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Articolo 1905 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Limiti del risarcimento

Dispositivo dell'art. 1905 Codice Civile

L'assicuratore è tenuto a risarcire, nei modi e nei limiti stabiliti dal contratto, il danno sofferto dall'assicurato in conseguenza del sinistro [1223, 1900, 1908](1).

L'assicuratore risponde del profitto sperato solo se si è espressamente obbligato(2).

Note

(1) La norma fissa il c.d. principio indennitario, a norma del quale il ristoro che l'assicuratore è tenuto a versare non può mai essere superiore al danno patito dall'interessato. Le parti possono anche inserire nella stipula clausole c.d. di franchigia semplice, con le quali è pattuito l'esonero dall'obbligo di pagamento fino ad una certa soglia, ovvero clausole c.d. di franchigia assoluta, con cui si stabilisce un abbattimento fisso in ogni caso. Poiché non pongono un limite alla responsabilità, ma all'oggetto, esse non violano l'art. 1229 c.c.. Le parti, inoltre, possono convenire una c.d. soprassicurazione (v. 1909 c.c.) se vi è un interesse comune; tuttavia, in tal caso si esula dallo schema del contratto di assicurazione in quanto manca la causa indennitaria (v. 1882 c.c.).
(2) Si tratta di una deroga al principio indennitario, in base alla quale si garantisce anche il lucro cessante (v. 1223 c.c.). Una ulteriore eccezione si realizza se viene stipulata la clausola c.d. del valore a nuovo, con la quale si conviene che l'assicuratore pagherà la somma necessaria per l'acquisto di un bene uguale a quello danneggiato ma nuovo, a prescindere dal valore che aveva all'epoca del sinistro.

Ratio Legis

La volontà legislativa è quella di evitare che l'assicurato possa trarre un lucro dall'indennizzo, ciò che accadrebbe se questo potesse superare il danno patito.

Spiegazione dell'art. 1905 Codice Civile

Storia e ragione degli artt. 1904, 1905

Il cod. comm. 1882 stabiliva che poteva assicurare non solo il proprietario (che l'ipotesi più nota), ma anche il creditore che ha privilegio o ipoteca sulla cosa, e — aggiungeva poi più in generale —chiunque ha un interesse reale e legittimo o una responsabilità per la conservazione di essa (cosa) : affermava in sostanza che poteva assicurare chiunque avesse un interesse reale o legittimo, essendo tutte le ipotesi precedenti indicate a puro titolo d'esempio

Il nuovo codice adotta invece la formula sanzionatoria : il contratto nullo se nel momento in cui l'assicurazione deve avere inizio non esiste un interesse. Ci si preoccupa pere soltanto dell'inesistenza iniziale, e non di quella sopravvenuta.

Se la norma sull'interesse, che e posta ormai in tutte le legislazioni, può dirsi fondamentale, quella del primo comma dell'art. 1905 che indica l'oggetto e i limiti della prestazione dell'assicuratore e perciò in un certo senso collegata alla prima — è invece del tutto pleonastica, non essendo che la ripetizione — per la parte relativa alle assicurazioni contro i danni — della definizione dell' art. 1882 del c.c..

Quanto all'assicurazione del profitto sperato — concetto quest'ultimo che si inquadra anch'esso nel concetto di interesse (valore) e sa ricordare che il vecchio codice la dichiarava lecita soltanto nei casi preveduti dalla legge, cioè nell'assicurazione dei prodotti del suolo (art. 446) e nell'assicurazione trasporti (art. 447). Molte leggi straniere invece considerano coperto il profitto, senza limite di rami, solo quando è espressamente convenuto.

I progetti 1921 e 1925 hanno adottato la stessa soluzione nei limiti di un interesse legittimo (prog. 1921) o di una ragionevole previsione (prog. 1925) : e attraverso il progetto 1940 e senza la posizione espressa dei limiti sopra indicati, la soluzione e passata nel nuovo codice che dichiara assicurabile il profitto sperato mediante apposita convenzione.


Concetto di interesse

Per interesse s'intende un rapporto economico tra una persona e una cosa : è questa la definizione più autorevole e più corretta, essendo quelle che concepiscono l'interesse come il valore di una cosa o come la cosa in funzione del valore basate sull'equivoco tra interesse e valore cioè tra rapporto e valore del rapporto.

L'interesse può essere concepito in modo soltanto soggettivo cioè in relazione ad un soggetto determinato o determinabile (interesse soggettivo) (ad es. l'interesse di proprietà di un Tizio sulla cosa).

Una concezione oggettiva assoluta (c. d. interesse obbiettivo assoluto) cioè l'interesse in sè, indipendente da un qualsiasi soggetto (ad es. il diritto di proprietà sulla cosa), e in contradizione logica con qualsiasi definizione dell'interesse, che ha sempre una base soggettiva (non vie rapporto se manca uno degli elementi tra i quali intercorre) ; e assolutamente incompatibile con il concetto e la funzione dell'assicurazione quale si e affermata fin dai primordi, giacché il fatto che chiunque possa chiedere il risarcimento di un sinistro che colpisca un interesse, senza che egli ne sia titolare, pub condurre direttamente al gioco e alla scommessa ; è infine in pieno contrasto con il sistema di diritto assicurativo positivo di ogni paese.

L'impostazione dogmatica dell'assicurazione contro i danni sull'interesse subbiettivo va però intesa cum grano sails, se non si vuole paralizzare l'assicurazione nei casi nei quali la vita dei traffici rende impossibile la determinazione preventiva del titolare dell'interesse. E cosi, come accede per la cosa assicurata, anche per la persona titolare dell'interesse è necessaria una certa astrattezza. Se in linea generale il titolare dove essere determinato fin dal momento della conclusione del contratto, in certi casi basterà che venga determinato in seguito, al più tardi al momento del sinistro : sia perché nel frattempo è indifferente sapere chi sia (assicurazione per conto di chi spetta), sia perché, pur sapendolo, si ammette it trasferimento del rap­porto assicurativo (alienazione delle cose assicurate).

In questi casi alla determinatezza si sostituisce la determinabilità: ma siamo sempre sulla base dell'interesse subbiettivo, e non su quella dell'interesse oggettivo in senso assoluto, cioè dell'interesse in sè, indipendente, anche nella fase del sinistro, dal titolare.


Sua posizione dogmatica nel contratto e speciali suoi rapporti col rischio

Si dice correntemente, e sulla base di tutte le legislazioni moderne, che l'interesse è elemento fondamentale dell'assicurazione contro i danni. Ma quale è la sua esatta posizione dogmatica nel contratto ?

a) La teoria più recente tende a dichiararlo l'oggetto del contratto, contrapponendosi cosi alle teorie tradizionali che vedevano l'oggetto del contratto di assicurazione contro i danni nella cosa assicurata o nel rischio.

Ma quella teoria — e cosi è a dirsi per quelle tradizionali — non merita accoglimento. Oggetto di un contratto obbligatorio sono le obbligazioni che ne discendono o più indirettamente le prestazioni che costituiscono l'oggetto delle obbligazioni : ed è evidente che nè l'interesse, né la cosa assicurata, nè il rischio sono l'obbligazione o la prestazione dell'assicuratore.

Se non è corretto sotto il profilo dogmatico, tuttavia si può parlare di oggetto del contratto in senso figurato per indicare la cosa su cui verte il contratto (ad es. la cosa venduta nella compravendita). In tal caso a prima vista sembra che in tale senso l'oggetto sia l'interesse e non il rischio perché si assicura non il rischio ma contro il rischio : ma, dato che contro il rischio si assicura non un rapporto con una cosa, bensì la cosa a causa di un rapporto con essa, sarebbe pia esatto ritenere oggetto del contratto la cosa.

Qual è allora l'esatta posizione in contratto dell'interesse e rispettivamente della cosa e del rischio ? E quale e la reciproca correlazione ?

Il rischio in senso assicurativo consiste, come già sappiamo, nella possibilità di un evento (generalmente o tipicamente) provocatore di bisogno e più precisamente, nell'assicurazione contro i danni, nella possibilità di un evento provocatore di danno (pia brevemente : dannoso). Ora la possibilità di un evento diviene possibilità di un evento dannoso quando incombe su una cosa alla quale si assicura abbia interesse economico : possibilità astratta di un evento, cosa cui incombe, interesse alla cosa, sono dunque tutti elementi essenziali e complementari del rischio assicurativo. L'interesse e dunque, insieme alla cosa, un elemento del rischio assicurativo piuttosto che essere, come si e affermato, questo un elemento essenziale di quello o la condizione di assicurabilità di quello. La posizione dogmatica dell'interesse in contratto e quindi la stessa degli altri elementi complementari cioè della cosa e della possibilità astratta di un evento, cioè si riassume nella posizione dogmatica del rischio in senso assicurativo.

Questa posizione già l'abbiamo delineata trattando del problema della causa e del sinallagma del contratto. Posto che oggetto del contratto obbligatorio sono le obbligazioni che ne discendono e che la causa e data dalla funzione economica obbiettiva alla quale tali obbligazioni — e perciò il contratto — tendono, si che l'uno e l'altra non sono che due aspetti dello stesso fenomeno del contratto visto ora sotto il profilo della struttura, ora sotto i1 profilo della funzione, ne discende che:
- Sotto l'aspetto della struttura del contratto, l'interesse, insieme alla cosa e alla possibilità dell'evento, essendo elemento del rischio assicurativo costituisce uno degli elementi del presupposto al quale e subordinata l'obbligazione dell'assicuratore si che non esistendo ab initio o venendo successivamente meno l'interesse, non esiste ab initio o viene successivamente meno la possibilità del verificarsi del presupposto e quindi, mancando la pendenza del presupposto, il rapporto non può sorgere (contratto nullo) o, nel secondo caso, si estingue (risoluzione del contratto).
- Sotto l'aspetto della causa del contratto, l'interesse sempre insieme alla cosa e alla possibilità dell'evento, cioè come elemento dell'interesse un bene passivo cioè il non sorgere, anche soltanto eventuale, di un debito.

Il rapporto deve essere di natura economica tale che il sinistro provochi un danno diretto ; mentre non e necessario che esso consista in un diritto reale sulla cosa. D'altro canto, deve trattarsi di rapporto economico diretto o, come diceva il vecchio codice, di un interesse reale : tale non e ne un rapporto puramente morale, né un rapporto economico indiretto, quale quello di un creditore chirografario al bene del debitore.


Elementi dell'interesse : persona, cosa, rapporto

Definito l'interesse come un rapporto economico tra una persona e una cosa occorre vedere quali sono questi elementi e precisamente : a) la persona ; b) la cosa ; c) la natura del rapporto.

a) Per ciò che riguarda la persona, basta limitarsi a richiamare quanto si e detto poc'anzi, cioè che l'interesse si imposta su base soggettiva cioè in considerazione di una persona determinata. All'applicazione rigorosa di questo principio si fa talvolta per ragioni pratiche eccezione non nel senso di astrarre per sempre dalla persona (interesse obbiettivo), ma di astrarvi solo fino al momento del sinistro, lasciandolo cioè indeterminato o permettendo il suo mutamento fino al momento nel quale viene nettamente determinato. E ciò avviene :

b) nell'assicurazione per conto di chi spetta (cfr. art. 1891 del c.c.) ; in caso di alienazione delle cose assicurate (cfr. art. 1918 del c.c.).

c) La cosa che costituisce l'oggetto dell'interesse deve naturalmente essere ben determinata o quanto meno determinabile all'atto della conclusione del contratto. Essa può consistere in cosa materiale, semplice o composta, ovvero in una universalità di cose. Quest'ultima ipotesi non va confusa con quella di una pluralità di cose distinte : l'universalità di cose costituisce di regola l'oggetto di un interesse unico, nella pluralità di cose, invece, ciascuna cosa e l'oggetto di un distinto interesse. La distinzione ha particolarmente rilievo agli effetti della applicazione della norma dell'utile per inutile non vitiatur.

E dubbio, invece, se possa consistere in una cosa immateriale, e particolarmente in un diritto, come nell'assicurazione del credito, giacché rimane dogmaticamente da approfondire se il diritto costituisce l'oggetto dell'interesse, o non piuttosto l'interesse stesso, it cui oggetto sarebbe dato dalla cosa che costituisce l'oggetto del diritto.

Ed è anche dubbio se, anziché in una cosa determinata o determinabile, possa coincidere, come ritiene una dottrina corrente, col patrimonio, inteso come situazione economica (attiva o passiva) dell'interessato, come si pretende accada nell'assicurazione di responsabilità e nella riassicurazione : sicché rimane dogmaticamente da approfondire se anche il patrimonio — concetto in fondo negativo che nasconde l'incapacita di individuare l'oggetto dell'interesse nell'assicurazione contro il sorgere di un debito — oggetto non sia la cosa danneggiata, alla quale il danneggiante avrebbe un interesse per effetto della responsabilità e il riassicuratore un interesse per effetto dell'obbligazione assunta con il contratto d'assicurazione ovvero, meglio ancora, non possa concepirsi un interesse di natura negativa e considerarsi oggetto getto dell'interesse un bene passivo cioè il non sorgere, anche soltanto eventuale, di un debito.

d) il rapporto deve essere di natura economica tale che il sinistro provochi un danno diretto ; mentre non e necessario che esso consista in un diritto reale sulla cosa. D'altro canto, deve trattarsi di rapporto economico diretto o, come diceva il vecchio codice, di un interesse reale : tale non e ne un rapporto puramente morale, né un rapporto economico indiretto, quale quello di un creditore chirografario al bene del debitore.


Categorie di interessi : interessi sulla sostanza della cosa ; interessi concorrenti ; interessi sul profitto sperato

Di interessi esistono varie categorie : e sono state classificate secondo van criteri (passati, presenti, futuri ; primari, secondari ecc.). La classificazione più. significativa attiene alla natura del rapporto : si 'intende che pere essa non può applicarsi all'interesse al patrimonio, qualora lo si ammetta, giacché l'interesse al patrimonio ha sempre la stessa natura (si dice : signoria di fatto).

Secondo la loro natura abbiamo dunque :
a) interesse sulla sostanza della cosa o, come altri meno correttamente si esprimono, interesse di proprietà. E quindi interesse sulla sostanza tanto quello del proprietario in senso giuridico, quanto quello dell'enfiteuta o del possessore e in genere di chi si trovi in con-dizioni di risentire in caso di sinistro quel danno che normalmente risente il pieno proprietario (ad es. il compratore non ancora proprietario, il venditore non pin proprietario quando su di essi incombe il rischio della cosa).

b) interessi c. d. concorrenti, cioè quegli interessi, che, pur non essendo sulla sostanza della cosa, hanno per oggetto diretto la cosa e sono quindi concorrenti con l'interesse sulla sostanza : cosi l'interesse dell'usufruttuario, l'interesse di chi ha un diritto di use o di abitazione, o del creditore che ha privilegio o ipoteca sulla cosa (v. il vecchio codice art. 423). Tali interessi si chiamano concorrenti perché elidono l'interesse sulla sostanza non già perché con quello costituiscono elementi di un solo interesse complessivo (e quindi oggettivo) sulla cosa, ma perché il loro valore va a scontare il valore dell'interesse sulla sostanza eventualmente fino anche ad eliminarlo : perciò nel caso della sola assicurazione dell'interesse sulla sostanza, l'interesse del creditore privilegiato o ipotecario a automaticamente garantito dalla surroga legale reale dell'indennità alla cosa (art. 2742 del c.c.) e nel caso di assicurazione dell'interesse sulla sostanza e di uno o più interessi concorrenti si ha non già doppia assicurazione in senso tecnico ma doppia garanzia si che l'assicuratore (o gli assicuratori) risarcirà il danno effettivamente subito da ciascuno.

c) interesse del profitto sperato che in caso di sinistro dà luogo a lucro cessante in senso tecnico. Tale interesse non e dato da un rapporto che ha per oggetto una aspettativa bensì da un rapporto di aspettativa che ha per oggetto la cosa. L'aspettativa del profitto non è dunque l'oggetto del rapporto, ma il rapporto stesso. Esso è un rapporto a se stante e non un accessorio del rapporto sulla sostanza della cosa : infatti non soltanto può spettare a persona diversa, ma può accadere che il danno colpisca l'interesse sul profitto senza che colpisca anche l'interesse della sostanza, e comunque pub essere assicurato anche separatamente. Anzi vi è un ramo di assicurazione che copre tipicamente un profitto sperato : l'assicurazione dei prodotti di cui all’ art. 1908 del c.c..

A norma dell'art. 1905, l'assicurazione copre l'interesse del profitto sperato soltanto se vi è una convenzione espressa al riguardo.


Mancanza iniziale o successiva dell'interesse : conseguenze

Da quanto abbiamo detto supra sulla posizione dogmatica dell'interesse nel contratto, discendono delle logiche conseguenze in caso di mancanza iniziale o di cessazione successiva dell'interesse :

a) Nel caso di mancanza prima dell'inizio di efficacia del contralto, non potendosi mai verificare il presupposto dell'obbligazione dell'assicuratore e non esistendo perciò la causa del contratto, questo è nullo (così esplicitamente l’art. 1904, e già per l'altro elemento del rischio assicurativo, la possibilità dell'evento, l'art. 1895). In caso d'assicurazione di più interessi trova applicazione l’art. 1419 del c.c..

b) Nel caso di cessazione durante la vita del contratto, venendo meno la possibilità del verificarsi del presupposto dell'obbligazione dell'assicuratore e venendo meno perciò la causa del contratto, questo si risolve. E a questo risultato si perviene anche mediante l'applicazione analogica dell'art. 1896 che contempla l'ipotesi di cessazione della possibilità dell'evento, applicazione che avrà luogo anche per le modalità di risoluzione e il destino del premio.


Del risarcimento del danno

La cosa che costituisce l'oggetto dell'interesse ha un valore economico oggettivo. Questo valore rientra nel patrimonio dell'assicurato nei limiti del suo interesse si parla cosi, poco correttamente sotto un profilo rigorosamente logico, ma per sintesi, di un valore oggettivo dell'interesse. Per effetto del sinistro che distrugge in tutto o in parte A bene si ha quindi una estinzione totale o parziale del valore del bene nei limiti del interesse, cioè del valore dell'interesse. Tale estinzione dicesi danno (sul valore: art. 1908 del c.c.).

L'assicuratore deve risarcire il danno (danno emergente, o, con convenzione espressa, lucro cessante) (art. 1905) ma non determinate un lucro. Per conseguenza :

a) l'assicuratore deve risarcire il danno e non effettuare una prestazione di valore superiore, anche se vi e soprassicurazione (art. 1909 del c.c.). L'assicuratore deve risarcire il danno nei limiti del contratto (art. 1905). Per conseguenza, in caso di assicurazione parziale (art. 1907 del c.c.), salvo convenzione contraria, risarcisce il danno in proporzione della quota di valore da esso assicurato ;

b) in caso di assicurazione presso più assicuratori, ciascun assicuratore o risarcisce pro quota o, se ha pagato di più, ha azione di regresso verso gli altri (art. 1910 del c.c.), e in caso di coassicurazione ciascun assicuratore risarcisce il danno pro quota (art. 1911) ;

c) in caso di obbligo di responsabilità di un terzo, l'assicuratore che ha risarcito il danno è surrogato nei diritti dell'assicurato verso il terzo responsabile (art. 1916 del c.c.). L'assicuratore deve risarcire il danno nei modi stabiliti nel contratto e cioè o quando e possibile mediante restituzione in integrum delle cose assicurate ; o mediante pagamento d'una somma di denaro equivalente al valore danneggiato.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1905 Codice Civile

Cass. civ. n. 12565/2018

Nell'assicurazione contro i danni, il danno da fatto illecito deve essere liquidato sottraendo dall'ammontare del danno risarcibile l'importo dell'indennità che il danneggiato-assicurato abbia riscosso in conseguenza di quel fatto, in quanto detta indennità è erogata in funzione di risarcimento del pregiudizio subito dall'assicurato in conseguenza del verificarsi dell'evento dannoso ed essa soddisfa, neutralizzandola in tutto o in parte, la medesima perdita al cui integrale ristoro mira la disciplina della responsabilità risarcitoria del terzo autore del fatto illecito.

Cass. civ. n. 23210/2015

In tema di contratto di assicurazione, qualora sia intervenuta una modifica del massimale tra la data di verificazione e quella di denuncia di un sinistro, continua ad applicarsi il massimale originario poiché i principi di aleatorietà, mutualità ed inversione del ciclo produttivo che caratterizzano l'attività assicurativa impongono una permanente coerenza tra premio pagato e rischio garantito, la quale può essere soddisfatta solo se l'assicuratore conosca in anticipo il limite di quanto potrà essere chiamato a pagare per ciascun sinistro.

Cass. civ. n. 15868/2015

In tema di assicurazione contro i danni, il pagamento dell'indennizzo costituisce debito di valore poiché assolve ad una funzione di reintegrazione della perdita subita dal patrimonio dell'assicurato, sicché è soggetto all'automatica rivalutazione per il periodo intercorso tra il sinistro e la liquidazione, senza che abbia rilevanza l'inadempimento o il ritardo colpevole dell'assicuratore.

Cass. civ. n. 2469/2015

Qualora le parti del contratto abbiano espressamente subordinato l'operatività della garanzia assicurativa all'adozione, da parte dell'assicurato, di determinate misure di sicurezza, il giudice non può sindacare la loro concreta idoneità ad evitare l'evento dannoso, e quindi - ove questo si verifichi indipendentemente da tale inosservanza - non può riconoscere l'obbligo dell'assicuratore a corrispondere l'indennizzo, pur a fronte della mancata adozione delle misure pattuite per la difesa del bene protetto. Dette clausole, infatti, non realizzano una limitazione di responsabilità dell'assicuratore, ma individuano e delimitano l'oggetto stesso del contratto ed il rischio dell'assicuratore stesso. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso l'obbligo di indennizzo in relazione ad un furto avvenuto mediante l'uso fraudolento delle chiavi autentiche di una cassaforte, in presenza di una clausola contrattuale che escludeva il rischio garantito nell'ipotesi di impiego sia pur fraudolento di chiavi vere).

Cass. civ. n. 10596/2010

L'interpretazione di un contratto di assicurazione deve procedere, in ragione della natura sinallagmatica del vincolo, alla luce del principio di necessaria corrispondenza tra ammontare del premio dovuto dall'assicurato e contenuto dell'obbligazione dell'assicuratore, sicché proprio la determinazione del premio di polizza assume valore determinante ai fini dell'individuazione del tipo e del limite massimo del rischio assicurato, onde possa reputarsi in concreto rispettato l'equilibrio sinallagmatico tra le reciproche prestazioni. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, con motivazione carente e contrastante con gli ordinari canoni ermeneutici, aveva attribuito insufficiente rilievo alla circostanza costituita dalla corrispondenza del premio corrisposto dall'assicurato per una polizza-furto al tipo di garanzia cd. "a primo rischio assoluto", che la compagnia assicuratrice aveva asserito non essere coperta dallo stipulato contratto di assicurazione contro i danni).

Cass. civ. n. 395/2007

In tema di assicurazione contro i danni, nel cui ambito deve essere ricondotta l'assicurazione contro gli infortuni, il debito di indennizzo dell'assicuratore, ancorché venga convenzionalmente contenuto, nella sua espressione monetaria, nei limiti di un massimale, configura debito di valore, non di valuta, in quanto assolve una funzione reintegrativa della perdita subita dal patrimonio dell'assicurato, e, pertanto, è suscettibile di automatico adeguamento alla stregua della sopravvenuta svalutazione monetaria. Tale effetto deriva anche in virtù del costante riferimento al risarcimento del danno ed al valore della cosa assicurata in tutte le disposizioni normative che regolano la materia, con particolare riguardo a quelle contenute negli artt. 1905 e 1908 c.c. .

Cass. civ. n. 14909/2002

In tema di assicurazione contro i danni, qualora le parti affidino ad un terzo l'incarico di esprimere un apprezzamento tecnico sulla entità delle conseguenze di un evento al quale è collegata la prestazione dell'indennizzo, impegnandosi a considerare tale apprezzamento come reciprocamente vincolante ma escludendo — esplicitamente od implicitamente — dai poteri di detto terzo la soluzione delle questioni attinenti alla validità ed operatività della garanzia assicurativa, il relativo patto esula dall'ambito dell'arbitrato, rituale o irrituale, e configura una ipotesi di cosiddetta «perizia contrattuale», che non interferisce sull'azione giudiziaria rivolta alla definizione delle indicate questioni.

Cass. civ. n. 4753/2001

L'obbligazione assunta dall'assicuratore contro i danni è un debito di valore, come emerge dal costante riferimento al risarcimento del danno ed al valore della cosa assicurata in tutte le disposizioni normative che regolano la materia, ed in particolare negli artt. 1905 e 1908 c.c. Tale debito assolve la funzione reintegrativa della perdita subita dal patrimonio dell'assicurato ed è pertanto suscettibile di automatico adeguamento alla stregua della sopravvenuta svalutazione monetaria. La previsione di un massimale come limite della responsabilità dell'assicuratore è inidonea a trasformare l'obbligazione di risarcimento del danno in quella di pagamento di una somma determinata.

Cass. civ. n. 15407/2000

Con riguardo ad un contratto di assicurazione contro gli infortuni nel quale viene assicurato un determinato capitale a fronte della morte, dell'inabilità permanente o di quella temporanea — la prestazione dell'assicuratore costituisce un debito di valuta e, pertanto, può essere rivalutato soltanto se il creditore dimostri di aver subito un danno maggiore di quello compensato con gli interessi legali, secondo quanto stabilito dall'art. 1224 c.c.

Cass. civ. n. 11228/2000

In materia di assicurazione della responsabilità civile, la clausola che esclude dal novero dei danni indennizzabili una categoria di danni non è idonea ad escludere anche quelli, riconducibili alla categoria del danno indennizzabile, che nello sviluppo della catena causale siano conseguenti al danno escluso. (Nella specie, la Suprema Corte ha ritenuto compreso nel danno indennizzabile - responsabilità nascente dall'attività di riparazione di navi con esclusione della responsabilità per morte o lesioni - il danno derivante da sosta tecnica in dipendenza del sequestro penale disposto a seguito del decesso, nell'incendio di una nave in riparazione, di numerosi lavoratori).

Cass. civ. n. 13342/1999

L'assicuratore contro i danni non è costituito in mora ipso facto, per il solo verificarsi del sinistro, ma lo è dal momento in cui l'assicurato avanza formale richiesta di indennizzo, ex art. 1219 c.c.

Cass. civ. n. 1437/1996

La clausola che nella polizza di assicurazione esclude la garanzia assicurativa per danni a terzi nell'ipotesi in cui il veicolo sia condotto da persona di età inferiore a quella richiesta dalla legge, non rientra fra quelle indicate dall'art. 1341 c.c. e non è quindi soggetta alla specifica approvazione per iscritto ivi prevista, perché non riduce l'ambito obiettivo della responsabilità rispetto alle previsioni di legge o di contratto ma determina soltanto i limiti entro i quali l'obbligazione assunta deve ritenersi operante, fissando con l'esclusione di alcuni casi l'effettiva portata della copertura assicurativa.

Cass. civ. n. 3388/1995

Nell'ambito di contratti di assicurazioni contro i danni, il danno alla vita di relazione ed il danno biologico, ancorché non derivanti da illecito, ben possono costituire situazioni di pregiudizio risarcibili; ne deriva che, in caso di controversia circa i limiti del risarcimento (art. 1905 c.c.), è compito del giudice di merito interpretare i contratti assicurativi dedotti in lite, al fine di valutare in concreto se la copertura assicurativa si estenda, o meno, anche alle indicate situazioni di pregiudizio.

Cass. civ. n. 9745/1994

La clausola con la quale si stabilisce nella polizza di assicurazione in quali limiti l'assicuratore è tenuto a rivalere l'assicurato del danno prodottogli dal sinistro non fa che precisare l'oggetto del contratto assicurativo senza creare delle limitazioni di responsabilità a favore dell'assicuratore medesimo riguardo il risarcimento del danno assicurato. Tale clausola non rientra perciò tra quelle limitatrici di responsabilità soggetta alla disciplina dell'art. 1341, comma 2, c.c., onde non può dirsi che essa non ha effetto a favore del contraente che l'ha predisposta nelle condizioni generali del contratto (assicuratore) ove non sia pacificamente approvata per iscritto dal contraente per adesione (assicurato).

Cass. civ. n. 1962/1984

In tema di assicurazione di responsabilità civile per danni prodotti a terzi da cose, il valore dell'edificio per il quale l'assicurato intende essere coperto da assicurazione non incide né sul rischio in senso tecnico (cioè sulla probabilità di verificazione del sinistro), né sulla stessa entità della prestazione dell'assicuratore (e quindi sul premio), in quanto in tale tipo di contratto l'ammontare massimo dell'eventuale esposizione debitoria dell'assicurato — e perciò dell'obbligazione dell'assicuratore di liberarlo dal debito che lo ha colpito — non è determinato in funzione del valore del bene, ma dei danni subiti dal terzo.

Cass. civ. n. 572/1973

Il debito dell'assicuratore contro i danni è debito di valore e non di valuta perché l'oggetto dell'assicurazione è costituito, a norma dell'art. 1905 c.c., dal risarcimento del danno sofferto dall'assicurato. Il riferimento al risarcimento del danno ed al valore della cosa assicurata è difatti costante in tutte le disposizioni di legge che regolano la soggetta materia, e segnatamente negli artt. da 1904 e 1909 c.c. sicché a nulla rileva che l'adempimento dell'assicuratore, anziché consistere nella reintegrazione in forma specifica, avvenga mediante l'esborso di una somma di denaro, questa non essendo predeterminata ma risultando invece dalla valutazione del danno e costituendo il modo normale di risarcimento. Questo principio deve essere applicato anche nei casi in cui le parti abbiano convenuto un «massimale», espresso in moneta, come limite (assolutamente lecito ai sensi dell'art. 1322 c.c.) della responsabilità dell'assicuratore, non apparendo sufficiente la fissazione di un tal limite a trasformare l'obbligo di risarcimento in quello di pagamento di una somma (asseritamente) predeterminata al momento del contratto.

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TITO M. chiede
giovedì 16/07/2015 - Emilia-Romagna
“IN SEGUITO AD ATTO VANDALICO E'STATO DANNEGGIATO UN PAVIMENTO IN UNA PORZIONE LE CUI PIASTRELLE NON SONO PIU' REPERIBILI SUL MERCATO. L'ASSICURAZIONE HA L'OBBLIGO DI RISARCIRE L'INTERO PAVIMENTO O SOLTANTO LA PARTE DANNEGGIATA?”
Consulenza legale i 22/07/2015
La risposta precisa a questa domanda può essere data solo dopo aver analizzato il contratto di assicurazione e aver periziato il pavimento ove si è verificato il danno da atto vandalico.

In generale, può dirsi che l'assicurazione per atti vandalici copre il danneggiamento o deturpamento ed imbrattamento di un bene effettuato volontariamente da terzi, per puro gusto di distruzione.

Mentre per alcuni tipi di beni esistono tabelle con cui calcolare il risarcimento (si pensi al danno biologico alla persona), per altri beni, come le vetture, o gli immobili, ci si deve necessariamente rifare alla stima dell'assicurazione (che, naturalmente, può essere poi accettata dal contraente come mero acconto sul risarcimento che si presuma più elevato, e la differenza dovrà essere provata in sede giudiziale).

Di regola, nella polizza assicurativa sull'immobile che comprenda la tutela contro gli atti vandalici, il risarcimento consiste nel far riparare i danni da tecnici specializzati: solitamente, un tecnico del contraente fa un preventivo per la riparazione, poi il tecnico della compagnia assicurativa dovrà confermare o stimare diversamente la somma, che sarò poi quella rimborsata al danneggiato da parte dell’assicurazione.

Il codice civile è molto vago circa l'entità del risarcimento, limitandosi ad affermare che "L'assicuratore è tenuto a risarcire, nei modi e nei limiti stabiliti dal contratto, il danno sofferto dall'assicurato in conseguenza del sinistro" (art. 1905 del c.c.). La norma enuncia il c.d. principio indennitario, in base al quale l'assicuratore è tenuto a indennizzare solo i danni subiti dall'assicurato, nei quali si fa normalmente rientrare solo il danno emergente, e non il lucro cessante.

In base a tale principi generali, è possibile ipotizzare che la compagnia assicuratrice offrirà il pagamento del valore della sola porzione di pavimento danneggiata, perché tanto gli impone la legge: l'assicuratore, infatti, salvo che diversamente sia previsto nella polizza, è tenuto solo nei limiti del danno sofferto.

Chiaramente, poiché il pavimento presenta una piastrellatura non più reperibile sul mercato, qualora la riparazione interessi solo una parte del pavimento - dovendo essere usati materiali diversi, anche se simili - sorgerà un problema relativo all'estetica dell'immobile.
Tuttavia, poiché il pavimento può comunque essere reso nuovamente funzionale con una riparazione parziale, ad esempio con piastrelle simili, se la copertura del danno estetico non è compresa nella polizza, appare legittimo che l'assicuratore paghi solo per la sostituzione delle mattonelle danneggiate.
Tutto dipende, quindi, dal contenuto della polizza e dal tipo di danno che essa copre.

Naturalmente, l'assicurato avrà il diritto di contrastare la stima dell'assicurazione e di provare in giudizio che il contratto assicurativo copre il rifacimento dell'intero pavimento.