Cassazione penale Sez. Unite sentenza n. 18 del 25 ottobre 1995

(3 massime)

(massima n. 1)

Ai sensi dell'art. 37 c.p.p., il giudice può essere ricusato soltanto dalla parte, per cui è da escludere un'autonoma parallela legittimazione del difensore il quale, pur potendo validamente proporre l'atto di ricusazione, deve avere indefettibilmente ricevuto a tal fine apposito mandato, anche se non necessariamente nelle forme della procura speciale; infatti, in considerazione del dato testuale ricavabile dall'art. 38, comma quarto, c.p.p., che menziona separatamente il difensore ed il procuratore speciale, attribuendo così rilievo al rapporto fiduciario fra il professionista ed il cliente, il primo non è tenuto a documentare i suoi poteri con una procura avente i requisiti ed il contenuto di quella prevista dal combinato disposto degli artt. 122 e 38, comma quarto, ultima parte, c.p.p. Purtuttavia il difensore dell'imputato latitante o evaso, è sempre legittimato, a norma dell'art. 165, comma terzo, c.p.p., a proporre la dichiarazione di ricusazione in nome e per conto del suo assistito, che è da lui rappresentato “ad ogni effetto”. (Nell'affermare il suddetto principio la Corte ha altresì precisato che la disposizione di cui all'art. 165, comma terzo, c.p.p., secondo la quale l'imputato latitante o evaso è rappresentato “ad ogni effetto” dal difensore, ha una portata più ampia di quanto non indichi l'intitolazione, riferentesi alle sole notificazioni, dell'articolo in cui è contenuta, perché ricomprende — in conformità con la ratio ispiratrice della norma, che è quella di assicurare la piena tutela della difesa — anche quei casi in cui il codice di rito riserva personalmente all'imputato non evaso o latitante l'esercizio di determinati diritti o facoltà processuali; con l'esclusione, tuttavia, tra questi, dei poteri processuali dispositivi relativi all'accesso ai procedimenti speciali ed alla rinuncia e come tali, potendo ricondursi solo alla volontà dell'interessato, richiedono una manifestazione personale o per mezzo di procuratore speciale).

(massima n. 2)

Il giudice per le indagini preliminari il quale, richiesto dell'emissione di decreto penale di condanna o dell'applicazione della pena a norma dell'art. 444 c.p.p., ritenga che dagli atti, pur non risultando la prova positiva dell'innocenza della persona sottoposta a indagini, risulti quella negativa della sua colpevolezza, nel senso radicale dell'impossibilità di acquisirla, deve, per evidenti ragioni di economia processuale, emettere sentenza di proscioglimento, e non restituire gli atti al pubblico ministero, il quale, peraltro, ha la possibilità di ottenere una nuova riflessione sul tema proponendo ricorso per cassazione.

(massima n. 3)

Il giudice per le indagini preliminari può, qualora lo ritenga, prosciogliere la persona nei cui confronti il pubblico ministero abbia richiesto l'emissione di decreto penale di condanna solo per una delle ipotesi tassativamente indicate nell'art. 129 c.p.p., e non anche per mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova ai sensi dell'art. 530, comma 2, stesso codice, alle quali, prima del dibattimento - non essendo stata la prova ancora assunta - l'art. 129 non consente si attribuisca valore processuale.

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