L’art. 284 non ha precedenti nel vecchio codice del 1865, ma risolve una questione che si era dibattuta in dottrina e in giurisprudenza: quella relativa agli effetti della distruzione o laceramento totale o parziale della scheda testamentaria, o della cancellazione di tutte o di alcune delle disposizioni in essa contenute.
È stato osservato che in questi casi impropriamente si parlerebbe di revoca perché, con la revoca, il testamento cessa di avere efficacia giuridica, per la contrapposizione di una volontà contraria, pur conservando la sua esistenza di fatto e la sua validità formale, mentre la distruzione ne annienta l’esistenza in fatto e in diritto, restituendo le cose nello stato in cui si sarebbero trovate qualora il testamento non fosse mai esistito. Ma ciò non sembra convincente, perché: per quanto attiene all’esistenza materiale, non è impossibile ricostruire un documento lacerato; per quanto attiene all’esistenza giuridica (del negozio), non è il fatto materiale della distruzione, lacerazione o cancellazione, ma la (tacita o presunta) volontà del testatore che si prende a base della revoca.
In astratto, dunque, quello in esame si può profilare come un caso di revoca tacita oppure presunta: tacita, in quanto il fatto stesso del laceramento, distruzione o cancellazione si consideri come factum concludente che lascia desumere la volontà di revocare le disposizioni testamentarie (in tutto o in parte) in esso contenute; presunta, in quanto la legge, anche prescindendo dall'esistenza di una volontà effettiva del testatore, o piuttosto dall’accertamento di essa, consideri come obiettivo equipollente della volontà di revoca il fatto materiale della distruzione, del laceramento o della cancellazione.
Nel sistema dell’art. 684, si può parlare piuttosto di revoca tacita, poiché la disposizione in esso contenuta gravita intorno all’intenzione del testatore. Soltanto la legge ricorre alla presunzione (semplice) come mezzo di prova, o meglio come mezzo di inversione dell’onere della prova.
Stabilisce, infatti, una duplice presunzione: a) che il testamento sia stato distrutto, lacerato o cancellato dal testatore; b) che il testatore abbia avuto l’intenzione di revocare.
Si ammette, però, la controparte a provare: a) che il testamento sia stato distrutto, lacerato o cancellato da persona diversa dal testatore; b) che il testatore non abbia avuto l’intenzione di revocare. Ed è chiaro che basterà raggiungere l’una o l’ altra prova, perché la revoca debba ritenersi esclusa.
Quello che la legge dice per la distruzione, per il laceramento o per la cancellazione, non vale, naturalmente, per qualunque sorta di alterazione o manomissione della scheda testamentaria. Infatti, contrariamente a quanto fu detto, i termini adoperati dal legislatore non comprendono ogni fatto che alteri la materiale consistenza della scheda: così, non comprendono l’appallottolamento (che non è lacerazione, né distruzione); non comprendono l’aggiunzione di fregi, ghirigori e simili (che non è cancellazione); non comprendono, insomma, tutte le alterazioni o manomissioni che non compromettono l’unità materiale del documento o del testo scritto.
La disposizione in oggetto va interpretata, anche per la sua natura, restrittivamente, mediante la precisa determinazione del significato da attribuirsi ai termini distruzione, laceramento e cancellazione relativa agli effetti del ritiro del testamento olografo.