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Articolo 496 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/03/2024]

False dichiarazioni sulla identità o su qualità personali proprie o di altri

Dispositivo dell'art. 496 Codice Penale

Chiunque, fuori dei casi indicati negli articoli precedenti, interrogato sulla identità, sullo stato o su altre qualità della propria o dell'altrui persona(1), fa mendaci dichiarazioni(2) a un pubblico ufficiale [357] o a persona incaricata di un pubblico servizio [358], nell'esercizio delle funzioni o del servizio, è punito con la reclusione da uno a cinque anni(3).

Note

(1) L'interrogazione può avvenire sia oralmente sia per scritto, tramite moduli predisposti dalla P.A. e deve aver per oggetto qualità da cui la legge fa discendere determinati effetti, come ad esempio quella di proprietario, possessore, maggiore età, etc..
(2) Il mendacio non ha alcuna attinenza con la formazione di un atto pubblico e questo aspetto differenzia al norma in esame con quanto disposto ex art. 476.
(3) L'espressione "nell'esercizio delle sue funzioni" deve intendersi in senso ampio ovvero rileva qualsiasi collegamento della condotta con la sfera di competenza funzionale del pubblico ufficiale.

Ratio Legis

Tradizionalmente si considera che il legislatore abbia qui voluto tutelare la fede pubblica contro quei comportamenti che alterano gli elementi identificativi di una persona o le sue qualità personali.

Spiegazione dell'art. 496 Codice Penale

La norma in esame configura un'ipotesi di reato plurioffensivo, dato che oggetto di tutela non è solamente la pubblica fede, bensì, anche la pubblica amministrazione.

Il reato ricalca l'impostazione di cui all'articolo 495, con l'elemento specializzante data dall'interrogazione da parte del pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio (con la conseguenza che il fatto commesso con le dichiarazioni spontanee di cui all'articolo 494 non integra il reato).

In seguito all'eliminazione della necessità che le dichiarazioni false di cui all'articolo 495 c.p. fossero rese all'interno di un atto pubblico, la giurisprudenza si è interrogata sul residuo spazio operativo della presente disposizione, in origine concepita come norma deputata a trovare applicazione fuori dei casi di cui all'articolo 495 c.p..

Il criterio discretivo è stato reperito nel fatto che nell'articolo 496 c.p. non è richiesto che le false dichiarazioni abbiano attinenza con la formazione di un atto pubblico.

Di conseguenza, integra il reato de quo le false dichiarazioni rese ad un pubblico ufficiale in ordine al proprio luogo di nascita, nel momento di un normale controllo effettuato dai carabinieri, dato che le false dichiarazioni non hanno alcuna attinenza con la formazione di un atto pubblico.

Il reato è inoltre punito a titolo di dolo generico, consistente nella volontà di rendere dichiarazioni mendaci su qualità personali.

Massime relative all'art. 496 Codice Penale

Cass. pen. n. 23353/2022

Il delitto di cui all'art. 496 cod. pen. si consuma nel momento in cui la falsa dichiarazione, resa su richiesta del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, perviene a questi ultimi, per cui non ha rilevanza alcuna, ai fini della sussistenza del reato, l'eventuale ritrattazione successiva.

In tema di false dichiarazioni sull'identità o su qualità personali proprie o di altri, il bene della fede pubblica, tutelato dall'art. 496 cod. pen., richiede che il giudizio di rilevanza della falsità, ai fini dell'offensività della condotta, sia commisurato non solo alla finalità di identificazione, ma anche a finalità ulteriori, di interesse, oltre che per il pubblico ufficiale richiedente, anche per altri destinatari della dichiarazione.

Cass. pen. n. 47044/2019

Integra il reato di cui all'art. 495 cod. pen. - e non il meno grave e residuale reato di cui all'art. 496 cod. pen., che punisce le sole dichiarazioni mendaci rilasciate, oltre che al pubblico ufficiale, anche a persona incaricata di pubblico servizio - la condotta di colui che, privo di documenti di identificazione, fornisca al capotreno, nel corso del servizio di controllo dei biglietti, false dichiarazioni sulla propria identità, rivestendo dette dichiarazioni - in assenza di altri mezzi di identificazione - carattere di attestazione preordinata a garantire al pubblico ufficiale le proprie qualità personali.

Cass. pen. n. 4054/2019

La condotta del privato che attesti falsamente al pubblico ufficiale l'identità del coniuge nell'atto di matrimonio, vertendo sull'accertamento delle qualità personali del dichiarante (l'identità della sposa), integra il delitto di cui all'art. 495, comma secondo, n. 1) cod. pen., con esclusione sia di quello previsto dall'art. 483 cod. pen., che ricorre quando la falsa attestazione abbia ad oggetto "fatti", sia di quello previsto dall'art. 496 cod. pen., configurabile solo in via residuale quando la falsità non abbia alcuna attinenza, neppure indiretta, con la formazione dell'atto pubblico.

Cass. pen. n. 26575/2018

Integra il reato di cui all'art. 496 cod. pen. (false dichiarazioni sull'identità o su qualità personali proprie o di altri) - e non quello di cui all'art. 495 cod. pen. (falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri) - la condotta di colui che, gravato da precedenti penali, dichiari falsamente, in sede di Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) per la voltura di una licenza commerciale, di possedere i prescritti requisiti morali, in quanto, in tal caso, la dichiarazione del privato costituisce ex se condizione di legittimazione all'esercizio dell'attività e non è destinata ad incidere, direttamente o indirettamente, anche sulla formazione di un atto pubblico.

Cass. pen. n. 30862/2015

Il reato di false dichiarazioni sulla identità o sulle qualità personali proprie o altrui può configurarsi anche in presenza di dichiarazioni implicite, allorquando il possesso di determinate qualità personali costituisca il presupposto necessario ed indefettibile della dichiarazione espressa resa al pubblico ufficiale. (Nella fattispecie la S.C. ha escluso la configurabilità del reato, ritenendo che l'asseverazione innanzi al cancelliere della perizia estimatoria di un terreno non presupponesse necessariamente il possesso della qualità di ingegnere abilitato).

Cass. pen. n. 31391/2008

Integra il delitto di false dichiarazioni sulla identità o su qualità personali proprie o di altri (art. 496 c.p. ), la condotta di colui che declini generalità false al «controllore » di un'azienda di trasporto urbano, il quale riveste la funzione di incaricato di pubblico servizio essendo pubblica la funzione svolta dalla detta azienda e non meramente esecutive le funzioni svolte dal predetto dipendente.

Cass. pen. n. 11596/2008

Non integra gli estremi del reato di false dichiarazioni sulla identità o su qualità personali (art. 496 c.p.) la condotta di colui che in sede di autocertificazione allegata alla domanda di ammissione per l'aggiudicazione di un appalto pubblico riempia un modulo prestampato fornito dall'ente appaltante dichiarando di non avere subito condanne incidenti sulla propria affidabilità morale e professionale, ancorché destinatario di sentenza di applicazione della pena, ex art. 444 c.p.p., risalente ad oltre cinque anni, in quanto la P.A. non può rimettere al richiedente la valutazione del carattere ostativo di taluni reati in ordine all'instaurazione di determinati rapporti, mentre oggetto dell'autocertificazione possono essere fatti e non già valutazioni, in conformità agli artt. 46 del D.P.R. n. 45 del 2000 e 75 D.P.R. 554 del 1999 il quale prevede che le dichiarazioni sulle condizioni ostative siano completate da idonea documentazione.

Cass. pen. n. 26073/2005

Integra il reato di false dichiarazioni sulla identità o su qualità personali proprie o di altri (art. 496 c.p.), la condotta di colui che — fermato dai carabinieri ad un posto di controllo — fornisca false indicazioni sulla propria residenza, la quale rientra nel novero delle qualità e condizioni personali e, pertanto, concorre a individuare l'identità della persona.

Cass. pen. n. 12195/2000

In tema di false attestazioni di generalità, allorquando rimangono ignote le reali generalità dell'agente, non è possibile pervenire ad una dichiarazione di colpevolezza ai sensi degli articoli 495 o 496 c.p., presumendo che siano false proprio quelle fornite in sede di identificazione. (In motivazione, la Corte ha precisato che diverso è il caso in cui l'imputato, in due o più occasioni, abbia declinato differenti generalità).

Cass. pen. n. 11488/1990

Le mendaci dichiarazioni sulle qualità proprie configurano l'ipotesi prevista dall'art. 496 c.p. ogni qual volta il mendacio non abbia alcuna attinenza, né diretta né indiretta, con la formazione di un pubblico atto. Se le dichiarazioni siano invece destinate ad essere riprodotte in un atto pubblico o vengano ad integrarne il contenuto o siano comunque rilevanti ai fini della formazione di esso, si realizza allora l'ipotesi delittuosa prevista dall'art. 495 c.p. (Fattispecie relativa ad una mendace dichiarazione sul possesso del titolo di studio contenuta in una domanda rivolta dall'imputato al provveditore agli studi per l'inclusione nelle graduatorie provinciali dei bidelli; la Cassazione, nell'affermare il principio di cui in massima ha ritenuto esatto l'assunto dei giudici di appello che avevano ritenuto che il fatto integrava il reato di cui all'art. 495 c.p. sul rilievo che la dichiarazione mendace aveva influito sulla formazione della graduatoria con conseguente assunzione dell'imputato come bidello).

Cass. pen. n. 13447/1989

Risponde del reato di false dichiarazioni sull'identità o sulle qualità personali, di cui all'art. 496 c.p., oltre che di quello di falsità in certificati, di cui all'art. 477 c.p., colui che declini false generalità ad un pubblico ufficiale dopo avergli esibito una patente di guida contraffatta. In tal caso, infatti, si realizza un'ipotesi di concorso di reati, poiché la materialità dei due fatti ed i beni giuridici lesi sono del tutto indipendenti.

Cass. pen. n. 6297/1985

La domanda per essere ammesso all'esame per conseguire la patente di guida, ancorché redatta su modulo a stampa predisposto dalla pubblica amministrazione, è una scrittura privata e la falsa dichiarazione — in essa contenuta — di possedere i requisiti richiesti (nella specie dichiarazione di non essere sottoposto alla misura di prevenzione di cui all'art. 3, L. 27 dicembre 1956, n. 1423), costituendo risposta ad una interrogazione scritta del pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, ricade sotto la previsione incriminatrice dell'art. 496 c.p.

Cass. pen. n. 8441/1984

Nelle ipotesi delittuose previste dagli artt. 495 e 496 c.p.p., il mendacio è punibile ogni qual volta si verifichi inganno alla pubblica fede personale per effetto di false dichiarazioni o attestazioni sull'identità, lo stato o altra qualità della propria o dell'altrui persona. Ne consegue che il reato è integrato anche con la sostituzione di una sola lettera del cognome.

Cass. pen. n. 7780/1983

La previsione delittuosa di cui all'art. 496 c.p. ricorre ogni qualvolta il mendacio di carattere personale reso al pubblico ufficiale (o ad altro soggetto incaricato di un pubblico servizio) non abbia alcuna attinenza, né diretta né indiretta, con l'atto pubblico da formare; e l'interrogazione, che il reato presuppone, può avvenire sia verbalmente sia attraverso la compilazione di questionari o di moduli a stampa già predisposti dall'ufficio pubblico per il migliore andamento del servizio amministrativo. Per qualità personali, ai fini del delitto di cui all'art. 496 c.p., devesi intendere ogni attributo che serva a distinguere un individuo nella personalità economica o professionale e che possa avere interesse per l'autorità interrogante. Lo stato di abbienza e di possidenza rientra nel novero delle suddette qualità da dichiarare nella loro reale consistenza.

Cass. pen. n. 852/1981

La falsa dichiarazione agli agenti di polizia giudiziaria del conducente di un autoveicolo di essere abilitato alla guida e di avere dimenticato a casa la relativa patente, che invece gli era stata sospesa con provvedimento prefettizio, non integra il delitto di falsità personale previsto dall'art. 496 c.p.

Cass. pen. n. 7376/1980

Ai fini della sussistenza del reato di false dichiarazioni sull'identità o su qualità personali proprie o di altri, è sufficiente il dolo generico consistente nella coscienza e volontà di rendere dichiarazioni difformi dal vero su qualità personali giuridicamente rilevanti, mentre non occorre il dolo specifico di trarre in inganno il destinatario della dichiarazione o altri soggetti. (La Cassazione ha chiarito che lo stesso principio è applicabile al reato previsto dall'art. 495, terzo comma, n. 2, c.p.).

Cass. pen. n. 4576/1976

Le «mendaci dichiarazioni» di cui all'art. 496 c.p. comprendono non solo le dichiarazioni rese mediante pronuncia di parole o frasi, ma anche qualsiasi atto che comporti e configuri in sé una risposta al pubblico ufficiale, quale la esibizione di un documento d'identità.

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