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Articolo 495 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Pagamento dei creditori e legatari

Dispositivo dell'art. 495 Codice Civile

Trascorso un mese dalla trascrizione prevista nell'articolo 484 o dall'annotazione disposta nello stesso articolo per il caso che l'inventario sia posteriore alla dichiarazione, l'erede, quando i creditori o legatari non si oppongono [498 c.c.] ed egli non intende promuovere la liquidazione a norma dell'articolo 503, paga i creditori e i legatari [649 ss. c.c.] a misura che si presentano, salvi i loro diritti di poziorità [499, 503, 2741, 2830 c.c.](1).

Esaurito l'asse ereditario, i creditori rimasti insoddisfatti hanno soltanto diritto di regresso contro i legatari, ancorché di cosa determinata appartenente al testatore [649 c.c.], nei limiti del valore del legato(2).

Tale diritto si prescrive in tre anni dal giorno dell'ultimo pagamento, salvo che il credito sia anteriormente prescritto [2934 c.c.].

Note

(1) I creditori dell'eredità e i legatari possono essere soddisfatti in diversi modi:
- 1) se nel termine di un mese dalla trascrizione della dichiarazione di cui all'art. 484 del c.c. o dall'annotazione dell'inventario i creditori o i legatari fanno opposizione, si procede con la liquidazione concorsuale, secondo le modalità indicate dall'art. 498 del c.c.;
- 2) se entro il medesimo termine, i creditori o i legatari non fanno opposizione, la liquidazione avviene individualmente: l'erede procede al pagamento dei creditori nell'ordine in cui questi si presentano. Tuttavia, in caso di presentazione nello stesso momento, viene preferito chi è assistito da privilegio, pegno o ipoteca. A prescindere dall'opposizione dei creditori, l'erede può scegliere di seguire la procedura di cui al punto 1) per liberarsi da ogni responsabilità;
- 3) l'erede può, infine, scegliere di rilasciare i beni ai creditori e legatari (v. art. 503 del c.c.).
Il mancato rispetto dei termini di cui ai punti n. 1) e 2), secondo alcuni, comporta la decadenza dal beneficio di inventario, secondo altri, determina l'obbligo di risarcire il danno cagionato.
(2) Ove la liquidazione sia stata individuale, a norma dell'articolo in commento, i creditori e i legatari rimasti insoddisfatti hanno azione di regresso nei confronti dei soli legatari (nei limiti del valore del legato) e non anche verso i creditori interamente soddisfatti.

Ratio Legis

La norma detta l'ordine e le modalità attraverso cui devono essere soddisfatti i creditori dell'eredità e i legatari, privilegiando i primi ai secondi poichè i creditori cercano di evitare un danno patrimoniale ("certat de damno vitando"), mentre i legatari cercano di acquisire un vantaggio ("certat de lucro captando").

Spiegazione dell'art. 495 Codice Civile

La limitazione della responsabilità per i debiti ereditari nei limiti del valore dei beni ereditari e la separazione patrimoniale tra il patrimonio ereditario e quello dell'erede che derivano dall'accettazione con beneficio di inventario e impediscono al creditore ereditario di agire nei confronti dei beni personali dell'erede al fine di soddisfare le proprie ragioni impongono, d'altro canto, in capo all'erede beneficiato l'obbligo di procedere alla liquidazione ereditaria secondo precise modalità.

La norma in esame disciplina la liquidazione individuale dei creditori ereditari che rappresenta una delle modalità di pagamento dei debiti ereditari cui si affiancano la liquidazione concorsuale di cui all'art. 498 del codice civile e il rilascio dei beni di cui art. 507 del codice civile.

La liquidazione individuale rappresenta la modalità più semplice ed economica di pagamento dei debiti ereditari.

Il presupposto di tale procedura è rappresentato dal decorso di un mese dall'accettazione beneficiata senza che i creditori abbiano proposto opposizione a tale modalità di liquidazione.
Tale termine di attesa è previsto dal legislatore al fine di permettere ai creditori e ai legatari di ponderare l'opportunità di opporsi e con ciò obbligare l'erede a procedere alla liquidazione concorsuale (art. 498 del codice civile).

L'erede può poi decidere liberamente di procedere alla liquidazione concorsuale anche qualora non vi sia stata l'opposizione dei creditori per ragioni personali di opportunità tra le quali la certezza della chiusura della fase di liquidazione, come meglio infra esplicato.

La liquidazione individuale si caratterizza per la sua semplicità in quanto non sono previste particolari formalità al fine del suo espletamento.
L'erede procede al pagamento dei creditori ereditari in base alla mera priorità della richiesta di pagamento, "a misura che si presentano", dovendo rispettare esclusivamente le cause legittime di prelazione nel soddisfacimento delle ragioni creditorie previste dalla legge.

A differenza della liquidazione concorsuale la liquidazione individuale presenta un termine iniziale, ma non un termine finale per l'espletamento della procedura.
La perdita della qualifica di bene ereditario per i beni mobili è prevista dall'art. 493 2° comma del codice civile in cinque anni dall'accettazione con beneficio di inventario.
Per i beni immobili, invece, la certezza della chiusura della fase di liquidazione non vi potrà mai essere.
Dovendosi, infatti, guardare alla prescrizione dei crediti ereditari non si potrà mai aver l'assoluta certezza che non sopravvengano creditori ereditari a termine iniziale o a condizione sospensiva per i quali la prescrizione non si è ancora compiuta.
I beni immobili con tale forma di liquidazione dovranno considerarsi, dunque, eternamente ereditari (Capozzi).



Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 495 Codice Civile

Cass. civ. n. 23350/2016

In tema di accettazione dell'eredità con beneficio di inventario, l'erede, senza ricorrere alla liquidazione di tipo concorsuale di cui agli art. 498 e ss. c.c. e provvedere alla conversione dei beni del "de cuius" in denaro, può procedere al pagamento individuale dei creditori ex art. 495 c.c. e conservare per sé la parte dell'attivo ereditario che dovesse residuare; in tal caso la responsabilità dell'erede è limitata al valore della stima dei beni effettuata in sede di inventario.

Cass. civ. n. 1627/1985

A differenza del debitore che per adempiere alcune delle sue obbligazioni, al di fuori di procedure concorsuali o individuali, è libero di scegliere il creditore al quale eseguire il pagamento, il curatore dell'eredità giacente è tenuto - anche al di fuori dell'ipotesi di liquidazione dell'eredità a norma degli artt. 498 e segg. c.c. - a rispettare l'ordine dei diritti di prelazione a norma dell'art. 495 c.c. (richiamato dall'art. 531 stesso codice) con la conseguenza che, restando la pretesa dei vari creditori alla soddisfazione delle loro ragioni limitata da quella concorrente dei creditori aventi un titolo pozione, l'inosservanza di quell'ordine comporta l'illegittimità del relativo pagamento anche se debitamente autorizzato dal pretore.

Cass. civ. n. 3294/1968

Sia nella forma della liquidazione individuale (art. 495 c.c.) sia più ancora nella forma della liquidazione concorsuale (artt. 498 e segg. c.c.) i poteri di amministrazione nonché di disposizione con le cautele prescritte dalla legge, che l'erede beneficiario, quale titolare dell'ufficio di liquidazione, ha rispetto all'eredità in generale si estendono anche alla cosa legata, la quale è e rimane soggetta al potere e quindi alla ingerenza dell'erede, potendosi solo, per alcuni riflessi, ammettere una coamministrazione dato che anche il legatario ha interessi da tutelare. In ogni caso, però, i poteri di amministrazione e disposizione del legatario non possono sovrapporsi a quelli dell'erede rendendo inefficienti gli atti di gestione e disposizione, che a quest'ultimo appaiono migliori per raggiungere i fini della liquidazione. (In applicazione di tale principio la Corte di cassazione ha cassato la sentenza del giudice di merito, il quale aveva riconosciuto al coniuge superstite legatario usufruttuario ex lege di una quota maggioritaria di godimento rispetto al bene ereditario oggetto di locazione, l'esercizio di una specie di ius prohibendi ex artt. 1105 e 1108 c.c. rispetto all'atto dispositivo compiuto dall'erede beneficiario mediante l'instaurazione dell'azione intesa a far cessare per morosità o per scadenza del termine convenzionale la locazione già stipulata dal de cuius).

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Consulenze legali
relative all'articolo 495 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

R. T. chiede
venerdì 15/12/2023
“Buongiorno,
faccio seguito alle precedenti consulenze.

Ho completato l'iter di accettazione con beneficio d'inventario ed ora sono alla fase della liquidazione.
I debiti assommano a circa 3000 € di bollette e tasse comunali, oltre a un mio credito che è assistito da ipoteca sull'immobile ereditato, per circa 1/3 del valore commerciale (sono quindi contemporaneamente erede e creditore).
I creditori (Comune per le tasse comunali, fornitori di servizi per le bollette) sono stati a suo tempo avvisati della procedura di accettazione con beneficio d'inventario in corso, ma solo tramite mail o telefonicamente (non con PEC o con raccomandata).
L'attivo è composto dal predetto immobile e da circa 4500 € sul conto corrente postale.

Vorrei sapere se la procedura che intendo seguire è corretta per non perdere il beneficio d'inventario.
Trascorso un mese dalla trascrizione in tribunale dell'accettazione ai sensi arti 495 CC, non essendovi state opposizioni, procedo alla liquidazione di tutti i creditori diversi da me (i 3.000 euro) con i soldi del conto corrente.

Dopo aver pagato gli altri creditori, procederei ad assegnarmi i beni mobili (circa 350 € da inventario) a minima parziale copertura del credito ipotecario, in modo da potermene disfare (sono invendibili).
Successivamente faccio richiesta al Tribunale per la vendita dell'immobile per il recupero del mio credito.
Al termine, risultando tutti i creditori di cui all'inventario pagati, redigerò per mia memoria il rendiconto, in modo da far fronte ad eventuali possibili futuri creditori, ma non devo inviarlo né ai creditori già soddisfatti né al tribunale.

Volevo conferma della correttezza di questa procedura, perché mi sono sorti i seguenti dubbi:
i creditori di cui all'inventario devono essere avvisati con raccomandata per poter esercitare l'ipotetica opposizione? L'art 495 non specifica nulla riguardo le modalità tramite le quali i creditori possano venire a conoscenza della trascrizione.
Non ho trovato nulla nei vari articoli di commento, compreso il Vostro sul sito.

Il fatto di pagare prima i creditori chirografari anziché il mio che è privilegiato, può essere considerato causa di decadenza dal beneficio ed essere contestato d'ufficio dal tribunale? Infatti , stando a quanto ho capito leggendo anche i Vostri articoli, la decadenza dal beneficio di inventario può essere promossa dai creditori che si sentono pregiudicati nel loro diritto, per cui dato che vengono pagati tutti integralmente, non dovrebbero avere più alcun diritto in tal senso (ed io non contesto certo me stesso).

Grazie
Cordiali saluti

Consulenza legale i 21/12/2023
La procedura che si sta seguendo è sostanzialmente quella della liquidazione individuale ed è senza alcun dubbio corretta.
Anche la preoccupazione che ci si pone, ovvero quella di non aver correttamente informato i creditori ereditari della procedura di accettazione beneficiata, risulta infondata, tenuto conto che l’art. 495 c.c., correttamente richiamato nel quesito, consente all’erede di procedere al pagamento di creditori e legatari solo dopo che sia trascorso un mese dalla trascrizione di cui all’art. 484 c.c. o dalla annotazione a cui si fa riferimento nella stessa norma in caso di inventario posteriore alla dichiarazione.
Gli unici adempimenti a cui fa riferimento l’art. 484 c.c. sono:
  1. l’inserimento nel Registro delle successioni tenuto presso il Tribunale della dichiarazione di accettazione con beneficio di inventario;
  2. la trascrizione, entro un mese dall’adempimento di cui alla lettera a), di quella dichiarazione di successione presso l’ufficio dei registri immobiliari del luogo in cui si è aperta la successione.

I suddetti adempimenti sono quelli che, secondo la previsione che ne è stata fatta dal legislatore, consentono ad eventuali creditori ereditari di opporsi alla liquidazione individuale, obbligando l’erede ad avvalersi della più complessa ed onerosa procedura di liquidazione concorsuale.

Non è corretta, invece, l’assegnazione in proprio favore dei beni mobili ereditari, a minima parziale copertura del credito personale vantato.
Infatti, sebbene si tratti di beni dal valore esiguo e malgrado la reale intenzione sia quella di potersi in qualche modo disfare di tali beni, è bene tenere presente che si tratta pur sempre di beni ereditari facenti parte di un inventario, per i quali, dunque, va rispettato il disposto di cui al secondo comma dell’art. 493 c.c.
In particolare, quest’ultima norma impone all’erede di richiedere l’autorizzazione del competente Tribunale per disporre dei beni mobili facenti parte dell’eredità allorchè non siano trascorsi cinque anni dall’aperura della successione.

Infine, per quanto concerne l’idea di redigere un rendiconto dell’amministrazione che si andrà a svolgere, si tratta di una soluzione che si condivide, malgrado l’art. 496 c.c. imponga all’erede l’obbligo di provvedere a tale adempimento solo se dovesse esserne fatta espressa richiesta dai creditori o dai legatari.
E’, infatti, un adempimento che può rivelarsi sempre utile tenuto conto della particolare procedura di liquidazione che si è scelto di seguire, ovvero quella individuale, la quale, seppure si presenti molto più snella rispetto a quella concorsuale, presenta l’inconveniente di non garantire alcuna certezza circa le tempistiche entro cui i creditori hanno diritto di essere soddisfatti.

Ciò perché la legge non prescrive un termine massimo di liquidazione e la perdita della qualifica di un bene come ereditario è collegata alla prescrizione degli stessi crediti ereditari, che si prescrivono di norma in dieci anni.
Tuttavia, l’inconveniente maggiore, di cui occorre tener conto, è che è pur sempre possibile, anche dopo il decorso di tale termine decennale, che un creditore, rimasto inerte in quanto non a conoscenza del decesso del defunto o perché il proprio credito risulti sottoposto a condizione o a termine, eserciti le azioni a tutela del proprio credito nei confronti dell’erede.


A. P. chiede
lunedì 19/09/2022 - Marche
“Quesito.
Un creditore domanda il pagamento di somma oggetto di credito professionale maturato nei confronti di “Tizio”, deceduto, deducendo che ad esso sarebbe succeduto “Caio”, al quale nel testamento olografo il de cuius assegnava un determinato bene immobile ed in ragione dell’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario da parte di “Caio”.
Non avendo rispettato il termine che il Tribunale aveva assegnato a “Caio” ai sensi dell’art. 500 c.c., il medesimo veniva dichiarato decaduto dal beneficio, ex art. 505 c.c.
“Caio” si oppone alla domanda del creditore sul rilievo che egli è legatario e non erede, e, quindi, non risponde dei debiti.
Il Tribunale ha accolto la domanda di “Caio”, affermando che la volontà del testatore era quella di assegnare il bene non come quota del patrimonio, bensì come assegnazione di uno specifico bene, qualificando, quindi, la disposizione testamentaria in termini di legato, che esclude la responsabilità per i debiti del de cuius.
Il creditore ha proposto ricorso per cassazione adducendo che la qualità di erede e non di legatario si dedurrebbe dall’accettazione beneficiata e comunque il decreto di decadenza dal beneficio di inventario avrebbe valore di “giudicato” sull’acquisto della qualità di erede.
A tal ultimo riguardo si chiede un Vostro parere, giacché sembrerebbe che l’accettazione beneficiata non rileverebbe ai fini della pretesa qualità di erede ed il provvedimento di decadenza dal beneficio d’inventario non possa fregiarsi dell’autorità di cosa giudicata, esaurendo la propria statuizione sui presupposti per la decadenza dal beneficio stesso.
Ringrazio e porgo i migliori saluti.”
Consulenza legale i 25/09/2022
La circostanza che taluno, ritenendo di trovarsi nella posizione di erede nei confronti di un determinato de cuius, abbia manifestato la volontà di accettare l’eredità, avvalendosi peraltro delle forme di cui all’art. 485 c.c., non determina per ciò stesso l’attribuzione all’accettante della qualità di erede, in assenza di una delazione ereditaria in suo favore.
A ciò si aggiunga che, seppure l’art. 649 c.c. disponga espressamente che il legato si acquista senza bisogno di accettazione, ciò non impedisce al legatario di manifestare egualmente la volontà di accettare, con la conseguenza che diventerebbe improduttiva di effetti una eventuale successiva rinunzia.
Ora, nel caso in esame, prescindendo dalla statuizione giudiziale che accerta la qualità di legatario di Caio, stando al tenore letterale della disposizione riportata nel quesito sembra innegabile che a Caio non possa essere attribuita la posizione di erede, in quanto, secondo quanto espressamente risulta dall’art. 588 c.c., una disposizione testamentaria può considerarsi a titolo universale, e come tale attribuire la qualità di erede, soltanto se comprende l’universalità o una quota di beni del testatore.

Diverso è il caso preso in considerazione dal secondo comma del medesimo art. 588 c.c., laddove si dice che anche l’indicazione di un bene determinato può valere a far conseguire al beneficiario la qualità di erede se dal tenore della disposizione risulta che il testatore abbia “inteso assegnare quei beni come quota del patrimonio” (si tratta della c.d. istitutio ex re certa).
Sembra improbabile che, nel caso in esame, ricorra un’ipotesi del genere, considerato che tale dubbio si dice essere già stato risolto dal Tribunale investito della questione, il quale ha ritenuto che la volontà del testatore non sia stata quella di assegnare quel bene come quota del suo patrimonio.
Stando così le cose, si ritiene più che legittima la difesa di Caio, il quale ha pensato bene di opporre alle ragioni del creditore Tizio la sua posizione di legatario, godendo come tale della esenzione dal pagamento dei debiti ereditari (così art. 756 c.c.), dei quali, invece, saranno tenuti a rispondere gli eredi in proporzione alle loro quote ereditarie (art. 752 c.c.).

La responsabilità di Caio, invece, potrebbe invocarsi, mettendosi così in discussione quanto già asserito dal Tribunale, nell’ipotesi in cui il bene lasciatogli sia l’unico bene costituente il patrimonio ereditario del de cuius, nel qual caso, al fine di ricostruire la reale volontà del testatore, si potrebbe pensare di far valere il criterio oggettivo, fondato su una valutazione a posteriori del rapporto proporzionale tra il valore del bene assegnato e quello dell'intero asse ereditario.

Qualora sia da escludere anche una tale ipotesi, non rimane altra soluzione che quella di fare applicazione di quanto disposto dall’art. 495 c.c.
Con ciò vuol dirsi che occorrerà innanzitutto individuare i soggetti chiamati all’eredità, per legge o per testamento, e rivolgersi agli stessi per il pagamento dei debiti ereditari, eventualmente avvalendosi del disposto di cui all’art. 481 c.c. per fissare loro un termine entro cui accettare l’eredità.
Azionato quest’ultimo, rimedio possono prospettarsi le seguenti situazioni:
a) il chiamato accetta l’eredità entro il termine fissato dal giudice: in questo caso il creditore avrà titolo per agire nei confronti dell’erede accettante.
b) il chiamato rinunzia all’eredità entro il termine fissato dal giudice: il creditore avrà la facoltà di impugnare la rinunzia, entro il termine di cinque anni, in base al disposto di cui all’art. 524 c.c., facendosi autorizzare dal giudice ad accettare l’eredità in nome e in luogo del rinunziante, al solo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza del credito.
c) il chiamato lascia inutilmente spirare il termine fissato dal giudice.

E’ quest’ultima la situazione che ha dato luoghi a maggiori dubbi interpretativi, ritenendosi non ammissibile l’esercizio dell’azione surrogatoria da parte del creditore ex art. 2900 c.c., al fine di surrogarsi nel diritto di accettare l’eredità.
Tuttavia, tale questione ha formato oggetto di esame da parte della Corte di Cassazione, la quale ha individuato una possibile soluzione nell’applicazione in via analogica dell’art. 524 c.c. al caso della decadenza del debitore dal diritto di accettare l’eredità.
Infatti, è stato osservato che, sebbene debba riconoscersi che la rinunzia all’eredità di cui all’art. 519 c.c. e la perdita del diritto di accettare di cui all’art. 481 c.c. siano istituti molto diversi tra loro sotto il profilo effettuale (la prima, essendo revocabile, non fa venir meno la delazione del chiamato e non è ostativa ad una successiva accettazione anche tacita del rinunciante, mentre la perdita del diritto di accettare l'eredità comporta anche la perdita della qualità di chiamato all'eredità e di conseguenza la totale inefficacia della chiamata), la ratio di tutela del credito sottesa all’art. 524 c.c. rende la norma applicabile in via analogica anche al caso della perdita del diritto di accettare l’eredità.

Questo è ciò che si legge nella pronuncia della Cass. civ. Sez. VI, n. 15664 del 23.07.2020: “va però evidenziato che, attesa anche l'inammissibilità di un'accettazione dell'eredità da parte dei creditori avvalendosi dell'azione surrogatoria, l'espansione della portata effettuale della norma di cui all'art. 524 c.c., anche al caso oggi in esame, costituisce l'unica soluzione obiettivamente idonea a preservare le aspettative dei creditori a fronte del comportamento inerte di colui (che a differenza del caso di già maturata prescrizione) è ancora chiamato all'eredità, e che con la sua inerzia vanificherebbe in maniera irreversibile le dette aspettative.”

Qualora, si riuscisse, secondo le modalità sopra suggerite, ad individuare un erede, ma l’eredità dovesse poi risultare del tutto passiva, sarebbe possibile agire nei confronti del legatario che ha beneficiato dell’unico bene costituente il compendio ereditario facendo valere, come si è prima accennato, il disposto di cui all’art. 495 c.c., nella parte in cui prevede che, esaurito l’asse ereditario, i creditori rimasti insoddisfatti hanno diritto di regresso contro il legatario, ancorché di cosa determinata appartenente al testatore, nei limiti del valore del legato (la norma precisa che tale diritto si prescrive in tre anni dal giorno dell’ultimo pagamento, salvo che il credito sia anteriormente prescritto).

Ovviamente, la soluzione al caso che è stata suggerita tiene conto dei pochissimi elementi della fattispecie forniti nel quesito, il che induce a non poter escludere che possa giungersi a conclusioni diverse all’esito di una approfondita lettura e disamina sia del testamento che della sentenza a cui si fa riferimento.

Luigi C. chiede
giovedì 20/05/2021 - Calabria
“buonasera,
dopo la morte della madre, mia moglie insieme ai 5 fratelli e al padre hanno accettato l'eredità con beneficio di inventario non conoscendo una eventuale situazione debitoria della madre, che era stata in precedenza anche amministratrice per qualche anno della azienda del marito.
Nell’inventario c’è soltanto un 50% (i genitori di mia moglie erano in comunione dei beni) di una casa al mare di poco valore (circa 50.000,00€)
Dopo qualche mese, veniamo a sapere che su tale immobile grava una ipoteca di primo grado per un mutuo ipotecario contratto da uno dei fratelli di mia moglie, con avallo prestato dal padre e madre mettendo a garanzia e quindi concedendo l’iscrizione di ipoteca su tale immobile.
Proprio questo fratello, chiede a tutti gli altri la cortesia (che farebbero volentieri) di alienare per circa €30.000,00 il bene e con l’intero ricavo soddisfare il debito residuo riveniente dal mutuo da lui contratto (un anno di rate non pagate ed un residuo totale del debito di circa 28.000,00€).
Mi pare di capire, che per vendere il bene senza decadere dal beneficio di inventario, sia necessario chiedere autorizzazione al giudice del tribunale il quale dopo aver fatto gli opportuni controlli amministrativi avvalendosi di un professionista (qui chiedo una vostra conferma…), rilascia tale autorizzazione.
Quesiti:
• dato che mia moglie possiede un discreto patrimonio personale , se il giudice autorizza la vendita, continuerebbe a godere ancora del PIENO beneficio di inventario senza quindi rispondere con il suo patrimonio personale ad eventuali creditori che potrebbero venir fuori tra qualche anno ?
• non è che poi tale autorizzazione può essere eccepita da qualcuno dei creditori ?
• secondo voi, il giudice con questa situazione potrebbe rilasciare l’autorizzazione alla vendita (unica casa, ipoteca iscritta sopra, mutuo in sofferenza, debiti sconosciuti….)
• deve essere incaricato un professionista che effettui uno studio sulla “situazione amministrativa attivo e passivo per intenderci” al quale il giudice possa rivolgersi per capire se è il caso di rilasciare tale autorizzazione ?
insomma, vorremmo stare tranquilli e ci pentiamo di non aver fatto rinuncia all’eredità.
Perdoni la mia ansia ma la questione ci preme particolarmente.
Cordialità
Luigi”
Consulenza legale i 27/05/2021
Le domande poste attengono essenzialmente allo svolgimento della fase della liquidazione del patrimonio ereditario in caso di accettazione con beneficio di inventario.
E’ bene sapere che quando si sceglie tale forma di accettazione, il patrimonio del de cuius deve essere essenzialmente destinato a soddisfare i debiti contratti in vita dallo stesso de cuius, costituendo questo l’unica fonte di soddisfacimento per i suoi creditori.
Ora, tre sono le modalità di cui l’erede o gli eredi possono avvalersi per il pagamento dei debiti ereditari, e precisamente: la liquidazione individuale, la liquidazione concorsuale e il rilascio dei beni ereditari.

La liquidazione individuale costituisce la forma di liquidazione più semplice oltre che la più diffusa, ed è disciplinata dall’art. 495 c.c.
Essa consente all’erede di pagare i debiti senza il rispetto di particolari formalità, dopo che sia trascorso un mese dalla trascrizione prevista all’art. 484 del c.c. e purchè non vi sia stata opposizione da parte dei creditori.
In buona sostanza, l’erede liquiderà creditori e i legatari nell’ordine di richiesta, man mano che si vanno presentando e fino a esaurimento dell’attivo.
Per provvedere a tale pagamento potrà utilizzarsi, oltre che l’eventuale denaro liquido esistente nell’eredita, anche il denaro ricavato dall’alienazione dei beni ereditari, ma sempre previa autorizzazione del Tribunale del luogo di apertura della successione.
Alla semplicità di tale liquidazione fa da contrappeso il difetto di non garantire la certezza dei tempi entro cui i creditori hanno diritto a essere soddisfatti.
Infatti, le norme in tema di accettazione con beneficio di inventario non prevedono un termine massimo di liquidazione e la perdita della qualifica di bene ereditario può essere fatta dipendere esclusivamente dalla prescrizione dei medesimi crediti ereditari, i quali generalmente si prescrivono nel termine ordinario decennale (salvo il caso di eventuali crediti condizionali o a termine, per i quali può valere un termine ancora più lungo, decorrente dall’elemento accidentale ad essi apposto).

Da quanto fin qui detto, dunque, se ne deduce che:
  1. l’autorizzazione alla vendita della quota indivisa, pari ad un mezzo, può senza alcun dubbio essere chiesta al Tribunale del luogo di apertura della successione ex art. 747 del c.p.c., ma la somma che si ricaverà da tale vendita non potrà di certo essere utilizzata per le finalità che ci si propongono, ossia estinguere il debito personale di uno degli eredi, bensì dovrà essere accantonata per il soddisfacimento di eventuali creditori ereditari che potrebbero nel tempo presentarsi;
  2. l’utilizzazione di tale somma per una diversa finalità comporterebbe la decadenza dal beneficio di inventario, con tutti gli effetti che a tale decadenza sono connessi; ciò che eventuali creditori ereditari potrebbero eccepire non è tanto la concessa autorizzazione (anzi, la vendita di beni immobili ereditari è la modalità più immediata con cui realizzare la provvista funzionale al pagamento dei debiti ereditari), quanto piuttosto l’uso che del denaro ne è stato fatto.

All’inconveniente della incertezza dei tempi per soddisfare i creditori ereditari, legata in particolare all’impossibilità di conoscere il numero e la quantità dei debiti ereditari, si può rimediare scegliendo l’altro forma di liquidazione prevista ex artt. 495 e 503 c.c., la quale, grazie agli avvisi previsti dalla legge, garantisce all’erede assoluta certezza nel calcolare in modo preciso il valore delle passività.
E’ in tale ipotesi che si rende necessario, come viene chiesto nel quesito, la scelta di un professionista, ed in particolare occorrerà consultare un notaio del luogo di apertura della successione, il quale avrà cura di verificare l’opportunità di tale procedura, tenuti presenti anche i costi, che certamente sono più elevati rispetto a quelli legati alla procedura di liquidazione individuale, anche in considerazione della gravosa e lunga opera di liquidazione dell’eredità che il notaio dovrà svolgere.
Nella scelta del professionista non è previsto l’intervento del Giudice, essendo rimessa esclusivamente alla volontà degli eredi.

Nel caso in cui dovesse essere scelta tale forma di liquidazione, la prima attività da compiere, per il tramite del notaio, è quella prevista dall’art. 498 del c.c., ossia predisporre un invito formale da spedire ai creditori di cui si ha diretta conoscenza e da pubblicare in Gazzetta ufficiale, al fine di renderli edotti dell’inizio della procedura di liquidazione concorsuale e dei termini entro i quali presentare le dichiarazioni di credito.
Entro il termine fissato, che non può comunque essere inferiore a trenta giorni dall’invito, i creditori ereditari presentano le proprie dichiarazioni di credito per partecipare alla futura ripartizione concorsuale dell’attivo ereditario, al termine della quale i beni residui perdono la qualifica di beni ereditari e dei medesimi si può disporre come beni personali.

Ora, considerata il valore esiguo dell’unico bene caduto in successione (per giunta pro quota), si ritiene che non sia assolutamente consigliabile fare ricorso alla liquidazione concorsuale in considerazione delle spese che la stessa richiede di affrontare (prima fra tutte quella relativa all’onorario del professionista, il notaio).
Non è neppure consigliabile pensare di fare ricorso alla terza forma di liquidazione, il rilascio dei beni ai creditori, a cui gli eredi generalmente provvedono quando si trovino nell’impossibilità di gestire i beni ereditari o non siano in grado di gestirli in proprio, pur con l’aiuto del notaio.

Non resta altra soluzione, dunque, che quella di aspettare che qualche creditore si presenti ed eventualmente, solo in quel momento, richiedere l’autorizzazione alla vendita del bene con reimpiego del prezzo (sempre in misura pari al 50%) per il soddisfacimento dei creditori.
Soltanto qualora nell’arco temporale di dieci anni non dovesse presentarsi alcun creditore, allora si potrà correre il rischio di alienare il bene ed utilizzare il denaro ricavato dalla vendita per la finalità che si desidera.