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Articolo 41 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Concorso di cause

Dispositivo dell'art. 41 Codice Penale

Il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra l'azione od omissione e l'evento(1).

Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l'evento(2). In tal caso, se l'azione od omissione precedentemente commessa costituisce per sé un reato, si applica la pena per questo stabilita(3).

Le disposizioni precedenti si applicano anche quando la causa preesistente o simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui(4).

Note

(1) Viene qui espresso il principio dell'equivalenza delle cause, secondo il quale in presenza di una pluralità di cause, tutte idonee a produrre l'evento, queste vengono considerate di pari valenza. Viene quindi ripreso il concetto espresso dall'art. 40 del c.p., per cui, affinché si abbia imputazione è sufficiente che il soggetto abbia realizzato una condotta necessaria e l'imputazione a lui del fatto non è esclusa dall'intervento dell'operatività di altri fattori causali (antecedenti, concomitanti, successivi). Quindi, ad esempio, nel caso di morte di un pedone conseguente ad un investimento automobilistico, la responsabilità del conducente del veicolo non è esclusa dal fatto che la vittima era di salute malferma (causa preesistente) e che i sanitari hanno commesso errori nella cura successiva all'investimento (causa sopravvenuta).
(2) Il principio espresso dal comma 1, se fosse da solo applicabile, comporterebbe che qualsiasi comportamento dell'agente, che costituisca o si ponga come un precedente nell'accadimento della serie causale, dovrebbe ritenersi concausa dell'evento. Per temperare tale eccessivo rigore il legislatore ha inserito il comma in esame. Quindi la presunzione dell'equivalenza delle cause viene vinta quando una di esse è stata da sola idonea a realizzare l'evento, e, di conseguenza, le altre vengono considerate mere occasioni, non connotate da una loro autonoma efficienza.
Per esemplificare si pensi al caso in cui il conducente di un veicolo investa un pedone cagionandogli la frattura di un piede, e questi, accompagnato all'ospedale a bordo del veicolo di un amico, patisce un grave incidente a seguito del quale decede, l'evento letale non potrà ritenersi collegato casualmente alla condotta del primo conducente, in quanto il secondo sinistro (causa sopravvenuta) è stato da solo idoneo a produrre la morte. In tal caso, può dirsi che il primo investimento non è causa della morte, bensì occasione per lo svilupparsi di un altro separato e diverso processo causale dell'evento. Si ricordi poi che tale disciplina è dettata espressamente solo con riferimento alle «cause sopravvenute», ma secondo parte della dottrina, in via analogica, gli stessi principi dovrebbero applicarsi per l'ipotesi di cause concomitanti od antecedenti.
(3) Quindi, per chiarire, se si fa riferimento all'esempio esposto nella nota che precede, al conducente, anche se non risponde di omicidio colposo, potrà essere imputato il reato di lesioni colpose per la frattura provocata al piede.
(4) Tale comma chiarisce che quanto disposto dall'articolo in esame, ovvero il principio di eguaglianza delle cause e i suoi limiti, trova applicazione non solo in riferimento a cause antecedenti, concomitanti o sopravvenute come circostanze naturali o fortuite, ma anche quando si tratti di comportamenti illeciti di altri soggetti.

Ratio Legis

La norma qui esprime il principio dell'equivalenza delle cause, secondo il quale in presenza di una pluralità di cause, tutte idonee a produrre l'evento, queste vengono considerate di pari valenza, ricordando però che, quando una di esse sia stata da sola idonea a far realizzare l'evento, tale principio non opera.

Spiegazione dell'art. 41 Codice Penale

L'articolo in esame disciplina l'equivalenza delle condizioni, per cui nel caso in cui si verifichino cause indipendenti dall'azione od omissione del colpevole, quest'ultimo è comunque punibile se risulta che l'evento si sarebbe prodotto ugualmente. Tali cause concomitanti possono essere sia preesistenti, che simultanee, che sopravvenute all'azione od omissione del colpevole, ed il giudice, secondo i criteri enucleati nell'art. 40, dovrà valutare la reale efficienza causale e quindi l'apporto del soggetto alla verificazione dell'evento.

Mentre le cause preesistenti e simultanee sono per ovvi motivi conosciute al soggetto agente, il quale agisce in un quadro causale già delineato, le cause sopravvenute non sono conosciute dal soggetto e pertanto egli non risponderà dell'evento nel caso in cui queste siano state da sole sufficienti a determinarlo.
Tuttavia, riguardo a quest'ultimo punto, dottrina e giurisprudenza hanno chiarito che, se le cause sopravvenute erano prevedibili, il soggetto non potrà ritenersi esente da responsabilità, mentre, per affermare che esse siano state da sole sufficienti a causare l'evento, bisogna compiere un giudizio in merito alla loro atipicità, anomalia ed eccezionalità, pur non essendo necessario che esse siano del tutto avulse dalla condotta del soggetto agente.

Secondo tale teoria, chiamata della causalità adeguata, il giudice, per accertare il rapporto di causalità, deve compiere una prognosi postuma suddivisa in due momenti:

  • deve innanzitutto riportarsi idealmente al momento dell'azione o dell'omissione del soggetto per chiedersi se egli, in base alla conoscenza delle leggi scientifiche, dei dati di fatto disponibili al momento dell'azione od omissione e della personalità del soggetto, abbia potuto prevedere i normali (o non improbabili) sviluppi causali del suo agire, secondo un giudizio ex ante;

  • in seguito il giudice deve confrontare l'evento astrattamente prevedibile con l'evento effettivamente verificatosi e valutare se l'apporto causale del soggetto agente abbia concretamente realizzato il pericolo tipicamente connesso all'azione delittuosa, secondo un giudizio ex post. Il pericolo di cui trattasi è proprio quello che le norme penali incriminatrici tendono ad evitare nelle varie fattispecie di reato previste.

Il terzo comma precisa che le cause preesistenti, simultanee o sopravvenute possono anche consistere nel fatto illecito altrui (sia doloso che colposo), da valutare sempre secondo i medesimi criteri di cui sopra.

Ad ogni modo, nel caso in cui il giudice valuti le cause concomitanti come da sole sufficienti a causare l'evento, cionondimeno potrà condannare il soggetto agente, nel caso in cui l'azione o l'omissione costituisca di per sé reato.

Massime relative all'art. 41 Codice Penale

Cass. pen. n. 7205/2022

Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità nel solo caso in cui innescano un processo causale completamente autonomo rispetto a quello determinato dalla condotta dell'agente, ovvero quando, pur inserendosi nel processo causale ricollegato a tale condotta, si connotano per l'assoluta anomalia ed eccezionalità, collocandosi al di fuori dell'area della normale, ragionevole probabilità.

Cass. pen. n. 48944/2022

In tema di responsabilità medica per trattamenti sanitari eutanasici non richiesti, la presenza di concomitanti patologie del paziente, pur gravi, non vale ad escludere il nesso di causalità tra la somministrazione di medicinali diretti a causarne la morte e l'esito patologico letale, ove la terapia determini una significativa accelerazione dei tempi di verificazione dell'evento mortale.

Cass. pen. n. 18396/2022

In tema di lesioni personali volontarie seguite dal decesso della vittima, l'eventuale negligenza o imperizia dei medici, ancorché di elevata gravità, non elide ex se il nesso causale tra la condotta lesiva e l'evento morte, in quanto l'intervento dei sanitari costituisce, rispetto al soggetto leso, un fatto tipico e prevedibile, anche nei potenziali errori di cura, mentre ai fini dell'esclusione del nesso di causalità occorre un errore del tutto eccezionale, abnorme, da solo determinante l'evento letale.

Cass. pen. n. 17887/2022

In tema di omicidio colposo, allorquando l'obbligo di impedire l'evento ricada su più persone, che debbano intervenire od intervengano in tempi diversi, il nesso di causalità tra l'evento letale e la condotta omissiva o commissiva di uno dei soggetti titolari di una posizione di garanzia non viene meno per effetto del successivo mancato intervento di un altro garante, configurandosi, in tale ipotesi, un concorso di cause ai sensi dell'art. 41, comma primo, cod. pen..

Cass. pen. n. 45241/2021

In tema di lesioni personali volontarie seguite dal decesso della vittima, l'eventuale negligenza o imperizia dei medici, ancorché di elevata gravità, non elide, di per sé, il nesso causale tra la condotta lesiva e l'evento morte, in quanto l'intervento dei sanitari costituisce, rispetto al soggetto leso, un fatto tipico e prevedibile, anche nei potenziali errori di cura, mentre ai fini dell'esclusione del nesso di causalità occorre un errore del tutto eccezionale, abnorme, da solo determinante l'evento letale.

Cass. pen. n. 37622/2021

In tema di omicidio colposo, per escludere la responsabilità del conducente per l'investimento del pedone è necessario che la condotta di quest'ultimo si ponga come causa eccezionale ed atipica, imprevista e imprevedibile, dell'evento, che sia stata da sola sufficiente a produrlo.

Cass. pen. n. 22691/2020

In tema di reati colposi omissivi impropri, l'effetto interruttivo del nesso causale può essere dovuto a qualunque circostanza che introduca un rischio nuovo o comunque radicalmente esorbitante rispetto a quelli che il garante è chiamato a governare. (Fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui la Corte ha escluso l'interruzione del nesso causale tra la condotta del direttore e del commissario di tiro di un poligono - che avevano omesso di adottare le cautele atte a prevenire il rischio di incendio del poligono stesso, e quella di un tiratore, che, rientrato nel locale in fiamme per recuperare il fucile, era deceduto per le lesioni riportate).

Cass. pen. n. 49773/2019

In caso di omicidio colposo di persona già affetta da malattia, l'azione dell'imputato deve considerarsi in rapporto di causalità con l'evento quando risulti dimostrato che essa abbia prodotto un trauma che ha influito sulla evoluzione dello stato morboso, provocando o accelerando la morte, mentre va escluso il rapporto di causalità quando si accerti che il trauma non era, nemmeno in via indiretta, sufficiente a cagionare l'evento letale. (Fattispecie in cui, in un caso di investimento della vittima, che decedeva dopo varie settimane dal fatto, la Corte ha riconosciuto il nesso causale tra la condotta dell'agente ed il decesso, atteso che questo era dovuto ai politraumatismi e alla frattura scomposta del bacino derivanti dal fatto, mentre la pregressa patologia da cui la vittima era affetta - una neoplasia mammaria con metastasi ossee - non rivestiva il ruolo di causa che da sola potesse escludere il nesso di causalità tra la condotta colposa dell'imputato e l'evento morte). (Conf. Sez. 4, n. 3903 del 08/03/1983, Rv. 158789-01).

Cass. pen. n. 123/2018

In tema di reati colposi omissivi impropri, l'effetto interruttivo del nesso causale può essere dovuto a qualunque circostanza che introduca un rischio nuovo o comunque radicalmente esorbitante rispetto a quelli che il garante è chiamato a governare. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso l'interruzione del nesso causale tra la condotta dell'imputato, titolare di una azienda agricola che aveva installato un cancello automatico non corrispondente alle norme di sicurezza che scorreva su un binario danneggiato, e la condotta delle persone offese, che, per farlo funzionare, lo avevano sollevato manualmente venendone schiacciate, rilevando che, poiché il cancello già in precedenza era fuoriuscito più volte dal binario, il tentativo di ripristino da parte delle vittime non poteva ritenersi atipico o abnorme).

Cass. pen. n. 50038/2017

In caso di condotte colpose indipendenti non può invocare il principio di affidamento l'agente che non abbia osservato una regola precauzionale su cui si innesti l'altrui condotta colposa, poiché la sua responsabilità persiste in base al principio di equivalenza delle cause, salva l'affermazione dell'efficacia esclusiva della causa sopravvenuta, che presenti il carattere di eccezionalità e imprevedibilità. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva riconosciuto la responsabilità per la morte di un paziente conseguente alla trasfusione di sangue non emocompatibile con il suo gruppo sanguigno, del tecnico addetto al servizio trasfusione che aveva consegnato all'infermiere le sacche destinate ad altro paziente, dei medici che avevano ordinato la somministrazione senza verificare la corrispondenza del gruppo sanguigno del paziente con quello indicato sulle sacche, e dell'anestesista rianimatore - chiamato per un consulto in seguito alla crisi ipotensiva del paziente - che aveva omesso di ricercare autonomamente la causa di tale crisi).

Cass. pen. n. 25560/2017

L'eventuale negligenza o imperizia dei sanitari nella prestazione delle cure alla vittima di un incidente stradale, ancorché di elevata gravità, non può ritenersi causa autonoma ed indipendente, tale da interrompere il nesso causale tra il comportamento di colui che ha causato l'incidente e la successiva morte del ferito. (Nella specie, la Corte ha escluso l'interruzione del nesso di causalità in relazione al decesso della vittima per insufficienza cardiocircolatoria con coma da shock emorragico in soggetto politraumatizzato da lesioni stradali, intervenuto a circa un mese di distanza dal sinistro, rilevando che i potenziali errori di cura costituiscono, rispetto al soggetto leso, un fatto tipico e prevedibile, mentre, ai fini della esclusione del nesso di causalità, occorre un errore del tutto eccezionale, abnorme, da solo determinante l'evento letale).

Cass. pen. n. 23080/2017

In tema di reato colposo, il giudice penale è tenuto ad accertare la colpa concorrente del terzo, rimasto estraneo al giudizio, al solo fine di verificare la rilevanza della sua condotta sull'efficienza causale del comportamento dell'imputato e di assicurare la correlazione tra gravità del reato e determinazione della pena, ai sensi dell'art. 133, primo comma, n. 3) cod. pen., dovendosi escludere, in via generale, l'esistenza di un obbligo di quantificazione percentualistica dei diversi fattori causali dell'evento, a meno che egli non sia chiamato a pronunciare statuizioni civilistiche e ricorra il fatto colposo della parte civile.

Cass. pen. n. 47979/2016

In tema di reati colposi d'evento, la natura commissiva della condotta consistente nella trasgressione di un divieto implica, per l'accertamento del nesso causale, che il giudizio controfattuale non sia basato sui criteri probabilistici - statistici tipici della causalità per omissione, ma sia effettuato valutando se l'evento si sarebbe ugualmente verificato eliminando l'azione dal contesto in cui è stata posta in essere. (Fattispecie di morte come conseguenza di altro delitto (art. 586 cod. pen., in cui è stato riconosciuto il nesso di causalità tra il lancio dalla finestra di un'abitazione, posta al secondo piano di un palazzo,di una busta piena d'acqua all'indirizzo di una persona di anni 86 affetta da pregressa cardiovascolopatia sclerotica, e la sua morte avvenuta due ore più tardi per insufficienza cardio-respiratoria).

Cass. pen. n. 25689/2016

È configurabile l'interruzione del nesso causale tra condotta ed evento quando la causa sopravvenuta innesca un rischio nuovo e incommensurabile, del tutto incongruo rispetto al rischio originario attivato dalla prima condotta. (Nella fattispecie la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione che aveva affermato la sussistenza del nesso causale tra l'errore chirurgico originario, che aveva ridotto la paziente in coma profondo, ed il decesso della medesima per setticemia contratta durante il lungo ricovero presso l'unità di terapia intensiva, rilevando come l'"infezione nosocomiale" sia uno dei rischi tipici e prevedibili da tener in conto nei casi di non breve permanenza nei raparti di terapia intensiva, ove lo sviluppo dei processi infettivi è tutt'altro che infrequente in ragione delle condizioni di grave defedazione fisica dei pazienti).

Cass. pen. n. 15493/2016

È configurabile l'interruzione del nesso causale tra condotta ed evento quando la causa sopravvenuta innesca un rischio nuovo e del tutto eccentrico rispetto a quello originario attivato dalla prima condotta. (Nella fattispecie la S.C. ha escluso il nesso causale tra l'errore del pediatra, che aveva sottovalutato l'urgenza di un intervento sanitario da eseguirsi in ambiente ospedaliero, ed il decesso della paziente, giacché l'evento letale era stato determinato da un gravissimo errore dell'anestesista, qualificato dalla Corte "rischio nuovo e drammaticamente incommensurabile", rispetto a quello innescato dalla prima condotta).

Cass. pen. n. 43159/2013

Le statuizioni del giudice di merito in ordine alla quantificazione delle percentuali di concorso delle colpe del reo e della vittima nella determinazione causale dell'evento costituiscono apprezzamento di fatto non censurabile in sede di legittimità. (Fattispecie relativa a incidente di caccia cagionato dall'esplosione accidentale di un colpo di fucile in cui la Corte ha escluso il vizio di motivazione della sentenza di merito che era pervenuta alla determinazione della percentuale di responsabilità della vittima nella misura del 50%, dopo aver raffrontato i comportamenti dei due protagonisti delle vicenda e aver stabilito che a ciascuno di essi competeva l'obbligo di mettere in sicurezza il fucile).

Cass. pen. n. 10635/2013

In tema di omicidio colposo, per escludere la responsabilità del conducente per l'investimento del pedone è necessario che la condotta di quest'ultimo si ponga come causa eccezionale ed atipica, imprevista e imprevedibile dell'evento, che sia stata da sola sufficiente a produrlo. (Fattispecie nella quale è stata ritenuta la responsabilità di un motociclista per l'investimento di un anziano pedone i cui movimenti erano agevolmente avvistabili).

Cass. pen. n. 10626/2013

Ai fini dell'apprezzamento dell'eventuale interruzione del nesso causale tra la condotta e l'evento, il concetto di causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento si riferisce non solo al caso di un processo causale del tutto autonomo ma anche all'ipotesi di un processo non completamente avulso dall'antecedente e tuttavia sufficiente a determinare l'evento. (Fattispecie nella quale la Corte in presenza di un comportamento colposo di un sanitario che, visitato un paziente aveva disposto la sospensione di una terapia in atto, prescrivendo contestualmente di recarsi immediatamente al pronto soccorso per effettuare indispensabili accertamenti diagnostici, ha ritenuto interrotto il nesso causale rispetto all' evento morte del paziente, per non essersi quest'ultimo recato di sua volontà al pronto soccorso).

Cass. pen. n. 23309/2011

In tema di reati commessi con violazione di norme sulla circolazione stradale, il comportamento colposo del pedone investito dal conducente di un veicolo costituisce mera concausa dell'evento lesivo, che non esclude la responsabilità del conducente; e può costituire causa sopravvenuta, da sola sufficiente a determinare l'evento, soltanto nel caso in cui risulti del tutto eccezionale, atipico, non previsto né prevedibile, cioè quando il conducente si sia trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilità di avvistare il pedone ed osservarne per tempo i movimenti, che risultino attuati in modo rapido, inatteso ed imprevedibile. (Fattispecie nella quale è stata esclusa l'imprevedibilità della condotta del pedone che aveva iniziato l'attraversamento sulle strisce, in corrispondenza della quali era irregolarmente parcheggiato un voluminoso furgone, osservando che in prossimità di esse, ed a maggior ragione quando la visuale risulti in parte ostruita, non può ritenersi imprevedibile la presenza di un pedone in fase di attraversamento).

Cass. pen. n. 23292/2011

In tema di causalità, la colpa del lavoratore eventualmente concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica addebitata ai soggetti tenuti ad osservarne le disposizioni non esime questi ultimi dalle proprie responsabilità, poiché l'esistenza del rapporto di causalità tra la violazione e l'evento-morte o -lesioni del lavoratore che ne sia conseguito può essere esclusa unicamente nei casi in cui sia provato che il comportamento del lavoratore fu abnorme, e che proprio questa abnormità abbia dato causa all'evento. (La Suprema Corte ha precisato che è abnorme soltanto il comportamento del lavoratore che, per la sua stranezza ed imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all'applicazione della misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro, e che tale non è il comportamento del lavoratore che abbia compiuto un'operazione comunque rientrante, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli).

Cass. pen. n. 9967/2010

La condotta del medico che visiti la paziente senza osservare le regole dell'arte medica (nella specie: omettendo di avvedersi della gravità della patologia che ella presentava) non costituisce causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento, e non è, quindi, idonea ad escludere il rapporto di causalità tra l'evento-morte della stessa paziente ed un altrui comportamento colposo antecedente.

Cass. pen. n. 6215/2010

In tema di colpa medica, in presenza di una condotta colposa posta in essere da un determinato soggetto, non può ritenersi interruttiva del nesso di causalità (art. 41, comma secondo, c.p.) una successiva condotta parimenti colposa posta in essere da altro soggetto, quando essa non abbia le caratteristiche dell'assoluta imprevedibilità e inopinabilità; condizione, questa, che non può, in particolare configurarsi quando, nel caso di colpa medica, tale condotta sia consistita nell'inosservanza, da parte di soggetto successivamente intervenuto, di regole dell'arte medica già disattese da quello che lo aveva preceduto.

Cass. pen. n. 3339/2010

È concausa dell'evento lesivo occorso ad un pedone in un incidente stradale con autoveicolo, e non già causa autonoma esclusiva che interrompa il nesso causale con la condotta di guida del conducente, il comportamento del pedone stesso che non abbia ottemperato all'obbligo di concedere la precedenza al veicolo.

Cass. pen. n. 42496/2009

In tema di omicidio colposo, il fondamento della responsabilità, ex art. 41, comma secondo c.p., deve essere correlato non solo all'esistenza di un dovere giuridico di attivarsi per impedire che l'evento temuto si verifichi, ma anche alla presenza di una condotta colposa, dotata di ruolo eziologico nella spiegazione dell'evento lesivo. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata nella quale era stata fondata la responsabilità per omicidio colposo in relazione all'annegamento di due bambini nei confronti dell'accompagnatore di una associazione che aveva organizzato una gita esclusivamente sulla sua posizione di garanzia nella fase della balneazione).

Cass. pen. n. 26663/2009

In tema di reato colposo, il giudice penale è tenuto ad accertare la colpa concorrente del terzo, rimasto estraneo al giudizio, al solo fine di verificare la rilevanza della sua condotta sull'efficienza causale del comportamento dell'imputato e di assicurare la correlazione tra gravità del reato e determinazione della pena, ai sensi dell'art. 133, primo comma, n. 3) c.p., dovendosi escludere, in via generale, l'esistenza di un obbligo di quantificazione percentualistica dei diversi fattori causali dell'evento, a meno che egli non sia chiamato a pronunciare statuizioni civilistiche e ricorra il fatto colposo della parte civile.

Cass. pen. n. 26020/2009

In tema di rapporto di causalità, non può ritenersi causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento il comportamento negligente di un soggetto che trovi la sua origine e spiegazione nella condotta colposa altrui, la quale abbia posto in essere le premesse su cui si innesta il suo errore o la sua condotta negligente. (Fattispecie in cui è stata riconosciuta la responsabilità per omicidio colposo dei tecnici di una società elettrica che avevano realizzato un collegamento mancante di adeguate protezioni, cui altri avevano provveduto ad allacciare un cavo in maniera scorretta determinando una dispersione di elettricità che cagionava la folgorazione della vittima del reato).

Cass. pen. n. 21513/2009

In tema di causalità, le cause sopravvenute da sole sufficienti alla produzione dell'evento sono soltanto quelle del tutto autonome, indipendenti ed estranee alla condotta, tali da sfuggire al controllo ed alla prevedibilità dell'agente. (Nella specie, la Corte ha escluso che costituisca causa sopravvenuta da sola sufficiente alla produzione delle lesioni cagionate ad alcuni clienti di un bar, la condotta della commessa che abbia servito loro del detersivo inodore ed incolore imprudentemente contenuto in una bottiglia di acqua minerale, senza avvedersene, trattandosi di fatto non del tutto anomalo ed imprevedibile rispetto alla condotta imprudente e superficiale dell'agente, che aveva introdotto all'interno del bar di cui era titolare, la bottiglia contenente il detersivo).

Cass. pen. n. 4675/2009

Il principio dell'equivalenza causale implica, nel caso della successione di posizioni di garanzia, che la condotta del singolo soggetto che ha concorso a determinare l'evento ha efficienza causale pur quando difetti del coefficiente psicologico necessario all'attribuzione di responsabilità.

Cass. pen. n. 22632/2008

La cosiddetta graduazione delle colpe concorrenti è rilevante: 1 ) per la determinazione dell'apporto causale di ciascuna condotta colposa ; 2 ) ai fini delle statuizioni sugli interessi civili ; 3 ) per la determinazione della pena ; 4 ) per la graduazione della pena in senso proprio, ovvero ai fini del giudizio in ordine alla rimproverabilità della condotta di ciascuno.

Cass. pen. n. 15558/2008

In tema di causalità, a fronte di una spiegazione causale del tutto logica, la prospettazione di una spiegazione causale alternativa capace di inficiare o caducare la prima non può essere affidata solo ad una indicazione meramente possibilista, ma deve connotarsi, alla stregua delle risultanze processuali, di elementi che la rendano hic et nunc concretamente probabile.

Cass. pen. n. 41943/2006

Nel caso di lesioni personali (nella specie, provocate da infortunio sul lavoro) cui sia seguito il decesso della vittima, la colpa dei medici, anche se grave, non può ritenersi causa autonoma ed indipendente — tale da interrompere il nesso causale ex articolo 41, comma secondo, c.p. — rispetto al comportamento dell'agente, perché questi, provocando tale evento (le lesioni), ha reso necessario l'intervento dei sanitari, la cui imperizia o negligenza non costituisce un fatto imprevedibile ed atipico, ma un'ipotesi che si inserisce nello sviluppo della serie causale (in motivazione la Corte ha altresì precisato che, mentre è possibile escludere il nesso causale in situazioni di colpa commissiva addebitabili ai sanitari, nel caso di omissioni di terapie che dovevano essere applicate per impedire le complicanze, l'errore del medico non può prescindere dall'evento che ha fatto sorgere la necessità della prestazione sanitaria, per cui la «catena causale» resta integra).

Cass. pen. n. 20272/2006

In tema di causalità, la causa sopravvenuta «da sola sufficiente a determinare l'evento» (art. 41 comma secondo, c.p.) può configurarsi anche nel caso di un processo non completamente avulso dall'antecedente, ma caratterizzato da un percorso causale completamente atipico, di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale, ossia di un evento che non si verifica se non in casi del tutto imprevedibili a seguito della causa presupposta.

Cass. pen. n. 1214/2006

Ai fini dell'apprezzamento dell'eventuale interruzione del nesso causale tra la condotta e l'evento (articolo 41, comma secondo, c.p.), il concetto di causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento non si riferisce solo al caso di un processo causale del tutto autonomo, giacché, allora, la disposizione sarebbe pressoché inutile, in quanto all'esclusione del rapporto causale si perverrebbe comunque sulla base del principio condizionalistico o dell'equivalenza delle cause di cui all'articolo 41, comma primo, c.p. La norma, invece, si applica anche nel caso di un processo non completamente avulso dall'antecedente, ma caratterizzato da un percorso causale completamente atipico, di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale, ossia di un evento che non si verifica se non in casi del tutto imprevedibili a seguito della causa presupposta. (Da queste premesse la Corte ha escluso l'applicabilità dell'art. 41, comma secondo, c.p., in relazione ad un infortunio sul lavoro addebitato alla condotta colpevole dell'imputato e l'evento morte provocato da una broncopolmonite massiva bilaterale contratta dall'infortunato durante il ricovero in ospedale per la cura degli esiti dell'infortunio; ciò sul rilievo che, secondo quanto ricostruito in sede di merito, la broncopolmonite era risultata essere una complicanza non eccezionale delle gravi lesioni subite dall'infortunato, che ne avevano provocato l'allettamento prolungato con la conseguente disventilazione polmonare che, a sua volta, aveva provocato la patologia rivelatasi letale).

Cass. pen. n. 38877/2005

In tema di prevenzione antinfortunistica, poiché le relative norme mirano a tutelare il lavoratore anche in ordine ad incidenti che possano derivare da sua negligenza, imprudenza ed imperizia, la responsabilità del datore di lavoro e, in generale, del destinatario dell'obbligo di adottare le misure di prevenzione può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in presenza di un comportamento del lavoratore che presenti i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizzative ricevute, che sia del tutto imprevedibile o inopinabile. Peraltro, in ogni caso, nell'ipotesi di infortunio sul lavoro originato dall'assenza o inidoneità delle misure di prevenzione, nessuna efficacia causale, per escludere la responsabilità del datore di lavoro, può essere attribuita al comportamento del lavoratore infortunato, che abbia dato occasione all'evento, quando questo sia da ricondurre, comunque, alla mancanza o insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio di siffatto comportamento.

Cass. pen. n. 38850/2005

In tema di prevenzione antinfortunistica, poiché le relative norme mirano a tutelare il lavoratore anche in ordine ad incidenti che possano derivare da sua negligenza, imprudenza ed imperizia, un comportamento anomalo del lavoratore può acquisire valore di causa sopravvenuta da sola sufficiente a cagionare l'evento, tanto da escludere la responsabilità del datore di lavoro e, in generale, del destinatario dell'obbligo di adottare le misure di prevenzione, solo quando esso sia assolutamente estraneo al processo produttivo o alle mansioni attribuite, risolvendosi in un comportamento del tutto esorbitante ed imprevedibile rispetto al lavoro posto in essere, ontologicamente avulso da ogni ipotizzabile intervento e prevedibile scelta del lavoratore; tale risultato, invece, non è collegabile al comportamento, ancorché avventato, disattento, imprudente, negligente del lavoratore, posto in essere nel contesto dell'attività lavorativa svolta, esso, in tal caso, non essendo affatto eccezionale ed imprevedibile.

Cass. pen. n. 38810/2005

In tema di omicidio colposo da infortuni sul lavoro, se più sono i titolari della posizione di garanzia (nella specie, relativamente al rispetto della normativa antinfortunistica sui luoghi di lavoro), ciascuno è, per intero, destinatario dell'obbligo giuridico di impedire l'evento, con la conseguenza che, se è possibile che determinati interventi siano eseguiti da uno dei garanti, è, però, doveroso per l'altro o per gli altri garanti, dai quali ci si aspetta la stessa condotta, accertarsi che il primo sia effettivamente intervenuto. Ciò deve ritenersi sia quando le posizioni di garanzia siano sullo stesso piano, sia, a maggior ragione, allorché esse non siano di pari grado, giacché, in tale ultima evenienza, il titolare della posizione di garanzia, il quale vanti un potere gerarchico nei confronti dell'altro titolare investito, a livello diverso, della posizione di garanzia rispetto allo stesso bene, non deve fare quanto è tenuto a fare il garante subordinato, ma deve scrupolosamente accertare se il subordinato è stato effettivamente garante ossia se ha effettivamente posto in essere la condotta di protezione a lui richiesta in quel momento.

Cass. pen. n. 36339/2005

In tema di prevenzione antinfortunistica, poiché le norme mirano a tutelare il lavoratore anche in ordine ad incidenti che possano derivare da sua negligenza, imprudenza ed imperizia, la responsabilità del datore di lavoro e, in generale, del destinatario dell'obbligo di adottare le misure di prevenzione può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in presenza di un comportamento del lavoratore che presenti i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizzative ricevute, che sia del tutto imprevedibile o inopinabile. Peraltro, in ogni caso, nell'ipotesi di infortunio sul lavoro originato dall'assenza o inidoneità delle misure di prevenzione, nessuna efficacia causale, per escludere la responsabilità del datore di lavoro, può essere attribuita al comportamento del lavoratore infortunato, che abbia dato occasione all'evento, quando questo sia da ricondurre, comunque, alla mancanza o insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio di siffatto comportamento.

Cass. pen. n. 28615/2005

Nei reati colposi conseguenti a incidenti stradali è esclusa la responsabilità del conducente quando il fatto illecito altrui, ed in particolare della vittima, configuri per le sue caratteristiche una vera causa eccezionale, atipica e non prevedibile che sia stata da sola sufficiente a provocare l'evento (nella fattispecie la vittima aveva attraversato l'incrocio a piedi all'improvviso, con il semaforo rosso e correndo diagonalmente lontano dalle strisce, mentre la velocità dell'investitore era molto moderata).

Cass. pen. n. 28564/2005

In tema di rapporto di causalità, una volta che sia stata accertata una condotta colposa inseritasi nel processo determinativo dell'evento va in particolare verificato che proprio quella violazione della regola cautelare abbia cagionato (o abbia contribuito a cagionare) l'evento medesimo, non essendo sufficiente l'accertamento della causalità materiale e neppure che la condotta abbia in parte o in tutto prodotto il fatto delittuoso, ma occorrendo estendere l'indagine al nesso di causalità giuridica. (Ha specificato la Corte che tale verifica — che deve risultare dalla motivazione della sentenza — è tanto più necessaria laddove, come nella fattispecie relativa a colpa medica, l'evento della morte del paziente si verifichi a oltre un anno e mezzo di tempo dalle condotte dei sanitari, e per di più per una causa di natura diversa, la quale pertanto va dal giudice di merito ricollegata con particolare precisione al trattamento medico ritenuto inadeguato).

Cass. pen. n. 25310/2004

In tema di successione nella posizione di garanzia, il principio di affidamento, nel caso di ripartizione degli obblighi tra più soggetti, se da un lato implica che colui il quale si affida non possa essere automaticamente ritenuto responsabile delle autonome condotte del soggetto cui si è affidato, dall'altro lato comporta anche che - qualora l'affidante ponga in essere una condotta causalmente rilevante - la condotta colposa dell'affidato non vale di per sé ad escludere la responsabilità dell'affidante medesimo. (Fattispecie relativa a responsabilità medica: la Corte ha rigettato il ricorso degli imputati contro la sentenza di merito che aveva accertato la loro responsabilità per la morte di una paziente, nonostante i sanitari ricorrenti avessero eccepito che la vittima era stata presa in cura da un'altra struttura sanitaria già un mese prima il decesso).

Cass. pen. n. 24079/2004

La condotta del guidatore che ostruisce la carreggiata stradale (tanto più se a rapido scorrimento), ponendosi di traverso, non interrompe il nesso di casualità in ordine agli eventi collisivi verificatisi a causa della condotta colposa (per eccessiva velocità o mancato rispetto della distanza di sicurezza) dei conducenti dei veicoli nel frattempo sopraggiunti.

Cass. pen. n. 10430/2004

Il rapporto di causalità tra l'azione e l'evento può escludersi solo se si verifichi una causa autonoma e successiva, che si inserisca nel processo causale in modo eccezionale, atipico e imprevedibile, mentre non può essere escluso il nesso causale quando la causa successiva abbia solo accelerato la produzione dell'evento, destinato comunque a compiersi sulla base di una valutazione dotata di un alto grado di credibilità razionale o di probabilità logica. (Fattispecie in materia di responsabilità professionale del medico per il suicidio di un paziente, in cui la Corte ha ritenuto che correttamente i giudici di merito, sulla base di un ragionamento probatorio esente da vizi logici e che aveva escluso ogni interferenza di fattori alternativi, avessero affermato l'efficacia causale della condotta del medico psichiatra che aveva autorizzato l'uscita dalla struttura sanitaria di una paziente malata di mente e con forti istinti suicidari, affidandola ad una accompagnatrice volontaria priva di specializzazione adeguata, alla quale non aveva fornito qualsivoglia informazione sullo stato mentale della malata e sui precedenti tentativi di suicidio dalla stessa attuati).

Cass. pen. n. 31760/2003

Nell'ipotesi di successive cessione di sostanza stupefacente, il nesso di causalità materiale tra la prima cessione e la morte dell'ultimo cessionario, sopraggiunta quale conseguenza non voluta dell'assunzione della droga, non è interrotto per effetto delle successive cessioni, né delle modalità in cui è avvenuta l'assunzione, trattandosi di fattori concausali sopravvenuti, non anormali o eccezionali, ma del tutto ragionevolmente prevedibili; pertanto, risponde del reato di cui agli artt. 586 e 589 c.p. non solo colui che ha ceduto direttamente alla vittima la sostanza, ma anche l'originario fornitore (nel caso di specie, la Corte ha escluso che l'assunzione di alcool, contestuale all'ingestione di cinque pasticche di ecstasy da parte della vittima, possa considerarsi una concausa sopravvenuta, non prevedibile e tale da interrompere il nesso causale tra la prima cessione e l'evento morte).

Cass. pen. n. 25923/2003

Qualora più autovetture diano luogo, lungo una pubblica via, ad una gara di velocità, il fatto che una delle stesse, dopo aver effettuato l'ultimo sorpasso, venga tamponata da un'altra e il conducente del primo mezzo perda perciò il controllo del veicolo, non esclude la sua concorrente responsabilità in ordine ai fatti lesivi o mortali da ciò derivati, ove non risulti che con la suddetta manovra di sorpasso la gara di velocità fosse effettivamente cessata. (Nella specie, in applicazione di tale principio la Corte ha annullato con rinvio la decisione di merito che aveva assolto il conducente del veicolo tamponato senza spiegare come l'eccessiva velocità da lui mantenuta dopo aver effettuato il sorpasso potesse conciliarsi con la ritenuta cessazione della gara).

Cass. pen. n. 988/2003

In tema di causalità, la dipendenza di un evento da una determinata condotta deve essere affermata anche quando le prove raccolte non chiariscano ogni passaggio della concatenazione causale, e possano essere configurate sequenze alternative di produzione dell'evento, purché ciascuna tra esse sia riconducibile all'agente e possa essere esclusa l'incidenza di meccanismi eziologici indipendenti. (Fattispecie relativa al decesso di lavoratori in conseguenza dell'inalazione di polveri di amianto, ove - pur nell'assenza di dati certi sull'epoca di maturazione della patologia - è stata assegnata rilevanza causale alla condotta di soggetti responsabili della gestione aziendale per una parte soltanto del periodo di esposizione delle persone offese, sul presupposto che tale condotta avesse ridotto i tempi di latenza della malattia, nel caso di patologie già insorte, oppure accelerato i tempi di insorgenza, nel caso di affezioni insorte successivamente).

Cass. pen. n. 29709/2002

In tema di concorso di cause (art. 41 c.p.), non può ritenersi causa sopravvenuta idonea ad escludere il rapporto eziologico tra una precedente condotta illecita ed il successivo verificarsi dell'evento quella che consista in un comportamento umano che, ancorché irregolare ed atipico, non presenti tuttavia i requisiti della eccezionalità ed imprevedibilità. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha annullato con rinvio, per mancanza di motivazione, la decisione di merito con la quale, nell'indimostrato assunto che l'imprudente manipolazione di petardi da parte di un minore, il quale per ciò aveva riportato lesioni, costituisse causa sopravvenuta ed esclusiva di tale evento, aveva assolto dal reato di lesioni colpose il soggetto che, in violazione del divieto di legge, aveva venduto al minore i suddetti petardi).

Cass. pen. n. 13114/2002

Sono cause sopravvenute o preesistenti, da sole sufficienti a determinare l'evento, quelle del tutto indipendenti dalla condotta dell'imputato. Ne consegue che non possono essere considerate tali quelle che abbiano causato l'evento in sinergia con la condotta dell'imputato, atteso che, venendo a mancare una delle due, l'evento non si sarebbe verificato. (Fattispecie relativa ad omicidio preterintenzionale, nel quale la morte era sopraggiunta in conseguenza di percosse inferte a soggetto anziano ed in non buone condizioni di salute).

Cass. pen. n. 7725/2002

Quando l'obbligo di impedire l'evento ricade su più persone che debbano intervenire in tempi diversi, il nesso di causalità tra la condotta omissiva o commissiva del titolare di una posizione di garanzia non viene meno per effetto del successivo mancato intervento da parte di un altro soggetto, parimenti destinatario dell'obbligo di impedire l'evento, configurandosi in tale ipotesi un concorso di cause ai sensi dell'art. 41 primo comma c.p.

Cass. pen. n. 9638/2000

In tema di nesso di causalità ed in presenza di due soggetti obbligati al medesimo comportamento, l'omissione del secondo non vale ad escludere la rilevanza causale della precedente omissione laddove non sia ravvisabile nel comportamento successivo una eccezionalità atta ad interrompere la concatenazione causale. (Fattispecie in cui è stato escluso che la mancata osservanza da parte dell'infermiere per ultimo subentrato dell'ordine impartito dal medico di chiamare un altro medico interrompesse il nesso di causalità relativamente al comportamento dell'infermiere del turno precedente che parimenti non aveva eseguito l'ordine in questione).

Cass. pen. n. 8866/2000

In tema di rapporto di causalità, la legge penale accoglie il principio di equivalenza delle cause, riconoscendo il valore interruttivo della seriazione causale solo a quelle che sopravvengono del tutto autonomamente, svincolate dal comportamento del soggetto agente e assolutamente autonome. Ne consegue che il decesso della vittima del reato, pur affetta da pregresse patologie, se dovuto a complicazioni susseguenti ad operazione chirurgica resa necessaria dalla condotta lesiva dell'agente, non esclude il nesso eziologico tra la condotta stessa e l'evento.

Cass. pen. n. 6506/2000

La condotta di chi, sia pure abusivamente, si introduce in un fondo altrui, lasciato colposamente accessibile a chiunque, e riceve un danno dallo stato dei luoghi o dalle cose ivi esistenti non è qualificabile come causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento di cui all'art. 41, comma 2, c.p. (Fattispecie di lesioni colpose a seguito di caduta accidentale in una vasca di raccolta di liquami sita in un terreno non recintato).

Cass. pen. n. 11779/1997

Nel caso di lesioni personali seguite da decesso della vittima dell'azione delittuosa, l'eventuale negligenza o imperizia dei medici non elide il nesso di causalità tra la condotta lesiva dell'agente e l'evento morte. La colpa dei medici, infatti, anche se grave, non può ritenersi causa autonoma ed indipendente rispetto al comportamento dell'agente che, provocando il fatto lesivo, ha reso necessario l'intervento dei sanitari. (Ha precisato la corte che la negligenza od imperizia dei sanitari non costituisce di per sé un fatto imprevedibile ed atipico rispetto alla serie causale precedente di cui costituisce uno sviluppo evolutivo, anche se non immancabile. Tale conclusione non può mai essere messa in discussione allorquando, l'eventuale colpa medica sarebbe di tipo omissivo. Infatti, mentre è possibile escludere il nesso di causalità in ipotesi di colpa commissiva, in quanto il comportamento del medico può assumere i caratteri della atipicità, la catena causale resta invece integra allorquando, vi siano state delle omissioni nelle terapie che dovevano essere praticate per prevenire complicanze, anche soltanto probabili, delle lesioni a seguito delle quali era sorta la necessità di cure mediche. L'errore per omissione non può mai prescindere dall'evento che ha fatto sorgere l'“obbligo” delle prestazioni sanitarie. L'omissione, da sola, non può mai essere sufficiente a determinare l'evento proprio perché presuppone una situazione di necessità terapeutica che dura finché durano gli effetti dannosi dell'evento che ha dato origine alla catena causale).

Cass. pen. n. 10760/1997

La causa sopravvenuta sufficiente da sola alla produzione dell'evento e quindi interruttiva del nesso eziologico è soltanto quella del tutto indipendente dal fatto posto in essere dall'agente, avulsa totalmente dalla sua condotta ed operante in assoluta autonomia, in modo da sfuggire al controllo ed alla prevedibilità dell'agente medesimo. Tale non può considerarsi la causa sopravvenuta legata a quella preesistente da un nesso di interdipendenza come le collisioni successive all'incidente provocato da un automobilista con conseguente arresto del veicolo ed ostruzione della carreggiata.

Cass. pen. n. 578/1997

In tema di concorso di cause la causa sopravvenuta sufficiente da sola alla produzione dell'evento e, quindi, avente efficacia interruttiva del nesso di causalità, è quella del tutto indipendente dal fatto posto in essere dall'agente, avulsa totalmente dalla sua condotta ed operante in assoluta autonomia, in modo da sfuggire al controllo ed alla prevedibilità dell'agente medesimo. Tale non può considerarsi la causa sopravvenuta legata a quella preesistente da un nesso di interdipendenza ed, in tal caso le cause concorrenti — che non siano da sole sufficienti a determinare l'evento per il necessario porsi della prima come condizione necessaria antecedente — sono tutte e ciascuna causa dell'evento in base al principio della causalità materiale fondato sull'equivalenza delle condizioni.

Cass. pen. n. 9197/1996

In tema di nesso di causalità sono da considerarsi «cause sopravvenute da sole sufficienti a determinare l'evento», secondo la previsione dell'art. 41 comma secondo c.p., soltanto quelle del tutto indipendenti dal fatto del reo, avulse dalla sua condotta e operanti in assoluta autonomia; non costituisce perciò causa sopravvenuta quella che sia legata alla causa preesistente e si trovi con essa in una situazione di interdipendenza per cui, mancando l'una, l'altra rimarrebbe inefficace; infatti nessuna di esse, in tal caso, potrebbe realizzare l'evento disgiunta dall'altra. Devono rispondere perciò del delitto di omicidio preterintenziale le persone che si sono rese responsabili di un pestaggio quando, per fuggire ad ulteriori percosse o comunque nello stato confusionale determinato dai colpi ricevuti, la vittima precipiti da un muretto trovando la morte a causa della caduta.

Cass. pen. n. 6547/1996

In tema di reato colposo, poiché nel processo penale l'unico rapporto civilistico che viene in considerazione è quello tra la parte civile e l'imputato (e l'eventuale responsabile civile) è preclusa al giudice la valutazione quantificatoria delle colpe concorrenti degli imputati, ciascuno dei quali, ai sensi dell'art. 2055 c.c., risponde per l'intero verso il danneggiato. Questa, al più, può essere compiuta al fine di graduare la responsabilità penale dei prevenuti, senza alcuna efficacia vincolante nell'eventuale giudizio civile di regresso.

Cass. pen. n. 10763/1995

In tema di nesso di causalità, quando i comportamenti di più soggetti concorrono su un piano di reciproca equivalenza a determinare l'evento, il giudizio sull'efficienza causale è distinto ed autonomo per ciascuna condotta. Nel concorso di cause equivalenti, ogni fattore causale è, infatti, conditio sine qua non dell'evento. Se questo, per difetto dell'elemento psicologico, non è riconducibile in termini di responsabilità a tutti i soggetti ma solo ad uno di essi, non per questo risulta modificato il giudizio relativo all'efficienza causale delle singole condotte, trattandosi di valutazioni che afferendo ad elementi diversi ontologicamente, restano tra loro indipendenti.

Cass. pen. n. 12783/1994

Quando una condotta colposa si inserisce in una situazione pericolosa determinata da altri, anche questi è colpevole dell'evento che ne deriva in quanto chi pone in essere una situazione di pericolo risponde delle conseguenze provocate dalla condotta colposa di terzi.

Cass. pen. n. 1996/1994

In sede di quantificazione dell'apporto causale di più condotte che abbiano prodotto un evento colposo, qualora si ritenga che un comportamento abbia costituito la causa prima tra tutte quelle che hanno provocato il fatto, tra cui è compreso quello della persona offesa, la priorità tra le varie condotte può giustificare un convincimento di preponderanza dell'efficienza causale dell'azione posta in essere.

Cass. pen. n. 8435/1993

In tema di responsabilità colposa, quando l'imminenza e gravità di una situazione di pericolo sia percepibile con estrema facilità, chiarezza e prevedibilità e possa conseguentemente essere evitata con diligenza anche minima, va esclusa la colpa di colui che abbia realizzato una astratta concausa dell'evento dovendosi ritenere interrotto il nesso tra la causa remota e l'accaduto. (Nella specie la Corte ha escluso la responsabilità dell'esecutore dei lavori di manutenzione di una autostrada. Questi aveva parcheggiato il veicolo sulla corsia di emergenza. La Corte ha osservato che la perfetta visibilità e la completa e tempestiva avvistabilità dell'ingombro interrompeva il nesso predetto).

Cass. pen. n. 1737/1993

Quando una condotta colposa s'inserisce in una situazione pericolosa determinata da altri, anche questi è colpevole dell'evento che ne deriva in quanto chi pone in essere una situazione di pericolo risponde delle conseguenze eventualmente provocate dalla condotta colposa di terzi.

Cass. pen. n. 9553/1991

In tema di causa sopravvenuta sufficiente a determinare l'evento, è capace di interrompere il nesso con le cause precedenti quell'azione o quel complesso di condizioni che, pur inserendosi in un complesso di fattori causali, ha efficienza e capacità di così alto grado, che i fattori precedenti concorrono e svolgono un ruolo meramente occasionale.

Cass. pen. n. 3197/1990

In tema di rapporto di causalità, la causa da sola sufficiente a determinare l'evento — da valutarsi in concreto secondo il criterio di certezza e non della mera possibilità — non è soltanto quella appartenente ad una serie causale completamente autonoma rispetto a quella posta in essere dalla condotta dell'agente, ma anche quella che, pur inserendosi nella serie causale dipendente dalla condotta dell'imputato, agisce per esclusiva forza propria nella determinazione dell'evento, cosicché la condotta dell'imputato, pur costituendo un precedente necessario per l'efficacia della causa sopravvenuta, assume rispetto all'evento stesso non il ruolo di fattore causale, ma di semplice occasione.

Cass. pen. n. 82/1990

In tema di nesso di causalità, la colpa della vittima non può costituire causa unica e determinante dell'evento in una situazione di pericolo posta in essere dall'imputato; la causa sopravvenuta, infatti, può essere considerata causa esclusiva dell'evento quando, rispetto alla serie causale precedente, presenti i caratteri della assoluta anormalità o, della eccezionalità e non può dirsi eccezionale e deve riconoscersi, invece, logicamente inserita nella precedente serie, la condotta di chi, dovendo legittimamente attendersi, in una situazione data, di essere tutelato, debba prendere atto della mancata predisposizione delle misure di tutela e adotti un comportamento non in grado, magari per imprudenza o imperizia, di evitare il pericolo che altri era tenuto a non creare.

Cass. pen. n. 4287/1986

In tema di rapporto di causalità ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 41 c.p., secondo cui «le disposizioni precedenti si applicano anche quando la causa preesistente, simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui», il nesso di causalità non resta escluso dal fatto volontario altrui, cioè quando l'evento è dovuto anche all'imprudenza di un terzo o dello stesso offeso, poiché il fatto umano, involontario o volontario, realizza anch'esso un fattore causale, al pari degli altri fattori accidentali o naturali. (Nella specie, relativa ad annullamento di sentenza di assoluzione da omicidio colposo, la Suprema Corte ha ritenuto erroneo il ragionamento seguito dalla corte di merito, la quale, pur avendo considerato che l'imputato si era «comportato con evidente imprudenza», aveva concluso che, tuttavia, ciò non significava che egli dovesse rispondere dell'evento verificatosi a titolo di colpa (con ciò operando un'erronea sovrapposizione tra nesso oggettivo di causalità ed elemento soggettivo del reato) in quanto nel processo causale si era inserito un evento eccezionale ed imprevedibile, che aveva avuto un'influenza decisiva nella determinazione dell'evento, e cioè l'urto volontario, dato alla vittima con il gomito al braccio sinistro dell'imputato, che aveva provocato la rotazione e lo sparo della pistola che questi stava controllando).

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