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Articolo 2381 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Presidente, comitato esecutivo e amministratori delegati

Dispositivo dell'art. 2381 Codice Civile

Salvo diversa previsione dello statuto, il presidente convoca il consiglio di amministrazione, ne fissa l'ordine del giorno, ne coordina i lavori e provvede affinché adeguate informazioni sulle materie iscritte all'ordine del giorno vengano fornite a tutti i consiglieri.

Se lo statuto o l'assemblea lo consentono, il consiglio di amministrazione [2388, 2392, 2446] può delegare proprie attribuzioni ad un comitato esecutivo composto da alcuni dei suoi componenti, o ad uno o più dei suoi componenti.

Il consiglio di amministrazione determina il contenuto, i limiti e le eventuali modalità di esercizio della delega [2405, 2421, n. 6]; può sempre impartire direttive agli organi delegati e avocare a sé operazioni rientranti nella delega. Sulla base delle informazioni ricevute valuta l'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società; quando elaborati, esamina i piani strategici, industriali e finanziari della società; valuta, sulla base della relazione degli organi delegati, il generale andamento della gestione.

Non possono essere delegate le attribuzioni indicate negli articoli 2420 ter, 2423, 2443, 2446, 2447, 2501 ter e 2506 bis.

Gli organi delegati curano che l'assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa e riferiscono al consiglio di amministrazione e al collegio sindacale, con la periodicità fissata dallo statuto e in ogni caso almeno ogni sei mesi, sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate.

Gli amministratori sono tenuti ad agire in modo informato; ciascun amministratore può chiedere agli organi delegati che in consiglio siano fornite informazioni relative alla gestione della società.

Ratio Legis

La norma delinea un nucleo essenziale di regole sul funzionamento del consiglio di amministrazione e ammette la possibilità di attribuire determinate deleghe gestorie ad alcuni suoi membri o ad un comitato di gestione. In quest'ultimo caso, essendovi la necessità di una chiara e precisa ripartizione delle responsabilità tra organi delegati e plenum del consiglio, la stessa disposizione prevede che gli organi delegati debbano riferire con cadenza periodica al consiglio, investito di un generale dovere di supervisione e valutazione dell'operato dei delegati, sia con riferimento all'organizzazione della società sia con riguardo all'andamento generale della gestione.

Spiegazione dell'art. 2381 Codice Civile

La norma si occupa del funzionamento e delle attribuzioni del consiglio di amministrazione.
In primo luogo, al presidente del c.d.a. è riconosciuta la funzione di presiedere al regolare svolgimento delle riunioni degli amministratori, nonché di provvedere alle formalità relative alla convocazione della riunione ed alla comunicazione degli ordini del giorno (anche ai sindaci).

Normalmente, qualora lo statuto non disponga altrimenti, l’assunzione e l’esecuzione delle decisioni gestorie è compito spettante all’intero consesso assembleare, che sarà chiamato ad esprimersi secondo il metodo collegiale.

Ciononostante, la stessa disposizione ammette la possibilità di delegare parte delle funzioni spettanti al collegio ad un singolo amministratore, ad una pluralità di amministratori o a un comitato esecutivo formato da alcuni suoi membri. La previsione e la nomina di amministratori delegati consente infatti di semplificare ed agevolare i processi decisionali, nonché di facilitare la gestione operativa della società.

La delega di attribuzioni diviene efficace solo con l’accettazione della nomina deliberata dal c.d.a., purché lo stesso consiglio di amministrazione sia stato a ciò autorizzato dall’assemblea o direttamente dallo statuto.
La competenza relativa alla nomina degli amministratori delegati spetta dunque unicamente al consiglio di amministrazione, il quale avrà anche il potere di:
  • porre limitazioni alla delega
  • revocare le deleghe attribuite
  • avocare determinate decisioni gestorie
Sebbene la determinazione dei contenuti della delega sia rimessa alla discrezionalità del consiglio di amministrazione (ferma l’indelegabilità delle competenze ex art. 2381cc, co. 3 cc.), la norma opera una chiara ed inderogabile ripartizione di funzioni in merito alla complessiva organizzazione societaria.
In particolare, si prevede che:
  • gli amministratori delegati debbano curare l’istituzione di un assetto organizzativo adeguato alla natura ed alle dimensioni dell’attività, nonché idoneo a consentire la tempestiva rilevazione della crisi, e debbano riferire con cadenza almeno semestrale al consiglio e al collegio sindacale circa l’andamento della gestione
  • il consiglio di amministrazione debba costantemente valutare l’adeguatezza dell’assetto organizzativo
  • il collegio sindacale debba vigilare sull’attività del consiglio di amministrazione e degli amministratori delegati

Se ne ricava, in generale, che il principale obbligo che grava sui delegati è quello di informare costantemente il consiglio di amministrazione e che, di contro, sul consiglio di amministrazione grava il dovere di vagliare analiticamente e preventivamente l’opportunità e la legittimità delle scelte dei delegati.
La giurisprudenza maggioritaria ritiene che la responsabilità degli amministratori non esecutivi sorga in tutti i casi nei quali l’amministratore non si sia adoperato per prevenire o eliminare le conseguenze dannose connesse al compimento di una determinata operazione. Ciò significa che gli amministratori non esecutivi non potranno eccepire il difetto di conoscenza o la negligenza degli amministratori delegati, essendo essi stessi gravati dal dovere di attivarsi al fine di reperire tutte le informazioni necessarie.

Relazione al D.Lgs. 6/2003

(Relazione illustrativa del decreto legislativo recante: "Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366.")

6 Il consiglio di amministrazione e la circolazione delle informazioni L'amministrazione della società continua a poter essere affidata ad un amministratore unico oppure ad un consiglio di amministrazione. In quest'ultimo caso il maggior "costo" della collegialità è compensato da un'effettiva partecipazione di tutti i consiglieri alla gestione della società. A tale fine sono state aumentate le attribuzioni non delegabili (art. 2381 del c.c., terzo e quarto comma); è stato previsto un ampio e periodico obbligo informativo degli organi delegati al consiglio e al collegio sindacale sulle operazioni più rilevanti per dimensioni o caratteristiche (anche qualitative, quali ad esempio operazioni atipiche, inusuali o compiute o deliberate da amministratori interessati), ed esteso anche alla gestione delle controllate (art. 2381, quinto comma); e si è disposto che gli amministratori debbano agire in modo informato ed abbiano correlativamente un diritto individuale all'informazione cui gli organi delegati devono far fronte riferendo al consiglio (art. 2381, ultimo comma). Si è anche precisato nell'art. 2389 del c.c. che è possibile attribuire agli amministratori, a titolo di compenso, il diritto di sottoscrivere a prezzo predeterminato azioni di futura emissione; in tal modo si è confermata la diffusa pratica delle stock-options con la cautela, però, non essendosi modificato l'ultimo comma dell'art. 2441 del c.c., che deliberazioni assembleari in tal senso richiederanno in ogni caso una congrua motivazione alla luce dell'interesse sociale richiamato dal quinto comma del medesimo articolo, e l'applicazione pertanto delle maggioranze rafforzate ivi richieste. Un'informativa dettagliata è stata poi prevista, come si vedrà, per le operazioni relativamente alle quali un amministratore abbia - per conto proprio o di terzi - un interesse, anche se coincidente con quello della società (art. 2391 del c.c., primo comma). L'ampia circolazione delle informazioni sulla gestione, con particolare trasparenza sulle operazioni relativamente alle quali gli amministratori possano, anche per conto terzi, avere un interesse, tende da un lato a rendere efficaci ed utili le riunioni e le deliberazioni del consiglio (che può impartire direttive agli organi delegati e avocare a sé operazioni rientranti nella delega: art. 2381, terzo comma) e, d'altro lato, a definire un'articolazione interna del consiglio e del suo funzionamento in cui i rispettivi poteri e doveri del consiglio e degli organi delegati siano delineati con precisione, in modo che anche le rispettive responsabilità possano essere rigorosamente definite.
6 Responsabilità Nell'adempimento dei doveri imposti dalla legge o dallo statuto gli amministratori devono usare la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico: il che non significa che gli amministratori debbano necessariamente essere periti in contabilità, in materia finanziaria, e in ogni settore della gestione e dell'amministrazione dell'impresa sociale, ma significa che le loro scelte devono essere informate e meditate, basate sulle rispettive conoscenze e frutto di un rischio calcolato, e non di irresponsabile o negligente improvvisazione. E' stata conservata la responsabilità solidale di amministratori, sindaci e revisori contabili per i danni conseguenti alle violazioni rispettivamente imputabili, salva comunque la possibilità di provare - trattandosi di responsabilità per colpa e per fatto proprio - di essere immuni da colpa (v. art. 2392 del c.c., ultimo comma; art. 2407 del c.c., secondo comma, e art. 2409 sexies, primo comma). La posizione di ciascuno dei vari soggetti solidalmente responsabili va valutata distintamente, in relazione alle circostanze di ogni singolo caso e ai diversi obblighi che fanno loro capo. Così, per assicurare che la società abbia un "assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alla dimensione dell'impresa", gli organi delegati devono "curarne" l'adeguatezza (art. 2381 del c.c., quinto comma); il consiglio e i deleganti devono "valutarne" l'adeguatezza sulla base delle informazioni ricevute (art. 2381, terzo comma); e il collegio sindacale deve "vigilare" sulla permanente sussistenza di tale adeguatezza e sul suo corretto concreto funzionamento (art. 2403 del c.c., primo comma). La eliminazione dal precedente secondo comma dell'art. 2392 dell'obbligo di vigilanza sul generale andamento della gestione, sostituita da specifici obblighi ben individuati (v. in particolare gli artt. 2381 e 2391), tende, pur conservando la responsabilità solidale, ad evitare sue indebite estensioni che, soprattutto nell'esperienza delle azioni esperite da procedure concorsuali, finiva per trasformarla in una responsabilità sostanzialmente oggettiva, allontanando le persone più consapevoli dall'accettare o mantenere incarichi in società o in situazioni in cui il rischio di una procedura concorsuale le esponeva a responsabilità praticamente inevitabili. Si tratta di un chiarimento interpretativo di notevole rilevanza, avuto riguardo alle incertezze dell'attuale prevalente giurisprudenza.

Massime relative all'art. 2381 Codice Civile

Cass. civ. n. 4954/2020

In tema di società di capitali, nel silenzio dell'art. 2381 c.c. anche la revoca della delega all'amministratore delegato da parte del consiglio di amministrazione deve essere assistita da giusta causa, sussistendo, in caso contrario, il diritto del revocato al risarcimento dei danni eventualmente patiti, in applicazione analogica dell'art. 2383, comma 3, c.c. che disciplina la revoca degli amministratori da parte dell'assemblea.

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Consulenze legali
relative all'articolo 2381 Codice Civile

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L. C. chiede
venerdì 08/09/2023
“Buongiorno,
relativamente a quanto esposto nella mail precedente, volevo sapere se mi potevate far avere un preventivo realistico di quanto mi costerebbe la vostra consulenza ...per aiutarmi almeno a presentare querela o denuncia ...
Sono titolare e amministratore unico di una Start-UP innovativa, con requisiti raggiunti grazie al brevetto industriale di cui sono inventore.
Sono esperto progettista, ma non avendo esperienza in contabilità ho assunto nel 2021 un responsabile amministrativo e nel 2022 un ingegnere esterno addetto al controllo costi, organizzazione personale e produzione.
Ho preferito rimanere amministratore unico perchè volevo essere informata, firmare e decidere in merito a qualsiasi iniziativa aziendale.
A marzo 2023, ho avuto la percezione che i miei collaboratori non stessero facendo il bene dell'azienda, pertanto ho chiesto aiuto ad un consulente esterno.
Così ho scoperto che il responsabile amministrativo da quando l'avevo assunto a poco a poco si era aumentato lo stipendio fino a raddoppiarlo e che ogni giorno marcava sempre da 2 a 3 ore straordinarie...oltre a tante altre spese...
Il mio avvocato dice che non posso fare nulla perchè sono amministratore ed è responsabilità solo mia perchè avrei dovuto informarmi e non l'ho fatto, ....ma in realtà io mi informavo e pensavo di essere informata, perchè il responsabile amministrativo mi aggiornava verbalmente sull'andamento della società, però dicendomi quello che voleva lui...cioè che le entrate non erano sufficienti (facendo in modo che concentrassi il mio pensiero solo sull'incremento delle vendite)...quando in realtà erano aumentate le uscite!
Per cui, credendo nelle potenzialità del mio prodotto brevettato, mi sono trovata costretta ad investire nella mia azienda tutto il mio patrimonio personale...
E mentre io rinunciavo anche al mio compenso, il responsabile amministrativo disponeva a mia insaputa anche di aumenti e premi a tutti i dipendenti.
Tenuta volutamente all'oscuro di tutti questi e molti altri costi, mi ha convinto che l'unica soluzione fosse quella di chiedere prestiti e finanziamenti alle banche per cui adesso mi trovo anche con il problema dell'esposizione bancaria.
A marzo 2023 sono iniziate le prime verifiche da parte del consulente esterno.
Dopodiché ho provveduto al licenziamento del responsabile amministrativo e dell'ingegnere addetto al controllo e purtroppo anche di 3 operai che però abbiamo aiutato a trovare subito collocamento in altre aziende.
Non ho ancora presentato denuncia verso l'ex responsabile amministrativo e verso l'ingegnere ex addetto al controllo costi, perchè ho preferito far verificare bene l'andamento dei fatti...per cercare più prove possibili...
Ma l'avvocato dice che ormai è tardi per denunciare il fatto perchè l'azienda stava pagando quegli stipendi d'oro da più di un anno e avrei dovuto controllare ed accorgermene prima...ma se l'avessi visto prima non saremmo qui a discuterne adesso...l'ho scoperto solo ora... perchè prima mi era stata descritta una situazione quando invece era tutt'altra...
(allora significa che si può diventare proprietari delle cose altrui...basta riuscire a nasconde il furto per un certo periodo?)
- Sono emerse fatture pagate dalla mia azienda verso un fabbro per un totale di quasi 100.000€
per lavori mai eseguiti.. quando l'unico vero lavoro che ha eseguito per la mia azienda è stato un piano rialzato per sostenere una cisterna da 1000 lt.
- Ho scoperto prelievi in contanti da bancomat e carta di credito aziendale per un totale di 15.000€ da gennaio 2022 a marzo 2023.
- Finanziamenti effettuati a nome personale mio di cui non sapevo nulla (per esempio con causale ASSISTENZA FOTOVOLTAICO quando in azienda non abbiamo il fotovoltaico!!!) con disposizioni di invio corrispondenza solo cartacea e ad un indirizzo di residenza diverso dal mio attuale.
- Numerose spese di ristoranti ad uso privato
- Spese carburante per un totale di 8000€
Io sono una brava persona, sicuramente stupida (per aver creduto con troppa leggerezza alla buonafede delle persone)
ma comunque sia, credo di avere il diritto di essere difesa da chi, senza autorizzazione, si è permesso di disporre, a favore proprio, dei miei beni mettendo così in gravissima difficoltà me e la mia che non è una comune azienda...ma Start-Up Innovativa!
Mi scuso per la lunghezza del testo
Grazie
Consulenza legale i 14/09/2023
Ciò che dice l’avvocato consultato non è del tutto corretto e ci spieghiamo meglio.

E’ vero che nell’ambito di una società l’amministratore ha un particolare obbligo di diligenza che gli impone di essere e di agire informato sulla realtà sociale. Questo è, peraltro, un principio sancito in via normativa dall’art 2381 del codice civile.

Tale obbligo, tuttavia, si riflette su quelli che sono gli avvenimenti sociali che possono ipoteticamente intaccare la garanzia dei creditori e sulle funzioni gestorie dell’amministratore, soprattutto nelle realtà grandi in cui agisce il consiglio di amministrazione con presenza di soggetti delegati e non.
Ciò che, in estrema sintesi, afferma tale principio normativo (soprattutto in ambito penale) è che se nel contesto di una società accadono fatti a danno dei creditori (e/o dell’azienda), l’amministratore non può lavarsene le mani ma deve fare di tutto per prevenire tali fatti e per rimediarvi potendo essere, peraltro, concorrente nell’ipotetico reato posto in essere. In poche parole l’amministratore non può dire “che non sapeva” se, al tempo in cui tali fatti furono commessi, c’erano dei chiari segnali d’allarme deliberatamente ignorati (questa è la lettura data dalla Cassazione sul punto).


Ma questo principio non può essere condotto all’assurdo e al punto da “bonificare” qualsivoglia condotta che avviene nella società.
Il fatto che l’amministratore debba agire informato non vuol dire che questi, allorché venga a conoscenza di ruberie e condotte illecite nell’ambito dell’azienda (e dunque a danno della stessa e dei creditori) non possa agire ex post perché avrebbe dovuto prevenire. Anzi, l’amministratore, in questi casi, è in un certo qual modo obbligato ad agire anche in ragione del fatto che, diversamente, l’azione di responsabilità dei creditori potrebbe essere proposta contro di lui ai sensi dell’ art. 2939 del c.c..

Intendiamo quindi dire che l’amministratore ha l’obbligo di agire proprio quando apprende l’ipotetica sussistenza di condotte illegittime e compie gli opportuni accertamenti onde comprenderne la natura e l’entità, esattamente come accaduto nel caso di specie.

Quanto al dettaglio delle condotte aventi rilievo penale, la richiesta di parere risulta alquanto scarna dal punto di vista fattuale ma le informazioni in nostro possesso ci consentono di ipotizzare, a carico dei dipendenti, i reati di truffa ( art. 640 del c.p. ) e di appropriazione indebita ( art. 646 del c.p. ), anche aggravati dalla disposizione di cui all’ art. 61 del c.p., comma 1, n. 11.

Ciò che consiglia questa redazione, dunque, è di ignorare il precedente difensore e farsi assistere da un legale serio e preparato in merito che, anche sfruttando le risultanze della due diligence effettuata, possa depositare una denuncia - querela circostanziata e dettagliata.

B. M. chiede
lunedì 07/03/2022 - Veneto
“In una srl unipersonale il cda è composto dal socio unico, presidente del cda, e da un dipendente (dirigente) della società stessa.
Il cda ha attribuito la delega in materia di sicurezza sul lavoro e gestione del personale dipendente (datore di lavoro) al presidente e una delega all'ordinaria amministrazione con firma libera e disgiunta fino all'importo di 200 mila Euro, esclusi i compiti delegati al presidente come sopra, al consigliere e dipendente.
E' compatibile il lavoro subordinato con la carica di consigliere delegato come sopra anche alla luce delle conseguenze previste dall'INPS nel caso di disconoscimento?”
Consulenza legale i 14/03/2022
La Corte di Cassazione ha affermato in diverse sentenze (Cass. n. 18476/2014 e n. 24972/2013) che l’incarico gestorio e societario di amministratore, in una società di capitali, non esclude in automatico la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato con la medesima società nella quale si riveste l’incarico sociale.

In particolare, secondo la Suprema Corte, l’essere organo di una persona giuridica di per sé non osta alla possibilità di configurare tra la persona giuridica stessa ed il suddetto organo un rapporto di lavoro subordinato, quando in tale rapporto sussistano le caratteristiche dell’assoggettamento, nonostante la carica sociale, al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell’organo di amministrazione dell’ente.

Secondo i principi espressi dalla Cassazione, in sostanza ripresi dall’INPS con il messaggio 3359 del 17 settembre 2019, l’amministratore delegato può astrattamente essere anche legato alla società da un rapporto di lavoro subordinato. La compatibilità tra i due differenti status, tuttavia, dipende dalla portata della delega conferita dal consiglio di amministrazione all’amministratore delegato. In particolare, se l’amministratore delegato ha ricevuto una delega generale ed ha la facoltà di agire senza il consenso del consiglio di amministrazione, va da sé che un rapporto di lavoro subordinato con la società risulta incompatibile. Al contrario, se l’attribuzione delle deleghe all’amministratore si ferma al mero potere di rappresentanza oppure riguarda delle specifiche e limitate deleghe si può, almeno astrattamente, ritenere compatibile il doppio status di dipendente ed amministratore.

Per l’ammissibilità del doppio ruolo amministratore/dipendente, assumono quindi rilevanza i rapporti intercorrenti fra l’organo delegato e il consiglio di amministrazione, la pluralità ed il numero degli amministratori delegati e la facoltà di agire congiuntamente o disgiuntamente, oltre – naturalmente – alla sussistenza degli elementi caratterizzanti il vincolo di subordinazione.

Secondo l’INPS l’amministratore di una società di capitali può essere assunto dalla stessa azienda con contratto di lavoro subordinato a tre condizioni:
1) il potere deliberativo diretto a formare la volontà dell’ente è affidato a un organo collegiale o a un altro organo espressione della volontà dell’ente;
2) l’organo sociale è assoggettato al potere direttivo, organizzativo e disciplinare dell’organo collettivo o a quello di altri componenti dell’organo sociale;
3) la persona in questione svolge mansioni estranee al rapporto sociale o attività non comprese nel potere di gestione che discende dalla carica ricoperta o dalle deleghe che gli sono state conferite. in particolare, deve trattarsi di attività che esulino e che pertanto non siano ricomprese nei poteri di gestione che discendono dalla carica ricoperta o dalle deleghe che gli siano state conferite.

Nel caso di specie si dovrà innanzitutto verificare se l’amministratore delegato-dipendente svolga altre mansioni estranee al rapporto sociale, che esulino dalle deleghe conferite.

In caso negativo, si dovrà sicuramente escludere la compatibilità della carica di amministratore con la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato.

In ogni caso, l’amministratore delegato, pur essendo formalmente assoggettato al potere direttivo del presidente (che ha delega per quanto riguarda la gestione del personale) ha deleghe molto ampie (ordinaria amministrazione con firma libera e disgiunta).

Sarà necessario, pertanto, valutare l'effettività del potere gerarchico da parte del presidente e le modalità di esercizio dei poteri di ordinaria amministrazione da parte del consigliere, anche eventualmente nei rapporti con i terzi, ma sarà difficile superare l’eccezione di nullità del rapporto di lavoro svolto dall’amministratore che ha il potere di agire disgiuntamente ed indipendentemente dagli altri.

Gianni F. chiede
mercoledì 17/02/2021 - Marche
“Premessa
In una S.p.A. con oltre 100 soci e sistema amministrativo tradizionale (Cda con 5 consiglieri) Il Presidente convoca una assemblea dei soci in data 13 settembre 2020 la quale delibera un “mandato” (impropriamente, considerati i poteri della assemblea dei soci di una S.p.A. tassativamente previsti nel Codice Civile) al Cda di procedere nel programma di affitto di azienda.
Il Cda (unico organo competente in materia e responsabile della scelta) non da seguito alle indicazioni della assemblea e non conferisce i poteri al Presidente di operare in tal senso, nonostante la convocazione di due Cda (28 dicembre e 29 dicembre 2020) in cui tali poteri venivano espressamente richiesti, e mai conferiti (Cda deserti).
In data 9 gennaio 2021 viene convocato un Cda con all’ordine del giorno la sostituzione del Presidente.
In data 13 gennaio il Cda provvede alla sostituzione del Presidente.
Il giorno prima, il 12 gennaio, il Presidente ancora in carica (per un giorno) firma il contratto di affitto di azienda ritenendosi a ciò autorizzato in forza della sola delibera assembleare (con la “compiacenza “di un notaio che roga l’atto).

Quesito
Che valore giuridico ha il contratto d’affitto d’azienda nei confronti della società concedente, visto che il soggetto che ha firmato il contratto a nome e per conto della società stessa non aveva alcun potere di farlo (falsus procurator)? che conseguenze giuridiche può comportare per la concedente un contratto siffatto ?
E come ci si può difendere?”
Consulenza legale i 25/02/2021
Come stabilito dall’art. 2380 del c.c., primo comma, la gestione dell’impresa spetta esclusivamente agli amministratori, i quali devono compiere le operazioni necessarie all’attuazione dell’oggetto sociale.
Se lo statuto o l’assemblea lo consentono, ai sensi dell’art. 2381 del c.c., secondo comma, il Consiglio di Amministrazione può delegare le proprie attribuzioni ad un comitato esecutivo e ad uno o più dei suoi componenti, ad eccezione delle attribuzioni espressamente escluse per legge dal comma 4 della medesima disposizione.

Altra cosa rispetto al potere di gestione è quello di rappresentanza, ovvero quello di spendere nei rapporti esterni il nome della società.
L’art. 2384 del c.c. stabilisce che il potere di rappresentanza generale della società è attribuito agli amministratori dallo statuto o dalla deliberazione di nomina; tale potere generale di rappresentanza della società si estende a tutti gli atti che il legale rappresentante compie in nome della società.
L’attribuzione di detto potere è soggetta al regime della pubblicità legale, dovendo essere pubblicata nel Registro delle Imprese, così da renderla conoscibile ai terzi.

Nel modello tradizionale si applica il principio della rappresentanza generale degli amministratori.
Dalla normativa codicistica, pertanto, si evince la scissione tra potere di gestione e potere di rappresentanza.

Dal tenore del quesito può presupporsi che il Presidente del CdA fosse dotato del potere di rappresentanza generale della società, che, come sopra specificato, è altro rispetto al potere di compiere gli atti di gestione, dato dalla delega; può, altresì, presupporsi che non abbia agito in conflitto di interessi.
Un amministratore dotato di potere di rappresentanza, ma a cui non sia stato delegato nessun potere di gestione, prima di compiere l’atto nei confronti dei terzi, deve provocare una delibera autorizzativa del consiglio di amministrazione.
Nell’eventualità in cui l’amministratore (nel caso di specie il Presidente) abbia agito in mancanza della previa delibera consiliare, secondo l’opinione dominante l’atto sarebbe opponibile al terzo solo nelle limitate ipotesi individuate dal secondo comma dell’art. 2384 c.c. (dettato in tema di rappresentanza, ma applicabile anche al caso di carenza di delega), pertanto esclusivamente se si provi che il terzo abbia intenzionalmente agito a danno della società (c.d. exceptio doli).

Sul punto si segnala la relazione illustrativa del decreto legislativo 6/2003 recante: "Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366.": “Il potere di gestione e il potere di rappresentanza. La gestione dell'impresa sociale spetta in via esclusiva agli amministratori (art. 2380 bis, primo comma), i quali hanno poteri di gestione estesi a tutti gli atti che rientrano nell'oggetto sociale (art. 2380 bis, primo comma) e una rappresentanza generale per tutti gli atti compiuti in nome della società (art. 2384 del c.c., primo comma). Lo statuto o l'atto di nomina o di delega possono limitare in vario modo questi poteri di gestione o di rappresentanza, o entrambi, anche prevedendo una dissociazione tra rappresentanza generale (ad esempio attribuita al presidente) e poteri di gestione (ad esempio attribuiti al consiglio, al comitato esecutivo o ad amministratori delegati). In tutti questi casi le limitazioni "che risultano dallo statuto o da una decisione degli organi competenti" (art. 2384, secondo comma, nonché articolo 9.2 della direttiva n. 151 del 9 marzo 1968 del Consiglio dei Ministri della CEE), anche se pubblicate, non sono opponibili ai terzi, salvo che si provi che questi abbiano intenzionalmente agito a danno della società (art. 2384, secondo comma). Nei rapporti esterni, per tutelare l'affidamento dei terzi - e salva l'exceptio doli - sia gli atti compiuti dall'amministratore munito del potere di rappresentanza ma privo del potere di gestione (atti estranei all'oggetto sociale o casi di dissociazione del potere di rappresentanza dal potere di gestione), sia gli atti che eccedono i limiti - anche se pubblicati - ai poteri di gestione o di rappresentanza, rimangono validi e impegnativi; nei rapporti interni, invece, la mancanza o eccesso di potere o l'estraneità dell'atto all'oggetto sociale restano rilevanti quale base per un'azione di responsabilità (art. 2393 del c.c. e art. 2393 bis del c.c.), quale giusta causa di revoca (art. 2383 del c.c., terzo comma), e quale motivo di denuncia al collegio sindacale o al tribunale (art. 2408 del c.c. e art. 2409 del c.c.).”

Nei rapporti esterni intrattenuti dalla società con i terzi contraenti, quindi, per tutelare l'affidamento dei terzi stessi, comunque salva l'exceptio doli, gli atti compiuti dall'amministratore munito del potere di rappresentanza ma privo del potere di gestione (atti estranei all'oggetto sociale o casi di dissociazione del potere di rappresentanza dal potere di gestione), nonché gli atti che eccedono i limiti, anche se pubblicati, ai poteri di gestione o di rappresentanza, rimangono validi e impegnativi. Al contrario, nei rapporti interni la carenza o l’eccesso di potere o l'estraneità dell'atto all'oggetto sociale sono rilevanti a fondare un'eventuale azione di responsabilità ai sensi degli art. 2393 del c.c. e art. 2393 bis; possono costituire una giusta causa di revoca dell’amministratore stesso ai sensi dell’art. 2383 del c.c., terzo comma; possono ritenersi un motivo di denuncia al collegio sindacale o al tribunale ai sensi degli artt. 2408 del c.c. e art. 2409 del c.c..

Rispondendo analiticamente ai quesiti proposti, quanto al primo può ragionevolmente affermarsi che l’atto di affitto d’azienda debba considerarsi valido ed impegnativo nei confronti della società. Non può essere la delibera assembleare a sopperire alla carenza di delega da parte del Consiglio, che rimane necessaria; anche se tale circostanza può valere ad escludere che il contratto di affitto d’azienda possa essere considerato posto in essere in danno della società. Vieppiù, il Presidente non può essere considerato falsus procurator, posto che, dalla formulazione del quesito, pare essere dotato del potere di rappresentanza.

Quanto al secondo quesito, la società è vincolata al contratto sottoscritto dal proprio rappresentante, anche se privo della delega, proprio perché essa riguarda i rapporti interni. Resta salva l’opponibilità ai terzi di tale potere di gestione esclusivamente nel caso in cui si provi che il terzo abbia agito intenzionalmente a danno della società, ovvero che si dimostri l’esistenza di un accordo fraudolento fra il Presidente e il terzo diretto a danneggiarla. A tal proposito, il fatto che il Presidente abbia sottoscritto un atto impegnativo per la società quando era già consapevole della sua prossima sostituzione può costituire un indizio in tal senso.

Quanto al terzo quesito, il compimento da parte del presidente di un atto in assenza della necessaria delega può comportare un’azione di responsabilità ai sensi degli artt. 2393, 2393 bis del c.c.; costituisce motivo di revoca per giusta causa dalla carica ai sensi dell’art. 2383 del c.c., terzo comma (azione inutile vista la cessazione dalla carica); costituisce, altresì, motivo di denuncia al collegio sindacale o al tribunale ai sensi degli art. 2408 del c.c. e art. 2409 del c.c.).

Se invece, fatta una valutazione di merito specifica, dovesse ritenersi sussistente e dimostrabile un accordo fraudolento fra il Presidente e il terzo diretto a danneggiare la società, potrebbe agirsi per annullare il contratto sottoscritto.


Romolo D. chiede
venerdì 23/02/2018 - Emilia-Romagna
“In una società a responsabilità limitata, con CDA, dove il Presidente non ha deleghe, l’amministratore Delegato invece ha tutte le deleghe per l’ordinaria e la straordinaria amministraIone, chi è “ Il legale rappresentante della Società “
Consulenza legale i 02/03/2018
La rappresentanza è il potere di agire in nome e per conto della società manifestandone ai terzi la volontà. Nella prassi statutaria è chiamata “rappresentanza legale” perché è una caratteristica necessaria dell’attività di amministrazione.
Mentre nelle società per azioni (art. 2384 c.c.) il potere di rappresentanza può derivare sia dall’atto costitutivo che da una delibera di nomina, nella società a responsabilità limitata il potere di rappresentanza deriva ex lege dall’attribuzione del potere di gestione.
Vale a dire – più semplicemente - che, mentre nella spa è l’atto costitutivo che deve indicare a quali amministratori è affidata la rappresentanza, nella s.r.l. - ai sensi dell’art. 2475 bis- ogni amministratore è di diritto rappresentante, salvo diversa previsione dell’atto costitutivo.

La regola generale in tema di rappresentanza legale delle società con organo di amministrazione pluripersonale è quella per cui, di norma, essa spetta a tutti i consiglieri.
Tuttavia, è fatta salva la diversa disposizione dello statuto, che può attribuire la rappresentanza solo ad alcuni di essi, come il Presidente o l’Amministratore Delegato.

Anche per le s.r.l., sempre salva diversa previsione dello statuto, si ritiene sia applicabile – per rinvio ed analogia – l’art. 2381 c.c. che riguarda il Presidente e gli amministratori delegati delle s.p.a..
La figura del Presidente ha lo scopo di regolare in modo ordinato il funzionamento del Consiglio: egli si assicura che le riunioni risultino ordinate e che esprimano decisioni individuabili come volontà collegiale. Anche se di frequente accade, non è tuttavia scontato che il Presidente abbia la rappresentanza legale della società: tutto dipende – come già detto - dallo statuto.
Gli amministratori delegati non sono invece che componenti del CdA cui sono stati conferiti particolari poteri, per lo più gestori.

Dalla disciplina normativa si evince, in buona sostanza, come non sia tanto la carica in sé a rilevare per l’individuazione del soggetto che ha la rappresentanza legale, quanto piuttosto il contenuto dei poteri che gli sono attribuiti dallo statuto.
Per tornare al quesito, di conseguenza, non rileva tanto il fatto che il Presidente sia o meno munito di deleghe, quanto piuttosto quale sia il suo ruolo in base allo statuto e al contempo quale sia il contenuto di queste deleghe.
Normalmente, se non sono stabilite particolari limitazioni, la delega deve intendersi comprensiva di tutti i poteri, compresa la cosiddetta rappresentanza legale (anche processuale) della società.

Da quel che si può intuire dalla lettura del quesito, le deleghe conferite agli amministratori dal CdA sono generali ed omnicomprensive, riguardando le stesse tutti i poteri sia di ordinaria che di straordinaria amministrazione. Se dunque non è indicato diversamente nello statuto, è legittimo ritenere che la rappresentanza legale spetti a questi ultimi e non al Presidente, alla cui carica e figura, come è già stato detto, non inerisce automaticamente la rappresentanza legale.

La Cassazione in materia ha precisato: “In tema di società a responsabilità limitata (…), la previsione statutaria che consenta al consiglio di amministrazione, senza escluderne la concorrente legittimazione, la delega delle proprie attribuzioni ai singoli consiglieri, con esercizio disgiunto dei poteri, non contrasta con l'art. 2475, comma 3, c.c., che non impone - ad eccezione dell'ultimo comma - il principio di collegialità, considerato il carattere suppletivo delle disposizioni in questione rispetto all'atto costitutivo, sicché risulta legittima la delega generale ad un singolo consigliere dell'esercizio dei poteri gestionali, con conseguente attribuzione al medesimo del potere di rappresentanza negoziale e processuale della società.” (Cass. civ. Sez. V, 07/12/2016, n. 25085).

Per concludere e rispondere al quesito, dunque, ad avviso di chi scrive – fermo restando che è opportuno e fondamentale visionare prima il contenuto dello statuto della società – parrebbe doversi ritenere che nel caso di specie la rappresentanza legale spetti agli amministratori delegati.

PIERO N. chiede
mercoledì 03/01/2018 - Piemonte
“Buongiorno
allego allemail sotto alcune pagine dello statuto di una spa
come si vede il presidente ha poteri disgiunti
se il presidente fa sostituire le finestre e verniciare le persiane in una villa di proprietà della spa
deve poi comunicarlo al consiglio di amministrazione ?
se si deve essere redato un verbale ? .
ho mandato documenti tramite email sotto”
Consulenza legale i 12/01/2018
L’amministrazione e la gestione di una società di capitali può essere esercitata secondo diversi sistemi:

1) è possibile che l’Assemblea nomini un Amministratore Unico in grado di assumere le decisioni inerenti la gestione;

2) oppure può essere nominato un Consiglio di Amministrazione il quale a sua volta può delegare il compimento degli atti ad un comitato esecutivo oppure ad un Amministratore unico.

Dall’analisi dello Statuto, sembrerebbe che la Società abbia scelto di attribuire la gestione dell’attività d’azienda al Consiglio di Amministrazione, il quale a sua volta ha deciso di delegare determinate operazioni ad uno dei consiglieri.

Per quel che ivi interessa dalla lettura dei documenti allegatici è evidente che la fornitura e la posa in opera di nuovi serramenti, così come la loro verniciatura, rientra tra le attività che il Consiglio ha delegato all’Amministratore, avendogli esplicitamente attribuito il potere di "sottoscrivere, modificare e risolvere contratti di acquisti di beni e servizi" ed il potere di "sottoscrivere, modificare e risolvere contratti di manutenzione ecc.”.
Si noti che in siffatta dizione è inclusa altresì l'attribuzione del potere di rappresentanza e cioè, non solo il potere di decidere sul da farsi, ma anche di agire in nome e per conto della società per la conclusione dei suddetti contratti.

La delega delle funzioni di gestione rende più snello il suo esercizio in quanto il delegato può operare in maniera più agevole prendendo in maniera autonoma le decisioni, fermo il potere del Consiglio di impartire direttive, avocare a sé la questione e revocare i poteri attribuiti.

Tuttavia è vero altresì che il Consiglio conserva un obbligo di vigilare sull’attività dei delegati o del delegato e per questo l’art. 2381 c.c. prevede che questi ultimi riferiscano periodicamente sul generale andamento della gestione.

Occorre sottolineare, tuttavia, che l’art. 2381 c.c. prevede che i delegati “riferiscono al consiglio di amministrazione e al collegio sindacale, con la periodicità fissata dallo statuto e in ogni caso almeno ogni sei mesi, sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate” ma non è previsto un generalizzato obbligo di riferire su ogni singola operazione compiuta.

Dunque non sussiste un obbligo di legge di riferire al Consiglio circa il compimento di ogni singolo atto gestorio, operazione che peraltro ritarderebbe e renderebbe meno agevole qualsivoglia attività, né tantomeno sussiste l'obbligo di redigere un verbale per le attività poste in essere, ma potrebbe semmai sussistere uno specifico obbligo che derivi dallo Statuto o da altro atto deliberato dalla Società.

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