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Articolo 423 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Modificazione dell'imputazione

Dispositivo dell'art. 423 Codice di procedura penale

1. Se nel corso dell'udienza il fatto risulta diverso da come descritto nell'imputazione(1) ovvero emerge un reato connesso a norma dell'articolo 12 comma 1 lettera b)(2), o una circostanza aggravante [516, 517], il pubblico ministero modifica l'imputazione(4).

1-bis. Se rileva che il fatto, le circostanze aggravanti e quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza non sono indicati nell’imputazione in termini corrispondenti a quanto emerge dagli atti o che la definizione giuridica non è corretta, il giudice invita il pubblico ministero a operare le necessarie modificazioni. Se la difformità indicata permane, sentite le parti, il giudice dispone con ordinanza, anche d’ufficio, la restituzione degli atti al pubblico ministero(5).

1-ter. Nei casi di modifica dell’imputazione ai sensi dei commi 1 e 1-bis, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 421, comma 1-bis(5).

2. Se risulta a carico dell'imputato un fatto nuovo non enunciato nella richiesta di rinvio a giudizio(3), per il quale si debba procedere di ufficio, il giudice ne autorizza la contestazione se il pubblico ministero ne fa richiesta e vi è il consenso dell'imputato [518].

Note

***DIFFERENZE RISPETTO ALLA FORMULAZIONE PREVIGENTE***
(in verde le modifiche e in "[omissis]" le parti della norma non toccate dalla riforma)


1. Se nel corso dell’udienza il fatto risulta diverso da come descritto nell’imputazione ovvero emerge un reato connesso a norma dell’articolo 12 comma 1 lettera b), o una circostanza aggravante, il pubblico ministero modifica l’imputazione e la contesta all’imputato presente. Se l’imputato non è presente, la modificazione della imputazione è comunicata al difensore, che rappresenta l’imputato ai fini della contestazione.
1-bis. Se rileva che il fatto, le circostanze aggravanti e quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza non sono indicati nell’imputazione in termini corrispondenti a quanto emerge dagli atti o che la definizione giuridica non è corretta, il giudice invita il pubblico ministero a operare le necessarie modificazioni. Se la difformità indicata permane, sentite le parti, il giudice dispone con ordinanza, anche d’ufficio, la restituzione degli atti al pubblico ministero.
1-ter. Nei casi di modifica dell’imputazione ai sensi dei commi 1 e 1-bis, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 421, comma 1-bis.

[omissis]

__________________

(1) Un esempio è il caso in cui il reato sia stato commesso in un luogo differente da quello indicato nella richiesta di rinvio a giudizio.
(2) Vale a dire che i reati sono stati commessi dall'imputato con una sola azione od omissione o con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso.
(3) Si tratta di un fatto ulteriore rispetto a quello enunciato nella richiesta di rinvio a giudizio.
(4) Comma così modificato dall'art. 23, co. 1, lett. i), n. 1) del d.lgs. n. 150 del 2022 (c.d. riforma "Cartabia"). Il seguente periodo è stato abrogato: "e la contesta all’imputato presente. Se l’imputato non è presente, la modificazione della imputazione è comunicata al difensore, che rappresenta l’imputato ai fini della contestazione".
(5) Comma aggiunto dall'art. 23, co. 1, lett. i), n. 2) del d.lgs. n. 150 del 2022 (c.d. riforma "Cartabia").

Ratio Legis

Tale norma ritrova la propria ratio in esigenze di economia processuale. Infatti, nel caso di emersione di elementi di novità durante il processo, il legislatore – anziché prevedere un nuovo esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero – ha previsto un sistema di modificazione dell’imputazione certamente più snello.

Spiegazione dell'art. 423 Codice di procedura penale

Durante lo svolgimento dell’udienza preliminare, potrebbe nascere la necessità di adeguare il capo di imputazione (come formulato nella richiesta di rinvio a giudizio ex art. 417 del c.p.p.) a quanto sta emergendo del corso del processo. A causa di tale necessità, l’imputazione può subire modificazioni ed integrazioni. Peraltro, si tratta di un’esigenza che potrebbe nascere anche in sede dibattimentale (ai sensi degli artt. 516, 517 e 518 c.p.p.).

L’art. 423 c.p.p. disciplina la modificazione dell’imputazione in udienza preliminare.

Ai sensi del comma 1 (come modificato dalla riforma Cartabia, d.lgs. n. 150 del 2022), nel corso dell’udienza preliminare, il p.m. – di propria iniziativa – modifica l’imputazione nei seguenti casi:
  • se il fatto storico risulta diverso da come è stato descritto nel capo di imputazione. In tal caso, la modifica riguarda mere diversità del fatto (ad esempio, è emerso che il reato è stato commesso in data diversa da quella indicata nella richiesta di rinvio a giudizio).
  • se emerge un reato connesso a norma dell’art. 12, comma 1, lett. b) c.p.p.: cioè, un reato connesso, in concorso formale o in continuazione, a quello per cui si sta già procedendo. C’è concorso formale quando l’imputato, con una sola azione od omissione, commette più reati; invece, c’è reato continuato quando l’imputato, con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette più reati (art. 81 del c.p.).
  • se emerge una circostanza aggravante.

Il nuovo comma 1-ter (introdotto dalla riforma Cartabia) precisa che, quando il pubblico ministero modifica l’imputazione di propria iniziativa ex comma 1, si applica il comma 1-bis dell’art. 421 del c.p.p.. Quindi, l’imputazione modificata è inserita nel verbale di udienza: se l’imputato è presente (anche se collegato a distanza), l’imputazione modificata viene contestata all’imputato presente; se l’imputato non è presente (e nemmeno collegato a distanza), il giudice rinvia l’udienza e dispone che il verbale sia notificato all’imputato almeno dieci giorni prima della data della nuova udienza.
In passato (vecchia formulazione del comma 1), invece, se l’imputato non era presente, la modifica dell’imputazione veniva comunicata al difensore che rappresentava l’imputato ai fini della contestazione.

Peraltro, la riforma Cartabia ha inserito il comma 1-bis che prevede, in capo al g.u.p., il potere-dovere di controllare la corrispondenza tra l’imputazione contestata dal pubblico ministero e quanto va emergendo nel corso dell’udienza preliminare.
Se rileva che il fatto, le circostanze aggravanti e quelle che possono determinare l’applicazione di misura di sicurezza non sono indicati nell’imputazione in termini corrispondenti a quanto emerge dagli atti, il giudice invita il pubblico ministero a procedere alle necessarie modificazioni. Inoltre, il giudice procede nello stesso modo quando rileva che la definizione giuridica non è corretta (ad esempio, non rapina, ma furto). In particolare:
  • sempre ai sensi del nuovo comma 1-bis, se la difformità indicata permane, sentite le parti, il g.u.p. dispone con ordinanza, anche d’ufficio, la restituzione degli atti al pubblico ministero.
  • invece, in base al nuovo comma 1-ter, se il pubblico ministero modifica l’imputazione su sollecitazione del giudice, allora si applica il comma 1-bis dell’art. 421 del c.p.p.. Pertanto, l’imputazione modificata è inserita nel verbale di udienza: in caso di imputato presente (o collegato a distanza), l’imputazione modificata è contestata all’imputato presente; se l’imputato non è presente (e nemmeno collegato a distanza), il giudice rinvia l’udienza e dispone che il verbale sia notificato all’imputato almeno dieci giorni prima della data della nuova udienza.

Poi, il comma 2 prende in considerazione l’ipotesi in cui, durante l’udienza preliminare, è emerso un fatto nuovo addebitabile all’imputato, non inserito nella richiesta di rinvio a giudizio, per il quale si debba procedere d’ufficio. In questo caso, il g.u.p. deve autorizzare la modifica dell’imputazione se il pubblico ministero ne fa richiesta e l’imputato presta il proprio consenso.

Relazione al D.Lgs. 150/2022

(Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150: "Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari")

1 
La disciplina relativa alla mancata corrispondenza tra le risultanze degli atti e l’imputazione è stata inserita nell’art. 423 c.p.p., dedicato alle modifiche della contestazione.
Al comma 1, è rimasto invariato l’autonomo potere del pubblico ministero di provvedere alla modifica dell’imputazione o alla contestazione di reato connesso ex art. 12, lett. b), c.p.p.


Sono state invece trasferite al comma 1 ter le regole sulla contestazione della nuova imputazione, individuate attraverso un rinvio all’art. 417, co. 1 bis, già in precedenza esaminato.
In tal modo, la diversa disciplina ora prevista per l’imputato non fisicamente presente in aula (né ad essa collegato a distanza) è stata estesa anche all’ipotesi in cui alla modifica dell’imputazione si pervenga a seguito dell’esercizio del potere sollecitatorio del giudice, previsto dal criterio di delega.


Ovviamente, nella prima fase, l’interlocuzione può essere rimessa al concreto svolgersi della dialettica processuale, mentre solo qualora il pubblico ministero non provveda a sanare la discrepanza segnalatagli, il giudice sarà tenuto a disporre la restituzione degli atti con un provvedimento a questo punto formale, motivato, in cui saranno i profili di non corrispondenza tra le risultanze degli atti e l’imputazione.


Quanto al contenuto del controllo rimesso in questo caso al giudice, la locuzione della delega intendeva coprire sia lo spazio relativo a carenze attinenti alla descrizione del fatto, comprese le circostanze aggravanti e quelle che possono comportare l’applicazione di misure di sicurezza, sia la qualificazione giuridica, come reso esplicito dal riferimento a possibili incongruenze nell’indicazione degli “articoli di legge”.
Per questa ragione la norma articolata declina in termini più tecnicamente corretto il duplice spazio di intervento, facendo espressamente riferimento, accanto al controllo sui fatti, anche il controllo sulla «definizione giuridica».


Ambedue gli interventi rispondono all’esigenza di celere definizione dei procedimenti, in quanto la completezza dell’imputazione e la sua correttezza (in punto di fatto e di diritto), per di più realizzata (salvo contrasti) senza retrocessione degli atti e nel contraddittorio con le parti, per un verso, consente il più rapido superamento dei casi problematici, per altro verso, facilita l’accesso ai riti alternativi, soprattutto se preclusi proprio dalla qualificazione giuridica o, in ogni caso, scoraggiati da fatti mal descritti o qualificazioni errate.


La soluzione adottata, oltre a impedire il verificarsi dell’evento anomalo per cui è solo con il decreto di rinvio a giudizio che emerge la qualificazione ritenuta dal giudice, consente altresì di svolgere il dibattimento su un oggetto (in fatto e in diritto) corretto, riducendo il rischio tanto di istruttorie inutili quanto di modifiche (ex art. 516 ss. c.p.p.) o retrocessioni (art. 521 c.p.p.) in corso di dibattimento o, addirittura, in esito ad esso.
Il tutto senza contare che proprio il tema dei rapporti tra giudice e pubblico ministero rispetto all’imputazione intesa in senso lato ha provocato numerose complicazioni, con soluzioni giurisprudenziali controverse e non soddisfacenti, da ritenersi superate dalla nuova norma.


I nuovi poteri attribuiti al giudice dell’udienza preliminare in ordine al controllo sulla corretta descrizione del fatto e sulla sua rispondenza alle risultanze delle indagini preliminari rendono superflua la previsione dell’art. 429, comma 2 bis, che disciplina una situazione non più suscettibile di verificarsi (la norma, infatti, recita: «Se si procede per delitto punito con la pena dell’ergastolo e il giudice dà al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell’imputazione, tale da rendere ammissibile il giudizio abbreviato, il decreto che dispone il giudizio contiene anche l’avviso che l’imputato può chiedere il giudizio abbreviato entro quindici giorni dalla lettura del provvedimento o dalla sua notificazione. Si applicano le disposizioni dell’art. 485»).
L’abrogazione in parola consentirà, oltre tutto, di concentrare la celebrazione del rito abbreviato per tutti i reati per i quali è prevista l’udienza preliminare innanzi al GUP, poiché l’imputazione dovrà essere in ogni caso modificata in udienza preliminare dal pubblico ministero e non potrà essere disposta autonomamente dal giudice in sede di decreto di rinvio a giudizio.

Massime relative all'art. 423 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 21732/2018

La qualificazione del fatto - reato come omicidio colposo, aggravato dalla previsione dell'evento, anziché come omicidio volontario, sorretto da dolo diretto o eventuale, operata dal giudice dell'udienza preliminare con la sentenza di proscioglimento dell'imputato ex art. 425 cod. proc. pen., non viola le disposizioni di cui all'art. 423 cod. proc. pen., perché non realizza la modificazione dell'imputazione originaria elevata dal pubblico ministero all'atto dell'esercizio dell'azione penale, non alterando i tratti essenziali dell'addebito inteso quale episodio naturalistico e concreto, che viene soltanto rapportato alla fattispecie astratta, ritenuta giuridicamente più corretta.

Cass. pen. n. 41409/2013

In sede di udienza preliminare, la modifica dell'imputazione ad opera del pubblico ministero può essere validamente compiuta fino alla formale dichiarazione di chiusura della discussione. (Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto legittima la modifica dell'imputatazione effettuata subito dopo la conclusione dell'intervento della parte civile, prima che il giudice dichiarasse chiusa la discussione).

Cass. pen. n. 19906/2004

Qualora, essendo stato disposto il rinvio a giudizio dell'imputato dalla corte d'appello, in accoglimento di impugnazione proposta dal pubblico ministero avverso sentenza di non luogo a procedere pronunciata dal giudice per le indagini preliminari, il giudice del dibattimento rilevi la nullità del capo d'imputazione per assoluta genericità del medesimo, legittimamente lo stesso giudice dispone la restituzione degli atti alla corte d'appello, la quale dovrà nuovamente pronunciarsi sul proposto gravame, fatta salva la facoltà, da parte del pubblico ministero, in quella sede, di procedere, nei limiti e con le garanzie di legge, all'integrazione dell'imputazione.

Cass. pen. n. 6838/2004

Non è impugnabile e non è abnorme l'ordinanza con la quale il giudice della udienza preliminare dispone la trasmissione degli atti al pubblico ministero sul presupposto che il fatto sia diverso da quello contestato, ma in realtà dando una diversa qualificazione giuridica del fatto, in quanto tale restituzione non è idonea a creare una stasi processuale, rimanendo il pubblico ministero libero di esercitare l'azione penale, e lo stesso provvedimento rientra nell'ambito delle legittime prerogative del giudice dell'udienza preliminare, che può sollecitare il pubblico ministero ad operare le modifiche ritenute opportune.

Cass. pen. n. 3395/1999

È abnorme l'ordinanza con la quale il giudice per le indagini preliminari, ravvisando un ulteriore reato nel corso della udienza preliminare, ordini la restituzione degli atti al pubblico ministero per la contestazione suppletiva, anziché pronunciarsi sulla richiesta di rinvio a giudizio per il fatto contestato. L'art. 423 c.p.p., infatti, attribuisce esclusivamente al pubblico ministero la facoltà di modificare l'imputazione in sede di udienza preliminare, e il secondo comma di tale articolo espressamente stabilisce che, ove risulti a carico dell'imputato in fatto nuovo non enunciato nella richiesta di rinvio a giudizio, il giudice deve limitarsi ad autorizzarne la contestazione, sempre che vi siano la richiesta del pubblico ministero ed il consenso dell'imputato.

Cass. pen. n. 222/1999

Deve considerarsi abnorme, perché determina un'inammissibile regressione del procedimento, il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari, ammesso il giudizio abbreviato, dispone la trasmissione degli atti al pubblico ministero ritenendo la sussistenza di un fatto diverso; nel giudizio abbreviato, infatti, il giudice — pur potendone modificare la qualificazione giuridica — deve esercitare il suo potere decisorio in ordine ai reati per i quali il pubblico ministero ha esercitato l'azione penale e solo su di essi, nell'ambito del quadro probatorio delineato dalla situazione esistente. (Nell'affermare detto principio la Corte ha precisato che qualora dagli atti emergano altri imputati o altri reati concorrenti il giudice, con la sentenza che definisce il giudizio, può, se del caso, disporre la trasmissione degli atti al pubblico ministero perché eserciti la relativa azione penale).

Cass. pen. n. 3503/1999

In applicazione del principio di legalità, al giudice è consentito sempre, e quindi anche nell'udienza preliminare, attribuire la corretta qualificazione giuridica al fatto descritto nell'imputazione, senza che ciò incida sull'autonomo potere di iniziativa del P.M. (che rileva esclusivamente sotto il diverso profilo dell'incensurabilità della formulazione del fatto, inteso come accadimento materiale) e fermo restando che l'eventuale correzione del nomen juris non può avere effetto oltre il procedimento incidentale eventualmente in corso.

Cass. pen. n. 3658/1998

Il giudice, in ogni fase e grado del procedimento, ha il potere-dovere di attribuire al fatto per cui si procede l'esatta qualificazione giuridica, senza che ciò incida sull'autonomo potere - riservato in via esclusiva al pubblico ministero - di modificare il fatto contestato e di procedere alla nuova contestazione quando esso risulti diverso da come è descritto nell'imputazione o da come è descritto nel decreto che dispone il giudizio. (Nella specie la Corte di cassazione ha affermato che il potere di qualificare diversamente il fatto compete anche al Gip con il decreto di rinvio a giudizio, che non può qualificarsi atto abnorme in relazione alla diversa qualificazione, la quale costituisce espressione di legittimo esercizio di un potere riconosciuto dalla legge)

Cass. pen. n. 6534/1998

In tema di giudizio abbreviato, la circostanza che l'imputazione sia formulata in modo tale da non comportare, di per sè, l'applicabilità dell'ergastolo non implica necessariamente che, pur nell'assenza della necessità di integrazione probatoria da effettuarsi in fase dibattimentale, il giudice dell'udienza preliminare sia tenuto ad accogliere la richiesta di giudizio abbreviato sol perché il pubblico ministero abbia manifestato il proprio consenso al riguardo. Ed invero il giudice ben può ritenere che l'imputazione non sia formulata correttamente, nel senso che essa dovrebbe qualificarsi come fatto astrattamente punibile con l'ergastolo, e quindi anche in mancanza di modifica di essa da parte del P.M., ai sensi dell'art. 423 c.p.p. legittimamente prospettarsi la probabilità che alla detta modifica si addivenga nella fase dibattimentale, la quale viene, per ciò stesso, ad essere riguardata come necessaria ai fini di un tale adempimento, con conseguente esclusione della definibilità allo stato degli atti. (In motivazione, la S.C. ha precisato che, qualora gli sviluppi e gli esiti della fase dibattimentale confermino la correttezza della formulazione originaria dell'imputazione, il giudice del dibattimento deve trarne le necessarie conseguenze in punto di applicazione della diminuente di cui all'art. 442 c.p.p.).

Cass. pen. n. 5405/1998

In tema di modificazione dell'imputazione, fatto diverso — che legittima la contestazione all'imputato presente anche senza il suo consenso — è quello con connotati materiali anche difformi da quelli descritti nel capo d'imputazione ma storicamente invariato nei suoi elementi costitutivi (condotta, oggetto), inclusi i riferimenti spazio-temporali, sicché, se questi sono alterati, si tratta di un fatto nuovo

Cass. pen. n. 7416/1998

È abnorme — e, costituendo un passaggio logico essenziale per la decisione del ricorso, è rilevabile d'ufficio dalla Corte di cassazione — la decisione della corte di appello di annullamento della sentenza di primo grado, emessa con rito abbreviato per la ritenuta necessità di una modifica del fatto, che non è ammissibile in quanto l'art. 423 c.p.p. non è applicabile nel giudizio abbreviato, come espressamente prevede l'art. 441 c.p.p., e che configura quindi un potere del tutto estraneo alla competenza del giudice d'appello nel rito abbreviato.

Cass. pen. n. 1506/1998

L'art. 423, comma primo, c.p.p. nel prevedere la modificabilità dell'imputazione mediante contestazione suppletiva non prevede che l'elemento posto a base della modifica sia venuto a conoscenza del P.M. solo nel corso dell'udienza preliminare, dovendosi comprendere anche l'eventualità che l'elemento in questione sia stato già acquisito nel corso delle indagini preliminari, ma non sia stato ancora valutato nelle sue implicazioni sulla formulazione dell'imputazione. Infatti l'art. 2 della legge delega n. 81/1987 prevede genericamente il potere del P.M. “di modificare l'imputazione e di procedere a nuove contestazioni”, non assoggettando tale potere a particolari limitazioni o condizioni.

Cass. pen. n. 4555/1997

Pur in mancanza di una specifica previsione, anche il giudice dell'udienza preliminare può modificare la qualificazione giuridica del fatto in relazione al quale il pubblico ministero abbia richiesto il rinvio a giudizio, tutte le volte che occorra operare quegli emendamenti che, nell'immodificabilità del nucleo centrale del fatto, conseguano a una diversa qualificazione giuridica dello stesso

Cass. pen. n. 1739/1997

La contestazione di una aggravante ad effetto speciale (nel caso di specie quella prevista dall'art. 7 del D.L. 13 maggio 1991 n. 152) nel corso dell'udienza preliminare non è produttiva di effetti ai fini del computo dei termini massimi di custodia cautelare, anche se ad essa si fa esplicito riferimento nel decreto che dispone il giudizio, se questa non sia contenuta anche in un provvedimento cautelare

Cass. pen. n. 740/1997

È abnorme, perché del tutto estraneo alla logica del sistema processuale — che prevede l'irretrattabilità dell'azione penale — il provvedimento con il quale il giudice dell'udienza preliminare dispone la trasmissione degli atti al P.M. — il quale aveva chiesto il rinvio a giudizio in relazione all'imputazione di omicidio aggravato dalla premeditazione — per la riformulazione dell'imputazione con l'esclusione della circostanza aggravante.

Cass. pen. n. 9616/1996

Il Gup non è legittimato, sua sponte, a modificare l'imputazione o a contestare un fatto ritenuto diverso, spettando tale potere esclusivamente al P.M. di udienza, preposto per legge all'esercizio dell'azione penale. Ciò, però, non toglie che il Gup, come del resto qualsiasi giudice di merito, possa dare al fatto contestato una diversa qualificazione giuridica più favorevole all'imputato, senza ledere i diritti della difesa, entro i limiti della sua competenza.

Cass. pen. n. 9213/1996

Il potere del giudice di dare in sentenza al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell'imputazione, previsto dall'art. 521, comma primo, c.p.p., è esercitabile anche con la sentenza emessa a seguito di giudizio abbreviato, non rilevando che in tale rito non sia applicabile, per l'esclusione fattane dall'art. 441 c.p.p., l'art. 423 c.p.p., in quanto tale ultima norma prevede soltanto la facoltà del pubblico ministero di modificare l'imputazione procedendo alla relativa contestazione, non avendo nulla a che vedere con l'autonomo ed esclusivo potere-dovere del giudice di dare al fatto una diversa definizione giuridica, contemplato dall'art. 521, comma primo, c.p.p., applicabile, benché non specificamente richiamato in sede di giudizio abbreviato.

Cass. pen. n. 548/1996

In un ordinamento fondato sul principio di legalità, il potere del giudice di definire correttamente il fatto sul quale è chiamato a pronunciarsi è connaturale allo stesso esercizio della giurisdizione, che non tollera limitazioni in ordine all'inquadramento giuridico dei fatti sottopostigli, derivanti dalla richiesta delle parti. Anche il giudice dell'udienza preliminare, pur in mancanza di specifica previsione, può modificare la qualificazione giuridica del fatto in relazione al quale il P.M. ha richiesto il rinvio a giudizio. Ne consegue che rientra nei poteri del Gip — una volta esclusa la configurabilità, in fatto o in diritto, di una circostanza aggravante — quello di eliminare ogni riferimento ad essa nell'imputazione, anche per gli evidenti riflessi, se ad effetto speciale, che può avere sui termini di durata di eventuali misure coercitive in atto ovvero di operare quegli emendamenti che, nell'immodificabilità del nucleo centrale del fatto, conseguano ad una diversa qualificazione giuridica dello stesso.

Cass. pen. n. 4861/1996

Non è abnorme ma rientra, al contrario, nell'ambito di un potere che, in applicazione analogica dell'art. 521, comma 2, c.p.p., va riconosciuto anche al giudice dell'udienza preliminare, il provvedimento con il quale quest'ultimo, ritenuto che il fatto sia diverso da come descritto nell'imputazione e preso atto del rifiuto, da parte del pubblico ministero, di modificare l'imputazione stessa ai sensi dell'art. 423 c.p.p., disponga la restituzione degli atti al medesimo pubblico ministero, con richiesta di provvedere alla suddetta modifica.

Cass. pen. n. 11993/1995

La modifica dell'imputazione, ai sensi dell'art. 423, comma 1, c.p.p., deve ritenersi consentita anche quando sia stata già avanzata dall'imputato richiesta di giudizio abbreviato, sempre che tale richiesta non sia stata ancora accolta dal giudice.

Cass. pen. n. 1890/1994

A differenza di quanto stabilito dall'art. 519 c.p.p. per il dibattimento, non è prevista la concessione di un termine per la difesa nel caso di modificazione del capo di imputazione nel corso dell'udienza preliminare.

Cass. pen. n. 9443/1993

È manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell'art. 423 c.p.p. in riferimento all'art. 24, secondo comma, Cost., sotto il profilo che la possibilità del P.M. di modificare l'imputazione, nell'udienza preliminare, non soltanto in base a quanto è emerso nel corso dell'udienza, ma anche a base degli atti delle indagini preliminari, violerebbe il diritto di difesa in quanto non è prevista la concessione di un termine a difesa. Proprio per l'ipotesi di modificata contestazione in base ad elementi già acquisiti nel corso delle indagini, la difesa, in realtà non risulta subire alcun pregiudizio, già essendole noti i suddetti elementi, per l'avvenuto precedente deposito.

Cass. pen. n. 3772/1992

È inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso per cassazione dell'indagato avverso il provvedimento del giudice dell'udienza preliminare che invita il pubblico ministero a modificare l'imputazione alla luce di osservazioni formulate e rinvia ad una successiva udienza, fissandone la data. Perché sussista l'interesse al ricorso per cassazione, a norma dell'art. 568, quarto comma, c.p.p., è indispensabile che l'impugnazione sia idonea a rimuovere un pregiudizio, considerato come conseguenza concreta derivante dagli effetti primari e diretti della pronuncia impugnata. Da un siffatto provvedimento del Gup non deriva all'indagato alcun diretto e concreto effetto, posto che tale provvedimento interlocutorio — indipendentemente dalla sua ortodossia giuridica — non produce alcuna immediata efficacia sulla situazione dell'indagato. L'invito del giudice è rivolto al pubblico ministero e saranno le autonome determinazioni del titolare dell'azione penale a produrre eventualmente effetti giuridici processuali. Se il P.M., nel corso del proseguimento della udienza preliminare e nei limiti previsti dall'art. 423 c.p.p., provvederà alla modificazione dell'imputazione, avrà esercitato una sua facoltà. Se, invece, non riterrà di procedere a modificazione alcuna, si porrà al giudice l'alternativa delineata dall'art. 424 c.p.p. (Nella specie il ricorrente, indagato per il reato di cui all'art. 323, cpv., c.p., aveva impugnato, deducendone l'abnormità, il provvedimento con cui il giudice dell'udienza preliminare — precisato che il periodo di commissione del contestato reato risultava anteriore all'entrata in vigore della L. n. 86/1990; rilevato che l'ipotizzato abuso d'ufficio, apparentemente estinto per amnistia, poteva configurare l'abrogato reato di interesse privato in atti di ufficio; richiamato l'art. 423 c.p.p. — aveva invitato il P.M. a «modificare l'imputazione alla luce delle osservazioni suindicate» e rinviato l'udienza. La Corte di cassazione ha ritenuto che l'accertamento dell'interesse del ricorrente fosse preliminare all'esame della sussistenza della denunciata abnormità ed ha fissato il principio di cui in massima).

Cass. pen. n. 1488/1992

Costituisce provvedimento abnorme, in quanto al di fuori dell'intero sistema processuale per la singolarità del suo contenuto, l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari che dichiara la nullità della richiesta di rinvio a giudizio, ex art. 178, lett. b) e c), 179 e 180 c.p.p., e dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero, ritenendo del tutto generica l'enunciazione del fatto. Per la mancanza di tale enunciazione, che pur costituisce uno dei requisiti formali della richiesta del P.M. (art. 417 lett. b, c.p.p.), non è prevista infatti alcuna nullità ed è, peraltro, consentito nel corso dell'udienza preliminare (art. 423 c.p.p.) procedere, anche oralmente, alle necessarie modifiche ed integrazioni dell'imputazione

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