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Articolo 525 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Condizione e tempo dell'intervento

Dispositivo dell'art. 525 Codice di procedura civile

[Possono intervenire a norma dell'articolo 499 tutti coloro che nei confronti del debitore hanno un credito certo, liquido ed esigibile](1).

Per gli effetti di cui agli articoli seguenti l'intervento deve aver luogo non oltre la prima udienza fissata per l'autorizzazione della vendita o per la assegnazione [530]. Di tale intervento il cancelliere dà notizia al creditore pignorante [526-528, 530; art. 160 delle disp. att. c.p.c.].

Qualora il valore dei beni pignorati, determinato a norma dell'articolo 518, non superi ventimila euro (2), l'intervento di cui al comma precedente deve aver luogo non oltre la data di presentazione del ricorso, prevista dall'articolo 529 (3) (4).

Note

(1) Tale comma è stato abrogato dal D.L. 35/2005 con decorrenza dal 1 marzo 2006. Ad oggi, in seguito alle modifiche apportate all'art. 499 del c.p.c. disciplinante l'intervento dei creditori, possono intervenire coloro che hanno un credito fondato su titolo esecutivo, nonché i creditori che al momento del pignoramento avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati ovvero un diritto di pegno o un diritto di prelazione risultante da pubblici registri ovvero erano titolari di un credito di somma di denaro risultante dalle scritture contabili di cui all'art. 2214 del c.c..
(2) Questo comma è stato così sostituito dall'art. 72, l. 26-11-1990, n. 353, in vigore dall'1-1-1993. Ai sensi dell'art. 90 l. cit. tale norma si applica anche ai giudizi pendenti alla data dell'1-1-1993. Si riporta di seguito il testo del 3° comma anteriormente vigente: «Qualora il valore dei beni pignorati, determinato a norma dell'art. 518, non superi le lire cinquantamila, l'intervento di cui al comma precedente deve aver luogo non oltre la data di presentazione del ricorso prevista dall'articolo 529».
(3) L'anticipazione del termine preclusivo per l'intervento al momento della presentazione del ricorso, nel caso di pignoramento di beni il cui valore non superi i ventimila euro, è prevista allo scopo di accelerare i tempi qualora vengano pignorati beni per un modico valore, accordando al creditore procedente un indubbio privilegio processuale (v. 499).
(4) L'intervento del creditore nell'espropriazione mobiliare presso il debitore si considera tempestivo se viene effettuato non oltre l'udienza fissata per l'autorizzazione della vendita o dell'assegnazione, limite applicabile anche all'espropriazione presso terzi. Di conseguenza, gli interventi spiegati oltre tale limite temporale devono considerarsi tardivi.

Spiegazione dell'art. 525 Codice di procedura civile

La presente norma disciplina le condizioni ed il tempo per l’intervento nel processo esecutivo da parte di terzi creditori, disponendo che l'intervento, per essere tempestivo, deve aver luogo non oltre la prima udienza fissata per l'autorizzazione della vendita o per l’assegnazione.
Di tale intervento il cancelliere è tenuto a darne notizia al creditore pignorante nelle forme previste dall’art. 160 delle disp. att. c.p.c., ma la legge non pone alcun termine a questo adempimento (si ritiene che scopo di tale prescrizione sia quello di consentire al creditore procedente di indicare l'esistenza di altri beni del debitore utilmente pignorabili).

Nel caso in cui il valore dei beni pignorati, secondo la stima che ne è stata fatta dall’ufficiale giudiziario, non superi i ventimila euro, l'intervento per potersi considerare tempestivo deve aver luogo non oltre la data di presentazione del ricorso con cui viene chiesta l’assegnazione o la vendita dei beni pignorati ex art. 529 del c.p.c..
Tale anticipazione ha la finalità di accelerare i tempi qualora vengano pignorati beni per un modico valore, accordando al creditore procedente un privilegio processuale.

Tutti gli interventi spiegati oltre i termini previsti dalla norma in esame si considerano tardivi.

Qualora dovessero sorgere controversie sulla natura tempestiva o meno dell'intervento, si ritiene che queste debbano essere risolte dal giudice dell'esecuzione con ordinanza ex art. 487 del c.p.c., avverso la quale la parte interessata potrà proporre opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 del c.p.c..

L'ammissibilità dell'intervento dei creditori consente la realizzazione del c.d. concorso dei creditori e, quindi, l'attuazione della par condicio sancita dall’art. 2741 del c.c., secondo cui i creditori hanno eguale diritto di essere soddisfatti sul patrimonio del debitore, salve le cause legittime di prelazione nascenti dal diritto sostanziale (privilegi, pegno e ipoteca).

Nella disciplina del concorso dei creditori nell’espropriazione assumono rilevanza diverse tipologie di interessi, e precisamente:
a) l'interesse del creditore pignorante a realizzare rapidamente il proprio diritto;
b) l'interesse di ogni altro creditore, diverso da quello procedente, a non veder sottratto definitivamente il bene alla garanzia patrimoniale oltre che a concorrere sia alla fase di liquidazione del bene che a quella della ripartizione del ricavato;
c) l'interesse del debitore a subire gli atti di espropriazione solo da parte di chi ha un credito "certo".

A quest’ultimo proposito va ricordato che la disciplina delle condizioni di intervento è stata profondamente innovata dalla riforma del 2005.
In primo luogo, infatti, il primo comma dell’art. 499 del c.p.c. stabilisce che sono abilitati all'intervento nell'espropriazione i creditori che nei confronti del debitore hanno un credito fondato su titolo esecutivo, nonché i creditori che, al momento del pignoramento, avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati ovvero avevano un diritto di pegno o un diritto di prelazione.

Scopo d tale previsione è quello di impedire quella pratica diffusa che vedeva intervenire quei creditori che, privi di titolo esecutivo, profittavano dell'iniziativa promossa dal creditore pignorante con lo scopo di assicurarsi la partecipazione alla distribuzione del ricavato senza essere costretti ad affrontare prima i costi e le fatiche di un procedimento giudiziario volto ad ottenere un titolo esecutivo.

Adesso, invece, viene riconosciuto come principio tendenziale quello secondo cui la possibilità di intervento compete soltanto ai creditori titolati (ossia muniti di titolo esecutivo ex art. 474 del c.p.c.), con la conseguenza che in tutte le espropriazioni possono intervenire soltanto persone che vantino un credito qualificato dalle predette caratteristiche.
Una deroga alla necessità del titolo esecutivo viene prevista a favore dei creditori aventi un diritto di prelazione risultante dai pubblici registri, del creditore pignoratizio e di quello sequestrante, i quali, pertanto, possono intervenire per la realizzazione di un credito, ancorché sottoposto a termine o a condizione
Occorre aggiungere che sempre per effetto della Legge n. 263/2005 è stato previsto, ai commi 5 e 6 del citato art. 499 c.p.c., relativamente ai creditori intervenuti non titolati, un meccanismo endoprocessuale di formazione del titolo esecutivo, incentrato sul riconoscimento, espresso o tacito, del credito da parte del debitore esecutato, rilevante soltanto ai fini esecutivi.

Per quanto concerne la forma dell’intervento, questo deve essere esperito mediante deposito di un ricorso scritto nella cancelleria del tribunale competente per l'esecuzione.
Tra gli effetti che tale ricorso è in grado di produrre, va ricordata la sua idoneità, ai sensi del primo comma dell’art. 2943 del c.c. ad interrompere la prescrizione del credito, la quale, peraltro, in forza del successivo art. 2945 del c.c. non corre fino al momento in cui il processo esecutivo si chiude con l'approvazione del progetto di distribuzione.

Massime relative all'art. 525 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 774/2016

In caso di intervento tardivo, oltre il termine di cui all'art. 499, comma 2, c.p.c., del creditore privilegiato che versi in una delle condizioni cui all'art. 499, comma 1, c.p.c., il credito si ha per disconosciuto, restando preclusa l'attivazione del subprocedimento di verificazione regolato dalla norma, senza che da ciò, peraltro, derivi l'inammissibilità dell'intervento stesso attesa la prevalenza della disciplina di cui all'art. 551 c.p.c. ovvero, per le espropriazioni mobiliari presso il debitore e per le espropriazioni immobiliari, degli artt. 528 e 566 c.p.c., sicché detto creditore, per assicurarsi almeno il diritto all'accantonamento in sede di distribuzione, è tenuto a presentare specifica istanza e a dimostrare di aver agito, entro i trenta giorni dalla data dell'intervento tardivo, per conseguire il titolo esecutivo mancantegli nei confronti dell'esecutato. (Rigetta, Trib. Vicenza, 03/12/2012).

Cass. civ. n. 9011/2015

L'interpretazione delle richieste formulate con l'atto di intervento nel processo esecutivo, analogamente a quelle formulate con la domanda giudiziale alla quale l'intervento può ricondursi, è demandata al giudice di merito, il cui giudizio si risolve in un accertamento di fatto (incensurabile in cassazione se congruamente ed adeguatamente motivato), che deve riguardare l'intero contesto dell'atto, senza che ne risulti alterato il senso letterale e tenendo conto della sua formulazione testuale nonché del suo contenuto sostanziale, in relazione alle finalità che la parte intenda perseguire. (In applicazione del menzionato principio, la S.C. ha confermato l'interpretazione del giudice dell'esecuzione che aveva ritenuto il richiamo all'atto di intervento operato dal sostituto d'udienza del difensore del creditore interveniente in sede di distribuzione come liberamente operato alla sola sorte del credito e non esteso anche agli interessi nel tasso ivi espressamente indicato).

Cass. civ. n. 16028/2013

Il diritto all'equa riparazione, riconosciuto dall'art. 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89, è configurabile anche in relazione al processo di esecuzione forzata ed a favore di tutte le parti del processo medesimo. Ne consegue che è legittimato a chiedere l'indennizzo anche il creditore interventore, senza che possa avere rilevanza ostativa la circostanza che lo stesso creditore, a distanza di un apprezzabile periodo dal suo intervento, abbia deciso di rinunciare alla pretesa esecutiva. (Cassa con rinvio, App. Napoli, 11/11/2011).

Cass. civ. n. 937/2012

In base al combinato disposto degli artt. 530, ultimo comma, e 525, terzo comma, c.p.c. (nel testo antecedente le modifiche di cui al d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito nella legge 14 maggio 2005, n. 80) applicabile "ratione temporis", in caso di pignoramento di beni, o di deposito di somme da parte del debitore, al fine di evitare il pignoramento, di valore non superiore al limite di euro 5.164,57, stabilito dallo stesso art. 525 c.p.c., la vendita o l'assegnazione, in assenza di creditori intervenienti, possono essere disposti con decreto, senza che venga fissata apposita udienza per l'audizione delle parti, a norma del primo comma del citato art. 530 c.p.c..

Cass. civ. n. 15184/2003

Qualora l'intervento di un creditore nel processo esecutivo venga effettuato da un difensore che non sia munito dello ius postulandi, e, quindi, privo della capacità di compiere atti del processo, il ricorso per intervento deve ritenersi non affetto da semplice nullità sanabile, ma giuridicamente inesistente, e quindi assolutamente inidoneo allo scopo, che è quello di consentire al creditore di partecipare alla distribuzione della somma ricavata e, se il suo credito è basato su titolo esecutivo, di compiere o richiedere gli altri atti esecutivi.

Cass. civ. n. 567/1985

Al fine dell'ammissibilità dell'intervento nel processo esecutivo per espropriazione forzata mobiliare, è necessario un titolo da cui risulti con obiettività e immediatezza l'esistenza di un credito che abbia i requisiti della certezza, liquidità ed esigibilità, dovendo il giudice della esecuzione essere messo in grado di rilevare subito, di ufficio, sin dal momento in cui avviene l'intervento, l'esistenza delle condizioni richieste per la ammissibilità di esso. Ne consegue che deve ritenersi titolo non idoneo per il suddetto intervento la nota delle spese, competenze ed onorari redatta da un avvocato per prestazioni professionali eseguite in favore del proprio cliente e corredata dal parere del competente consiglio dell'ordine circa la congruità delle singole voci della parcella in relazione alla tariffa, in quanto detta nota non fornisce la prova della esistenza e, quindi, della certezza del credito dedotto con l'atto di intervento, costituendo essa una mera dichiarazione unilaterale del legale relativa alla esistenza del contratto d'opera professionale concluso con il cliente, alla avvenuta esecuzione della prestazione professionale e alla entità delle spese.

Cass. civ. n. 5867/1982

In tema di conversione del pignoramento, ex art. 495 c.p.c., venendo meno la fase della vendita (ormai inutile) e, conseguentemente, l'udienza per determinarne le modalità, il limite temporale per il tempestivo intervento di altri creditori nell'esecuzione è costituito dall'udienza che, ai sensi del secondo comma del citato art. 495, il giudice dell'esecuzione deve fissare per sentire le parti, prima di emettere l'ordinanza di conversione.

Cass. civ. n. 1292/1979

Il requisito della certezza, liquidità ed esigibilità del credito costituisce una condizione di ammissibilità, in rito, dell'intervento nel processo esecutivo del creditore non munito di titolo esecutivo al fine della sua partecipazione alla distribuzione della somma che verrà ricavata dalla vendita dei beni pignorati; pertanto, la opposizione del debitore rivolta a contestare l'ammissibilità dell'intervento del creditore per difetto dei suddetti requisiti del credito, deve qualificarsi come opposizione agli atti esecutivi.

Cass. civ. n. 2733/1977

Poiché il sequestro conservativo ha la funzione e la struttura di un pignoramento condizionato al sopravvenire della sentenza esecutiva di condanna del debitore sequestrato — la quale ha gli effetti di rendere attuale quella funzione che era rimasta sospesa nel periodo anteriore alla sentenza stessa, operando automaticamente la conversione del sequestro in pignoramento — ne consegue che la disposizione contenuta nel capoverso dell'art. 686 c.p.c. va intesa nel senso che il sequestrante partecipa alla distribuzione della somma ricavata dalla vendita coatta dei beni sequestrati eseguita nel processo esecutivo promosso da altro creditore anche se, non essendo intervenuta la sentenza di condanna esecutiva e non essendosi quindi il sequestro conservativo ancora convertito in pignoramento, il suo credito non ha ancora i requisiti della certezza e della liquidità. In tal caso si realizza la fattispecie prevista dall'art. 512 c.p.c. e il giudice dell'esecuzione può, alternativamente, o sospendere il processo esecutivo, o provvedere alla distribuzione parziale della somma ricavata, accantonando la parte che spetterebbe al sequestrante, in entrambi i casi fino al sopravvenire della sentenza di condanna esecutiva.

Cass. civ. n. 3860/1976

Ai sensi dell'art. 525 c.p.c., l'intervento del creditore, nell'esecuzione mobiliare da altri promossa, è condizionato alla certezza, liquidità ed esigibilità del credito fatto valere. La inammissibilità dell'intervento, per difetto delle indicate condizioni, ove non venga eccepita dagli interessati con opposizione agli atti esecutivi, può essere rilevata d'ufficio dal giudice dell'esecuzione, con provvedimento avente natura sostanziale di ordinanza, e, come tale, non appellabile.

Cass. civ. n. 2114/1972

L'intervento del creditore nel processo di esecuzione è atto esecutivo prodromico al provvedimento di distribuzione della somma ricavata dalla vendita, a sua volta, anch'esso atto esecutivo. Il requisito della certezza, liquidità ed esigibilità del credito costituisce un presupposto processuale che condiziona l'ammissibilità, in rito, dell'intervento del creditore nel processo esecutivo al fine della sua partecipazione alla futura distribuzione della somma che verrà ricavata dalla vendita dei beni pignorati. In questa sede il predetto requisito assume rilevanza sul piano sostanziale, quale condizione per il soddisfacimento del credito, quale elemento, cioè, condizionante l'esistenza di un credito attuale e concreto. La mancanza del requisito della certezza, liquidità ed esigibilità del credito dell'intervenuto, se non rilevata d'ufficio dal giudice o non eccepita tempestivamente dagli altri soggetti interessati nel processo esecutivo mediante l'opposizione ex art. 617 c.p.c. impedisce ogni questione relativa all'ammissibilità, in rito, dell'intervento, ma può formare oggetto di controversia ex art. 512 c.p.c. in sede di formazione del progetto di riparto. Se, però, il credito dell'intervenuto acquista il predetto requisito nel corso del processo, il mancato rilievo d'ufficio e la mancata eccezione mediante l'opposizione ex art. 617 del difetto originario di quel presupposto processuale, da un lato preclude ogni questione di rito relativa all'ammissibilità dell'intervento e, dall'altro, conduce a ritenere tempestivo l'intervento stesso con le relative conseguenze in ordine alla collocazione del credito nel progetto di riparto: il che impedisce pure il sorgere di una controversia ex art. 512 c.p.c.

Cass. civ. n. 1126/1972

L'intervento del creditore ex art. 525 c.p.c., deve essere spiegato non oltre la prima udienza fissata per l'autorizzazione della vendita, e può contenere anche la sola indicazione del credito e la ragione di questo, senza la contemporanea e immediata esibizione del relativo titolo del credito, che è invece indispensabile per la ripartizione della somma ricavata dalla vendita dei mobili pignorati.

Cass. civ. n. 1348/1970

Poiché la illiquidità del credito non può conciliarsi con le finalità dell'esecuzione forzata, nessuna rilevanza, ai fini della partecipazione al processo esecutivo, può riconoscersi al fatto che il creditore per un credito illiquido si trovi ad avere eseguito sul medesimo bene sequestro conservativo. La misura cautelare, invero, è intesa unicamente a sottrarre il bene alla disponibilità del debitore, onde né può svolgere anche una concomitante funzione nell'eventuale conflitto fra creditori, né può conferite al credito gli estremi di certezza e liquidità di cui difetta o, comunque, produrre effetti che rispetto a tali requisiti abbiano natura vicaria nei fini dell'attuazione della funzione propria dell'espropriazione mobiliare od immobiliare. Soltanto la conversione del sequestro in pignoramento legittima l'intervento del sequestrante nell'espropriazione promossa da altri.

Cass. civ. n. 1382/1969

Gli artt. 474 e 525 c.p.c. condizionano l'inizio dell'esecuzione forzata mobiliare e l'intervento in essa alla titolarità di un credito certo, liquido ed esigibile, in condizioni cioè di essere immediatamente soddisfatto. Anche l'intervento di creditori titolari di crediti muniti di privilegio speciale sui mobili, oggetto dell'esecuzione promossa da altri, è condizionato alla sussistenza dei predetti requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità.

Cass. civ. n. 1175/1962

Ai fini dell'ammissibilità dell'intervento dei creditori nel processo esecutivo, i requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità del credito debbono risultare dal titolo che l'interveniente produce a sostegno della propria domanda. Difettano tali requisiti quando il titolo sia giudizialmente contestato e comunque non contenga la prova o l'accertamento del credito e la determinazione di esso in una somma specificata, pagabile immediatamente. (Nella specie era stato ritenuto inammissibile l'intervento del locatore che aveva esibito, a prova di un credito per canoni, il contratto di locazione e l'ordinanza di rilascio dell'immobile per morosità). L'accertamento dei requisiti della certezza, liquidità ed esigibilità del credito per il quale si propone intervento nel procedimento esecutivo da altri iniziato, dev'essere compiuto dal giudice ed è irrilevante la mancata contestazione della sussistenza di tali requisiti da parte del creditore procedente.

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