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Articolo 682 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Testamento posteriore

Dispositivo dell'art. 682 Codice Civile

(1)Il testamento posteriore [602 c.c.], che non revoca in modo espresso i precedenti [680 c.c.], annulla in questi soltanto le disposizioni che sono con esso incompatibili(2).

Note

(1) Si parla in proposito di revoca tacita.
A differenza della revoca espressa che priva di efficacia l'intero testamento precedente (v. art. 680 del c.c.), in questo caso solo le disposizioni incompatibili vengono meno.
(2) La nozione di incompatibilità è controversa.
Si distingue tra incompatibilità oggettiva e soggettiva. Ricorre la prima quando, a prescindere da una volontà in tal senso, sia materialmente impossibile dare contemporanea esecuzione alle disposizioni contenute nel testamento precedente e in quello successivo (es. il medesimo bene viene lasciato in legato prima ad una persona poi ad un'altra). Si ha incompatibilità soggettiva (o intenzionale) quando dal testamento successivo si possa dedurre la volontà del testatore di revocare, in tutto o in parte, il testamento precedente, pur essendo conciliabili le diverse disposizioni.

Ratio Legis

La norma si ispira al principio generale di conservazione della volontà testamentaria in ragione della sua irripetibilità. Pertanto, ove il testatore non abbia espressamente revocato un testamento, questo rimane valido nelle parti in cui sia compatibile con quello successivo.

Brocardi

Novissima voluntas servatur
Suprema voluntas potior habetur

Spiegazione dell'art. 682 Codice Civile

La norma riproduce sostanzialmente l’art. #920# del vecchio codice del 1865, disciplinando la revoca tacita mediante testamento successivo. La formula è semplificata: nel codice precedente si parlava di disposizioni "contrarie" o "incompatibili"; l’art. 682 adopera soltanto il secondo termine, che si è ritenuto comprensivo del primo, rispetto al quale è più esteso e generico. L’accertamento dell'incompatibilità si risolve in un'indagine di fatto, che deve avere come guida criteri obbiettivi, ma non deve prescindere dall’elemento soggettivo che sta al centro, cioè la volontà del testatore.

Massime relative all'art. 682 Codice Civile

Cass. civ. n. 8030/2019

Nell'ipotesi di più testamenti successivi, il posteriore, quando non revoca in modo espresso il precedente, annulla in questo solo le disposizioni incompatibili, in applicazione del generale principio di conservazione delle disposizioni di ultima volontà, così da circoscriverne la caducazione al riscontro, caso per caso, della sicura incompatibilità con le successive, potendosi, inoltre, ravvisare una revoca implicita dell'intero testamento precedente solo qualora non sia configurabile la sua sopravvivenza a seguito delle mutilazioni derivanti dalla suddetta incompatibilità.

La distruzione del testamento olografo costituisce, ai sensi dell'art. 684 c.c., un comportamento concludente avente valore legale in ordine sia alla riconducibilità della distruzione al testatore sia all'intenzione di quest'ultimo di revocare il testamento medesimo, salva la prova contraria dell'assenza di un'effettiva volontà di revoca.

Cass. civ. n. 11587/2017

Fuori dall’ipotesi di revoca espressa di un testamento, può ricorrere un caso di incompatibilità oggettiva o intenzionale fra il testamento precedente e quello successivo, sussistendo la prima allorché, indipendentemente da un intento di revoca, sia materialmente impossibile dare contemporanea esecuzione alle disposizioni contenute in entrambi gli atti, e configurandosi, invece, la seconda quando, dal contenuto del testamento successivo, si evinca la volontà del testatore di revocare, in tutto o in parte, quello precedente e, dal raffronto del complesso delle disposizioni o di singole previsioni contenute nei due atti, si desuma che il contenuto della volontà più recente del testatore è inconciliabile con quanto risultante dall'atto antecedente. La relativa indagine, involgendo apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, non è censurabile in sede di legittimità, se non per vizio attinente alla motivazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ravvisato un'incompatibilità intenzionale tra due testamenti, il primo dei quali contenente un'istituzione di erede universale rispetto ad un patrimonio mobiliare ed immobiliare, successivamente oggetto di disaggregazione nel secondo testamento, mediante destinazione di singoli beni a specifici destinatari).

Cass. civ. n. 4617/2012

Nell'ipotesi di più testamenti successivi, il posteriore, quando non revoca in modo espresso il precedente, annulla in questo solo le disposizioni incompatibili, in applicazione del generale principio di conservazione delle disposizioni di ultima volontà, così da circoscriverne la caducazione al riscontro, caso per caso, della sicura incompatibilità con le successive, potendosi, inoltre, ravvisare una revoca implicita dell'intero testamento precedente solo qualora non sia configurabile la sua sopravvivenza a seguito delle mutilazioni derivanti dalla suddetta incompatibilità.

Cass. civ. n. 423/1982

L'art. 682 c.c., il quale dispone che il testamento posteriore, quando non revoca in modo espresso il precedente, annulla in questo soltanto le disposizioni incompatibili, fissa un principio generale di conservazione delle disposizioni precedenti e di loro coesistenza con quelle nuove, sì da circoscrivere la possibilità di ritenere caducate le une, per effetto delle altre, solo previo riscontro, caso per caso, di una sicura inconciliabilità, e da consentire inoltre di ravvisare una revoca implicita dell'intero testamento anteriore, in conseguenza dell'incompatibilità di alcune sue disposizioni con altre del testamento successivo, esclusivamente ove sia positivamente accertata la non configurabilità di una sopravvivenza del suo contenuto superstite, a fronte delle mutilazioni derivanti da detta incompatibilità.

Cass. civ. n. 5067/1977

Stante la piena libertà del testatore di mutare, fino al momento della morte, le proprie disposizioni, nel caso di successivi testamenti non è necessario, una volta individuata l'ultima volontà testamentaria, accertare che vi sia stata altresì la volontà di revocare, in tutto o in parte, i precedenti testamenti, ben potendo essere la revoca, totale o parziale, non un oggetto diretto dell'ultima manifestazione di volontà ma un semplice effetto di questa disposizione, ove incompatibile con le precedenti, perfino nell'ipotesi che il testatore non ricordasse più di avere in precedenza testato e non abbia, così, potuto contemplare le precedenti disposizioni come oggetto di volontà di conferma o di revoca.

Cass. civ. n. 454/1970

A norma dell'art. 682 c.c., una disposizione testamentaria deve ritenersi tacitamente revocata quando esiste, tra essa ed altra di data posteriore, incompatibilità oggettiva (impossibilità di dare esecuzione sia all'una che all'altra) o anche solo soggettiva (desumibile volontà del de cuius di revocare, in tutto o in parte, il testamento precedente). Il relativo apprezzamento compete al giudice di merito ed è incensurabile in cassazione quando del proprio convincimento sia stata data giustificazione con un processo logico interpretativo condotto in conformità delle norme giuridiche.

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Consulenze legali
relative all'articolo 682 Codice Civile

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P. P. chiede
giovedì 14/09/2023
“Sono esecutore testamentario.
Come dividere le quote in presenza di secondo testamento che non revoca il primo ?
Nel primo sono presenti i cugini del marito oltre alle sorelle in vita e ai nipoti, nel secondo successivo la vedova (de cuius) esclude i parenti del marito e la sorella nel frattempo defunta aggiungendo il cognato.
Posso considerare i cugini del marito o per incompatibilità li devo escludere visto il secondo testamento ?
Per stirpi (4 fratelli tutti premorti) o per capi (sorella nel frattempo deceduta, nipoti, cognato ?
Grazie”
Consulenza legale i 21/09/2023
Il caso in esame si ritiene che debba farsi rientrare a pieno titolo nel campo di applicazione dell’art. 682 c.c.
La giurisprudenza ha in diverse occasioni precisato che, per aversi revoca tacita, le disposizioni del testamento posteriore devono essere oggettivamente o intenzionalmente incompatibili con quelle del testamento anteriore.
Ciò comporta che le disposizioni contenute nel testamento anteriore devono ritenersi tacitamente revocate tutte le volte in cui le disposizioni del testamento posteriore siano tali da rendere impossibile la loro contemporanea esecuzione ovvero quando, indipendentemente da tale incompatibilità, il contenuto del testamento posteriore indica chiaramente la volontà di revoca del testatore e, dal raffronto del complesso delle disposizioni o di singole previsioni contenute nei due atti, si desuma che il contenuto della volontà più recente del testatore è inconciliabile con quanto risultante dall'atto antecedente (così, da ultimo, C., ord., 11587/2017; C. 6745/1983).

In effetti, la nozione di incompatibilità risulta abbastanza controversa, distinguendosi tra incompatibilità oggettiva e soggettiva.
Ricorre la prima quando, a prescindere da una volontà in tal senso, sia materialmente impossibile dare contemporanea esecuzione alle disposizioni contenute nel testamento precedente e in quello successivo (es. il medesimo bene viene lasciato in legato prima ad una persona poi ad un'altra).
Si ha incompatibilità soggettiva (o intenzionale), invece, quando dal testamento successivo si possa dedurre la volontà del testatore di revocare, in tutto o in parte, il testamento precedente, pur essendo conciliabili le diverse disposizioni.

Ebbene, nel caso di specie si ritiene che la volontà, per come espressa nei due testamenti dalla de cuius, dia luogo ad un’ipotesi di revoca tacita del primo testamento per incompatibilità oggettiva tra le due schede testamentarie, e ciò per le seguenti ragioni:
a) sussistenza di una specifica volontà di modificare quanto disposto con la prima scheda testamentaria, desumibile dal solo rilievo che nella seconda risulta escluso il marito, evidentemente perché nel frattempo deceduto;
b) sia la prima che la seconda contengono una istituzione di erede a titolo universale e per parti eguali di soggetti specificatamente menzionati, con conseguente e necessaria esclusione di coloro che nella seconda scheda non vengono inclusi dalla testatrice nella cerchia di coloro che definisce “familiari”.

Per quanto concerni i criteri da seguire per dividere i beni tra gli eredi nominati, anche qui la volontà della testatrice si ritiene che sia abbastanza palese, avendo inteso attribuire a ciascun nominato una porzione eguale dei suoi beni.
La circostanza che nella seconda scheda abbia operato un raggruppamento per luogo di abitazione, infatti, non può essere intesa nel senso che debbano formarsi tante quote quanti sono i gruppi (ossia tre) per poi dividere in parti eguali tra i componenti di ciascun gruppo.
Ciò che assume rilievo, invece, è soltanto la prima parte della scheda testamentaria, ove tutti i familiari vengono nominati eredi universali con divisione in parti eguali.

Anonimo chiede
martedì 17/11/2020 - Lazio
“Salve.
Vi sono due testamenti olografi contemporanei pubblicati, decisamente confusi e gremiti di cancellature nonché di contraddizioni.
Su uno parrebbe nominata una usufruttuaria (la convivente del de cuius - no moglie no coppia di fatto) ed un erede universale (la nipote del de cuius); nell'altro parrebbe che l'usufruttuaria divenga erede universale, mentre la nipote del de cuius non vi è più menzionata.
Vi è altresì un parere tecnico grafologico (CTP che svolge anche il ruolo di CTU) richiesto dall'erede legittimo del de cuius (unica sorella e madre della nipote nominata erede universale) attestante che ambo i testamenti non sono autentici.
L'erede legittimo ha avviato il procedimento di mediazione obbligatorio (c/o tribunale di Civitavecchia RM), chiamando in mediazione il presunto erede universale (la convivente del de cuius - no moglie no coppia di fatto), però il procedimento si sta per chiudere negativamente, in quanto il suddetto presunto erede universale avanza eccessive pretese sul patrimonio, omettendo che vi sono due testamenti contemporanei contenenti disposizioni sostanzialmente incompatibili ed assai confuse, nonché un parere tecnico grafologico dichiarante la non autenticità di entrambi i documenti.
Per quanto sopra, sarebbe gradito un parere nel merito dei testamenti così come formulati, ovverosia se possono essere ritenuti validi od in caso contrario ove debbono essere concentrate le contestazioni maggiori (invio allegati testamenti compiuto il pagamento).
Restando a disposizione per eventuali ulteriori informazioni si porgono cordiali saluti.”
Consulenza legale i 24/11/2020
Il caso prospettato si ritiene che debba essere risolto facendo applicazione della disciplina che il codice civile detta in tema di revocazione delle disposizioni testamentarie.
Principio generale, che non va mai trascurato, è quello secondo cui il testamento è un atto a carattere personale, la cui interpretazione deve essere essenzialmente volta ad accertare l’effettiva volontà del defunto.
Nello svolgimento dell’attività interpretativa, è opinione comune quella secondo cui sono applicabili ai negozi mortis causa, oltre ai criteri di interpretazione soggettiva, anche la regola della conservazione degli effetti, risultante dall’art. 1367 del c.c..
In particolare in giurisprudenza è stato affermato che “l’interpretazione testamentaria è caratterizzata, rispetto a quella contrattuale, da una più intensa ricerca ed efficacia della volontà concreta e da un frequente impiego del metodo integrativo…” (così Cass. n. 1284/1974), aggiungendosi che “il ricorso ad elementi estrinseci è ammissibile al solo fine di chiarire la reale volontà del defunto, che appare ambigua nella scheda, non certo per mettere in dubbio la lettera del testamento, ove questo appaia evidente…” (così Cass. n. 3342/1977; Cass. n. 1368/1971; Cass. n. 5067/1977; Cass. n. 2556/1989).

E’ tenendo conto di questi criteri generali che si cercherà di individuare una soluzione al caso di specie.
In assenza di una specifica disposizione normativa che regoli il caso dei testamenti di pari data, norma da prendere in considerazione è l’art. 682 c.c., il quale individua un’ipotesi di revoca tacita del testamento nel caso in cui il testatore abbia redatto un testamento posteriore senza revocare in modo espresso i precedenti.
La Corte di Cassazione ha interpretato tale norma come fattispecie legale ad effetti predeterminati, considerando la redazione di nuove disposizioni incompatibili con le precedenti quale mero fatto, a cui il legislatore connette la caducazione del testamento anteriore per esigenze di certezza, indipendentemente dall’accertamento dell’effettiva volontà del de cuius (così Cass. 21.11.1977 n. 5067).

In particolare, secondo il S.C. due sono i presupposti sulla base dei quali è possibile delineare l’ambito di applicazione di tale norma, e precisamente:
  1. l’esistenza di due testamenti successivi nel tempo, privi di una clausola di revoca espressa,
  2. una relazione di incompatibilità fra disposizioni, che può essere oggettiva, ovvero meramente soggettiva o intenzionale.
Si ha incompatibilità oggettiva fra disposizioni quando, indipendentemente da un intento di revoca, sia materialmente impossibile dare contemporanea esecuzione alle disposizioni contenute nel testamento precedente ed a quelle contenute nel testamento successivo (il classico esempio che può farsi è quello in cui nel primo testamento si dice voglio erede Tizio, mentre nel secondo si dice non voglio erede Tizio).
Ricorre invece incompatibilità intenzionale o meramente soggettiva quando, esclusa la sussistenza di una materiale inconciliabilità di disposizioni, dal contenuto del testamento successivo possa ragionevolmente dedursi la volontà del testatore di revocare in tutto o in parte il testamento precedente e dal raffronto del complesso delle disposizioni o di singole disposizioni contenute nei due atti, sia dato desumere un atteggiamento della volontà del de cuius incompatibile con quello che risultava dal precedente testamento (cfr. Cass. 2.01.1982 n. 423).

Nel compimento di tale attività interpretativa, poi, si dovrà sempre tenere presente il principio a cui si è fatto riferimento all’inizio di questa consulenza, ossia il principio generale di conservazione della volontà del defunto, dalla cui applicazione ne consegue che, nel dubbio, l’interprete deve escludere la revocazione, scegliendo la soluzione che permetta la contemporanea sopravvivenza delle disposizioni.
Si legge nella sentenza della Corte di Cassazione n. 423/1982 sopra citata quanto segue: “l’art. 682, il quale dispone che il testamento posteriore, quando non revoca in modo espresso il precedente, annulla in questo soltanto le disposizioni incompatibili, fissa un principio generale di conservazione delle disposizioni precedenti e di loro coesistenza con quelle nuove, sì da circoscrivere la possibilità di ritenere caducate le une per effetto delle altre solo previo riscontro, caso per caso, di una sicura inconciliabilità, e da consentire inoltre di ravvisare una revoca implicita dell’intero testamento anteriore in conseguenza dell’incompatibilità di alcune sue disposizioni con altre del testamento successivo, esclusivamente ove sia positivamente accertato la non configurabilità di una sopravvivenza del contenuto superstite, a fronte delle mutilazioni derivanti da detta incompatibilità”.

Quanto fin qui riportato riguarda, come si è detto inizialmente, l’ipotesi di disposizioni testamentarie successive nel tempo, mentre nessuna norma del codice civile si preoccupa di regolare i rapporti fra testamenti di pari data, allorché ci si trovi nell’impossibilità di dimostrare la posteriorità di uno di essi.
Afferma la Corte di Cassazione, sentenza n. 495 del 23.02.1952, che in situazioni di questo tipo l’interprete deve tendenzialmente escludere la revoca, scegliendo quella interpretazione che permetta la contemporanea sopravvivenza delle disposizioni, e ciò sempre in omaggio al principio di conservazione della volontà del defunto.
Tale principio, tuttavia, non impone di dare comunque esecuzione ad una disposizione oscura, il che significa che, se i testamenti nel loro insieme non permettono di ricostruire attendibilmente l’intento del de cuius, le disposizioni non potranno avere effetto.

Facendo applicazione delle considerazioni sopra svolte al caso di specie, se ne può dedurre quanto segue.
Nessuno dei due testamenti, aventi pari data, contiene o fa riferimento ad elementi extra testuali che possano contribuire a consentire l’individuazione di quali disposizioni debbano ritenersi efficaci, ossia se le disposizioni che vogliono la compagna come unico erede o quelle che vogliono la nipote erede universale e la compagna usufruttuaria dell’intero patrimonio del de cuius.
Dalla loro lettura, inoltre, non se ne ricava una ipotesi di incompatibilità totale oggettiva fra le disposizioni, tale da poter asserire che le disposizioni si elidono reciprocamente (non si dice in uno voglio erede Tizia e nell’altro non voglio erede Tizia).
Neppure si ritiene che vi si possa ravvisare un’ipotesi di incompatibilità parziale oggettiva, per effetto della quale dovrebbe elidersi la parte incompatibile per essere eseguita la parte non contestata (es. lascio gli immobili ed il denaro a Tizia, lascio il denaro a Caia).

La soluzione più corretta, invece, e che si suggerisce di portare avanti, è quella di configurare nei due testamenti un’ipotesi di c.d. incompatiblità intenzionale, la quale ricorre ogniqualvolta entrambe le volontà possano essere astrattamente eseguite, ma non è possibile accertare quale sia stata l’ultima.
Più specificatamente, non è possibile qui stabilire se il testamento che nomina la compagna erede universale sia stato redatto successivamente all’altro che la nomina usufruttuaria, in concorrenza con la nipote erede universale della nuda proprietà di ogni bene.

Poiché, però, nel testamento in cui la compagna viene nominata erede universale non viene manifestata alcuna volontà di escludere dalla successione la nipote (come, invece, è stato espressamente disposto per gli altri nipoti V.), si ritiene che alla volontà del defunto possa darsi meglio attuazione considerando la compagna usufruttuaria universale e la nipote nuda proprietaria dell’intero.
Peraltro, ad avvalorare la volontà del testatore di voler essenzialmente consentire alla compagna il godimento dei suoi beni, quale segno di riconoscenza per l’assistenza prestatagli, si ritiene che possa anche contribuire l’espressione usata dal testatore nella scheda testamentaria in cui la stessa viene nominata erede in via esclusiva, nella parte in cui è detto “di fatto, avendola NOM. Erede venga in pieno possesso…”, mentre dalla successiva espressione “avendola nominata come unica erede universale…” se ne ricava la sua volontà di estendere il possesso ad ogni bene del suo patrimonio.

Tutto ciò vale, ovviamente, per il caso in cui i due testamenti dovessero essere riconosciuti validi, poiché in caso contrario (ossia qualora se ne riconosca la loro falsità, come sembra almeno per il momento accertato dal perito) si aprirà la successione legittima, con conseguente delazione dell’intero patrimonio in favore dell’unico erede legittimo, ossia la sorella del de cuius, nonché madre della nipote menzionata in uno dei due testamenti.


Maria C. chiede
lunedì 01/10/2018 - Lazio
“Mio padre, deceduto nel 2015 ha lasciato due testamenti olografi:
1) nel primo datato 1 settembre 2010, nomina eredi noi 4 figli in parti uguali, dei beni di proprietà esclusiva, consistenti in un appartamento a Roma (valore 600.000 euro) e una villa al mare ( valore 350.000 euro) e scrive che desidera che nella successiva ripartizione la casa di Roma vada a me ; inoltre lascia a mia madre i risparmi (30 mila euro) e l'usufrutto su tutti i beni.
2)nel secondo testamento olografo, datato 10 dicembre 2010, lascia i risparmi e l'usufrutto vitalizio su tutti i beni a mia madre, lascia a me, a titolo di legato, la casa di Roma, dicendo che sono stata loro sempre vicina e li ho aiutati anche economicamente (circostanza che posso provare) e lascia a titolo di legato in parti uguali ai miei due fratelli maschi la villa al mare.
Precisa inoltre che mia sorella avrà quanto le spetta da mia madre ( che infatti le lascerà un'altra casa a Roma del valore di 400.000 euro, un garage sempre a Roma, pagato 60 mila euro e due case in Calabria, di proprietà esclusiva di mia madre).Ho fatto pubblicare a mie spese il secondo testamento, ma mia sorella ha voluto lasciare al Notaio anche il primo testamento .Vorrei precisare che mia sorella sapeva da tempo della volontà dei miei genitori, e concorda su questa divisione.Non riesco a capire però perché ha voluto lasciare anche il primo testamento, pur dicendomi che dispone diversamente sugli stessi beni e quindi è superato dal secondo.Credo che vi sia una questione tra qualità di erede e legatario: non vorrei che la nomina di eredi dei 4 figli condizioni le disposizioni del secondo testamento, anche se successivo .Infatti quando verrà a mancare mia madre, nel testamento olografo che ha scritto, lascia come legato a mia sorella la casa di Roma e il garage più due case in Calabria, mentre agli altri tre figli lascia, sempre come legato, solo una casa ciascuno, in Calabria, del valore di 25 mila euro ciascuna.Mia sorella sarebbe quindi molto avvantaggiata, in quanto, se non sbaglio, non essendovi più mio padre, la quota disponibile nella successione di mia madre è il 50%.
In definitiva vorrei sapere che rischi corro se, alla morte di mia madre, mia sorella farà pubblicare il testamento olografo di mio padre datato 1 settembre 2010, oltre al testamento olografo di mia madre.
Spero di essere stata chiara. Grazie”
Consulenza legale i 04/10/2018
Il nostro ordinamento riconosce la libertà di revocare e/o modificare le disposizioni testamentarie fino al momento della morte.
A tal proposito, si parla infatti di “libertà testamentaria”.
La revoca del testamento può avvenire in modo espresso ovvero in modo tacito.
La prima ipotesi, è disciplinata dall’art. 680 c.c. mentre la seconda è prevista nell’art. 682 c.c.

Il caso in esame, stando a quanto riportato nel quesito, appare configurare una ipotesi di revoca tacita. In base al predetto art. 682 c.c., il testamento posteriore, che non revoca in modo espresso i precedenti, annulla in questi soltanto le disposizioni che sono con esso incompatibili.

Sul concetto di “incompatibilità” delle disposizioni testamentarie si è pronunciata più volte la Suprema Corte.
A tal proposito, è utile riportare per esteso la massima contenuta nella recente sentenza n. 11587/2017 dove viene fornita la definizione di incompatibilità oggettiva ed incompatibilità intenzionale.
Afferma infatti la Corte di Cassazione che: “fuori dall’ipotesi di revoca espressa di un testamento, le disposizioni testamentarie anteriori devono essere ritenute tacitamente revocate per effetto di quelle successive in caso di incompatibilità oggettiva o intenzionale fra il testamento precedente e quello successivo, ossia allorché, indipendentemente da un intento di revoca, sia materialmente impossibile dare contemporanea esecuzione alle disposizioni contenute in entrambi gli atti (cd. incompatibilità oggettiva), oppure quando, dal contenuto del testamento successivo, si evinca la volontà del testatore di revocare, in tutto o in parte, quello precedente e dal raffronto del complesso delle disposizioni o di singole previsioni contenute nei due atti si desuma che il contenuto della volontà più recente del testatore è inconciliabile con quanto risultante dall’atto antecedente (cd. incompatibilità intenzionale). La circostanza che nel testamento successivo sia ravvisabile, non già la sostituzione di talune disposizioni, ma un ripensamento ed un riassetto complessivo della destinazione dei cespiti, ben può fondare il convincimento del giudice nel senso dell’esistenza di un’ipotesi di incompatibilità intenzionale tra le due disposizioni testamentarie, con la conseguente conclusione che il de cuius con il secondo testamento ha inteso revocare il primo.”

Nella presente vicenda, occorre quindi andare a verificare quali disposizioni del primo testamento siano incompatibili con quello successivo.
Quelle, appunto, incompatibili (in uno dei due sensi - oggettivo o intenzionale- sopra indicati) dovranno ritenersi revocate dal nuovo testamento.

Nel nostro caso, nel primo testamento si parla di eredità e nel secondo di legato. Occorre, quindi, in primo luogo distinguere le due figure, facendo riferimento a quanto previsto dall’art. 588 c.c. secondo cui è erede chi subentra al testatore in tutto il suo patrimonio o in una quota di esso; mentre è legatario colui che acquista diritti patrimoniali specifici.

Da quanto leggiamo nel quesito, parrebbe che il testatore con il primo testamento abbia voluto nominare eredi tutti i figli in una situazione, quindi, di comunione ereditaria su tutti i suoi beni immobili; mentre con il secondo, risulta che abbia preferito attribuire detti beni in modo specifico, escludendo Sua sorella che andrebbe invece a beneficiare delle disposizioni testamentarie di Sua madre. Per, usare, quindi le parole della Corte di Cassazione nella sentenza sopra citata, parrebbe che vi sia stato un “ripensamento ed un riassetto complessivo della destinazione dei cespiti” configurandosi un ipotesi di “incompatibilità intenzionale”.

Tuttavia, quanto alla disposizione relativa a Sua sorella contenuta nel secondo testamento, riteniamo che possa essere considerata nulla o, quanto meno, non efficace in quanto fa riferimento ad una volontà futura di altro soggetto (Sua madre) e ha ad oggetto beni non di proprietà del testatore (leggiamo infatti nel quesito che Suo padre ha scritto nel secondo testamento che Sua sorella prenderà quanto le spetta dall'eredità della madre). Quindi, in pratica, il testatore con il secondo testamento non ha lasciato nulla a Sua sorella, limitandosi a richiamare una eredità futura altrui, mentre l'art. 587 c.c. prevede espressamente che il testatore possa disporre soltanto delle proprie sostanze.

Alla luce di quanto precede, nel caso in esame, possiamo dunque affermare che:
1) la disposizione relativa ai risparmi e all’usufrutto dei beni rimane immutata;
2) deve escludersi un diritto degli altri fratelli sulla casa di Roma che era di proprietà di Suo padre (come sarebbe invece avvenuto se si fosse avuto solo il primo testamento) poiché nel secondo testamento essa è stata attribuita a Lei come legato;
3) la casa al mare resta diritto esclusivo dei Suoi due fratelli maschi.

In risposta, quindi, alla domanda contenuta nel quesito, l’unico rischio che al momento si può ipotizzare è che non avendo Suo padre (nel secondo testamento) lasciato nulla delle proprie sostanze all'altra figlia ma avendo semplicemente rimandato ad una eredità futura altrui, questa potrebbe impugnare detto testamento lamentando una eventuale lesione della quota di legittima (da verificare dopo aver ricostruito l’asse ereditario).
Del resto, l’apertura della successione di Suo padre è già avvenuta e, ancora prima della futura apertura della successione di Sua madre, è possibile che un erede che si ritenga leso nella sua quota di eredità possa impugnare il testamento ritenuto lesivo.


Lucia chiede
martedì 08/11/2016 - Lazio
“Egregi Avv. Ho da porvi il seguente quesito: Vorrei capire se sussiste l’incompatibilità del testamento del 2006 con quello del 1988 e quindi eventualmente in che quota e su quali beni i nipoti di zio avrebbero dei diritti. Mi scuso per la lunghezza del messaggio ma serve per comprendere la vicenda.
I miei anziani zii M. e S. ( senza figli) sono deceduti a distanza di 20 giorni l’uno dall’altra. Prima lo zio e poi la zia.
I loro beni consistevano in una casa di proprietà in parti uguali , un box auto acquistato successivamente nel 1985 non pertinenziale ma strutturalmente integrato allo stabile (sempre in regime di comunione di beni e in parti uguali), un conto cointestato in banca e beni materiali (mobilio casa vestiario di ordinaria fattura).
Nel momento del decesso lo zio come parenti più prossimi aveva sua moglie e 8 nipoti discendenti dei suoi 3 fratelli tutti deceduti prima di lui come chiaramente anche i suoi genitori.
Lo zio ha lasciato testamento olografo o meglio abbiamo ritrovato due testamenti il primo risalente (1988) dove rendeva erede universale di tutti i suoi beni(mobili e immobili) la moglie, il secondo e quindi il più recente del 2006 inizia con la premessa che richiama l’impossibilità di potersi avvalere dell’aiuto dei suoi nipoti e di quelli della moglie perché tutti presi dalla loro famiglie e quindi testualmente cito “perciò ho preso questa decisione di lasciare due righe la casa a mia assenza è solo di mia moglie e solo lei può decidere di farci quello che vuole.”
La zia deceduta successivamente con testamento ologafo rende eredi universali due nipoti carnali (due miei fratelli) figli di sua sorella di tutti i suoi beni mobili e immobili.
I tre testamenti sono stati pubblicati dal notaio perché tutti in regola.
Il problema sorge perché gli 8 nipoti di zio M. ci hanno fatto scrivere dall’Avv. contestandoci la successione in quanto si appellano al fatto che il testamento di zio del 2006 sia incompatibili con quello del 1988, cito“ il de cuius non ha nominato sua erede universale la moglie” ma le ha lasciato solo la sua metà indivisa dell’appartamento. Ne consegue che sui rimanenti beni non escluso il box i suoi clienti non possono che succedere in via esclusiva in forza delle norme che regolano le successione legittime.
Cordiali saluti”
Consulenza legale i 10/11/2016
I temi che il caso in esame ci propone di affrontare sono essenzialmente due, ossia quello della successione per rappresentazione e quello degli effetti del testamento successivo.
E’ detto innanzitutto che lo zio M. morendo ha lasciato come parenti più prossimi la moglie e otto nipoti, discendenti dei suoi tre fratelli, deceduti prima di lui.

Dispone l’art. 467 c.c. che la rappresentazione fa subentrare i discendenti nel luogo e nel grado del loro ascendente in tutti i casi in cui questi non può accettare l’eredità; la circostanza che i fratelli dello zio M. siano premorti a lui costituisce ipotesi di impossibilità di accettare l’eredità.
Il successivo art. 468 c.c. precisa quali sono i soggetti in cui favore opera il diritto di rappresentazione, disponendo che essa ha luogo nella linea collaterale a favore dei discendenti dei fratelli e delle sorelle del de cuius.
In forza di tali norme, pertanto, gli otto nipoti del de cuius rientreranno a pieno titolo nella categoria dei successibili per legge.

Tuttavia, un primo errore del legale degli otto nipoti sta già nel fatto di asserire che questi succedono per legge “in via esclusiva” in tutti i beni che residuano esclusa la metà della casa di abitazione di cui è stato disposto per testamento, e ciò in quanto occorre tener conto del disposto di cui all’art. 582 c.c., norma che regola il concorso del coniuge con ascendenti, fratelli e sorelle.
Infatti, anche a voler ammettere che il testamento del 2006 abbia avuto l’effetto di revocare quello del 1988 (ciò di cui si parlerà in prosieguo, nella trattazione del testamento successivo), non si deve trascurare che per i beni non contemplati dal testamento del 2006 si aprirà la successione legittima, alla quale concorreranno sia il coniuge che i discendenti dei fratelli per rappresentazione, secondo le quote previste proprio dall’art. 582 c.c. (ossia 2/3 al coniuge ed 1/3 indiviso agli altri eredi).

Né in contrario può dirsi che con la disposizione dello zio M. contenuta nel testamento del 2006 in favore della moglie si sia voluto attribuire un bene in sostituzione di legittima, dovendo tale intenzione, prevista e disciplinata dall’art. 551 c.c., risultare da una espressa manifestazione di volontà in tal senso, seppure non siano richieste a tal fine formule sacramentali. Sarà comunque necessaria la manifestazione di una non equivoca volontà di tacitare il legittimario per mezzo del legato.

Posto dunque che in ogni caso la successione legittima si sarebbe aperta alla morte dello zio M. sia in favore della moglie che degli otto nipoti, passiamo ora ad esaminare l’altro tema attinente il caso in esame, ossia quello degli effetti del testamento posteriore.
La norma che a tal fine viene in esame è quella di cui all’art. 682 c.c., la quale testualmente recita che “Il testamento posteriore, che non revoca in modo espresso i precedenti, annulla in questi soltanto le disposizioni che sono con esso incompatibili”.

L’annullabilità delle sole disposizioni che sono incompatibili con quelle successive trova il suo fondamento nel principio generale di conservazione del negozio giuridico (cfr. Cass. Civ. Sez. II 17/10/2001 n. 12649), che trova applicazione anche nella materia successoria.
L’art. 682 c.c. presuppone la possibilità logica e giuridica della concorrenza di disposizioni testamentarie non contemporanee e fissa, in linea di principio, la regola della loro paritaria consistenza.
Da tale regola discende, in primo luogo, che l’incompatibilità deve essere valutata proposizione per proposizione, ed in secondo luogo che la revoca implicita dell’intero testamento anteriore può aversi solo allorchè sia positivamente accertata la non configurabilità di una sopravvivenza del suo contenuto superstite in seguito alle mutilazioni derivanti dall’incompatibilità.

A tal proposito merita di essere segnalata una sentenza della Suprema Corte (Cass. Civ. 12/11/1983 n. 6745) la quale ha affermato che, al di fuori dell’ipotesi di una revoca espressa del testamento, ricorrerà un caso di incompatibilità oggettiva allorquando risulti materialmente impossibile dare contemporanea esecuzione alle disposizioni contenute nel testamento precedente ed a quelle contenute nel testamento successivo; l’indagine al riguardo involge apprezzamenti di fatto riservati al Giudice del merito e non censurabili in sede di legittimità se sorretti da congrua e corretta motivazione.
Inoltre, secondo la sentenza della Corte d’appello di Roma Sez. III del 17/11/2009 il testamento posteriore, quando non revoca in modo espresso quello precedente, annulla in questo soltanto le disposizioni incompatibili.

Posti questi principi, e dovendosi lasciare sempre al Giudice del merito ogni valutazione in ordine alla concreta volontà del testatore, si ritiene che, in assenza di una revoca espressa, non si possa ravvisare alcuna incompatibilità oggettiva tra il contenuto dei due testamenti, dovendo invece desumersi, dalla premessa contenuta nel secondo testamento, l’intento del testatore di voler rafforzare la sua volontà di assicurare la casa di abitazione alla moglie.

Da un punto di vista prettamente tecnico potrebbe attribuirsi alla disposizione contenuta nel secondo testamento natura di prelegato, previsto dall’art. 661 c.c e definito da tale norma come legato a favore di uno dei coeredi ed a carico di tutta l’eredità, in relazione al quale il prelegatario viene ad assumere contemporaneamente la posizione di onorato e di onerato.

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