricorrono, è ovvio che l'impugnativa non sia concessa che al rappresentato.