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Articolo 142 Codice delle assicurazioni private

(D.lgs. 7 settembre 2005, n. 209)

[Aggiornato al 20/01/2024]

Diritto di surroga dell'assicuratore sociale

Dispositivo dell'art. 142 Codice delle assicurazioni private

1. Qualora il danneggiato sia assistito da assicurazione sociale, l'ente gestore dell'assicurazione sociale ha diritto di ottenere direttamente dall'impresa di assicurazione il rimborso delle spese sostenute per le prestazioni erogate al danneggiato ai sensi delle leggi e dei regolamenti che disciplinano detta assicurazione, sempreché non sia già stato pagato il risarcimento al danneggiato, con l'osservanza degli adempimenti prescritti nei commi 2 e 3.

2. Prima di provvedere alla liquidazione del danno, l'impresa di assicurazione è tenuta a richiedere al danneggiato una dichiarazione attestante che lo stesso non ha diritto ad alcuna prestazione da parte di istituti che gestiscono assicurazioni sociali obbligatorie. Ove il danneggiato dichiari di avere diritto a tali prestazioni, l'impresa di assicurazione è tenuta a darne comunicazione al competente ente di assicurazione sociale e potrà procedere alla liquidazione del danno solo previo accantonamento di una somma a valere sul complessivo risarcimento dovuto idonea a coprire il credito dell'ente per le prestazioni erogate o da erogare a qualsiasi titolo(1).

3. Trascorsi quarantacinque giorni dalla comunicazione di cui al comma 2 senza che l'ente di assicurazione sociale abbia dichiarato di volersi surrogare nei diritti del danneggiato, l'impresa di assicurazione potrà disporre la liquidazione definitiva in favore del danneggiato. L'ente di assicurazione sociale ha diritto di ripetere dal danneggiato le somme corrispondenti agli oneri sostenuti se il comportamento del danneggiato abbia pregiudicato l'azione di surrogazione.

4. In ogni caso l'ente gestore dell'assicurazione sociale non può esercitare l'azione surrogatoria con pregiudizio del diritto dell'assistito al risarcimento dei danni alla persona non altrimenti risarciti.

Note

(1) Il comma 2 è stato modificato dall'art. 1 comma 1126 lettera f) della L. 30 dicembre 2018, n. 145.
Il D.L. 30 aprile 2019, n. 34, convertito con modificazioni dalla L. 28 giugno 2019, n. 58, nel modificare l'art. 1, comma 1126, lettera f) della L. 30 dicembre 2018, n. 145, ha conseguentemente disposto (con l'art. 3 sexies, comma 1) che "All'articolo 1, comma 1126, della citata legge n. 145 del 2018, le lettere a), b), c), d), e) e f) sono abrogate; le disposizioni ivi indicate riacquistano efficacia nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della medesima legge n. 145 del 2018".

Massime relative all'art. 142 Codice delle assicurazioni private

Cass. civ. n. 1083/2011

In tema di risarcimento danni da responsabilità civile, ove l'assicuratore della r.c.a. abbia pagato l'intero massimale di polizza nelle mani dell'assicuratore sociale che abbia agito in surrogazione, successivamente sia stata depositata la sentenza della Corte costituzionale n. 319 del 1989 (che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 28, commi secondo, terzo e quarto, della legge 24 dicembre 1969, n. 990, nella parte in cui non esclude che gli enti gestori delle assicurazioni sociali, sostituendosi nel diritto del danneggiato verso l'assicuratore della responsabilità civile, possano esercitare l'azione surrogatoria con pregiudizio del diritto dell'assistito al risarcimento dei danni alla persona non altrimenti risarciti), la vittima abbia richiesto all'assicuratore della r.c.a. il ristoro integrale del danno alla persona nonostante l'esaurimento del massimale, l'assicuratore stesso non può invocare il principio dell'apparenza del diritto per rifiutare il risarcimento del danno in favore della vittima, venendo altrimenti frustrata l'efficacia retroattiva delle sentenze della Consulta. In tale ipotesi, all'assicuratore è consentito unicamente, dopo avere risarcito la vittima, promuovere l'azione di ripetizione di indebito oggettivo nei confronti dell'assicuratore sociale per le somme a questo versate ed eccedenti il massimale.

Cass. civ. n. 27401/2008

All'obbligazione di una società assicuratrice nei confronti di una regione, concernente il rimborso nella percentuale stabilita contrattualmente ed indipendentemente da qualsiasi accertamento di responsabilità delle somme corrisposte dall'ente per prestazioni ospedaliere erogate a persone rimaste coinvolte in sinistri stradali, non è applicabile la normativa che disciplina la prescrizione del diritto al risarcimento del danno di cui all'art. 2947 c.c., bensì quella decennale di cui all'art. 2946 c.c., trattandosi di obbligazione che prescinde dal tema della responsabilità aquiliana, non riguardando in alcun modo, neppure indiretto e/o mediato, il risarcimento del danno, ed avendo, invece, natura convenzionale, siccome concernente il rimborso delle somme spese dall'ente per una ragione individuata dalla stessa previsione contrattuale e nei limiti da essa stabiliti. (Nella specie, relativa all'obbligazione di una società assicuratrice a rimborsare le spese di spedalità sostenute in conseguenza di sinistri stradali alla Regione Toscana derivante dalla convenzione stipulata tra tale ente e l'ANIA, la S.C., in accoglimento del ricorso, ha ritenuto che il caso esaminato fosse diverso dalle ipotesi disciplinate dall'art. 142 del D.L.vo n. 209 del 2005, dall'art. 28 della L. 990 del 1969, abrogato dall'art. 354 del D.L.vo indicato, e dall'art. 1916 c.c., in cui si verte in tema di diritto di surroga fondato sull'accertamento della responsabilità).

Cass. civ. n. 20747/2004

L'assicuratore sociale il quale abbia indennizzato il danno subito dall'assicurato e causato dall'altrui illecito, non può surrogarsi al diritto del danneggiato per quei danni alla persona che non siano coperti dall'assicurazione sociale come il danno morale e il danno biologico, cui accedono, quali naturali componenti del danno risarcibile dall'assicuratore della responsabilità civile inerente alla circolazione dei veicoli a motore di cui alla legge n. 990 del 1969, la rivalutazione monetaria e gli interessi. Né in detta ipotesi è legittimo suddividere il massimale incapiente tra il danneggiato e l'assicuratore sociale, secondo il riparto proporzionale previsto dall'art. 27 legge cit., atteso che detto istituto riguarda il diverso caso in cui vi siano più persone danneggiate nello stesso sinistro. (Fattispecie anteriore all'entrata in vigore del decreto legislativo 23 febbraio 2000 n. 38).

Cass. civ. n. 12907/2004

Poichè nessuno può rivestire contemporaneamente la posizione di danneggiante e di danneggiato, gli eredi del soggetto deceduto in un sinistro stradale di cui era corresponsabile non possono essere considerati solidalmente responsabili — con gli altri soggetti chiamati a rispondere del sinistro — dei danni da essi stessi patiti. Pertanto, come a norma dell'art. 1916 l'assicuratore che ha pagato l'indennità è surrogato, fino alla concorrenza dell'ammontare di essa, nei diritti dell'assicurato soltanto verso i terzi responsabili, così l'Inail che abbia pagato l'indennità ai congiunti del proprio assicurato non ha titolo per ripeterla contro l'assicuratore della responsabilità civile del de cuius, il quale non può essere considerato — a questi fini — terzo responsabile.

Cass. civ. n. 8527/2004

In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, dalla disciplina della azione di surrogazione riconosciuta dall'art. 28 della legge 24 dicembre 1969, n. 990 all'ente gestore dell'assicurazione sociale del danneggiato nei confronti dell'assicuratore per la r.c.a. del responsabile ai fini del rimborso delle spese sostenute per prestazioni erogate all'assistito. [secondo cui, in deroga a quanto disposto dall'art. 1916 c.c. in tema di assicurazione privata contro i danni (in forza del quale la surrogazione dell'assicuratore nei diritti dell'assicurato contro il terzo responsabile consegue al pagamento dell'indennità), per il verificarsi del subingresso dell'istituto assicuratore (nella specie: Inam) basta la semplice comunicazione al terzo responsabile dell'ammissione del danneggiato all'assistenza prevista dalla legge, accompagnata dalla manifestazione della volontà di esercitare il diritto di surroga, non essendo il pagamento dell'indennizzo (al danneggiato) opponibile all'istituto gestore di assicurazione sociale da parte dell'assicuratore della r.c.a. dopo che a quest'ultimo sia pervenuta la comunicazione di detto ente di volersi avvalere del diritto di surroga per il credito da prestazioni erogate o erogande al danneggiato stesso] discende che, quando tale istituto gestore dell'assicurazione sociale del danneggiato partecipi al giudizio risarcitorio (partecipazione che non rimane preclusa dalla dichiarazione, non conforme al vero, che lo stesso assicurato abbia reso circa la insussistenza a suo favore del rapporto assicurativo sociale obbligatorio), il danneggiato perde la legittimazione ad agire per la parte di risarcimento in relazione alla quale l'istituto ha dichiarato di volersi surrogare, in quanto la dichiarazione prevista dal citato art. 28 legge n. 990 del 1969 ha lo scopo di evitare che l'infortunato possa conseguire (sia pure in via transattiva) l'integrale risarcimento del danno dal responsabile civile e che l'assicuratore sociale sia costretto a dovere agire nei confronti dello stesso danneggiato per ottenere la corresponsione di quanto non può più reclamare in via surrogatoria.

Cass. civ. n. 19560/2003

In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile da circolazione stradale, la disciplina limitativa della surrogazione legale degli enti gestori delle assicurazioni sociali, discendente dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale parziale dell'art. 28 della L. n. 990 del 1969 ad opera della sentenza della Corte costituzionale n. 319 del 1989, con riguardo al diritto dell'assistito al risarcimento dei danni alla persona non altrimenti risarciti, opera anche quando, al fine di ottenere il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno alla persona maturato a favore del loro dante causa, agiscano, dopo la morte, gli eredi, dato che il previsto regime di allargata migliore tutela, che non deve subire ingiustificate restrizioni a seconda che a chiederne in giudizio l'accertamento sia l'originario titolare ovvero i suoi eredi, è accordato in relazione all'oggettiva ragione genetica del credito e prescinde dalla persona che ne è l'attuale titolare.

Cass. civ. n. 604/2003

In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, dalla disciplina della azione di surrogazione riconosciuta all'ente gestore dell'assicurazione sociale del danneggiato, nei confronti dell'assicuratore per la r.c.a. del responsabile, dall'art. 28 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, discende che, dal momento in cui tale ente comunica all'assicuratore del terzo responsabile di aver ammesso l'assicurato danneggiato all'indennizzo, e con ciò lo preavverta con ciò preavvertendolo di voler effettuare la surroga, l'assicuratore è tenuto all'accantonamento in via provvisoria della corrispondente somma in favore dell'ente gestore, e la manifestazione della volontà di surrogarsi incontra l'unico limite temporale della liquidazione definitiva del danno; ne consegue che, non distinguendo la legge tra liquidazione giudiziale e stragiudiziale del danno, il danneggiato perde la legittimazione ad agire per la parte di risarcimento per cui l'istituto ha dichiarato di volersi surrogare, anche se l'istituto manifesti la propria volontà di surroga quando il giudizio è già in corso.

Cass. civ. n. 16563/2002

Qualora un istituto di assicurazione sociale agisca, per il rimborso di rendita erogata ad un infortunato per incidente stradale, nei confronti del terzo responsabile dell'infortunio medesimo, esercitando il diritto di surrogazione previsto dall'art. 28 della legge n. 990 del 1969, devono ritenersi applicabili, al fine della liquidazione di quanto dovuto da detto terzo, le disposizioni di cui agli artt. 10 e 11 D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (le quali, anche se dettate con riferimento alla diversa ipotesi del regresso contro il datore di lavoro, configurano espressione di un principio generale). Da ciò consegue che vanno riconosciuti in favore dell'istituto, non soltanto un importo di denaro pari al valore capitale, ma anche l'ammontare dei ratei di rendita in precedenza versati.

Cass. civ. n. 3357/1999

Nell'ipotesi di infortunio sul lavoro determinato dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti per i quali è previsto l'obbligo dell'assicurazione della responsabilità civile, all'Inail competono: a) la speciale azione di rivalsa ex artt. 10 e 11 del D.P.R. n. 1124 del 1965 nei confronti delle «persone civilmente responsabili» (che dà luogo ad una causa previdenziale ed è esperibile non solo nei confronti del datore di lavoro, ma anche verso i soggetti responsabili o corresponsabili dell'infortunio a causa della condotta da essi tenuta in attuazione dei loro compiti di preposizione o di meri addetti all'attività lavorativa); b) l'azione surrogatoria ex art. 1916 c.c. (che l'istituto può esercitare per far valere in sede ordinaria il diritto al risarcimento del danno spettante all'assicurato contro il terzo responsabile dell'infortunio che sia esterno al rischio protetto dall'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e che ha il limite derivante dal risarcimento dovuto al danneggiato); c) l'azione ex art. 28 della legge n. 990 del 1969 (esperibile direttamente nei confronti dell'assicuratore del responsabile del danno conseguente alla circolazione dei veicoli — ma non nei confronti di quest'ultimo — e che ha il diverso limite costituito dall'ammontare del massimale per il quale è stata stipulata l'assicurazione RCA). Tali azioni, in considerazione della previsione differenziata di singole ipotesi di pregiudizialità-dipendenza (v. artt. 32-36 c.p.c.) tra cause diverse, normalmente vanno trattate separatamente (potendo la trattazione congiunta comportare deroghe alle norme sulla competenza e/o sul rito), ma non può escludersi a priori che possano verificarsi casi suscettibili di combinazione (azione di regresso nei confronti del datore di lavoro e surrogatoria nei confronti di altri soggetti) o di sovrapposizione (azioni di regresso e surrogatoria nei confronti dei medesimi soggetti), data la varietà di ipotesi che possono verificarsi. (Fattispecie relativa ad un lavoratore rimasto infortunato in un incidente stradale in quanto trasportato su un veicolo condotto da altro dipendente dello stesso datore di lavoro).

Cass. civ. n. 12247/1998

L'Inail non può surrogarsi nel diritto dell'assicurato al risarcimento del danno biologico spettantegli verso i terzi responsabili, atteso che sono reciprocamente estranei il risarcimento del danno alla salute e la prestazione che spetta al lavoratore in caso di inabilità permanente.

Cass. civ. n. 1975/1998

Né dall'art. 28 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, né dall'art. 11 c.p.c. o dai principi generali si ricavano elementi che possano far ritenere che l'ente gestore dell'assicurazione sociale, una volta pendente controversia giudiziaria tra il danneggiato da una parte e il danneggiante e l'assicuratore di questo dall'altra, non possa conseguire quanto ex lege spettantegli se non intervenendo nel giudizio pendente. (La S.C., nell'affermare il principio riportato, ha ritenuto che non sussisteva contrasto con le sentenze n. 5641 del 1981 e n. 1094 del 1991, in quanto, nella specie, a seguito della surroga, l'Inail aveva ottenuto il pagamento dall'ente assicuratore anteriormente alla decisione).

Cass. civ. n. 605/1998

La sentenza della Corte costituzionale 6 giugno 1989, n. 319 che ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 28, commi secondo, terzo e quarto della legge 24 dicembre 1969, n. 990, nella parte in cui non esclude che gli enti gestori delle assicurazioni sociali, sostituendosi nel diritto del danneggiato verso l'assicuratore della responsabilità civile, possano esercitare l'azione surrogatoria con pregiudizio del diritto dell'assistito al risarcimento dei danni alla persona non altrimenti risarciti, ha fatto perdere efficacia alle norme dichiarate incostituzionali dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione, mentre non spiega effetto rispetto ai rapporti esauriti. La circostanza che, prima della dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma, l'Inail abbia dichiarato all'assicuratore di volersi surrogare nei diritti del danneggiato e suo assistito, di per sè, non è un fatto giuridico capace di rilevare come causa di esaurimento del rapporto e, quindi, come limite agli effetti della sentenza della Corte costituzionale. Infatti sino a quando il diritto del danneggiato verso l'assicuratore non è prescritto o in ordine ad esso non si sia formato un giudicato negativo, il giudice richiesto di pronunziare sull'esistenza del diritto non può attribuire effetto estintivo di tale diritto alla surrogazione esercitata dall'Inail perché ciò significherebbe applicare la norma dichiarata costituzionalmente illegittima.

Cass. civ. n. 9401/1997

L'Inail, a seguito della modifica normativa conseguente ad alcune decisioni della Corte Costituzionale (nella specie n. 356 del 1991), non può surrogarsi all'assicurato per le somme dovutegli dal responsabile del sinistro stradale per risarcimento del danno biologico non soltanto se questo non è collegato alla perdita o riduzione della capacità lavorativa generica, ma altresì se, pur essendovi tale collegamento, è difficile scindere tale voce dall'unicum che costituisce il danno biologico.

Cass. civ. n. 4230/1997

Nel sistema della legge sull'assicurazione obbligatoria della rca, quando il veicolo danneggiante risulti sprovvisto di assicurazione non si costituisce un rapporto di solidarietà passiva fra il Fondo di garanzia per le vittime della strada ed il soggetto responsabile ex delicto, posto che la copertura assicurativa del Fondo ha per oggetto il danno subito dal terzo danneggiato e non l'obbligazione risarcitoria del danneggiante non assicurato (il Fondo, infatti, può agire in regresso nei confronti del responsabile del danno). Ne consegue che la prescrizione dell'azione dell'azione surrogatoria dell'Inail, ai sensi dell'art. 1916 c.c., nei confronti del danneggiante, non è interrotta da un valido atto interruttivo compiuto dall'Istituto nei confronti del Fondo.

Cass. civ. n. 6793/1995

L'assicuratore della responsabilità civile che esegue nei confronti degli enti indicati dai commi primo e secondo, dell'art. 28 della legge 24 dicembre 1969 n. 990 il pagamento di somme cui quegli enti hanno diritto, è, in misura corrispondente, liberato dall'obbligazione di pagare l'indennità di assicurazione che egli ha nei confronti del danneggiato, senza che tale liberazione sia sottoposta a particolari condizioni, la cui osservanza è, invece, prescritta perché il pagamento dell'indennità fatto al danneggiato liberi l'assicuratore dall'obbligazione che gli deriva dalla legge nei confronti degli stessi enti indicati dal citato art. 28.

Cass. civ. n. 843/1995

In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, il pagamento dell'indennizzo al danneggiato non è opponibile dall'istituto assicuratore per la responsabilità civile, all'istituto gestore di assicurazione sociale, ove tale pagamento sia stato effettuato, ancorché in forza di sentenza provvisoriamente esecutiva, dopo la comunicazione da parte di detto ente di volersi avvalere del diritto di surroga per il credito da prestazioni erogate o erogande al danneggiato stesso, suo assicurato, non essendo prevista nel sistema della legge n. 990 del 1969 alcuna eccezione al principio della salvaguardia del diritto di surroga dell'istituto gestore dell'assicurazione sociale del danneggiato sancito dall'art. 28 di detta legge.

Cass. civ. n. 11112/1994

Per il disposto dell'art. 28 comma 2 legge 24 dicembre 1969, n. 990, in caso di infortunio dovuto ad incidente stradale, l'ente gestore dell'assicurazione sociale (I.N.A.I.L.) che ha corrisposto l'indennizzo all'infortunato può, nei limiti risultanti dalla sentenza della Corte costituzionale n. 319/89, agire direttamente nei confronti dell'assicuratore del responsabile del danno per ottenere il rimborso delle spese sostenute per le prestazioni erogate al danneggiato, nel quale giudizio il responsabile è privo di legittimazione passiva. Il citato art. 28 non ha abrogato, peraltro, l'ultimo comma dell'art. 1916 c.c., che consente all'Ente di assicurazione sociale di valersi dello strumento surrogatorio, previsto da detta norma, nei confronti del terzo responsabile. Essendo le due azioni distinte e diversamente disciplinate, l'Ente gestorio che abbia agito nel contempo contro il terzo responsabile ex art. 1916 c.c. e contro la società assicuratrice ex art. 28 legge n. 990/69, ben può rinunciare a quest'ultima azione (nella specie la compagnia era stata posta in liquidazione) e coltivare l'azione contro il solo responsabile del danno.

Cass. civ. n. 5683/1994

In seguito alla pronuncia di parziale illegittimità costituzionale dell'art. 28 della L. 24 dicembre 1969, n. 990, emessa dalla Corte costituzionale con sentenza del 6 giugno 1989, n. 319, l'azione surrogatoria dell'ente gestore delle assicurazioni sociali nei diritti dell'assistito danneggiato, al quale siano state erogate prestazioni previdenziali, contro l'assicuratore del responsabile può essere esercitata solo nei limiti delle somme che con riguardo all'importo del massimale di polizza residuano dopo la detrazione dei crediti del danneggiato-assistito per i danni alla persona non risarciti attraverso le prestazioni dell'ente assicuratore (quali quelli per invalidità temporanea e permanente, per danno alla vita di relazione, per eventuale danno biologico e morale, con relativa rivalutazione, oltre interessi) che, come per eguali danni dei terzi, il giudice deve a tal fine accertare e liquidare con priorità rispetto all'ente previdenziale.

Cass. civ. n. 2706/1994

Tanto nell'azione surrogatoria esercitata ex art. 1916 c.c., nei confronti dell'autore del fatto illecito dannoso derivante dalla circolazione stradale, che in quella diretta nei confronti della società esercente l'assicurazione per la responsabilità civile ai sensi dell'art. 28, L. n. 990 del 1969, l'istituto gestore dell'assicurazione sociale non può surrogarsi nei diritti dell'assicurato al risarcimento del danno alla persona — fra cui, eventualmente, il danno morale — che non abbia avuto una copertura assicurativa e da lei non risarcito.

Cass. civ. n. 2177/1994

La sentenza della Corte costituzionale n. 319 del 1989 - che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 28, L. 24 dicembre 1969, n. 990 nella parte in cui non esclude che gli enti gestori delle assicurazioni sociali possano esercitare l'azione surrogatoria con pregiudizio del diritto dell'assicurato al risarcimento dei danni alla persona non altrimenti risarciti - pur operando retroattivamente, non esclude che, ai fini della valutazione della sussistenza o meno della colpa dell'assicuratore nel ritardo della prestazione assicurativa, relativamente a comportamenti collocabili nel periodo anteriore alla pubblicazione della sentenza medesima, si debba tener conto della situazione normativa risultante dall'originario testo della citata disposizione e quindi della possibilità che il ritardo stesso trovi giustificazione nella necessità di contenere le prestazioni dovute al danneggiato nei limiti della differenza fra il massimale di polizza e l'importo del dovuto in sede di surroga.

Cass. civ. n. 11277/1993

Nell'ipotesi in cui non tutto il pregiudizio sofferto dal lavoratore infortunato in occasione di un incidente stradale risulti coperto dall'ente gestore dell'assicurazione sociale (Inail), per essere questi tenuto ad avere in effetti, risarcito soltanto il danno da invalidità temporanea e permanente, le voci di pregiudizio estranee a tale copertura, quali il danno biologico, quello morale e le spese sostenute devono essere ristorate, direttamente alla vittima dell'incidente, dal responsabile civile e, nei limiti del massimale di polizza, dal suo assicuratore, senza possibilità di compensazione fra quanto per siffatte, ulteriori causali risulti ancora dovuto al danneggiato e quanto rimborsato, in sede surrogatoria, all'ente suddetto che abbia provveduto per i suddetti, diversi titoli di danno.

Cass. civ. n. 8018/1993

Il credito dell'Inps, che agisca in surrogazione del proprio assicurato, rimasto vittima di incidente stradale, per il recupero dell'indennità di malattia erogatagli in virtù del rapporto di assicurazione sociale obbligatoria, ha la stessa natura dell'originario credito del danneggiato, e, quindi, è un credito di valore, con la conseguenza che l'autore del danno, e la compagnia assicuratrice che di esso risponda, ai sensi dell'art. 28, L. 24 dicembre 1969, n. 990, sono tenuti a corrispondere all'istituto, l'importo della svalutazione monetaria (e gli interessi) a far tempo dall'effettivo esborso di quell'indennità da parte dell'istituto, mediante il meccanismo di conguaglio previsto dalle leggi, essendo il patrimonio di quest'ultimo rimasto così depauperato del relativo valore dalla relativa data, mentre non rileva al riguardo la diversa data della comunicazione o notificazione della richiesta di rimborso, influente solo al fine di escludere che il pagamento all'originario titolare del credito assuma efficacia liberatoria.

Cass. civ. n. 6996/1993

Qualora un istituto di assicurazione sociale agisca per il rimborso di rendita erogata ad un infortunato per incidente stradale, nei confronti del terzo responsabile dell'infortunio medesimo, esercitando il diritto di surrogazione previsto dall'art. 28, L. n. 990 del 1969, devono ritenersi applicabili, al fine della liquidazione di quanto dovuto da detto terzo, le disposizioni di cui agli artt. 10 e 11, D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (le quali, anche se dettate con riferimento alla diversa ipotesi del regresso contro il datore di lavoro, configurano espressione di un principio generale), con la conseguenza che va riconosciuto in favore dell'istituto, non soltanto un importo di denaro pari al valore capitale, ma anche l'ammontare dei ratei di rendita in precedenza versati.

Cass. civ. n. 4632/1993

La dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 28 commi secondo, terzo e quarto L. 24 dicembre 1969 n. 990, di cui alla sentenza della Corte costituzionale 6 giugno 1989 n. 319, nella parte in cui non esclude che gli enti gestori delle assicurazioni sociali possano esercitare azione surrogatoria (cosiddetta surroga preferenziale o diritto di prededuzione) con pregiudizio del diritto dell'assistito al risarcimento dei danni alla persona, non altrimenti risarciti, non ha inciso sull'azione diretta contro l'assicuratore della r.c.a. riconosciuta dall'art. 28 comma primo a favore degli enti di gestione per la rivalsa delle spese di spedalità erogate a favore dell'assicurato, con la conseguenza che l'importo delle spese anzidette e dei relativi interessi, costituendo parte del debito risarcitorio dell'assicuratore (come tale rivalutabile), deve essere detratto dal massimale di polizza a favore dell'ente gestorio che abbia agito direttamente contro l'assicuratore ai sensi degli artt. 18 e 28, comma primo legge citata.

Cass. civ. n. 1872/1993

Per effetto della sentenza del 6 giugno 1989 n. 319, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità (costituzionale) dei commi 2, 3 e 4 dell'art. 28 della L. 24 dicembre 1969 n. 990, nella parte in cui non esclude che gli enti gestori di assicurazioni sociali possano, con la loro azione diretta (cosiddetto diritto di prededuzione o surroga preferenziale) pregiudicare il diritto dell'assistito al risarcimento dei danni alla persona non altrimenti risarciti, la prededuzione originariamente riconosciuta in favore degli enti gestori di assicurazione sociale, quale l'Inail, non può operare per le somme comprese nel massimale e nella sua eventuale rivalutazione monetaria, occorrenti per risarcire tutte quelle voci di danno alla persona che non siano state ristorate in virtù dell'assicurazione sociale, senza che possa trovare applicazione l'art. 2741 c.c., né essere invocata la diversa transazione intervenuta tra l'assicuratore e l'ente previdenziale.

Cass. civ. n. 7997/1992

Il diritto dell'Inps al rimborso, da parte dell'assicuratore del danneggiante, delle spese mediche effettuate in favore dell'infortunato in incidente stradale discende da surrogazione nelle spettanze del danneggiato contro l'assicuratore medesimo, e, pertanto, al pari di queste ultime, integra un credito di valuta, come tale soggetto, in caso di ritardato soddisfacimento, alle disposizioni dell'art. 1224 c.c.

Cass. civ. n. 5109/1992

Qualora l'Inps, in relazione ad indennità di malattia erogata in favore dell'infortunato in incidente stradale, agisca in surrogazione, ai sensi degli artt. 1916 c.c. e 28 della L. 24 dicembre 1969, n. 990, nei confronti del proprietario del veicolo, responsabile del danno, nonché della sua compagnia di assicurazione, al fine di ottenerne la condanna al rimborso di quell'indennità, i suddetti convenuti assumono la qualità di litisconsorti necessari (come nell'analogo caso in cui sia il danneggiato ad agire contro di essi), di modo che, in ipotesi di contumacia dell'uno, resta inefficace l'eccezione di difetto di competenza per territorio sollevata dall'altro, in ragione dell'incontestabilità della competenza stessa nei riguardi di detto contumace.

Cass. civ. n. 12894/1991

L'assicuratore della responsabilità civile per la circolazione dei veicoli (o natanti) a motore, richiesto da ente gestore di assicurazione sociale del rimborso delle spese sostenute per le prestazioni erogate al danneggiato, non è obbligato ad eseguire il rimborso se il suo assicurato è esonerato dalla responsabilità, quale datore di lavoro, secondo le disposizioni dettate dall'art. 10 D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124. Ne deriva che all'assicuratore che, dopo avere eseguito, perché richiestone a norma dell'art. 28 della L. n. 990 del 1969, il pagamento, all'ente gestore di assicurazione sociale, delle dette spese eserciti, nel caso preveduto dall'art. 18, secondo comma della stessa legge, azione di rivalsa contro l'assicurato, questi può opporre che il pagamento non era dovuto per essere egli esonerato da responsabilità civile in base all'art. 10 del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 con la conseguenza che l'assicuratore (salvo che sia intervenuta condanna penale dell'assicurato per reato non perseguibile a querela) ha l'onere di chiedere, in via incidentale, che sia accertata la responsabilità civile del suo assicurato secondo la disciplina dettata dal quinto comma dell'art. 10 del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124.

Cass. civ. n. 12421/1991

Anche dopo la sentenza n. 319 del 6 giugno 1989, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità (costituzionale) del secondo, terzo e quarto comma dell'art. 28 della L. 24 dicembre 1969 n. 990, nella parte in cui non esclude che gli enti gestori di assicurazioni sociali possano con la loro azione diretta (c.d. surroga preferenziale o diritto di prededuzione) pregiudicare il soddisfacimento del diritto dell'assistito al risarcimento dei danni alla persona non altrimenti risarciti, l'azione diretta nei confronti dell'assicuratore della r.c.a. riconosciuta dall'art. 28 della L. 24 dicembre 1969 n. 990 all'ente gestore di assicurazioni sociali ingenera, per il credito di questo ente, una protezione non dissimile da quella che l'azione diretta ex art. 18 della medesima legge garantisce al danneggiato per il proprio credito. Pertanto, pure la richiesta di rimborso delle spese mediche ed ospedaliere anticipate dall'ente gestore di assicurazione sociale, da questo direttamente rivolta all'assicuratore della r.c.a., ai sensi dell'art. 28 della legge citata, ha l'effetto, sempre che contenga la specificazione degli importi da rimborsare, di costituire in mora l'assicuratore stesso con la conseguenza che per quest'ultimo, ove non provveda ingiustificatamente all'adempimento della propria obbligazione nei confronti dell'ente gestore dell'assicurazione sociale che ha esercitato l'azione diretta di rivalsa, di una accessoria e coordinata obbligazione risarcitoria, secondo i principi e la disciplina dell'art. 1224 c.c., che estende, anche nei confronti del predetto ente, la sua responsabilità al pagamento degli interessi ed il maggior danno per la svalutazione monetaria anche oltre i limiti del massimale.

Cass. civ. n. 8597/1991

L'Inail che si surroghi nei diritti del danneggiato verso il terzo responsabile, ai sensi dell'art. 1916 c.c., per il rimborso delle prestazioni erogate al danneggiato, a norma dell'art. 28 della L. n. 990 del 1969, non può proporre opposizione di terzo contro la sentenza di condanna pronunciata nel giudizio promosso dal danneggiato per il risarcimento dei danni subiti, cui sia rimasto estraneo, per conseguire la condanna di quel responsabile al pagamento, in suo favore, di una somma maggiore di quella già definitivamente accertata, non essendo consentito all'istituto assicuratore di ottenere dai danneggianti una somma maggiore di quella effettivamente dovuta dagli stessi a titolo di risarcimento.

Cass. civ. n. 7218/1991

La società assicuratrice privata che, in virtù di polizza contro gli infortuni, ha corrisposto al suo assicurato — danneggiato a seguito di un incidente stradale — l'indennità spettantegli, non ha titolo, né ex art. 1916 c.c. né ex art. 28 della L. 24 dicembre 1969, n. 990, per richiedere all'assicuratore per la responsabilità civile del danneggiante il pagamento, in via surrogatoria e sia pure nei limiti di quella corrisposta indennità, di tutta e di parte della somma spettante alla vittima del sinistro, perché l'assicuratore per la responsabilità civile non rientra tra i «terzi responsabili» dell'evento oggetto dell'assicurazione ai sensi dell'art. 1916 c.c. e perché l'art. 28 della L. n. 990 del 1969 può essere invocato unicamente dagli enti gestori di assicurazioni sociali. Conseguentemente l'assicuratore per la responsabilità civile non può eccepire al danneggiato che lo ha convenuto in giudizio per il pagamento del danno che parte del massimale è stato da lui corrisposto a detta società assicuratrice privata a titolo di surrogazione.

Cass. civ. n. 1094/1991

In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, l'azione di surrogazione riconosciuta dall'art. 28 della L. 24 dicembre 1969 n. 990 all'istituto di assicurazione sociale del danneggiato, ai fini del rimborso delle spese da esso sostenute per prestazioni erogate al danneggiato stesso, soggiace, in assenza di una disciplina processuale speciale, alle norme generali del c.p.c., con la conseguenza che il danneggiato perde la legittimazione ad agire, per la parte di risarcimento per cui il suindicato istituto ha dichiarato di volersi surrogare, solo se quest'ultimo partecipi al giudizio risarcitorio, ovvero se la successione particolare nel credito sia avvenuta prima di detto giudizio, mentre, ove tale successione si sia realizzata successivamente, il processo deve continuare tra le parti originarie, ai sensi dell'art. 111 c.p.c., e la pronuncia di condanna al ristoro va emessa a favore del danneggiato anche per la parte di risarcimento oggetto di pretesa da parte dell'istituto di assicurazione sociale.

Cass. civ. n. 1137/1990

Il principio che, in tema di assicurazione della responsabilità civile da circolazione stradale, il limite del massimale non è più operante, quando l'assicuratore ritarda o rifiuta senza giusto motivo di eseguire nei confronti del danneggiato la prestazione indennitaria lasciando trascorrere lo spazio di tempo accordatogli dalla legge, trova applicazione anche nei confronti dell'ente gestore di assicurazione sociale, che agisce in via diretta a norma dell'art. 28, comma secondo, della L. n. 990 del 1969 per ottenere il rimborso del capitale corrispondente alla rendita erogata al danneggiato. (Nella specie, la C.S. ha ritenuto correttamente motivata la sentenza dei giudici del merito che aveva considerato che l'ente sopporta un danno per il ritardo con cui vengono reintegrati i mezzi patrimoniali che alimentano il fondo assicurativo destinato a finanziare la rendita).

Cass. civ. n. 8544/1987

Al fine di ottenere il rimborso delle prestazioni erogate al danneggiato, l'ente gestore dell'assicurazione sociale può agire, ai sensi dell'art. 1916 cod. civ., nei confronti dei terzi responsabili del fatto illecito — per tali si intendono non genericamente i terzi obbligati, ma esclusivamente i soggetti (estranei al rapporto assicurativo) tenuti a rispondere di un evento (concretante il rischio assicurato) imputabile ad essi od a persone del cui operato debbano rispondere — con esclusione dell'assicuratore del responsabile del danno e con l'unico limite derivante dall'ammontare del risarcimento dovuto al danneggiato. Ovvero a quel fine detto ente può agire direttamente nei confronti dell'assicuratore del responsabile del danno conseguente alla circolazione di veicoli (ma non di quest'ultimo), ai sensi dell'art. 28, comma secondo, della L. n. 990 del 1969, con l'ulteriore limite costituito dall'ammontare del massimale per il quale è stata stipulata l'assicurazione della responsabilità civile, atteso che tra le due normative non sussiste alcuna relazione di incompatibilità ai sensi dell'art. 15 delle preleggi, trattandosi di azioni che attribuiscono il diritto di surrogazione nei confronti di soggetti obbligati diversi.

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Consulenze legali
relative all'articolo 142 Codice delle assicurazioni private

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Antonella chiede
mercoledì 08/08/2018 - Lombardia
“Buongiorno, con riguardo al secondo comma del 142 che ho appena letto, mi chiedevo se la surroga Inps avvenga anche nel caso in cui in seguito ad incidente accaduto ad anziano pensionato lo stesso a sinistro non ancora chiuso decida di richiedere l'indennità di accompagnamento per le conseguenze delle lesioni subite. Ovviamente non è stata fatta nessuna dichiarazione ai sensi dell'art.142 al momento della richiesta in quanto si trattava di persona ormai in pensione, la necessità di indennità di accompagnamento è subentrata solo successivamente alla richiesta,con l'aggravarsi delle conseguenze.”
Consulenza legale i 21/08/2018
Il comma 1 dell’art. 142 del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private) prevede che: qualora il danneggiato sia assistito da assicurazione sociale, l'ente gestore dell'assicurazione sociale (nel caso di specie l’INPS) ha diritto di ottenere direttamente dall'impresa di assicurazione il rimborso delle spese sostenute per le prestazioni erogate al danneggiato ai sensi delle leggi e dei regolamenti che disciplinano detta assicurazione, sempreché non sia già stato pagato il risarcimento al danneggiato, con l'osservanza degli adempimenti prescritti nei commi 2 e 3.
In buona sostanza, l’Inps, in caso di infortunio extra lavorativo causato da fatti dolosi o colposi di terzi, ad esempio in conseguenza di incidente stradale, è tenuto comunque ad erogare l’indennità di malattia in caso di incapacità temporanea al lavoro o la pensione di inabilità o l’assegno ordinario di invalidità quando la capacità di lavoro è annullata o ridotta a meno di un terzo. Allo stesso modo INPS è tenuto pure all’erogazione di eventuale invalidità civile (pensioni, assegni, indennità) ove la stessa risulti provocata da fatto illecito di terzi. Tuttavia INPS, dovendo pagare il danno, ha diritto a rivalersi sul terzo responsabile e sulla sua compagnia di assicurazione, questo è il c.d. diritto alla rivalsa (o surroga).
In ordine all'indennità di accompagnamento, essa è stata istituita nel 1980 e spetta agli invalidi civili totali che, per malattie fisiche o psichiche, si trovino nella impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore o, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, abbisognino di una assistenza continua.
Nel caso prospettato, il nostro anziano già collocato in pensione, a seguito di un sinistro, ha subito delle lesioni di tale gravità che lo hanno reso bisognoso di continua assistenza di un accompagnatore nello svolgimento di tutti gli atti quotidiani della vita. Tale circostanza, configura una fattispecie di danno degno della più ampia tutela risarcitoria, così come prevista dall’ordinamento giuridico.
Pertanto, l’impresa assicuratrice che sarà tenuta a risarcire il danno di cui sopra dovrà tenere in alta considerazione l’entità del danno patito dal danneggiato, in quanto, venutosi questi a trovare nelle condizioni legislativamente previste per il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento, sarà, per il prosieguo della sua vita indennizzato dall’INPS che, ai sensi del combinato disposto del primo e secondo comma dell’art. 142 del Codice delle Assicurazioni, avrà diritto alla rivalsa nei confronti della compagnia assicuratrice (o direttamente sul terzo responsabile, se non assicurato).
Infatti, ai sensi del secondo comma dell’art. 142 del Codice delle assicurazioni: prima di provvedere alla liquidazione del danno, l'impresa di assicurazione è tenuta a richiedere al danneggiato una dichiarazione attestante che lo stesso non ha diritto ad alcuna prestazione da parte di istituti che gestiscono assicurazioni sociali obbligatorie. Ove il danneggiato dichiari di avere diritto a tali prestazioni, l'impresa di assicurazione è tenuta a darne comunicazione al competente ente di assicurazione sociale e potrà procedere alla liquidazione del danno solo previo accantonamento di una somma idonea a coprire il credito dell'ente per le prestazioni erogate o da erogare.
Alla luce di quanto sopra, è consigliabile farsi assistere da un legale di fiducia al fine di valutare correttamente l’entità del danno patito e, in sede di liquidazione del danno, comunicare alla compagnia assicuratrice interessata che è in itinere la procedura amministrativa presso l’INPS per il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento, ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dall’art. 142 del Codice delle Assicurazioni.

Alberto M. chiede
lunedì 19/10/2015 - Toscana
“Stiamo cercando giurisprudenza in relazione all'art. 142 Nuovo Codice delle Assicurazioni con riferimento all'omesso invio da parte della compagnia del responsabile che è invece tenuta a richiedere al danneggiato una dichiarazione attestante l'esistenza o meno di rivalse Inps o Inail.
Noi al momento della quantificazione del danno si è specificata l'esistenza dell'INPS, e successivamente la compagnia, ad integrazione, ha richiesto se vi fosse anche l'INAIL prima di procedere all'offerta poi effettuata.
Il danneggiato rispondeva negativamente con idonea dichiarazione sottoscritta ed inviata alla compagnia richiedente.
In corso di causa, e non in prima udienza, è stata comunque sollevata dal giudice la questione relativa alla procedibilità della domanda per non aver il danneggiato dichiarato quanto sopra, a detta del Giudice.
Vi chiediamo lumi sulla validità dell'eccezione che giustificherebbe una pronuncia solo in rito e il rigetto della domanda. Il comportamento da parte della compagnia che comunque ha formulato un'importante offerta può essere considerato esaustivo?
Precisiamo che la compagnia a tutt'oggi non ha mai inviato alcuna richiesta scritta ex art.142 NCDA, mentre, per converso, il danneggiato, formulando la richiesta in dettaglio, ha fatto presente l'esistenza dell'assistenza INPS ancorché la compagnia avesse ricevuto nel frattempo, ben tre lettere da parte del predetto istituto mutualistico, che nel contestare l'ammontare dell'indennità economica temporanea pagato all'INPS dalla compagnia ass.va, faceva espressa riserva per eventuali rendite e/o pensioni per la I. P., peraltro attribuite al danneggiato soltanto due anni dopo tale richiesta.
Facciamo altresì presente che detta compagnia, a fronte della richiesta del danneggiato, non ha mai attivato la richiesta di integrazione di dati a fronte di quanto previsto al punto 5 dell'art.148 NCDA.”
Consulenza legale i 22/10/2015
Prima di procedere con la risposta al quesito, appare opportuno sintetizzarne il contesto normativo.

L’art. 148 del Codice delle Assicurazioni (decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209) ha imposto ai danneggiati l’onere di fornire all’assicurazione tenuta a risarcire il danno una serie tassativa di dati e documenti (al secondo comma leggiamo: "La richiesta deve contenere l'indicazione del codice fiscale degli aventi diritto al risarcimento e la descrizione delle circostanze nelle quali si è verificato il sinistro ed essere accompagnata, ai fini dell'accertamento e della valutazione del danno da parte dell'impresa, dai dati relativi all'età [...] nonchè dalla dichiarazione ai sensi dell'articolo 142, comma 2 [...]").
Il comma secondo dell'art. 142 dice che "Prima di provvedere alla liquidazione del danno, l'impresa di assicurazione è tenuta a richiedere al danneggiato una dichiarazione attestante che lo stesso non ha diritto ad alcuna prestazione da parte di istituti che gestiscono assicurazioni sociali obbligatorie".
Infine, per quanto qui di interesse, va richiamata anche la norma contenuta al primo comma dell'art. 145, che sancisce un caso di improponibilità/improcedibilità dell'azione per il risarcimento dei danni: "Nel caso si applichi la procedura di cui all'articolo 148, l'azione per il risarcimento dei danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, per i quali vi è obbligo di assicurazione, può essere proposta solo dopo che siano decorsi sessanta giorni, ovvero novanta in caso di danno alla persona, decorrenti da quello in cui il danneggiato abbia chiesto all'impresa di assicurazione il risarcimento del danno, a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, anche se inviata per conoscenza, avendo osservato le modalità ed i contenuti previsti all'articolo 148".

La giurisprudenza di merito, e non quella di legittimità (non constano finora pronunce in materia), si è espressa nel senso di ritenere improcedibile la domanda di risarcimento quando la stessa non sia stata preceduta dall'invio di una richiesta, da parte del danneggiato, completa di tutti i dati elencati all'art. 148 comma 2, in particolare della dichiarazione di cui al secondo comma dell'art. 142 (l'esistenza o meno di rivalse INPS o INAIL).
Ecco alcuni precedenti rilevanti:
- Trib. Milano, Sez. XII, 23 ottobre 2013 n. 13213 (caso in cui l'assicurazione aveva omesso di chiedere l'integrazione della documentazione al danneggiato - si trattava dell'attestazione medica comprovante l'avvenuta guarigione con o senza postumi - e questo non l'aveva comunque fornita): "l'incompletezza della richiesta stragiudiziale non può essere sanata, ai fini della proponibilità della domanda, dalla mancata richiesta di integrazione da parte dell'assicuratore", ha affermato il Tribunale, precisando che "Il rispetto delle prescrizioni formali imposte dall'art. 148 cod. ass. non si pone in contrasto con il diritto di agire in giudizio, che è comunque fatto salvo dalla possibilità di riproporre la domanda una volta soddisfatta la condizione di proponibilità".
- Trib. Roma, sez. XII, 15 luglio 2010 (caso in cui il danneggiato aveva trasmesso una richiesta molto carente di dati e molto ravvicinata nel tempo rispetto al sinistro, tanto che non si potevano valutare i postumi dell'incidente): "L’art. 148 cod. assicurazioni richiede al danneggiato di fornire all’assicuratore tutta una serie di dati e di informazioni a pena di 'improponibilità' della domanda giudiziale. Improponibilità posta a presidio della migliore e corretta gestione da parte degli enti assicuratori della gran massa di sinistri ma funzionale anche al raggiungimento dell’interesse pubblico a che non vengano instaurati processi civili che le parti, comportandosi con lealtà e correttezza nella fase stragiudiziale, ben potrebbero evitare" [...]; "il procedimento pre-processuale è condizione di proponibilità della domanda giudiziale e dunque trattasi, in casi del genere, di assicurare il diritto di difesa costituzionalmente previsto dall’art. 24 Cost. in una fase anteriore al processo ma necessaria e propedeutica ad esso" [...]; infine, si afferma che l'assicurazione non è tenuta a chiedere l'integrazione se "la prima richiesta del danneggiato sia generica e carente, in radice, degli elementi e dei dati indicati dal secondo comma 148", in quanto verrebbe spostata sull’assicuratore l'onere di completare la richiesta, segnalando le carenze al danneggiato.
- Trib. Torino, sez. IV, 17 ottobre 2007, ha sancito l'improcedibilità di una domanda giudiziale perché la richiesta inviata dal danneggiato era molto incompleta: "Le prescrizioni poste dall’art. 148 C.d.A. non sono state, tuttavia, integralmente osservate poiché nelle raccomandate 10.6.2006 (ricevuta il 15.6.2006) non sono stati indicati il codice fiscale dell’attrice, i dati relativi al reddito, all’età, all’attività lavorativa, all’entità delle lesioni subite e non risultano allegate l’attestazione medica di avvenuta guarigione e l’attestazione di cui all’art. 142 comma 2 C.d.A.".

Fil rouge di tutte le pronunce è l'omesso invio alla compagnia assicuratrice, da parte del danneggiato, di dati essenziali per la formulazione di una offerta di risarcimento, tra i quali può certamente ricomprendersi la dichiarazione circa l'esistenza di assicurazioni sociali (art. 142, comma 2).

Un dubbio, però, può legittimamente sorgere: l'art. 142 afferma che è l'impresa di assicurazione a dover richiedere al danneggiato una dichiarazione attestante che lo stesso non ha diritto ad alcuna prestazione da parte di istituti che gestiscono assicurazioni sociali obbligatorie, mentre l'art. 148 presume che l'attestazione sia inserita già nella richiesta inviata dal danneggiato ("accompagnata ... dalla dichiarazione ai sensi dell'articolo 142, comma 2"). Quid iuris?
Non è certo l'unico caso in cui l'ordinamento presenta norme apparentemente contrastanti e risulta arduo fornire in poche righe una risposta che richiederebbe ben più ampio approfondimento.

Per tali ragioni, si faranno nostre le considerazioni della Consulta (sentenza n. 111/2012), che si è espressa favorevolmente sulla costituzionalità dell'art. 145 cod. ass. priv. e del correlato art. 148, comma 2, di cui il giudice a quo dubitava, invece, perché dal combinato disposto delle due disposizioni deriverebbe "un indubbio svantaggio per il danneggiato, su cui grava un maggior onere di allegazione e di prova ai fini dell’accesso alla giurisdizione". La Corte Costituzionale ha sancito che la ratio della nuova normativa è quella di "rafforzare, e non già quella di indebolire, le possibilità di difesa offerte al danneggiato, attraverso il raccordo, come detto, dell’onere di diligenza, a suo carico, con l’obbligo di cooperazione imposto all’assicuratore. Il quale, proprio in ragione della prescritta specificità di contenuto della istanza risarcitoria, non potrà agevolmente o pretestuosamente disattenderla, essendo tenuto alla formulazione di una proposta adeguata nel quantum". La Consulta ha sottolineato che la previsione del meccanismo dell'improcedibilità non mette in discussione il condizionamento ex se dell’accesso alla giurisdizione, la cui compatibilità con il precetto dell’art. 24 Cost. è ampiamente riconosciuta, ove giustificato da esigenze di ordine generale (vedi in tal senso quanto affermato da Trib. Milano, 23.10.2013, n. 13213).
Poiché il giudice di costituzionalità ha già vagliato la norma contenuta all'art. 148, comma 2, che espressamente richiede al danneggiato di inviare la dichiarazione attestante che lo stesso ha diritto ad alcuna prestazione da parte di istituti che gestiscono assicurazioni sociali obbligatorie, riteniamo che la formulazione letterale dell'art. 148 prevalga su quella - all'apparenza contrastante - dell'art. 142, comma 2, che esigerebbe una previa richiesta dell'assicuratore. In altre parole, ritenuto costituzionale e rispondente ad esigenza di deflazione giudiziaria il dettato dell'art. 148, si reputa necessario che il danneggiato accluda alla sua prima richiesta anche la dichiarazione sulle rivalse INPS e INAIL, senza che l'assicurazione debba farne richiesta.

Giunti a tale conclusione (condivisibile o meno), non resta che venire al caso di specie.
Letto il provvedimento del giudice, si rileva come lo stesso dia atto che nel processo non è stata prodotta la documentazione che consente di ritenere soddisfatto l'art. 148 (si dice proprio "non risulta documentato l'invio da parte dell'attore di una richiesta avente il contenuto dell'art. 148 C.a.p."), ed altresì che la comunicazione all'assicuratore circa l'esistenza di somme erogate dall'INPS - circostanza certa e nota alla convenuta, che era stata direttamente contattata dall'ente - è stata provata solo con il deposito tardivo di documentazione da parte del danneggiato-attore.

E pertanto o la richiesta di risarcimento stragiudiziale inviata con raccomandata soddisfava i requisiti dell'art. 148, comma 2 (in particolare: conteneva la dichiarazione circa l'esistenza delle somme liquidate da INPS), oppure non li soddisfava.
L'attore sostiene di sì, mentre il giudice nega la circostanza. E' chiaro che non potendo visionare la documentazione agli atti non si può qui dirimere tale contrasto.

Tuttavia, presumendo che il giudice abbia correttamente valutato le prove, e aderendo alle riflessioni poco sopra esposte circa la prevalenza del dettato dell'art. 148, comma 2, su quello dell'art. 142, comma 2, si dovrebbe concludere che in effetti, essendo incompleta la richiesta inviata dal danneggiato, l'azione non avrebbe potuto essere esperita e quindi il procedimento risulterebbe improcedibile (salva ovviamente la possibilità di riproporlo, trattandosi di rigetto in rito).

V'è però da sottolineare che il ragionamento del Giudice appare per certi versi eccessivamente rigoroso, in quanto non ritiene sufficiente che la compagnia assicuratrice fosse a conoscenza dell'esistenza della rivalsa INPS, anche se risulta accertato che l'istituto previdenziale aveva prontamente contattato l'assicurazione ai fini della surroga. A tacere del problema relativo alla tardiva produzione della documentazione attestante questa conoscenza avvenuta aliunde, e non per diretta comunicazione del danneggiato (stiamo sempre supponendo che la prima richiesta di questi fosse incompleta), ci sembra francamente eccessivo sanzionare con l'improcedibilità l'azione del danneggiato, visto che l'assicurazione era chiaramente e ufficialmente al corrente dell'esistenza della rivalsa INPS prima dell'inizio del processo e che scopo della nuova normativa contenuta nel cod. ass. priv. è proprio quello di consentire la formulazione di una offerta di risarcimento che tenga conto di tutti i dati necessari. Il fatto che il Giudice pretenda una comunicazione del danneggiato ex art. 142 comma 2, quand'anche sia certo che l'assicurazione già sapeva dell'INPS, sembra invocare un formalismo eccessivo, che potrebbe vanificare lo scopo dell'art. 145 (l'improcedibilità ricollegata al fatto che il danneggiato abbia inviato una richiesta incompleta come meccanismo deflattivo del contenzioso prima che questo sia instaurato), atteso che il procedimento attuale è ormai giunto ad uno stadio abbastanza avanzato e un rigetto in rito produrrebbe il mero effetto di costringere l'attore ad intraprendere una nuova e identica azione qualche tempo dopo, a seguito del "formale" invio all'assicurazione delle informazioni che le sono già note da tempo, con aggravio della macc

Tuttavia, le nostre considerazioni sembrano in controtendenza rispetto alla giurisprudenza di merito, che guarda con rigore alla completezza della dichiarazione del danneggiato, anche facendo il confronto con la precedente disciplina, che sul punto non richiedeva la reale esaustività della messa in mora.
A nostro favore, si potrebbe però sottolineare he le sentenze sopra richiamate si riferivano tutte a dati mancanti che solo il danneggiato poteva fornire (come il quadro medico-clinico della persona lesa) e non a informazioni che l'assicurazione potrebbe aver ufficialmente reperito in altro modo (come nello specifico caso che abbiamo trattato in questo parere).

Condivisibile appare, invece, che il Giudice reputi insufficiente la formulazione di una offerta da parte della compagnia limitata solo ad alcune voci di danno - con esclusione proprio di quella attinente alla capacità lavorativa - per superare l'asserita carenza della messa in mora da parte del danneggiato.