Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 9213 del 22 ottobre 1996

(3 massime)

(massima n. 1)

Il potere del giudice di dare in sentenza al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell'imputazione, previsto dall'art. 521, comma primo, c.p.p., è esercitabile anche con la sentenza emessa a seguito di giudizio abbreviato, non rilevando che in tale rito non sia applicabile, per l'esclusione fattane dall'art. 441 c.p.p., l'art. 423 c.p.p., in quanto tale ultima norma prevede soltanto la facoltà del pubblico ministero di modificare l'imputazione procedendo alla relativa contestazione, non avendo nulla a che vedere con l'autonomo ed esclusivo potere-dovere del giudice di dare al fatto una diversa definizione giuridica, contemplato dall'art. 521, comma primo, c.p.p., applicabile, benché non specificamente richiamato in sede di giudizio abbreviato.

(massima n. 2)

Il principio di correlazione tra fatto contestato e fatto ritenuto in sentenza, di cui all'art. 521 c.p.p., finalizzato alla salvaguardia del diritto di difesa, non è violato qualora la sentenza puntualizzi l'imputazione enunciata formalmente nell'atto di esercizio dell'azione penale con le integrazioni risultanti dagli interrogatori e dagli altri atti in base ai quali è stato reso in concreto possibile all'imputato di avere piena consapevolezza del thema decidendum, così da potersi difendere in ordine a un determinato fatto, inteso come episodio della vita umana. Ma tali integrazioni della imputazione, desunte da elementi esterni alla stessa, devono essere tali da non determinare una modificazione dell'essenza del fatto, sicché essi non possono incidere sugli elementi costitutivi del reato formalmente contestato né porsi in posizione di incompatibilità o eterogeneità con il fatto enunciato nella imputazione. (Fattispecie in cui è stata censurata dalla Cassazione la sentenza del giudice di merito che aveva ritenuto l'imputato, tratto a giudizio con l'accusa di corruzione passiva, colpevole di concussione, ritenendo erroneamente che egli avesse ricevuto sostanziale contestazione dei fatti concussivi a suo carico nel corso degli interrogatori resi in istruttoria o in sede di comunicazione giudiziaria).

(massima n. 3)

Integra immutazione dell'imputazione, in violazione del principio di correlazione tra contestazione e sentenza, di cui all'art. 521 c.p.p., l'affermazione di colpevolezza dell'imputato, tratto a giudizio con l'accusa di corruzione passiva, in ordine al reato di concussione. Infatti i reati di concussione differiscono tra loro in primo luogo per l'elemento della condotta, in quanto nel caso della concussione, l'agente deve avere creato o insinuato nel soggetto passivo uno stato di paura o di timore atto ad eliderne o viziarne la volontà, mentre nella corruzione i due soggetti agiscono su un piano paritario nella conclusione del patto criminoso, per cui l'evento della datio o della promessa, pur esistendo in entrambi i reati, ha fonti diverse. In secondo luogo, diversa è la struttura soggettiva dei due reati, essendo la corruzione, a differenza della concussione, un reato necessariamente plurisoggettivo, sicché diversa è anche la posizione del solvens.

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