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Articolo 459 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Casi di procedimento per decreto

Dispositivo dell'art. 459 Codice di procedura penale

1. Nei procedimenti per reati perseguibili di ufficio ed in quelli perseguibili a querela se questa è stata validamente presentata e se il querelante non ha nella stessa dichiarato di opporvisi, il pubblico ministero, quando ritiene che si debba applicare soltanto una pena pecuniaria, anche se inflitta in sostituzione di una pena detentiva, può presentare al giudice per le indagini preliminari, entro un anno dalla data in cui il nome della persona alla quale il reato è attribuito è iscritto nel registro delle notizie di reato e previa trasmissione del fascicolo, richiesta motivata di emissione del decreto penale di condanna, indicando la misura della pena(1)(2)(3)(5).

1-bis. Nel caso di irrogazione di una pena pecuniaria in sostituzione di una pena detentiva, il giudice, per determinare l’ammontare della pena pecuniaria, individua il valore giornaliero al quale può essere assoggettato l’imputato e lo moltiplica per i giorni di pena detentiva. Il valore giornaliero non può essere inferiore a 5 euro e superiore a 250 euro e corrisponde alla quota di reddito giornaliero che può essere impiegata per il pagamento della pena pecuniaria, tenendo conto delle complessive condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell’imputato e del suo nucleo familiare. Alla pena pecuniaria irrogata in sostituzione della pena detentiva si applica l’articolo 133 ter del Codice Penale. Entro gli stessi limiti, la pena detentiva può essere sostituita altresì con il lavoro di pubblica utilità di cui all’articolo 56-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689, se l’indagato, prima dell’esercizio dell’azione penale, ne fa richiesta al pubblico ministero, presentando il programma di trattamento elaborato dall’ufficio di esecuzione penale esterna con la relativa dichiarazione di disponibilità dell’ente(5).

1-ter. Quando è stato emesso decreto penale di condanna a pena pecuniaria sostitutiva di una pena detentiva, l'imputato, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, nel termine di quindici giorni dalla notificazione del decreto, può chiedere la sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità di cui all'articolo 56-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689, anche senza formulare l'atto di opposizione. Con l'istanza, l'imputato può chiedere un termine di sessanta giorni per depositare la dichiarazione di disponibilità dell'ente o dell'associazione di cui all'articolo 56-bis, primo comma, e il programma dell'ufficio di esecuzione penale esterna. Trascorso detto termine, il giudice che ha emesso il decreto di condanna può operare la sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità. In difetto dei presupposti, il giudice respinge la richiesta e, se non è stata proposta, congiuntamente o successivamente, tempestiva opposizione, dichiara esecutivo il decreto(6)(7).

2. Il pubblico ministero può chiedere l'applicazione di una pena diminuita sino alla metà rispetto al minimo edittale.

3. Il giudice, quando non accoglie la richiesta, se non deve pronunciare sentenza di proscioglimento a norma dell'articolo 129(4), restituisce gli atti al pubblico ministero.

4. Del decreto penale è data comunicazione al querelante.

5. Il procedimento per decreto non è ammesso quando risulta la necessità di applicare una misura di sicurezza personale.

Note

***DIFFERENZE RISPETTO ALLA FORMULAZIONE PREVIGENTE ALLA RIFORMA CARTABIA E SUCCESSIVE ULTERIORI MODIFICHE***
(in verde le modifiche e in "[omissis]" le parti della norma non toccate dalla riforma)


1. Nei procedimenti per reati perseguibili di ufficio ed in quelli perseguibili a querela se questa è stata validamente presentata e se il querelante non ha nella stessa dichiarato di opporvisi, il pubblico ministero, quando ritiene che si debba applicare soltanto la pena pecuniaria, anche se inflitta in sostituzione di una pena detentiva, può presentare al giudice per le indagini preliminari, entro un anno dalla data in cui il nome della persona alla quale il reato è attribuito è iscritto nel registro delle notizie di reato e previa trasmissione del fascicolo, richiesta motivata di emissione del decreto penale di condanna, indicando la misura della pena.
1-bis Nel caso di irrogazione di una pena pecuniaria in sostituzione di una pena detentiva, il giudice, per determinare l’ammontare della pena pecuniaria, individua il valore giornaliero al quale può essere assoggettato l’imputato e lo moltiplica per i giorni di pena detentiva. Il valore giornaliero non può essere inferiore a 5 euro e superiore a 250 euro e corrisponde alla quota di reddito giornaliero che può essere impiegata per il pagamento della pena pecuniaria, tenendo conto delle complessive condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell’imputato e del suo nucleo familiare. Alla pena pecuniaria irrogata in sostituzione della pena detentiva si applica l’articolo 133-ter del codice penale. Entro gli stessi limiti, la pena detentiva può essere sostituita altresì con il lavoro di pubblica utilità di cui all’articolo 56-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689, se l’indagato, prima dell’esercizio dell’azione penale, ne fa richiesta al pubblico ministero, presentando il programma di trattamento elaborato dall’ufficio di esecuzione penale esterna con la relativa dichiarazione di disponibilità dell’ente.
1-ter. Quando è stato emesso decreto penale di condanna a pena pecuniaria sostitutiva di una pena detentiva, l’imputato, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, nel termine di quindici giorni dalla notificazione del decreto, può chiedere la sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità di cui all’articolo 56- bis della legge 24 novembre 1981, n. 689, senza formulare l’atto di opposizione. Con l’istanza, l’imputato può chiedere un termine di sessanta giorni per depositare la dichiarazione di disponibilità dell’ente o dell’associazione di cui all’articolo 56-bis, primo comma, e il programma dell’ufficio di esecuzione penale esterna. Trascorso detto termine, il giudice che ha emesso il decreto di condanna può operare la sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità. In difetto dei presupposti, il giudice respinge la richiesta ed emette decreto di giudizio immediato.
[omissis]

__________________

(1) La richiesta è atto di esercizio dell'azione penale, quindi deve contenere tutti i dati idonei a identificare l'imputato e la correlativa imputazione.
(2) La competenza spetta al giudice per le indagini preliminari, previo vaglio di ammissibilità.
(3) La Corte costituzionale, con sentenza 28 gennaio - 27 febbraio 2015, n. 23 (Gazz. Uff. 4 marzo 2015, n. 9 - Prima serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui prevede la facoltà del querelante di opporsi, in caso di reati perseguibili a querela, alla definizione del procedimento con l'emissione di decreto penale di condanna.
(4) In questo caso il giudice emette una sentenza idonea a chiudere il processo, ma che può essere impugnata con ricorso in Cassazione.
(5) Comma così modificato dall'art. dall'art. 28, co. 1, lett. a), n. 1) del d.lgs. n. 150 del 2022 (c.d. riforma "Cartabia").
(6) Comma aggiunto dall'art. 28, co. 1, lett. a), n. 2) del d.lgs. n. 150 del 2022 (c.d. riforma "Cartabia").
(7) Il comma 1-ter è stato modificato dall'art. 2, comma 1, lettera s) del D. Lgs. 19 marzo 2024, n. 31.

Ratio Legis

Il procedimento per decreto trova la propria ratio in un’ottica di economia processuale. Questo rito speciale ha un forte carattere deflattivo poiché comporta il venir meno del contraddittorio con l’imputato: c’è l’eliminazione dell’udienza preliminare e del dibattimento con l’emissione immediata del provvedimento di condanna. La fase dibattimentale (e, dunque, il recupero del contraddittorio) si ha solo se l’imputato si oppone al decreto penale di condanna. Il fatto che il decreto penale di condanna consegua ad un procedimento senza un contraddittorio con l’imputato (a meno che questo non si opponga) è controbilanciato dallo sconto di pena che il pubblico ministero può chiedere: il pubblico ministero può chiedere l’applicazione di una pena diminuita fino alla metà rispetto al minimo edittale.

Spiegazione dell'art. 459 Codice di procedura penale

L’art. 459 c.p.p. disciplina i casi di procedimento per decreto penale di condanna.

Il comma 1 stabilisce che il pubblico ministero – quando ritiene che vada irrogata una pena pecuniaria, anche in sostituzione di una pena detentiva – può presentare al giudice per le indagini preliminari la richiesta motivata di emissione del decreto penale di condanna, con l’indicazione della misura della pena. Il comma 2 precisa che il pubblico ministero può chiedere l’applicazione di una pena diminuita fino alla metà rispetto al minimo edittale.

Ai sensi del comma 1, il procedimento per decreto è applicabile sia per reati proseguibili d’ufficio, sia per i reati perseguibili a querela della persona offesa se la querela è stata validamente presentata. La Corte costituzionale (sent. n. 23 del 2015) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 1 nella parte in cui prevede la facoltà del querelante di opporsi, sin dalla querela, all’emissione del decreto penale di condanna. La Consulta ha ritenuto prevalenti le esigenze deflattive rispetto alle esigenze di giustizia dell’offeso.
Tuttavia, a norma del comma 5, il procedimento per decreto non è ammesso quando risulta la necessità di applicare una misura di sicurezza personale.

Il comma 1 (come modificato dalla riforma Cartabia, d.lgs. n. 150 del 2022) prevede che il pubblico ministero possa richiedere il decreto entro un anno dalla data di iscrizione del nome dell’indagato nel registro delle notizie di reato.
Prima della riforma, il pubblico ministero poteva agire nel termine di sei mesi (non un anno). Tale estensione va collegata ai nuovi termini di durata delle indagini preliminari come ridisegnati dalla riforma Cartabia (si veda l’art. 407 del c.p.p.).

Ai sensi del comma 1-bis (modificato anch’esso dalla riforma Cartabia), nel caso di irrogazione di pena pecuniaria in sostituzione di pena detentiva, il giudice può determinare l’ammontare della pena pecuniaria. Il giudice determina il valore giornaliero della pena pecuniaria sostitutiva: il valore giornaliero può andare tra 5 euro e 250 euro e corrisponde alla quota di reddito giornaliero che può essere impiegata per il pagamento della pena pecuniaria, tenendo conto delle complessive condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell’imputato e del suo nucleo familiare. Alla pena pecuniaria irrogata in sostituzione della pena detentiva si applica l’art. 133 ter del c.p..

Secondo il comma 1-bis, negli gli stessi limiti, il pubblico ministero può prevedere che la pena pecuniaria prevista in sostituzione della pena detentiva venga sostituita con il lavoro di pubblica utilità di cui all’art. 56-bis della L. n. 689/1981. Ciò è possibile se l’indagato ne fa richiesta al pubblico ministero prima dell’esercizio dell’azione penale, presentando il programma di trattamento elaborato dall’ufficio di esecuzione penale esterna con la dichiarazione di disponibilità dell’ente.

Il comma 1-ter (introdotto dalla riforma Cartabia e modificato dal d.lgs. n. 31 del 2024) precisa che, nel caso in cui sia stato emesso decreto penale di condanna a pena pecuniaria sostitutiva di una pena detentiva, l’imputato può richiedere la sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità, anche senza formulare l’atto di opposizione al decreto.

Quando l’imputato chiede la sostituzione in lavoro di pubblica utilità senza formulare l’opposizione, se mancano i presupposti per la sostituzione, il decreto diviene immediatamente esecutivo. Invece, quando l’imputato chiede la sostituzione e si oppone al decreto di condanna, se la richiesta di sostituzione è rigettata, il giudice provvede sull’opposizione ai sensi dell’art. 464 del c.p.p..

Come disposto dal comma 3, il giudice, quando non accoglie la richiesta di emissione di decreto penale di condanna, restituisce gli atti al pubblico ministero. Ciò a meno che il giudice non debba pronunciare sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 del c.p.p..
Dal combinato disposto del comma 3 dell’art. 459 c.p.p. e del comma 2 dell’art. 460 del c.p.p. emerge che il giudice non può modificare la richiesta del pubblico ministero, anche in punto di quantificazione della pena (però, come visto, se il codice penale prevede una pena detentiva ed il pubblico ministero ha consentito alla sua sostituzione con la pena pecuniaria, il giudice è vincolato solo alla misura di pena detentiva indicata dal pubblico ministero e può indicare il valore giornaliero della pena pecuniaria sostitutiva).

Il comma 4 precisa che, se viene emesso il provvedimento di condanna, al querelante è data comunicazione del decreto penale.

Relazione al D.Lgs. 150/2022

(Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150: "Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari")

1 
Il criterio della legge delega è chiaro. Il termine di un anno si raccorda col termine, parimenti annuale, di durata delle indagini per i reati diversi dalle contravvenzioni (per i quali varrà il termine più breve semestrale) e dai delitti di cui all’art. 407, comma 2 (per i quali varrà il termine di un anno e sei mesi): cfr. art. 1, comma 9, lett. c) della legge delega.


Alla delega si dà attuazione attraverso la modifica dell’art. 459 c.p.p., che disciplina il procedimento per decreto nel procedimento penale, e della omologa disposizione di cui all’art. 64 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, dettata per il procedimento monitorio nell’ambito della disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica.
2 
I criteri di contenuti nella legge delega contengono indicazioni circa la disciplina del decreto penale di condanna con alcune innovazioni importanti, che impongono un’attenta ricerca di soluzioni operative percorribili.
Un primo aspetto riguarda il criterio di delega, quanto alla previsione generale che il decreto penale possa contenere una condanna non solo alla pena pecuniaria, ma altresì al lavoro di pubblica utilità sostitutivo. Infatti, il criterio che delega il Governo a "prevedere che con il decreto penale di condanna la pena detentiva possa essere sostituita, oltre che con la pena pecuniaria, con il lavoro di pubblica utilità, se il condannato non si oppone", deve essere coordinato ed interpretato sistematicamente con la disciplina vigente del decreto penale ed in particolare con l’art. 459 commi 1 bis e 2 c.p.p., che nel combinato disposto consentono di emettere un decreto penale di condanna a pena pecuniaria sostitutiva con il beneficio premiale della diminuzione della pena sino alla metà rispetto al minimo edittale.
La lettera della legge consente due interpretazioni:
a) con il decreto penale di condanna il giudice può applicare la pena del lavoro di pubblica utilità sostitutivo fino a tre anni, che può presupporre condanne per reati puniti con la pena della reclusione di anni sei nel minimo edittale (da diminuire sino alla metà per il beneficio del rito);
b) con il decreto penale di condanna il giudice può applicare la pena del lavoro di pubblica utilità sostitutivo solo in quanto alternativo alla possibilità di sostituire la pena detentiva fino ad un anno con la pena pecuniaria. Il criterio ermeneutico si fonda sul legame tra il periodo precedente: "quando ritenga di doverla determinare entro il limite di un anno, possa sostituirla altresì con la pena pecuniaria della specie corrispondente", a quello immediatamente successivo: "con il decreto penale di condanna la pena detentiva possa essere sostituita, oltre che con la pena pecuniaria, con il lavoro di pubblica utilità".


Dal punto di vista letterale, appare determinante l’inciso: "oltre che con la pena pecuniaria", che confina la sostituibilità del lavoro di pubblica utilità nella cornice della pena pecuniaria; mentre da quello sistematico sembra insostenibile prevedere la possibilità di condanne inaudita altera parte e con contraddittorio differito per fatti potenzialmente assai gravi e rilevanti. Si è optato per la seconda interpretazione.


L’area di intervento è stata individuata nel comma 1 bis dell’art. 459 c.p.p., che già disciplina la possibilità di emettere il decreto penale di condanna a pena pecuniaria sostitutiva, secondo le seguenti linee di riforma:
a) il primo periodo del comma in esame è rimasto inalterato: "Nel caso di irrogazione di una pena pecuniaria in sostituzione di una pena detentiva, il giudice, per determinare l'ammontare della pena pecuniaria, individua il valore giornaliero al quale può essere assoggettato l'imputato e lo moltiplica per i giorni di pena detentiva".
b) il secondo periodo, che determina l’ammontare del valore giornaliero di cui al primo comma, è stato adeguato al criterio dettato dal nuovo art. 56 quater l. n. 689/1981 in materia di pena pecuniaria sostitutiva: "Il valore giornaliero (…) corrisponde alla quota di reddito giornaliero che può essere impiegata per il pagamento della pena pecuniaria, tenendo conto delle complessive condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell’imputato e del suo nucleo familiare";
c) la cornice del valore giornaliero è stata determinata in applicazione del criterio di delega a mente del quale “il valore giornaliero al quale può essere assoggettato il condannato sia individuato, nel minimo, in misura indipendente dalla somma indicata dall'articolo 135 del codice penale e, nel massimo (…) in caso di sostituzione della pena detentiva con decreto penale di condanna, in 250 euro”; e così si è stabilito che: "il valore giornaliero non può essere inferiore a 5 euro e superiore a 250 euro". La determinazione del minimo è coerente con quanto stabilito nell’articolo 56 quater cit.;
d) è stato mantenuto l’opportuno richiamo alla rateizzazione della pena pecuniaria: "alla pena pecuniaria irrogata in sostituzione della pena detentiva si applica l'articolo 133 ter del codice penale", con l’auspicio che possa trovare maggiori spazi di accoglienza nella pratica, al fine di rendere più agevole e quindi effettivo il pagamento delle pene pecuniarie;
e) da ultimo, in applicazione dello specifico criterio di delega di cui si è già fatto cenno, è stata espressamente prevista la possibilità di irrogare con decreto penale il lavoro di pubblica utilità sostitutivo nel limite di un anno, in luogo della pena pecuniaria, inserendo alla fine del comma l’espressione: "entro gli stessi limiti, la pena detentiva può essere sostituita altresì con il lavoro di pubblica utilità di cui all’art. 56 bis della legge 689 del 1981, se l’indagato, prima dell’esercizio dell’azione penale, ne fa richiesta al pubblico ministero, presentando il programma di trattamento elaborato dall’ufficio di esecuzione penale esterna con la relativa dichiarazione di disponibilità dell’ente". Si pone il problema di coordinare le peculiarità della procedura semplificata a contraddittorio eventuale e differito con le esigenze della pena sostitutiva ed in particolare con la verificata non opposizione e la necessità di strutturare un programma di lavoro presso un ente accreditato e disponibile.


L’ultimo periodo del comma 1 bis dell’art. 459 c.p.p. riguarda in proposito il caso in cui l’indagato sia a conoscenza del procedimento a suo carico e abbia interesse ad attivarsi presso il pubblico ministero per giungere a un decreto penale di condanna al lavoro di pubblica utilità sostitutivo, di cui fornisce egli stesso gli elementi e la documentazione necessaria con la serietà dell’avallo dell’ufficio di esecuzione penale esterna. In alternativa, presuppone un pubblico ministero o una polizia giudiziaria specializzata che, agli stessi fini, prendano iniziativa presso l’indagato ed il suo difensore.
In tal modo, la richiesta dell’indagato assolve il requisito della non opposizione e la documentazione prodotta tramite l’ufficio di esecuzione penale esterna delinea i contenuti del lavoro di pubblica utilità da sottoporre alla delibazione del giudice.


Si è inoltre preso atto delle esigenze pratiche di celerità della procedura e della non frequente attivazione diligente e consapevole dell’indagato prima dell’esercizio dell’azione penale. Nella consapevolezza che l’assoluta maggioranza dei decreti penali viene emessa per pene pecuniarie, si è deciso di aprire uno spazio al lavoro di pubblica utilità anche dopo l’emissione del decreto penale di condanna a pena pecuniaria sostitutiva.
In proposito, è stato creato un comma 1 ter dell’articolo 459 c.p.p., finalizzato a dare piena attuazione ed efficacia al criterio di delega in esame, secondo il seguente schema:
a) il presupposto è l’emissione di un decreto penale di condanna a pena pecuniaria sostitutiva di una pena detentiva e la sua conoscenza da parte dell’imputato, a seguito di rituale notificazione;
b) nel termine di quindici giorni dalla notificazione del decreto, che è lo stesso termine per proporre opposizione;
c) l’imputato personalmente o a mezzo di procuratore speciale, vale a dire che, in deroga alle condizioni dell’opposizione, si è disegnato un atto personalissimo con la previsione della procura speciale (per il difensore o per altri), in ragione della gravità delle conseguenze sanzionatorie e della necessità della non opposizione della parte, in coerenza con quanto disposto nell’articolo 545 bis c.p.p., in occasione della condanna a pena sostituibile;
d) può chiedere la sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità di cui all’articolo 56 bis della legge 24 novembre 1981 n. 689, senza formulare l’atto di opposizione.
Per semplificare e accelerare la procedura di applicazione del lavoro di pubblica utilità sostitutivo, si è tratto esempio dal caso analogo e noto nella prassi dei giudici per le indagini preliminari del decreto penale di condanna a pena pecuniaria per i reati stradali, che, a mente dell’art. 186, co. 9 bis del Codice della strada, può essere punito anche con il lavoro di pubblica utilità. La prassi dei giudici di merito ha trovato l’autorevole avallo della più recente giurisprudenza di legittimità, a mente della quale “in caso di avvenuta emissione di decreto penale di condanna, il giudice per le indagini preliminari, può, su istanza dell'imputato presentata nel termine di quindici giorni dalla notifica del provvedimento, ed in assenza di presentazione, da parte di questi, di atto di opposizione, sostituire la pena pecuniaria di cui al decreto penale con quella del lavoro di pubblica utilità prevista dall'art. 186, comma 9- bis, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285” (cfr. Cass. IV 13 gennaio 2021 n. 6879, Parolin).
d) l’imputato può chiedere un termine di sessanta giorni per depositare la dichiarazione di disponibilità dell’ente o dell’associazione di cui all’articolo 56 bis primo comma e il programma dell’ufficio di esecuzione penale esterna. La disciplina è coerente con le facoltà e i termini riconosciuti all’imputato dall’articolo 545 bis c.p.p. e dalle altre norme che lo richiamano. Ne consegue che il condannato con decreto penale, senza proporre formale opposizione, deve depositare istanza di sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità nel termine perentorio di quindici giorni e – su richiesta contestuale - ha diritto a un termine fino a sessanta giorni per presentare il programma e la disponibilità dell’ente.
e) allo spirare del termine, in caso di esito favorevole, il giudice che ha emesso il decreto di condanna può operare la sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità ovvero, in difetto dei presupposti, può respingere la richiesta, emettendo in tal caso decreto di giudizio immediato, in conformità all’art. 464, co. 1 c.p.p.

Massime relative all'art. 459 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 33472/2018

In tema di decreto penale di condanna, il giudice per le indagini preliminari ha il potere di modificare l'importo stabilito dal pubblico ministero per il ragguaglio tra la pena detentiva e quella pecuniaria, in base alla nuova previsione dell'art. 459, comma 1-bis, cod. proc. pen., così come modificato dall'art. 1, comma 53, della legge 23 giugno 2017, n. 103, ferma restando l'intangibilità della quantificazione della pena detentiva indicata nella richiesta.

Cass. pen. n. 20569/2018

Non è abnorme, e quindi non ricorribile per cassazione, il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari, investito della richiesta di emissione di decreto penale di condanna, restituisca gli atti al pubblico ministero perché valuti la possibilità di chiedere l'archiviazione del procedimento per particolare tenuità del fatto ai sensi dell'art. 131-bis cod. pen. (In motivazione la Corte ha precisato che l'invito a verificare il carattere "particolarmente tenue" dell'illecito contestato nell'imputazione non implica alcuna invasione delle competenze dell'organo requirente, ma appartiene all'attività di qualficazione giuridica propria del giudice).

Cass. pen. n. 14012/2018

È abnorme il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari, dopo avere revocato il decreto penale di condanna e avere disposto la restituzione degli atti al pubblico ministero, dichiari irricevibile la successiva richiesta di archiviazione per intervenuta prescrizione del reato, sul rilievo della irretrattabilità dell'azione penale già esercitata, poichè tale dichiarazione determina la regressione del procedimento alla fase delle indagini preliminari, e la stasi dello stesso, per l'impossibilità per il pubblico ministero di qualsiasi azione processuale.

Cass. pen. n. 14764/2014

Non è abnorme l'ordinanza con la quale il G.i.p. rigetta la richiesta di emissione del decreto penale di condanna disponendo la restituzione degli atti al P.M., per l'inosservanza del termine di sei mesi entro il quale l'istanza a norma dell'art. 459, comma primo, cod.proc.pen. deve essere presentata.

Cass. pen. n. 3415/2013

La persona offesa è legittimata a ricorrere per cassazione per violazione di legge contro il decreto penale emesso nonostante la sua rituale opposizione manifestata nell'atto di querela a tale forma di definizione del procedimento.

Cass. pen. n. 15167/2012

E abnorme il decreto penale di condanna notificato alla persona contro la quale è stata esercitata l'azione penale ma irrogativo di pena nei confronti di altra persona, estranea ai fatti. (Nella specie, la Corte ha ritenuto la sussistenza dell'interesse ad impugnare del vero imputato per la necessità di garantirgli il diritto di opposizione).

Cass. pen. n. 2982/2012

La previsione di cui all'art. 459 c.p.p. - per la quale, in caso di mancato accoglimento della richiesta di decreto penale, il giudice, salvo che non debba pronunciare sentenza di proscioglimento ai sensi dell'art. 129 c.p.p., restituisce gli atti al P.M. - importa che, qualora il mancato accoglimento dipenda da una diversa qualificazione giuridica del fatto, il giudice deve limitarsi a disporre la restituzione degli atti, senza poter pronunciare sentenza di proscioglimento in ordine al diverso reato ritenuto rispetto a quello originariamente contestato, giacché altrimenti tale sentenza, se non impugnata, darebbe luogo all'effetto preclusivo di cui all'art. 649 c.p.p..

Cass. pen. n. 41105/2010

È abnorme il provvedimento con il quale il G.i.p., una volta emesso già il decreto penale, disponga con autonomo provvedimento la confisca del veicolo con il quale era stato commesso il reato di cui all'art. 186, comma secondo, lett. c), Cod. strada.

Cass. pen. n. 8288/2010

Deve ritenersi affetto da abnormità (del tipo c.d. “funzionale”) il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari, sulla base di valutazioni di mera opportunità, abbia respinto la richiesta di decreto penale avanzata dal pubblico ministero (principio affermato, nella specie, con riguardo ad un caso in cui la reiezione era stata motivata dal giudice con la considerazione che, non avendo l’imputato inteso avvalersi della possibilità di definire in via amministrativa l’illecito a lui contestato, così mostrando la volontà di richiedere la verifica dibattimentale, il decreto penale sarebbe stato sicuramente oggetto di opposizione, per cui si sarebbe risolto in inutile dispendio di attività giurisdizionale).

Cass. pen. n. 48452/2008

È abnorme, e come tale ricorribile per cassazione, il provvedimento con il quale il giudice, nel dichiarare la nullità del decreto penale di condanna emesso nei confronti dell'imputato, disponga la regressione del procedimento, trasmettendo gli atti al P.M..

Cass. pen. n. 45679/2008

Qualora il G.i.p., richiesto dell'emissione di un decreto penale di condanna, prosciolga invece l'imputato ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 459, comma terzo e 129 c.p.p., l'unica impugnazione esperibile è il ricorso per cassazione e non l'appello, pur dopo l'abrogazione dell'art. 594 c.p.p. e la riformulazione dell'art. 593 stesso codice, seguita dalla declaratoria d'incostituzionalità con il ripristino della facoltà d'appello per il P.M.

Cass. pen. n. 4545/2008

Deve escludersi la natura di atto abnorme del provvedimento con cui il G.i.p., richiesto dal P.M. di emettere un decreto penale di condanna con contestuale istanza di restituzione delle cose sequestrate, restituisca gli atti rigettando la richiesta sul presupposto dell'obbligatorietà della confisca delle cose in sequestro, in quanto si tratta di un atto previsto dal sistema processuale (art. 459, comma terzo, c.p.p.), che non provoca alcuna stasi del procedimento.

Cass. pen. n. 3417/2006

Non è abnorme, e, quindi, non è impugnabile con il ricorso per cassazione, il provvedimento con il giudice per le indagini preliminari abbia rigettato la richiesta del pubblico ministero di emissione del decreto penale di condanna: trattasi, infatti, di provvedimento che (pur se, in ipotesi, erroneo od illegittimo) non determina una stasi del processo non eliminabile e l'impossibilità di proseguirlo, perché il pubblico ministero può sempre procedere con il rito ordinario.

Cass. pen. n. 8137/2004

Non è abnorme il provvedimento con cui il Gip restituisce gli atti al P.M. per inosservanza del termine di sei mesi entro il quale, ai sensi dell'art. 459, primo comma, c.p.p., deve essere presentata la richiesta di decreto penale, dato che la natura ordinatoria di tale termine (e la mancanza di sanzione per la sua inosservanza) non ne autorizza il mancato rispetto.

Cass. pen. n. 5850/2004

È legittimo il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari respinga la richiesta di decreto penale avanzata dal pubblico ministero oltre la scadenza del termine di sei mesi dalla data di iscrizione dell'imputato nel registro delle notizie di reato, previsto dall'art. 459, comma 1, c.p.p.

Cass. pen. n. 47515/2003

Il disposto di cui all'art. 459, terzo comma, c.p.p., secondo cui, in caso di mancato accoglimento della richiesta di decreto penale, il giudice, salvo che non debba pronunciare sentenza di proscioglimento ai sensi dell'art. 129 c.p.p., restituisce gli atti al pubblico ministero, importa che, nel caso in cui il mancato accoglimento dipenda da una diversa qualificazione giuridica del fatto, il giudice deve limitarsi a disporre la restituzione degli atti, senza poter pronunciare sentenza di proscioglimento in ordine al diverso reato ritenuto rispetto a quello originariamente contestato, giacché altrimenti tale sentenza, se non impugnata, darebbe luogo all'effetto preclusivo di cui all'art. 649 c.p.p.

Cass. pen. n. 19268/2003

Deve considerarsi abnorme, perché si colloca al di fuori delle ipotesi tassativamente previste e perchè determina una stasi processuale non rimuovibile se non con la impugnazione, il provvedimento del giudice il quale, nel dichiarare la nullità del decreto penale di condanna emesso nei confronti dell'imputato, disponga la regressione del procedimento, trasmettendo gli atti al pubblico ministero.

Cass. pen. n. 18059/2003

Il Giudice per le indagini preliminari che ritenga di non accogliere la richiesta del P.M. di emissione di decreto penale di condanna ha l'alternativa di restituire gli atti al P.M. ovvero di pronunciare sentenza di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., ma non può prosciogliere l'imputato in caso di mancanza, insufficienza e contraddittorietà della prova, ai sensi dell'art. 530, secondo comma, c.p.p., perché una siffatta pronuncia è consentita solo nella fase conclusiva del dibattimento, a prescindere dal rito seguito.

Cass. pen. n. 14887/2003

Nel procedimento per decreto, nel caso in cui il GIP., richiesto dell'emissione del decreto penale di condanna, proceda al proscioglimento dell'imputato ex art. 129 c.p.p., la relativa sentenza può essere impugnata esclusivamente mediante ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 568, comma secondo, del codice di rito.

Cass. pen. n. 9061/2003

In tema di procedimento per decreto, il provvedimento con il quale il giudice rigetti la richiesta di decreto penale e disponga, ex art. 459, comma 3, c.p.p., la restituzione degli atti al P.M., è inoppugnabile, non essendo previsto in tale ipotesi alcun mezzo di impugnazione. Né detto provvedimento può ritenersi abnorme e, quindi, ricorribile in cassazione, posto che esso trova specifico riscontro normativo nell'art. 459, comma 3, c.p.p. e che non sussiste, pertanto, alcuna macroscopica difformità dai paradigmi fissati dall'ordinamento processuale, propria degli atti abnormi.

Cass. pen. n. 4883/2003

È abnorme il provvedimento con il quale il G.I.P., dopo avere rigettato la richiesta di emissione di decreto penale di condanna e avere disposto la restituzione degli atti al Pubblico Ministero, dichiari inammissibile la subordinata richiesta di archiviazione sul rilievo che l'azione penale era già stata esercitata ed è per sua natura irretrattabile. L'art. 459, comma 3, c.p.p., infatti, prevedendo la restituzione degli atti al pubblico ministero, ha coerentemente sancito, a causa dell'inoperatività della richiesta di emissione di decreto penale, la legittimità della regressione alla fase delle indagini preliminari con conseguente piena espansione dei poteri del pubblico ministero quanto all'azione penale e alle sue modalità di esercizio.

Cass. pen. n. 6574/2002

In tema di procedimento per decreto, nell'ipotesi in cui, a seguito di opposizione, l'opponente non chieda il giudizio abbreviato o il patteggiamento, oppure manchi per quest'ultimo il consenso del P.M., oppure sia rigettata la richiesta di applicazione della pena, perché non ritenuta congrua dal giudice, questi deve procedere al giudizio immediato che costituisce l'esito necessario dell'opposizione quando difettino i presupposti per l'accesso agli altri riti. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto abnorme, siccome determinante un'indebita regressione del procedimento, il provvedimento con il quale il Gip, giudicata incongrua la pena concordata tra le parti, aveva disposto la trasmissione degli atti al P.M.).

Cass. pen. n. 32655/2001

Il provvedimento con cui il Gip respinge la richiesta del P.M. di emissione di decreto penale di condanna, per mancata comunicazione dell'avviso di conclusione delle indagini, ai sensi dell'art. 415 bis c.p.p., quantunque erroneo - poiché fondato sulla illegittima estensione al procedimento di cui all'art. 459 c.p.p. di quanto previsto unicamente con riguardo alla richiesta di rinvio a giudizio e al decreto di citazione a giudizio - non è, tuttavia, suscettibile di gravame, non essendo previsto alcun mezzo di impugnazione, neppure sotto il profilo dell'abnormità, atteso che il provvedimento in oggetto costituisce l'esercizio di un potere riconosciuto al giudice dal terzo comma dell'art. 459 del codice di rito, ed altresì non determina, con la conseguente restituzione degli atti, alcun irresolubile stallo processuale, potendo il P.M. riattivare l'esercizio dell'azione penale nel modo più opportuno.

Cass. pen. n. 24705/2001

È abnorme, e pertanto ricorribile per cassazione, il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari, ritenendo erroneamente che la richiesta di decreto penale debba essere preceduta dall'avviso di cui all'art. 415 bis c.p.p., respinga la detta richiesta per la rilevata mancanza di tale adempimento e disponga la restituzione degli atti al pubblico ministero.

Cass. pen. n. 16446/2001

Il mancato rispetto del termine di sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale il reato è attribuito è iscritto nel registro delle notizie di reato, entro il quale il pubblico ministero deve chiedere al giudice per le indagini preliminari il decreto penale di condanna, legittima il non accoglimento della richiesta del P.M. e la restituzione degli atti allo stesso, pur avendo il termine di cui all'art. 459 c.p.p. natura ordinatoria e non producendo vizi sul decreto penale eventualmente emesso.

Cass. pen. n. 1147/2000

Non è abnorme il provvedimento con il quale il giudice non accolga la richiesta di emissione del decreto penale di condanna formulata dal pubblico ministero nei confronti di persone indicate come residenti all'estero, sul presupposto della probabile revoca del decreto - ove emesso - a norma dell'art. 460, comma 4, c.p.p. L'art. 459, comma 3, c.p.p., infatti, nel consentire al giudice di non accogliere la richiesta del pubblico ministero e di restituirgli gli atti, non delimita in alcun modo il relativo potere discrezionale, che deve quindi riconoscersi in tutta la sua ampiezza, purché il relativo esercizio sia adeguatamente e logicamente motivato e soprattutto non sfoci in arbitrio. (Fattispecie nella quale il pubblico ministero aveva formulato la richiesta di emissione del decreto penale di condanna nei confronti di imputati indicati semplicemente come «residenti in Germania», senza alcuna ulteriore precisazione. Nell'enunciare il principio di cui in massima, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso del pubblico ministero, reputando appunto non abnorme la decisione del giudice, in quanto fondata su intuibili ragioni di economia processuale).

Cass. pen. n. 3933/2000

Non può qualificarsi abnorme il provvedimento con cui il Gip restituisce gli atti al P.M. per inosservanza del termine di sei mesi entro il quale, ai sensi dell'art. 459 c.p.p., deve essere presentata la richiesta di decreto penale, atteso che la natura ordinatoria di tale termine (e la mancanza di sanzione per la sua inosservanza) non significa che il medesimo non deve essere rispettato.

Cass. pen. n. 2002/1996

Il provvedimento con il quale il giudice respinge la richiesta di decreto penale, con motivazioni di opportunità che invadono la competenza istituzionale della pubblica accusa, deve considerarsi abnorme in quanto esula dal sistema processuale vigente e stravolge la ripartizione fondamentale delle funzioni tra i soggetti del processo.

Cass. pen. n. 18/1995

Il giudice per le indagini preliminari il quale, richiesto dell'emissione di decreto penale di condanna o dell'applicazione della pena a norma dell'art. 444 c.p.p., ritenga che dagli atti, pur non risultando la prova positiva dell'innocenza della persona sottoposta a indagini, risulti quella negativa della sua colpevolezza, nel senso radicale dell'impossibilità di acquisirla, deve, per evidenti ragioni di economia processuale, emettere sentenza di proscioglimento, e non restituire gli atti al pubblico ministero, il quale, peraltro, ha la possibilità di ottenere una nuova riflessione sul tema proponendo ricorso per cassazione.

Il giudice per le indagini preliminari può, qualora lo ritenga, prosciogliere la persona nei cui confronti il pubblico ministero abbia richiesto l'emissione di decreto penale di condanna solo per una delle ipotesi tassativamente indicate nell'art. 129 c.p.p., e non anche per mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova ai sensi dell'art. 530, comma 2, stesso codice, alle quali, prima del dibattimento - non essendo stata la prova ancora assunta - l'art. 129 non consente si attribuisca valore processuale.

Cass. pen. n. 6203/1993

Nel caso in cui il Gip, richiesto dell'emissione di decreto penale di condanna, proceda invece al proscioglimento dell'imputato ex artt. 129 e 459, comma 3, c.p.p., l'unica impugnazione esperibile avverso la relativa sentenza è il ricorso per cassazione, ai sensi del disposto del comma 2 dell'art. 568 stesso codice.

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Consulenze legali
relative all'articolo 459 Codice di procedura penale

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O. G. chiede
domenica 02/12/2018 - Lombardia
“Fatto: In ferie a (omissis) il (omissis). Mia moglie alla guida della mia auto svolta a sx in un incrocio ma a pochi metri improvviso esce un pedone che attraversa la curva, senza striscie, in diagonale e senza dare la precedenza; è sua colpa (art 190 CdS). Urtato rotola sul cofano, cade a terra, si rialza subito e va irritato a discutere con mia moglie che tenta di aprire la portiera per scendere ma egli si para davanti. Essa è impaurita. Il pedone si tocca con un fazzoletto una escoriazione sulla fronte che non sanguina. Tutto è registrato al video del bar vicino, ritirato e esaminato dai CC. Il pedone si calma e risponde no alla domanda di mia moglie che vuole accertarsi se si è fatto male. Auto e pedone intralciano il traffico, dietro le auto premono per girare. Il pedone invita mia moglie ad andarsene e la saluta. Non chiede i dati personali !? Furbescamente, quando parte, prende la targa. Lo scopo si intuisce. Mia moglie si era fermata più avanti scesa dalla macchina, guarda, ma il pedone era sparito. Dopo 40 minuti il P. chiama i CC e si fa trovare sanguinante sulla fronte; si fa portare in Pronto Soccorso, diagnosi 20 gg; è un malato bionico.I CC ci rintracciano e al Comando. con una aggressività irrispettosa, il Brig.di turno investe mia moglie: " noi sappiamo tutto anche ..la fuga", non possiamo parlare! Non abbiamo un avvocato del posto. Ma con insistenza chiedono a me un nome, ne faccio uno per accontentarli, un avvocato civilista a 400 Km dalle ns. parti, zona (omissis). Lo troveremo con sorpresa, avvocato di fiducia, nella relazione dei CC?! Io sono testimone.
Concludono la relazione: denuncia di Omissione di soccorso e mancata Assistenza (art 189 CdS). Per le indagini preliminari chiediamo, con Nulla Osta al GIP, di poter vedere la registrazione. Nulla, secretata! Anche con rinuncia alla querela. Arriva dopo 105gg + 2 settimane di attesa dai CC. Nel frattempo arriva il Decreto di Condanna e facciamo appena in tenpo a fare opposizione chiediamo il Rito abbreviato. L'avvocato, del posto, vista la registrazione, prepara e consegna una Memoria Difensiva. Si fa presente che l'esame video, (ca. 1 minuto) non frettoloso, ma usando il cursore, con pause e fermo immagine, mostrano scene ben diverse e chiare di comportamento a favore. Nel frattempo avevo presentato delle immagini stampate del video ma non fu accolto per fuori termini. Convocata in aula (presente la seconda volta) mia moglie fa il suo intervento a difesa confermando il suo vissuto come nelle scene registrate. Nulla di tutto ciò a difesa è stato accolto. Il Giudice così si è espresso verbalmente "Signora e bello ciò che dice ma lei DOVEVA SCENDERE dall'auto." Come era possibile? Sentito ciò abbiamo deciso, per la successiva convocazione, di rinunciare all'opposizione. Mia moglie, ex volontaria di Pronto Soccorso in Ambulanza, ha letto un intervento dove era consapevole della rigidità della legge (ingenua) ma sperava in un proscioglimento (art 129 cpp) per evidente assenza di dolo: conoscenza e volontà di fare danni.
CONSULENZA:risposte alle seguenti domande:

Non si vede la pari dignità tra accusa e difesa; lo notate anche voi in questo caso? Una accusa a senso unico non porta la verità!
1-Il comportamento al Comando CC. perché non abbiamo avuto un difensore anche d'ufficio ma necessario?
2- Avremmo dovuto partecipare ad una udienza preliminare, invece nulla! Nessuna richiesta di rinvio a giudizio o comunicazioni in merito?.
3- Il Gip o PM hanno deciso d’Ufficio per il Decreto di Condanna ? Ma le lesioni al pedone non erano superiori ai 20 gg!! La denuncia penale non doveva avvenire per querela? Allora nessuna comunicazione necessaria? Nessun contradittorio?
4- Perchè secretato il video per 105 gg, necessario alla difesa, pur con ns. richiesta?
5- Nel Rito Abbreviato si legge che non vengono addebitate le spese processuali e quelle amministrative accessorie come il ritiro della patente. Il giudice di Pace ce l’aveva restituita. Perché sono invece menzionate nella Sentenza e abbiamo dovuto restituirla?
6- Decreto e Sentenza, oltre gli articoli di legge, questi gli unici motivi: “..dagli atti risulta provata a la responsabilità..” “..non ottemperava all’obbligo di fermarsi”. Vi sembrano motivi validi e per un appello?
7- La notizia di reato non era ancora registrata quando volli (dopo un mese..) conoscere l’inizio delle indagini. I termini sono regolari?
8- Alla fine: quali articoli di legge, sembra a voi, siano stati violati o elusi. In questo caso si può ripetere il processo? Che si può fare?

Importanti sono le domande 3 -5 e 6”
Consulenza legale i 07/12/2018
Rispondiamo ai quesiti singolarmente.
  1. Quanto alla presunta indicazione del legale di fiducia (ovvero dell’avvocato civilista a 400 km dal luogo in cui è avvenuto il fatto), stando a quanto raccontato il comportamento dei Carabinieri sembra del tutto irrituale. Il difensore di fiducia può essere infatti indicato soltanto dalla persona sottoposta alle indagini preliminari (indagato) (in rarissimi casi da un suo parente) e, pertanto, gli agenti accertatori non erano assolutamente in diritto di indicare quale difensore di fiducia quello individuato da persona diversa dall’indagato. In effetti, la designazione del predetto difensore sarebbe dovuta avvenire allorché la signora era stata sentita in Commissariato. In tale sede infatti gli agenti accertatori, avrebbero dovuto interrompere l’audizione (come è stato fatto) e, essendo emersi indizi di reità a carico del soggetto sentito, avrebbero dovuto chiederle di nominare un difensore di fiducia e, in caso negativo, avrebbero dovuto provvedere a nominare un difensore di ufficio. A quel punto, previa espressa domanda, avrebbero dovuto far presente al soggetto sentito della possibilità di avvalersi della facoltà di non rispondere. In mancanza di tali accorgimenti l’atto posto in essere è nullo. Ciò si deduce dal combinato disposto degli articoli 60 e 61 del c.p.p. che attribuiscono alla persona indagata le medesime garanzie della persona imputata.
  2. Quanto all’ udienza preliminare, nel caso di specie è assolutamente legittimo che non sia stata celebrata. Risulta infatti dagli atti che il processo è stato inizialmente definito con decreto penale di condanna ex art. 459 c.p.p. Decreto poi opposto e la cui opposizione è stata poi revocata. E’ dunque normale che non sia stata celebrata l’udienza preliminare atteso che il procedimento per decreto viene applicato ai reati rispetto ai quali già non è prevista la celebrazione dell’udienza preliminare. In questo caso dunque l’unica comunicazione che doveva essere ricevuta dalle parti è proprio il decreto penale di condanna stesso a seguito del quale il soggetto viene messo in condizione di visionare gli atti d’indagine e decidere come comportarsi: opporsi al decreto, opporsi al decreto con contestuale richiesta di rito alternativo o lasciare che lo stesso divenga esecutivo.
  3. Stando alla disposizione dell’art. 459 c.p.p. e seguenti, è assolutamente nel diritto del pubblico ministero, ricorrendone i presupposti, chiedere al giudice per le indagini preliminari l’emissione del decreto penale di condanna. Questo avviene senza che l’indagato possa fare alcunché essendogli riservato, come detto nel punto 2), il diritto ex post di opporsi al decreto predetto e dare corso al procedimento ordinario. Nel caso di specie non sembrano sussistere problemi di procedibilità allorché entrambi i reati contestati al soggetto sono procedibili d’ufficio. Ciò vuol dire che il procedimento si è validamente incardinato a seguito della comunicazione di reato che è stata fatta dai carabinieri alla procura locale. Come detto prima, nei casi di procedimento per decreto nessuna comunicazione è dovuta all’indagato che viene a conoscenza di tutto solo al momento in cui gli viene notificato il decreto stesso.
  4. La circostanza che il video sia stato reso indisponibile alla visione è quantomeno strana. Come anzidetto, dal momento in cui viene notificato il decreto penale di condanna all’imputato, questi ha diritto di visionare e estrarre copia tutti gli atti che compongono il fascicolo d’indagine. E nel caso di specie è assolutamente ovvio che il video fosse parte integrante del predetto fascicolo. L’estromissione dalla visione del fascicolo d’indagine vale infatti soltanto nel corso dell’esecuzione delle indagini per ragioni di segretezza imposte dal nostro codice ex art. 329. Da ciò possiamo dedurre che: 1) se la visione del video è stata chiesta nel corso delle indagini, il rigetto della richiesta sarebbe comprensibile; 2) diversamente, se la visione è stata chiesta dopo l’emissione del decreto penale di condanna, il rigetto sarebbe assolutamente illegittimo.
  5. Dalla documentazione analizzati si evince che l’iniziale opposizione al decreto penale di condanna è stata revocata nel corso dell’udienza dinanzi al giudice. Ciò ha di fatto determinato l’esecutività del decreto penale di condanna emesso dal Giudice che non comporta, come da previsione dell’articolo 460, comma 5 cpp il pagamento delle spese del procedimento né l’applicazione di pene accessorie. Quella della sospensione della patente tuttavia non è contemplata dal codice della strada come pena accessoria (di cui all’art. 20 e seguenti del codice penale) ma trattasi di una sanzione amministrativa connessa al tema penale. Non trattandosi dunque di pena accessoria (che non viene comminata in seguito all’emissione del decreto penale di condanna) ed essendo il decreto di fatto una condanna, è corretto che la patente sia stata restituita dovendo decorrere i tempi di sospensione comminati in seguito all’illecito verosimilmente compiuto.
  6. Assolutamente no. Il Decreto penale di condanna proprio per la sua particolarità e per il particolare regime di favore che viene concesso all’imputato non impone al giudice una motivazione come per una qualsiasi sentenza o ordinanza. Peraltro il decreto penale di condanna è in sé non assoggettabile ad “appello” in quanto l’unico strumento per mettere in discussione la sua legittimità è quello dell’opposizione da presentare entro 15 giorni decorsi i quali il decreto diventa esecutivo e sostanzialmente irrevocabile.
  7. Non esistono dei termini fissati dal nostro codice di procedura penale entro i quali il Pubblico Ministero deve iscrivere la notizia di reato. Anzi, i tempi a dire il vero variano da Procura a Procura a seconda del carico di lavoro. E’ anzi del tutto normale che a distanza di un mese dal giorno in cui è accaduto il fatto non fosse ancora iscritta la notizia di reato atteso che anche presso i Tribunali con meno contenzioso i tempi sono di due/tre mesi.
  8. Stando alla ricostruzione dei fatti offerta, le uniche violazioni ipotizzabili sono relative: (i) alla nomina del difensore di fiducia da parte di soggetto diverso dall’indagato e (ii) l’impossibilità di visionare il video qualora la richiesta sia avvenuta non nel corso delle indagini. Purtroppo però nessuno degli elementi predetti è sufficiente a modificare la situazione giuridica attuale atteso che il decreto penale di condanna è ormai esecutivo e per rimettere in discussione il procedimento vi sarebbe solo lo strumento della revisione di cui all’art. 630 c.p.p. che però non sembra azionabile nel caso di specie.

Gian F. F. chiede
mercoledì 16/05/2018 - Sardegna
“Salve,
Volevo sapere se faccio opposizione ad un decreto penale di condanna, dove ho avuto la pena condizionale,nel tempo prima del processo posso comunque rinunciare all’opposizione stessa e prendere la pena che mi è stata inflittami col decreto penale di condanna.
Grazie”
Consulenza legale i 16/05/2018
Il decreto penale di condanna è disciplinato dagli articoli 459 e seguenti del codice di procedura penale ed è ricompreso tra i procedimenti speciali.
Si tratta, in breve, di un modo di risoluzione alternativo del processo penale su iniziativa del pubblico ministero che, valutata la semplicità del caso, la non gravità del reato per cui si procede e ritenuta altresì la possibilità di comminare solo una pena pecuniaria (anche in sostituzione della pena detentiva), chiede al giudice per le indagini preliminari di emettere il decreto penale di condanna che, in sostanza, rappresenta una specie di sentenza che chiude la questione penale.

L’opposizione a decreto penale di condanna è consentita entro 15 giorni dalla notifica del decreto e la stessa può essere una opposizione “secca” o un’opposizione con la quale si richiede un diverso rito alternativo (come ad esempio il patteggiamento, l’abbreviato o la sospensione del procedimento con messa alla prova etc.).
Qualora, come anzidetto, l’opposizione sia secca, la conseguenza è l’inizio del procedimento penale ex novo, con le consuete scansioni per fasi.

Rispondendo al quesito posto, l’opposizione non può essere revocata visto che in seguito alla sua proposizione il decreto penale viene immediatamente annullato determinando automaticamente l’inizio di un normale e ordinario procedimento penale (oppure del rito alternativo) in cui ciascuna parte richiederà l’assunzione delle prove, provvederà alla loro acquisizione e alla discussione finale prima dell’emissione della sentenza.
Va da sé che, proprio perché il decreto penale di condanna può essere emesso per reati poco gravi, è estremamente improbabile che in seguito al procedimento penale ordinario il giudice si discosti grandemente dalla pena originariamente comminata e, soprattutto, che non conceda la sospensione condizionale della pena.

Pur sembrando ovvio, è doveroso far comunque presente che l’opposizione al decreto penale di condanna deve rispondere ad una scelta meditata ed eseguita sulla base di una strategia processuale attentamente vagliata anche alla luce degli atti presenti nel fascicolo processuale. Si tenga infatti conto che l’iter del dibattimento penale è davvero imprevedibile e, dunque, ben potrebbero conseguirne conseguenze potenzialmente peggiori di quelle conseguenti al decreto penale di condanna.

Per tali ragioni si consiglia di opporsi al decreto solo qualora si abbiano fondati motivi di ritenere che l’esito del dibattimento penale sarà più favorevole per l’imputato (si pensi ad esempio al caso in cui la prescrizione del reato è vicina oppure si è in possesso di una prova schiacciante riguardante l’innocenza dell’imputato).


Marcello G. chiede
domenica 06/09/2015 - Emilia-Romagna
“sono stato condannato per i reati relativi all'art 93 e 95 del DPR 380/01, ai sensi del decreto del 14/09/2005, poiché ho eseguito dei lavori di ristrutturazione edilizia strutturali senza permesso di inizio attività. Mi sono autodenunciato con una SCIA in sanatoria e il comune, d'ufficio ha passato la pratica al tribunale che poi mi ha condannato. Il motivo della condanna è che la mia zona è a bassa sismicità, altrimenti la pratica si sarebbe fermata in comune. L'avvocato d'ufficio mi ha detto che non conveniva ricorre in appello visto che ho ricevuto una sanzione amministrtiva di 500 euro. Giusta come scelta? Possibile che abbia ricevuto l'atto di condanna senza essere avvisato che c'era un procedimento penale in corso nei miei confronti, quindi senza possibilità alcuna di dibattimento?
Altra cosa che mi preme di più, siccome lavoro come precario nella scuola, e devo dichiarare ogni anno se ho ricevuto condanne penali, questa condanna può avere ripercussioni sulla mia assunzione a tempo determinato? Se si quali?”
Consulenza legale i 09/09/2015
L'art. 95 del D.P.R. 380/2001 delinea dei reati che possono essere classificati come contravvenzioni (la pena, infatti, è l'ammenda). Si tratta di reati in materia edilizia previsti per le costruzioni in zone sismiche, e relativi all'omissione della presentazione della denuncia dei lavori e dell'avviso di inizio dei lavori, che hanno sostituito i precedenti artt. 17, 18 e 20 della legge 2.2.1974 n. 64: sono considerati reati istantanei, che si consumano, cioè, con l'omissione degli adempimenti richiesti prima della esecuzione delle opere.

Attesa la natura del reato e la pena prevista, nel caso di specie è stato notificato all'imputato direttamente un decreto penale di condanna. Si tratta di un rito speciale, disciplinato dagli artt. 459 e seguenti del codice di procedura penale.
Il decreto di condanna viene emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) su richiesta del Pubblico Ministero, il quale ne fa domanda quando ritenga che si debba applicare soltanto una pena pecuniaria, anche se inflitta in sostituzione di una pena detentiva. La richiesta di decreto, che indica già la misura della pena, va presentata dal PM entro sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale il reato è attribuito è iscritto nel registro delle notizie di reato. Se il G.I.P. accoglie la richiesta, emette il decreto, che viene immediatamente notificato all'imputato. Questi, naturalmente, dispone di un rimedio processuale, l'opposizione, da depositarsi entro 15 giorni dalla notificazione del provvedimento.

Nel caso di specie, è stata inflitta con decreto di condanna una sanzione pecuniaria di 500 euro: non si tratta di sanzione amministrativa, bensì, ai sensi dell'art. 95 del D.P.R. 380/2001, di una "ammenda", sanzione di natura assolutamente penale, per quanto non grave. L'importo di 500 euro è molto vicino al minimo edittale, piuttosto che al massimo della pena prevista dalla norma.
In effetti, poiché con l'atto di opposizione l'imputato può chiedere al giudice che ha emesso il decreto di condanna il giudizio immediato (artt. 453-458 c.p.p.), il giudizio abbreviato (artt. 438-443 c.p.p.) o l'applicazione della pena a norma dell'articolo 444, nel caso in esame impugnare il decreto sarebbe apparso un rimedio eccessivo. Normalmente, infatti, il decreto penale di condanna viene opposto, in primis, se si sa di essere innocenti e lo si può provare, in secondo luogo, per ottenere una riduzione della pena (spesso con patteggiamento, poi chiedendone la sospensione condizionale). Nessuna di queste strade appariva meritevole di essere coltivata nella vicenda esposta.

Quanto al fatto di dover dichiarare tale condanna penale, si precisa che il casellario giudiziale, o "certificato penale" ricomprende tutte le condanne subite dal soggetto, cioè "i provvedimenti giudiziari penali di condanna definitivi, i provvedimenti giudiziari definitivi concernenti le pene (...) compresa la sospensione condizionale e la non menzione" (la non menzione opera solo se la richiesta del certificato è fatta da un privato, ma non nei confronti della pubblica amministrazione).
La materia è disciplinata dal "Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti" (D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313).
E' previsto, in particolare, all'art. 25, che non vengano riportate nei certificati penali del Casellario richiesti dall'interessato le iscrizioni di condanne relative a contravvenzioni punibili con la sola ammenda.

La condanna inflitta nel caso di specie, quindi (contravvenzione punita solo con ammenda), non emergerà dal certificato del casellario giudiziale che il condannato chieda per la presentazione al datore di lavoro.

Va ricordato, comunque, che l'art. 460, comma quinto, del c.p.p. stabilisce che il reato-contravvenzione è estinto se nel termine di due anni l'imputato non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole. In questo caso si estingue ogni effetto penale e, se è stata applicata una pena pecuniaria o una sanzione sostitutiva, l'applicazione non è comunque di ostacolo alla concessione di una successiva sospensione condizionale della pena.