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Articolo 2058 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Risarcimento in forma specifica

Dispositivo dell'art. 2058 Codice Civile

Il danneggiato può chiedere la reintegrazione in forma specifica(1), qualora sia in tutto o in parte possibile.

Tuttavia il giudice può disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore(2).

Note

(1) Se viene danneggiato un bene, la reintegra può consistere, ad esempio, nella sua restituzione, nella consegna di uno equivalente o nella riparazione. Se viene leso un diritto della persona, come la sua reputazione, ad esempio a causa di un articolo di giornale diffamatorio, la reintegrazione può sostanziarsi nella pubblicazione della sentenza che riconosce l'illecito.
(2) Ciò accade quando egli sarebbe costretto ad un sacrificio economico eccessivo rispetto a quanto spetta al danneggiato a titolo di risarcimento.

Ratio Legis

Il legislatore dà prevalenza alla reintegrazione in forma specifica poiché questa è quella che meglio risponde all'esigenza riparatoria del risarcimento. Il secondo comma, invece, è espressione del principio solidaristico che impone di tenere conto degli interessi di entrambe le parti in conflitto (2 Cost.).

Brocardi

Restitutio in integrum

Spiegazione dell'art. 2058 Codice Civile

Reintegrazione, o risarcimento in forma specifica

Disposizione anche questa nuova, che si riporta in qualche modo all'art. 185 del cod. pen. ,il quale espressamente parla di restituzione, cioè di reintegrazione del mal tolto, se possibile nell'idem corpus, o in qualche cosa che corrisponda all'ideai, come se alcuno avendo avuto ucciso o deteriorato l'animale chieda di essere reintegrato in animale simile per valore, attitu­dini etc.; ovvero abbia avuto distrutto il suo ritratto eseguito da artista tut­tora vivente, e chieda che il danneggiato ne faccia eseguire altro dal mede­simo autore.

Questa forma d'indennizzo è però ammissibile quando sia il danneggiato a richiederla, perché salvo nei casi di restituzione dell'idem corpus, cui certo il danneggiato non può rifiutarsi, si avrà sempre un quid che non è quello distrutto o danneggiato. Ma se anche la richiesta vi sia, ove la reintegrazione in forma specifica risulti eccessivamente onerosa per il danneggiante, il giudice può disporre che il risarcimento avvenga nelle forme ordinarie, cioè per equivalente.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

38 Quanto al modo di risarcimento, si afferma il principio che, fin quando è possibile, la reintegrazione può avve­nire in forma specifica (art. 21). Questa forma di reintegrazione, alle volte, è per il credi­tore altrettanto conveniente come il risarcimento per equiva­lente, mentre al debitore, negli stessi casi, può riuscire troppo oneroso il risarcimento per equivalente.
Se, però, la reintegrazione in forma specifica e eccessivamente onerosa per il debitore, si dà al giudice il potere di ordinare il risarcimento per equivalente; in tal modo restano contemperati i diritti del creditore e l'interesse del debitore.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

802 Al pari del creditore nelle obbligazioni ex contractu, il danneggiato, in quelle per fatto illecito, ha diritto innanzi tutto alla reintegrazione in forma specifica della situazione patrimoniale anteriore: questa norma è consacrata nel primo comma dell'art. 2058 del c.c.. Peraltro, in omaggio al principio immanente di solidarietà, che impone in ogni campo la considerazione corporativa degli interessi delle parti in conflitto e di quelli preminenti della collettività (n. 558), si è stabilito nel secondo comma che il giudice possa, alla reintegrazione in forma specifica, sostituire il risarcimento per equivalente economico, se la prima sia eccessivamente onerosa per il debitore o, s'intende, sia contraria alle esigenze dell'economia nazionale. Al dovere primario di riparare in natura il danno illecitamente cagionato si può collegare anche il disposto dell'art. 2057 del c.c., secondo il quale al danno permanente che consiste nella soppressione o nella menomazione di attività del soggetto destinata presumibilmente a procacciargli i mezzi di sussistenza, può farsi corrispondere l'assegnazione di una rendita vitalizia: questa norma fa meglio aderire la misura del risarcimento alla natura e alla durata del danno, che nei casi suddetti è continuativo.

Massime relative all'art. 2058 Codice Civile

Cass. civ. n. 10686/2023

Ai fini dell'applicazione dell'art. 2058, comma 2, c.c., la verifica relativa all'eccessiva onerosità non può basarsi soltanto sull'entità dei costi, dovendosi valutare, altresì, se la reintegrazione in forma specifica comporti o meno una locupletazione per il danneggiato, tale da superare la finalità risarcitoria che le è propria e da rendere ingiustificata la condanna del debitore a una prestazione che ecceda notevolmente il valore di mercato del bene danneggiato; laddove, peraltro, il danneggiato decida - com'è suo diritto - di procedere alla riparazione anziché alla sostituzione del mezzo danneggiato, non risulta giustificato, traducendosi in una indebita locupletazione per il responsabile, il mancato riconoscimento di tutte le voci di danno che competerebbero in caso di rottamazione e sostituzione del veicolo.

Cass. civ. n. 5368/2023

In tema di responsabilità per rovina di edificio, il danneggiato può agire per il risarcimento in forma specifica e per quello per equivalente purché le due forme risarcitorie vengano dedotte in via subordinata, e non congiunta, optando per l'una o l'altra forma di risarcimento, atteso che la natura oggettiva della responsabilità e la specialità della responsabilità di cui all'art. 2053 c.c. non giustificano una doppia condanna sullo stesso titolo, a cui conseguirebbe l'indebito arricchimento del preteso danneggiato, stante la regola dell'alternatività di cui all'art. 2058 c.c..

Cass. civ. n. 10196/2022

La domanda di risarcimento del danno subito da un veicolo a seguito di incidente stradale, quando abbia ad oggetto la somma necessaria per effettuare la riparazione dei danni, deve considerarsi come richiesta di risarcimento in forma specifica, con conseguente potere del giudice, ai sensi dell'art. 2058, comma 2, c.c., di non accoglierla e di condannare il danneggiante al risarcimento per equivalente, ossia alla corresponsione di un somma pari alla differenza di valore del bene prima e dopo la lesione, allorquando il costo delle riparazioni superi notevolmente il valore di mercato del veicolo.

Cass. civ. n. 28030/2021

Poiché il risarcimento del danno in forma specifica non esaurisce in sè, di regola, tutte le possibili conseguenze dannose del fatto lesivo - ed, in particolare, quelle prodottesi prima che la riduzione in pristino sia materialmente eseguita ovvero quelle diverse residuate nonostante tale riduzione in pristino -, il fatto che il giudice abbia condannato i corresponsabili, a titolo di risarcimento del danno, al pagamento delle somme - indicate dall'ausiliario - al fine della riduzione in pristino, non osta, anche in difetto di prova di un concreto danno ulteriore, in aggiunta a quello risarcibile in forma specifica, alla pronuncia di una condanna generica al risarcimento del danno ex art. 278 c.p.c. (che, nel caso di specie, era stata proposta) essendo sufficiente, a tal fine, l'accertamento della potenziale ulteriore dannosità del fatto lesivo. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 18/10/2018).

Cass. civ. n. 6192/2021

Qualora i vizi di costruzione di un edificio in condominio riguardino soltanto alcuni appartamenti e non anche le parti comuni, l'azione di risarcimento dei danni nei confronti del venditore-costruttore, ex artt. 1669 e 2058 c.c., ha natura personale e può essere esercitata da qualsiasi titolare del bene oggetto della garanzia, senza necessità che al giudizio partecipino gli altri comproprietari. Tale azione va proposta, peraltro, esclusivamente dai proprietari delle unità danneggiate, non sussistendo un'ipotesi di litisconsorzio necessario nei confronti degli altri condòmini, ancorché possa insorgere, in sede di esecuzione ed in modo riflesso, un'interferenza tra il diritto al risarcimento del danno in forma specifica riconosciuto in sentenza ed i diritti degli altri condòmini, dovendo i danneggiati procurarsi il consenso di questi ultimi per procedere, nella proprietà comune, ai lavori necessari ad eliminare i difetti, giacché tale condizionamento dell'eseguibilità della pronuncia costituisce soltanto un limite intrinseco della stessa, che non cessa comunque di costituire un risultato giuridicamente apprezzabile. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO TRIESTE, 26/01/2017).

Cass. civ. n. 12489/2020

In tema di reclutamento dei docenti nella scuola pubblica, mediante concorso per soli titoli e secondo il sistema delle c.d. graduatorie ad esaurimento, il candidato non vincitore che successivamente abbia ottenuto, per altra via, l'immissione in ruolo e che sostenga di essere stato assunto a tempo indeterminato in ritardo a causa dell'inosservanza, da parte della P.A., di regole non discrezionali di formazione della graduatoria, può proporre domanda di risarcimento del danno in forma specifica, nel solo contraddittorio dell'Amministrazione, al fine di ottenere la condanna della predetta al riconoscimento della decorrenza giuridica del rapporto di lavoro sin dal momento del compimento delle originarie operazioni di selezione, a condizione che sia dimostrato, secondo criteri processuali di certezza, che lo svolgimento della procedura in osservanza delle regole violate avrebbe determinato l'esito positivo in suo favore. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO TORINO, 10/01/2014).

Cass. civ. n. 1270/2020

Nel caso in cui il notaio rogante non adempia all'obbligazione di verificare l'esistenza di iscrizioni ipotecarie relative all'immobile compravenduto, dichiarando come libero un bene che risulta, invece, gravato da ipoteca, il risarcimento del danno conseguente può essere disposto anche in forma specifica, mediante condanna del medesimo notaio alla cancellazione della formalità non rilevata, a condizione che sia possibile ottenere il consenso del creditore e che l'incombente non sia eccessivamente gravoso, avuto riguardo sia alla natura dell'attività occorrente allo scopo sia all'entità della somma da pagare in rapporto all'ammnotare del danno. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 12/12/2017).

Cass. civ. n. 16611/2019

In tema di risarcimento del danno, la tutela riservata ai diritti reali non consente l'applicabilità dell'art. 2058 c.c. nel caso di azioni volte a far valere uno di tali diritti, atteso il loro carattere assoluto , salvo che la demolizione della cosa sia di pregiudizio all'economia nazionale, dovendo il giudice, in tale evenienza, provvedere soltanto per equivalente ex art. 2933, comma 2, c.c. La verifica della sussistenza o meno di quest'ultima ipotesi non richiede, però, che la parte obbligata assuma l'iniziativa ovvero manifesti la sua volontà in tal senso, trattandosi, piuttosto, dell'oggetto di un'eccezione in senso lato e, come tale, rilevabile d'ufficio da parte del giudice. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 19/12/2014).

Cass. civ. n. 2930/2019

In tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ai fini dell'applicazione della tutela reintegratoria prevista dall'art. 18, comma 4, st. lav., come novellato dalla l. n. 92 del 2012, il giudice è tenuto ad accertare che vi sia una evidente e facilmente verificabile assenza dei presupposti giustificativi del licenziamento e, in caso di esito positivo di tale verifica, a procedere all'ulteriore valutazione discrezionale sulla non eccessiva onerosità del rimedio, essendo altrimenti applicabile la sola tutela risarcitoria di cui all'art. 18, comma 5. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che, omettendo completamente le suddette verifiche, aveva riconosciuto la tutela reale in favore di una giornalista adibita a un ufficio di corrispondenza all'estero come collaboratrice fissa, sulla base della semplice constatazione che il datore di lavoro non aveva provato il venir meno dell'esigenza di tale figura professionale). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 05/04/2017).

Cass. civ. n. 12846/2018

L'occupazione appropriativa e l'occupazione usurpativa possono distinguersi si configurano, rispettivamente, nel caso di irreversibile trasformazione del fondo in assenza del decreto di esproprio, e nell'ipotesi di trasformazione in mancanza, originaria o sopravvenuta, della dichiarazione di pubblica utilità. Tuttavia, nel caso di proposizione dell'azione di risarcimento del danno in conseguenza di occupazione usurpativa è ammissibile la riqualificazione della domanda, anche da parte del giudice, come relativa ad una occupazione appropriativa, in quanto entrambe fonte di responsabilità risarcitoria della P.A. secondo i principi di cui all'art. 2043 c.c. (Rigetta, CORTE D'APPELLO MESSINA, 13/02/2013).

Cass. civ. n. 27546/2017

Ai sensi del comma 2 dell’art. 2058 c.c., in virtù del quale, anche se il danneggiato abbia chiesto, quando possibile, la reintegrazione in forma specifica, il giudice può disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente ove la reintegrazione in forma specifica risulti eccessivamente onerosa per il debitore, la differenza fra risarcimento in forma specifica e risarcimento per equivalente consiste nel fatto che, nel primo, la somma dovuta è calcolata sui costi occorrenti per la riparazione, mentre, nel secondo, è riferita alla differenza fra il bene integro (e cioè nel suo stato originario) ed il bene leso o danneggiato.

Cass. civ. n. 5013/2017

In tema di risarcimento danni per equivalente, la stima e la determinazione del pregiudizio da ristorare vanno operate alla stregua dei criteri praticati al momento della liquidazione, in qualsivoglia maniera compiuta, cioè secondo i parametri vigenti alla data della pattuizione convenzionale stipulata tra le parti, ovvero del pagamento spontaneamente effettuato dal soggetto obbligato, o della pronuncia (anche non definitiva) resa sulla domanda risarcitoria formulata in sede giurisdizionale o arbitrale, restando preclusa, una volta quantificato il danno con una di tali modalità, l’applicazione di criteri di liquidazione elaborati in epoca successiva.

Cass. civ. n. 10499/2016

Atteso il carattere assoluto dei diritti reali, la tutela degli stessi mediante reintegrazione in forma specifica non è soggetta al limite ex art. 2058, comma 2, c.c., salvo che lo stesso titolare danneggiato chieda il risarcimento per equivalente.

Cass. civ. n. 12582/2015

Il risarcimento del danno in forma specifica, secondo il principio generale fissato dall'art. 2058 cod. civ., é applicabile anche alle obbligazioni contrattuali, in quanto rimedio alternativo al risarcimento per equivalente pecuniario, sicché il danneggiato può chiedere ed ottenere la reintegrazione in forma specifica anche quando il suo diritto di condomino sia leso per effetto di violazione del regolamento pattizio.

Cass. civ. n. 22347/2014

In tema di responsabilità civile, il diritto del danneggiato ad ottenere il risarcimento in forma specifica in quanto più pienamente satisfattivo non può risolversi in un aggravio a suo carico, fermo restando, peraltro, che il persistente rifiuto, da parte sua, dell'offerta del danneggiante intesa a ripristinare direttamente i luoghi è suscettibile di valutazione ai fini della parziale compensazione delle spese di lite. (Nella specie, relativa a danni arrecati ad un immobile da immissioni derivanti da un intervento di ristrutturazione sull'appartamento sovrastante, la parte danneggiata aveva rifiutato l'offerta dell'impresa danneggiante di provvedere al ripristino dello stato dei luoghi, sicché il giudice aveva disposto la parziale compensazione delle spese di lite, valutando come poco collaborativo tale comportamento).

Cass. civ. n. 15875/2013

Si ha eccessiva onerosità del risarcimento in forma specifica, ai sensi dell'art. 2058 c.c., quando il sacrificio economico necessario superi in misura eccessiva il valore da corrispondere in base al risarcimento per equivalente.

In tema di risarcimento del danno per lesione dei diritti reali, rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito (il cui mancato esercizio non è censurabile in sede di legittimità) attribuire d'ufficio al danneggiato il risarcimento per equivalente, anziché in forma specifica.

Cass. civ. n. 259/2013

In tema di danni, rientra nei poteri discrezionali del giudice del merito (il cui mancato esercizio non è sindacabile in sede di legittimità) attribuire al danneggiato il risarcimento per equivalente, anziché in forma specifica come domandato dall'attore (sulla base di valutazione che si risolve in giudizio di fatto, ai sensi dell'art. 2058, secondo comma, c.c., del pari insindacabile in cassazione), costituendo il risarcimento per equivalente un "minus" rispetto al risarcimento in forma specifica e intendendosi, perciò, la relativa richiesta implicita nella domanda di reintegrazione, con la conseguenza che non incorre nella violazione dell'art. 112 c.p.c. il giudice che pronunci d'ufficio una condanna al risarcimento per equivalente.

Cass. civ. n. 2359/2012

L'art. 2058, secondo comma, c.c., il quale prevede la possibilità di ordinare il risarcimento del danno per equivalente anziché la reintegrazione in forma specifica, in caso di eccessiva onerosità di quest'ultima, non trova applicazione alle azioni intese a far valere un diritto reale, la cui tutela esige la rimozione del fatto lesivo, come nel caso della domanda di riduzione in pristino per violazione delle norme sulle distanze, atteso il carattere assoluto del diritto leso.

Cass. civ. n. 21012/2010

La domanda di risarcimento del danno subito da un veicolo a seguito di incidente stradale, quando abbia ad oggetto la somma necessaria per effettuare la riparazione dei danni, deve considerarsi come richiesta di risarcimento in forma specifica, con conseguente potere del giudice, ai sensi dell'art. 2058, secondo comma, c.c., di non accoglierla e di condannare il danneggiante al risarcimento per equivalente, ossia alla corresponsione di un somma pari alla differenza di valore del bene prima e dopo la lesione, allorquando il costo delle riparazioni superi notevolmente il valore di mercato del veicolo.

Cass. civ. n. 10663/2009

Nel caso di responsabilità aquiliana, il risarcimento del danno in forma specifica non può mai cumularsi col risarcimento per equivalente, salvo il ristoro di eventuali ulteriori pregiudizi subiti dal danneggiato, pena la violazione del generale principio in virtù del quale il risarcimento non può mai trasformarsi in una fonte di arricchimento per la vittima; pertanto il proprietario di un immobile condominiale danneggiato da infiltrazioni, ove il condominio abbia provveduto a rifondergli le spese necessarie per il restauro, non può pretendere anche il risarcimento del danno da deprezzamento dell'immobile, a meno che non dimostri che, a restauro avvenuto, l'immobile abbia comunque perduto parte del suo valore.

Cass. civ. n. 12964/2005

Il risarcimento del danno per equivalente costituisce una reintegrazione del patrimonio del creditore che si realizza mediante l'attribuzione, al creditore, di una somma di danaro pari al valore della cosa o del servizio oggetto della prestazione non adempiuta , e quindi si atteggia come la forma, per così dire, tipica di ristoro del pregiudizio subito dal creditore per effetto dell'inadempimento dell'obbligazione da parte del debitore, mentre il risarcimento in forma specifica, essendo diretto al conseguimento dell'eadem res dovuta, tende a realizzare una forma più ampia e, di regola, più onerosa per il debitore, di ristoro del pregiudizio dallo stesso arrecato, dato che l'oggetto della pretesa azionata non è costituito da una somma di danaro, ma dal conseguimento, da parte del creditore danneggiato, di una prestazione del tutto analoga, nella sua specificità ed integrità, a quella cui il debitore era tenuto in base al vincolo contrattuale. Ne consegue che costituisce una semplice emendatio libelli la richiesta di risarcimento per equivalente allorché sia stato originariamente richiesto, in giudizio, il risarcimento in forma specifica. Allo stesso modo, nelle obbligazioni contrattuali è consentito all'attore che abbia invano svolto l'istanza diretta ad ottenere la restituzione di una cosa determinata, della quale il debitore più non dispone, modificare la domanda richiedendo il risarcimento per equivalente, senza che ciò sia impedito dalla eventuale preventiva conoscenza dell'impossibilità della restituzione, atteso che per poter dare rilievo a tale situazione di impossibilità di adempiere all'obbligo restitutorio, al fine di giustificare la emendatio libelli è necessario che sul punto intervenga l'ammissione in giudizio del debitore.

Cass. civ. n. 14599/2004

La domanda di risarcimento del danno in forma specifica — esperibile pure in materia contrattuale — postula per il suo accoglimento (al pari di quella di risarcimento per equivalente) l'esistenza di un danno come conseguenza di un determinato fatto, sicché, in ipotesi d'inadempimento o inesatto adempimento di obbligazione contrattuale, pur presumendosi la colpa del debitore (art. 1218 c.c.), un danno deve sempre essere dedotto e provato; la concessione del risarcimento in forma specifica, peraltro, pur risolvendosi in un giudizio di fatto e rimanendo pertanto rimessa alla discrezionalità del giudice di merito richiede di essere specificamente motivata, attesa l'inapplicabilità di tale forma di risarcimento laddove eccessivamente onerosa per il debitore.

Cass. civ. n. 9709/2004

In tema di risarcimento del danno, il principio secondo cui la scelta del tipo di risarcimento (se in forma specifica o per equivalente) spetta al danneggiato non osta a che il danneggiante, secondo i principi generali in tema di obbligazione e fino a quando non intervenga la sentenza esecutiva, risarcisca spontaneamente il danno anche in forma diversa da quella scelta dal creditore, salva la possibilità per quest'ultimo di rifiuto, che, ove ingiustificato e determinante un aggravamento del danno, comporta tuttavia la riduzione del risarcimento dovuto, ai sensi dell'art. 1227, secondo comma, c.c

Cass. civ. n. 6285/2004

L'esercizio in concreto del potere discrezionale conferito al giudice di procedere alla liquidazione del danno in via equitativa è suscettibile di sindacato in sede di legittimità soltanto se la motivazione non dà adeguatamente conto dell'uso di tale facoltà, indicando il processo logico e valutativo seguito. (Nella specie, la S.C. ha tassato la sentenza di merito che aveva ridotto ad un importo estremamente esiguo la somma liquidata a titolo di risarcimento del danno biologico in favore di una donna che, a seguito del trauma addominale provocato da un incidente stradale, aveva subito una interruzione di gravidanza, rilevando che le affermazioni contenute nella sentenza di merito, secondo le quali l'interruzione di gravidanza si era verificata naturalmente e senza particolari problemi terapeutici, si traducevano in argomentazioni poco chiare, incoerenti ed inadeguate, raffrontate alla fattispecie concreta, per evidenziare il procedimento logico seguito nella liquidazione equitativa).

Cass. civ. n. 3004/2004

In materia di risarcimento del danno, secondo un principio che trova applicazione anche in materia contrattuale, rientra nei poteri discrezionali del giudice del merito (il cui mancato esercizio non è sindacabile in sede di legittimità) attribuire al danneggiato il risarcimento per equivalente anziché in forma specifica come domandato dall'attore (la valutazione di cui all'art. 2058, secondo comma, c.c. del pari essendo insindacabile in sede di legittimità risolvendosi in un giudizio di fatto). Tale facoltà si tramuta in dovere solamente quando la demolizione della cosa sia di pregiudizio all'economia nazionale, ai sensi della previsione di cui all'art. 2933, secondo comma, c.c., che limita l'eseguibilità in forma specifica degli obblighi di non fare riferendosi esclusivamente alle cose insostituibili ovvero di eccezionale importanza per l'economia nazionale la cui perdita risulti pregiudizievole per l'intera collettività là dove viene ad incidere sulle fonti di produzione o di distribuzione della ricchezza, a tale stregua pertanto non invocabile (nemmeno in tempi di crisi edilizia) al fine di evitare la demolizione totale o parziale di un edificio ad uso di abitazione.

Cass. civ. n. 8052/2003

Poiché il risarcimento del danno da responsabilità aquiliana ha la funzione di porre il patrimonio del danneggiato nello stesso stato in cui si sarebbe trovato se l'illecito non si fosse verificato, è da escludere la legittimità del ricorso alla reintegrazione in forma specifica qualora, per le circostanze del caso concreto, le spese necessarie ad essa sarebbero superiori rispetto alla somma alla quale avrebbe diritto il danneggiato ex art. 2056 c.c., in quanto in tal caso il danneggiato riceverebbe dalla reintegrazione una ingiustificata locupletazione.

Cass. civ. n. 7529/2003

Il risarcimento in forma specifica, secondo il principio generale fissato dall'art. 2058 c.c., applicabile anche anche alle obbligazioni contrattuali, costituisce rimedio alternativo al risarcimento per equivalente pecuniario, sicché il creditore di un'obbligazione da contratto inadempiuta non può chiedere, a titolo di risarcimento del danno derivato al suo patrimonio dall'inadempimento o dall'inesatto adempimento di essa, congiuntamente sia l'attribuzione della somma in denaro idonea a reintegrare tale patrimonio della diminuzione economica derivatagli dall'inadempimento della prestazione dovuta — nel che consiste il danno —, che l'adempimento diretto della prestazione dovutagli da parte dell'obbligato, volto a rimuovere la causa — e cioè l'inadempimento — della lesione del suo patrimonio, ma deve optare per l'una o l'altra forma di risarcimento.

Cass. civ. n. 2402/1998

La domanda di risarcimento del danno subito da un veicolo a seguito di incidente stradale, quando abbia ad oggetto la somma necessaria per effettuare la riparazione dei danni, deve considerarsi come richiesta di risarcimento in forma specifica, con conseguente potere del giudice, ai sensi dell'art. 2058, comma 2, c.c., di non darvi ingresso e di condannare il danneggiante al risarcimento per equivalente, ossia alla corresponsione di una somma pari alla differenza di valore del bene prima e dopo la lesione, allorquando il costo delle riparazioni superi notevolmente il valore di mercato del veicolo.

Cass. civ. n. 10694/1997

Se è vero che deve escludersi l'applicabilità dell'art. 2058, secondo comma, c.c., alle azioni intese a far valere un diritto reale (nella specie, un'azione di ripristino dello stato dei luoghi) sicché, a favore di chi ha agito per la tutela in forma specifica non può essere pronunziata decisione di condanna «per equivalente» — giacché la tutela del diritto reale è assoluta — è altresì vero che un tal tipo di pronuncia si rende però ammissibile allorché sia lo stesso attore «danneggiato» a chiedere la condanna per equivalente.

Cass. civ. n. 380/1997

Il risarcimento del danno per equivalente costituisce una reintegrazione del patrimonio del creditore che si realizza mediante l'attribuzione, al creditore, di una somma di danaro pari al valore della cosa o del servizio oggetto della prestazione non adempiuta, e quindi si atteggia come la forma, per così dire, tipica di ristoro del pregiudizio subito dal creditore per effetto dell'inadempimento dell'obbligazione da parte del debitore, mentre il risarcimento in forma specifica, essendo diretto al conseguimento dell'eadem res dovuta, tende a realizzare una forma più ampia e, di regola, più onerosa per il debitore, di ristoro del pregiudizio dallo stesso arrecato, dato che l'oggetto della pretesa azionata non è costituito da una somma di danaro, ma dal conseguimento, da parte del creditore danneggiato, di una prestazione del tutto analoga, nella sua specificità ed integrità, a quella cui il debitore era tenuto in base al vincolo contrattuale. Ne consegue che costituisce una semplice emendatio libelli la richiesta di risarcimento per equivalente allorché sia stato originariamente richiesto, in giudizio, il risarcimento in forma specifica.

Cass. civ. n. 6035/1995

L'art. 2058 secondo comma c.c., il quale conferisce al giudice la facoltà di disporre che il risarcimento del danno avvenga per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica risulti eccessivamente onerosa per il debitore, non è applicabile alle azioni di tutela di un diritto reale. (Nella specie, domanda di demolizione di opere eccedenti i limiti massimi di superficie contrattualmente previsti a favore del fondo vicino).

Cass. civ. n. 2472/1988

Il risarcimento del danno mediante reintegrazione in forma specifica può esplicarsi nella eliminazione di quanto illecitamente fatto e che risulti identificato con la fonte esclusiva o concorrente di un danno attuale, continuo e destinato a protrarsi con certezza nel tempo, senza che per la legittimazione a richiedere la riduzione in pristino di una cosa sulla quale è stata esercitata l'attività dannosa, occorre dimostrare di esserne proprietario, essendo sufficiente che tra l'attore e la cosa sussista una relazione, concretantesi anche solo nell'esercizio di un potere di fatto, tale che dal danneggiamento l'attore resti pregiudicato. (Nella specie la S.C. in applicazione dell'enunciato principio ha annullato la decisione dei giudici del merito che avevano ritenuto che la riduzione in pristino richiesta dal proprietario di un fondo nei confronti del proprietario confinante che vi aveva accumulato terra di riporto a seguito di lavori compiuti sul proprio fondo poteva essere conseguita solo attraverso l'esperimento di un'azione a tutela di un diritto reale e la previa dimostrazione della sussistenza della titolarità relativa).

Cass. civ. n. 170/1985

Il lavoratore, quando l'imprenditore non ha versato regolarmente i contributi dovuti agli enti previdenziali, può chiedere, senza limitazione temporale, la condanna dell'imprenditore alla reintegrazione in forma specifica, mediante la regolarizzazione della sua posizione assicurativa, nel caso di prescrizione dei contributi, attraverso la costituzione di una quota di rendita vitalizia, pari all'ammontare della parte della pensione che spetterebbe in relazione ai contributi dovuti, ai sensi dell'art. 13 della L. 12 agosto 1962, n. 1338.

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T.P. chiede
venerdì 24/03/2023 - Toscana
“La società che rappresento è proprietaria di un fondo a destinazione agricola in cui una sorgente di acqua potabile è utilizzata dal gestore unico del servizio idrico integrato a partire dallo 01 gennaio 2020 in assenza di qualsiasi atto. La sorgente ha un'opera di captazione in muratura e condotte di adduzione di circa mille metri. Negi anni abbiamo lamentato sversamenti dovuti a mancata manutenzione con conseguenti danni a un fabbricato di proprietà a valle della sorgente e ai terreni limitrofi sempre a valle della sorgente. La società è detenuta dalle amministrazioni locali ( 51% ) e gestita da un operatore privato (49%). Ho ritenuto prudente e opportuno per la società che rappresento non attivare procedimenti giudiziari per prudenza (politica). La situazione (politica) è cambiata e vorrei rivolgermi al Tribunale:
Quesito: posso rivolgermi al tribunale regionale delle acque, trattandosi di sorgente e di danni causati dall'acqua comunque gestita dalla società anche se non legittimata?.”
Consulenza legale i 06/04/2023
Il Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche (TRAP) costituisce una sezione specializzata del Giudice Ordinario presso la Corte d’Appello.
La normativa di riferimento è il R.D. 1775/1933 (T.U. Acque Pubbliche) e all’art. 140 sono indicate le fattispecie in cui è competente il TRAP.
Nello specifico tale articolo stabilisce alla lett. e) che appartengono alla cognizione del TRAP le controversie per il risarcimento di danni che dipendono da “qualunque opera eseguita dalla pubblica amministrazione e da qualunque provvedimento emesso dall’autorità amministrativa ai sensi dell’art. 2 del testo unico delle leggi n. 523 del 25 luglio 1904 (testo unico opere idrauliche).

La Corte di Cassazione è unanime nel ritenere che siano di competenza del TRAP le richieste risarcitorie in conseguenza di danni che dipendono “dall’esecuzione, dalla manutenzione o dal funzionamento dell’opera idraulica” e che riguardino, quindi, i comportamenti commissivi od omissivi da parte della PA per la tutela di interessi generali riguardo al regime delle acque pubbliche (Cass. civ. n. 27207/2020).
È competente, quindi, il TRAP ogni volta che è necessario valutare l’azione della PA nella deliberazione, progettazione e attuazione di un’opera idraulica che dipende dall’esecuzione di un provvedimento dell’Ente.
Quando invece le pretese del danneggiato riguardano solo indirettamente e occasionalmente le vicende concernenti il governo delle acque, la competenza è del Giudice ordinario.

Nel caso di specie, la società che gestisce l’opera di captazione ha attualmente una natura privata essendo una Società per Azioni (sebbene il 60% dei soci siano Comuni) e non è chiaro se agisca in funzione di un provvedimento emesso dalla Pubblica Amministrazione.
Inoltre non è del tutto chiaro quali siano le cause dei lamentati sversamenti poiché l’avvocato del danneggiato, nella sua lettera del novembre 2020, fa riferimento “alla quantità straordinaria di acqua legata ai fenomeni piovosi particolarmente intensi”.
Se gli allagamenti si sono verificati in conseguenza di piogge eccezionali, è probabile che queste costituiscano una concausa insieme al cattivo stato di manutenzione dell’opera di captazione.
La Cassazione nella sentenza suindicata per un caso simile, ha ritenuto che la competenza sia del Tribunale ordinario.
In considerazione di questo orientamento e della natura privata della società, si ritiene che sia più corretto rivolgersi al Tribunale ordinario.

Si esclude la competenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche (TSAP) poiché lo stesso ha funzione di giudice di appello delle decisioni del TRAP quando giudica quindi su diritti soggettivi ed è invece giudice di primo grado solo quando l’oggetto della causa sono gli interessi legittimi.
L’art. 143 del T.U. Acque Pubbliche elenca le fattispecie in cui la cognizione di primo grado è del TSAP, individuando quelle controversie che implicano l’impugnazione direttamente di un provvedimento della Pubblica Amministrazione.

Si segnala che leggendo la documentazione inviata, la prima richiesta di risarcimento del danno di € 33.029,88 inoltrata il 25 settembre 2015, risulta ormai prescritta a meno che non ci siano stati atti interruttivi della prescrizione tra quella data e la successiva lettera del 12 novembre 2020.
Correttamente, infatti, l’avvocato in questa comunicazione, chiede di eseguire le opere necessarie al fine di evitare ulteriori danni.
Infatti, si ritiene che sia opportuno chiedere un risarcimento del danno in forma specifica ai sensi dell’art. 2058 del c.c. al fine di eliminare la causa, o una delle cause, dei lamentati allagamenti.