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Articolo 490 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Pubblicità degli avvisi

Dispositivo dell'art. 490 Codice di procedura civile

Quando la legge dispone che di un atto esecutivo sia data pubblica notizia [534, 570, 576 n. 4, 584 2, 591], un avviso contenente tutti i dati, che possono interessare il pubblico, deve essere inserito sul portale del Ministero della giustizia in un'area pubblica denominata “portale delle vendite pubbliche”.

In caso di espropriazione di beni mobili registrati, per un valore superiore a 25.000 euro e di beni immobili, lo stesso avviso, unitamente a copia dell'ordinanza del giudice e della relazione di stima redatta ai sensi dell'articolo 173-bis delle disposizioni di attuazione del presente codice, è altresì inserito in appositi siti internet almeno quarantacinque giorni prima del termine per la presentazione delle offerte o della data dell'incanto.

Anche su istanza del creditore procedente o dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo il giudice può disporre inoltre che l'avviso sia inserito almeno quarantacinque giorni prima del termine per la presentazione delle offerte una o più volte sui quotidiani di informazione locali aventi maggiore diffusione nella zona interessata o, quando opportuno, sui quotidiani di informazione nazionali o che sia divulgato con le forme della pubblicità commerciale. Sono equiparati ai quotidiani, i giornali di informazione locale, multisettimanali o settimanali editi da soggetti iscritti al Registro operatori della comunicazione (ROC) e aventi caratteristiche editoriali analoghe a quelle dei quotidiani che garantiscono la maggior diffusione nella zona interessata. Nell'avviso è omessa l'indicazione del debitore (1) (2).

Note

(1) Il difetto di attuazione della pubblicità, o un suo vizio, determina la nullità, (da far valere con l'opposizione agli atti esecutivi di cui all'art. 617 del c.p.c.) dell'atto esecutivo, al quale la pubblicità si riferisce. Ad esempio, nel procedimento di vendita, l'atto esecutivo contro il quale è possibile proporre opposizione è l'ordinanza di aggiudicazione, essendo questa l'ultimo atto di tale procedimento. In relazione agli atti preliminari dello stesso procedimento (ad es. l'avviso di vendita), per rilevare la mancanza di pubblicità, è possibile solo rivolgere istanza al giudice dell'esecuzione, così come disposto dall'art. 486.
(2) Questo comma è stato così da ultimo modificato dal d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 e dal d.l. 83/2015

Ratio Legis

Lo scopo della norma in commento è quello di dare la possibilità al pubblico di venire a conoscenza dell'imminente compimento di un atto che riveste interesse generale, come ad esempio l'ordinanza di vendita. La pubblicità a cui la norma si riferisce può essere ordinaria (1° e 2° comma), o straordinaria (3° comma): quella prevista dalla legge è ordinaria e obbligatoria (per es.: nella vendita all'incanto). Diversamente, quella disposta dal giudice dell'esecuzione qualora ne ravvisi l'utilità è straordinaria. Quest'ultima si attua mediante l'inserzione in determinati giornali o con le forme della pubblicità commerciale (televisione, radio etc.).

Spiegazione dell'art. 490 Codice di procedura civile

La presente norma è stata oggetto di numerosi interventi legislativi, a seguito dei quali è stato in primo luogo soppresso il foglio degli annunzi legali delle provincie (Legge 340/2000), per poi arrivare, con il d.l. 83/2015, all’integrale sostituzione del primo comma.
La sua ratio è quella di richiamare l'attenzione pubblica su alcuni atti dell'esecuzione forzata, che interessano non solo le parti in senso stretto, ma anche i terzi.

L’attuale formulazione della norma prevede adesso che, tutte le volte in cui la legge dispone che di un atto esecutivo debba essere data pubblica notizia, sul portale del Ministero della giustizia, nell’area pubblica denominata “Portale delle vendite pubbliche”, deve essere inserito un avviso contenente tutti i dati che possono interessare il pubblico.

Se l’espropriazione è relativa a beni mobili registrati (il cui valore supera i 25.000 euro) o a beni immobili, l’avviso di cui si è detto prima deve anche essere inserito in appositi siti internet.
Si tratta di una modalità di attuazione degli annunzi legali che era stata già innovata per effetto del D.L. 14.3.2005, n. 35 (c.d. decreto competitività), convertito con L. 14.5.2005, n. 80.
Tale inserimento deve essere effettuato almeno 45 giorni prima della data fissata per la presentazione delle offerte o della data fissata per l’incanto, ed insieme all’avviso si devono pubblicare una copia dell’ordinanza del giudice e la relazione di stima redatta ex art. 173 disatt del c.p.c..

Anche il terzo comma di questa norma è stato ulteriormente innovato dal D.L. 27.6.2015, n. 83 e prevede che, qualora ne sia fatta espressa richiesta dal creditore procedente o dai creditori intervenuti, muniti di titolo esecutivo, il giudice possa disporre che l’avviso sia inserito, sempre con il rispetto di un termine di 45 giorni prima del termine fissato per la presentazione delle offerte, una o più volte sui quotidiani di informazione locale aventi maggiore diffusione nella zona interessata.
Può anche disporre, se ritenuto opportuno, il suo inserimento sui quotidiani di informazione nazionale o che sia divulgato attraverso i mezzi di pubblicità commerciale.
La pubblicazione sui quotidiani è equiparata a quella che viene eseguita sui giornali di informazione locale, multisettimanali o settimanali editi da soggetti iscritti al ROC (Registro operatori della comunicazione), purché abbiano caratteristiche editoriali analoghe a quelle dei quotidiani che garantiscono la maggiore diffusione nella zona interessata (il portale sarà gestito direttamente dal Ministero della Giustizia).

Nell’avviso va omessa l’indicazione del debitore; si tratta di una modifica che era stata già introdotta per effetto dell’art. 174 comma 9 del D.lgs. n. 196/2003 (codice in materia di protezione di dati personali) e che è evidentemente volta a tutelare le esigenze di riservatezza del soggetto che subisce l'esecuzione.

Occorre precisare che il termine di quarantacinque giorni non è obbligatorio nelle procedure fallimentari, avendo il curatore ampia discrezionalità circa le modalità di liquidazione dei beni fallimentari tramite procedure competitive, purché la vendita avvenga con pubblicità idonea ad assicurare la massima informazione e partecipazione degli interessati.

Gli avvisi sono compilati e sottoscritti dal cancelliere, che ne richiede l'affissione. Quest'ultima è effettuata dall'ufficiale giudiziario, che la certifica mediante relazione in calce alla copia affissa.

La mancanza di attuazione della pubblicità a cui si fa riferimento in questa norma, così come un suo vizio, è causa di nullità dell’atto esecutivo da pubblicizzare, la quale può essere fatta valere con lo strumento dell’opposizione agli atti esecutivi di cui all’art. 617 del c.p.c..

Gli avvisi al pubblico qui previsti vanno distinti dagli avvisi ai creditori di cui all’art. 160 delle disp. att. c.p.c., essendo questi ultimi volti soltanto a garantire che i creditori siano posti in condizione di partecipare alla vendita.

Massime relative all'art. 490 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 22383/2019

L'art. 107 l.fall., nel testo applicabile "ratione temporis", prima dell'efficacia delle modifiche introdotte dall'art. 11 del d.l. n. 83 del 2015, conv. con modif. dalla l. n. 132 del 2015, attribuisce al curatore ampia discrezionalità circa le modalità di liquidazione dei beni fallimentari tramite procedure competitive, sicchè non è necessario il rispetto del termine di quarantacinque giorni previsto dall'art. 490, comma 2, c.p.c., purchè la vendita avvenga con pubblicità idonea ad assicurare la massima informazione e partecipazione degli interessati. (Rigetta, TRIBUNALE TORRE ANNUNZIATA, 18/04/2018).

Cass. civ. n. 9255/2015

In tema d'espropriazione forzata, le condizioni di vendita fissate dal giudice dell'esecuzione, anche in relazione ad eventuali modalità di pubblicità ulteriori rispetto a quelle minime di cui all'art. 490 cod. proc. civ., devono essere rigorosamente rispettate a garanzia dell'uguaglianza e parità di condizioni tra tutti i potenziali partecipanti alla gara, nonché dell'affidamento da ciascuno di loro riposto nella trasparenza e complessiva legalità della procedura, per cui la loro violazione comporta l'illegittimità dell'aggiudicazione, che può essere fatta valere da tutti gli interessati e, cioè, da tutti i soggetti del processo esecutivo, compreso il debitore.

Cass. civ. n. 7610/2006

In tema di espropriazione forzata immobiliare, realizzata la pubblicità degli avvisi di vendita con incanto ai sensi dell'art. 490 c.p.c., integra un apprezzamento di fatto non censurabile in sede di legittimità, ove sorretta da una motivazione logica e priva di errori giuridici, la verifica sulla sussistenza di eventuali errori ed imprecisioni nella descrizione dell'immobile, come apparsa sui suddetti avvisi, e, in caso positivo, sulla loro idoneità, o meno, a potersi ritenere causa di nullità del procedimento o della vendita, tenuto presente, altresì, che — perché possa considerarsi osservato il precetto di legge, quanto al contenuto degli avvisi di vendita immobiliari — è sufficiente che questi contengano la corretta descrizione catastale dell'immobile ed il prezzo base fissato dal giudice dell'esecuzione.

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Consulenze legali
relative all'articolo 490 Codice di procedura civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Giuseppe T. chiede
giovedì 12/11/2020 - Abruzzo
“Nell'ambito di una vendita giudiziaria esecutiva immobiliare senza incanto a cui sono interessato a partecipare ho riscontrato che il delegato alla vendita ha commesso una illegittimità non avendo osservato il periodo minimo di pubblicità sui siti internet del Tribunale e delle Aste fissato nell'ordinanza di vendita/delega in almeno, così si esprime l'ordinanza, 45 giorni prima della data ultima di presentazione delle offerte, fissata al giorno precedente l'asta. Poiché intendo proporre reclamo ex art.591 ter c.p.c, per evitare che le parti interessate possano in futuro far valere tale illegittimità, con l'opposizione agli atti esecutivi ex art.617 c.p.c, facendo annullare il sub procedimento di vendita, Vi chiedo, qualora il giudice non dovesse sospendere la vendita, per scongiurare tali rischi, sono obbligato a partecipare alla vendita e, qualora non aggiudicatario, in virtù del proposto reclamo, ho titolo per impugnare il verbale di aggiudicazione? oppure non devo partecipare alla vendita, per evitare che l'avviso, nei miei confronti, raggiunga il suo scopo e, avendo proposto reclamo, ho titolo per impugnare il successivo atto del giudice e cioè il decreto di trasferimento con l'opposizione agli atti esecutivi ex art.617 c.p.c? Grazie”
Consulenza legale i 18/11/2020
La soluzione a cui si è pensato di fare ricorso, ossia proporre reclamo al giudice dell’esecuzione ex art. 591 ter del c.p.c., si ritiene che sia un ottimo rimedio per portare all’attenzione dell’autorità giudiziaria l’errore in cui è incorso il pubblico ufficiale delegato alla vendita.

Costituisce opinione pacifica sia in dottrina che in giurisprudenza quella secondo cui, in linea generale, dall’inosservanza delle prescrizioni pubblicitarie di cui all’art. 490 c.p.c. ne discende una particolare ipotesi di nullità da far valere attraverso lo strumento dell’opposizione agli atti esecutivi previsto dall’art. 617 del c.p.c., e più precisamente all’atto esecutivo al quale la pubblicità si riferisce .

In particolare, si afferma in giurisprudenza che nel caso di espropriazione forzata immobiliare, la nullità che deriva dall’omessa pubblicità dell’ordinanza che dispone l’incanto (anche nel caso in cui si tratti di pubblicità straordinaria disposta dal giudice) è idonea a riverberarsi sull’atto di aggiudicazione, producendo effetti anche nei confronti del terzo acquirente, in deroga a quanto disposto dall’art. 2929 del c.c. (C. 27526/2014; C. 13824/2010; C. 21106/2005; C. 5826/1985)

Un contrasto di orientamenti giurisprudenziali, invece, si rinviene in tema di inosservanza del termine fissato dal giudice tra il compimento degli adempimenti pubblicitari e la data fissata per l’asta, considerato che secondo parte della giurisprudenza (cfr. Cass. n. 6297/1984) si tratta di un termine meramente ordinatorio, la cui inosservanza non costituisce motivo di nullità della vendita successivamente effettuata, mentre secondo altra tesi, sostenuta inizialmente nella giurisprudenza di merito (cfr. Tribunale di Lecco 24.04.1982), la violazione di tale termine determina la nullità della stessa vendita per mancato raggiungimento dello scopo, consistente nel massimo realizzo.

Quest’ultimo orientamento sembra essere pienamente condiviso da una successiva sentenza della stessa Corte di Cassazione, e precisamente Cass. n. 9255/2015, in cui si afferma che le condizioni di vendita fissate dal giudice dell'esecuzione, anche in relazione ad eventuali modalità di pubblicità ulteriori rispetto a quelle minime di cui all'art. 490 c.p.c., devono essere rigorosamente rispettate a garanzia dell'uguaglianza e parità di condizioni tra tutti i potenziali partecipanti alla gara, nonché dell'affidamento da ciascuno di loro riposto nella trasparenza e complessiva legalità della procedura, con la conseguenza che la loro violazione comporta l'illegittimità dell'aggiudicazione, la quale può essere fatta valere da tutti gli interessati e, cioè, da tutti i soggetti del processo esecutivo, compreso il debitore.

Si legge in tale sentenza che “l'ordinanza del giudice dell'esecuzione che fissa le modalità della vendita va rispettata alla lettera..” dovendosi tale ordinanza considerare come lex specialis che regge la singola vendita della singola procedura esecutiva.
Si afferma, ancora, che non può considerarsi prevalente, ai fini di sanatoria della nullità, la considerazione dell’utilità dell’esito comunque raggiunto (ossia, nel caso qui proposto, l’aggiudicazione del bene), sia perché su di essa deve prevalere l’esigenza di trasparenza e legalità (si dice a tal proposito che “l'unica gara corretta non è quella che comunque raggiunge un esito, ma solo quella che si svolge secondo le regole fissate, perfino ed anche se quell'esito poi non raggiungesse”) sia “soprattutto perchè, dinanzi ad un procedimento connotato da tante variabili, non c'è alcuna possibilità di escludere che, nel rispetto delle condizioni formalmente imposte dal giudice dell'esecuzione per lo svolgimento delle operazioni di vendita, non si sarebbe conseguito un risultato anche migliore”.

Infine, la S.C. conclude asserendo “Pertanto, ogni scostamento dalle specifiche istruzioni sancite nel caso concreto deve dirsi, senza possibilità di prova del contrario, come idoneo in astratto ed ex ante ad influire sull'esito successivo della gara, come perturbazione del percorso di raggiungimento delle relative notizie alla platea indifferenziata di potenziali interessati all'acquisto.”

Andando ancora oltre nella lettura di tale sentenza, tuttavia, ci si rende conto che l’interesse che, con il riconoscimento di tale nullità, si intende perseguire è essenzialmente quello del debitore all’osservanza delle forme complessive che il giudice ha voluto fissare nel singolo procedimento esecutivo e che ha ritenuto evidentemente opportune per una più proficua sollecitazione del pubblico alla vendita giudiziaria.
Ciò, infatti, risponde all’esigenza di ricavare dal mercato il miglior prezzo possibile, con palese vantaggio anche per il debitore che, a fronte di una maggiore somma ricavata dalla vendita, può soddisfare in maggior misura i creditori o, addirittura, conseguire un residuo attivo di cui poter chiedere la restituzione.

Tali considerazioni, oltretutto, collimano perfettamente con quella che è la ratio dello stesso art. 490 c.p.c., ovvero richiamare il più possibile l’attenzione pubblica su alcuni atti dell’esecuzione forzata che interessano non solo le parti in senso stretto, ma anche i terzi, quali possono essere gli aventi diritto sulle cose pignorate o i potenziali terzi acquirenti.

La conclusione a cui può giungersi sulla base delle argomentazioni sopra riportate è che, in casi come quello dedotto nel quesito (ossia di inosservanza del termine minimo di 45 giorni tra pubblicazione dell’avviso di vendita e data fissata per l’asta), si rischia, come si teme, di andare incontro ad una opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., dalla quale ne potrebbe conseguire la nullità dell’aggiudicazione.
Tuttavia, di tale inosservanza non se ne può senz’altro dolere il terzo partecipante all’asta, nei confronti del quale opera il principio generale della sanatoria della nullità ex art. 156 del c.p.c. per essere comunque venuto a conoscenza dell’atto esecutivo e per aver partecipato all’asta.
Legittimati attivamente all’opposizione ex art. 617 c.p.c. saranno, invece, da ritenere il debitore e lo stesso creditore procedente, i quali potranno lamentarsi del fatto che quel difetto di pubblicità non ha consentito la partecipazione all’asta di una maggiore platea di pubblico.
Ed è proprio al preciso fine di evitare che, per tale ragione, si possa rischiare di veder invalidare l’aggiudicazione, con inutile dispendio di attività processuale, che si ritiene fondato l’intervento nella procedura del partecipante all’asta per far rilevare, attraverso lo strumento di cui all’art. 591 ter c.p.c., quel difetto di pubblicità, chiedendo al giudice di sospendere l’esecuzione e di provvedere con ordinanza a disporre nuovamente la pubblicità dell’avviso d’asta.


T. G. chiede
venerdì 23/10/2020 - Abruzzo
“Spettabile società vi pongo il seguente quesito. In una vendita giudiziaria esecutiva immobiliare senza incanto prossima a cui sarei interessato a partecipare ho notato che l'avviso d'asta del delegato alla vendita non osserva tutte le prescrizioni in materia di pubblicità ex art. 490 cpc previste nell'ordinanza di delega/vendita. In particolare non rispetta il termine minimo di 45 giorni di pubblicazione sul sito internet del Tribunale di competenza prima dell'asta di vendita senza incanto così come stabilito nell'ordinanza. Ciò posto gradirei sapere se partecipando all'asta e non risultando aggiudicatario posso o meno far valere tale illegittimità con l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 comma 2 ultima parte avverso il decreto di trasferimento determinando così la nullità del subprocedimento di vendita che va dall'ordinanza di vendita al decreto di trasferimento del bene? Grazie dr. Giuseppe T.”
Consulenza legale i 03/11/2020
Va premesso che uno dei principi fondamentali in materia di nullità, sancito in via generale dall’art. 156, comma 3 del c.p.c., è quello per cui la nullità non può mai essere pronunciata, se l'atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato.
Ora, le forme di pubblicità previste dall’art. 490 del c.p.c. perseguono evidentemente, nel nostro caso, lo scopo di rendere conoscibile al pubblico l’avviso della vendita, onde consentire agli eventuali interessati di prendere parte alle relative operazioni, così come i termini dilatori ivi previsti hanno la funzione di assicurare la tempestività di tale conoscenza e del conseguente intervento.
Pertanto, in caso di inosservanza del termine minimo di quarantacinque giorni, qualora un soggetto partecipi effettivamente alla vendita, l’avviso avrà comunque raggiunto, nei suoi confronti, il proprio scopo, per cui egli non potrà dolersi del mancato rispetto dei termini previsti dall’art. 490 c.p.c. nell'ipotesi di mancata aggiudicazione del bene.

Antonio . G. chiede
domenica 24/05/2020 - Veneto
“Circa 18 anni fa una banca mi ha pignorato e messo all’asta 3 appartamenti. Tutte le aste sono andate deserte. Quando il valore delle aste è stato ribassato al 30% del loro valore di stima il mio avvocato ha chiesto la chiusura della procedura, rigettata come altre in seguito, fino ad arrivare ad assegnarli il 1 marzo 2018 a dei pregiudicati a meno del 15% del loro valore di stima. Ci siamo accorti che a quell’asta in violazione degli art. 490 e 570 non era stata fatta la pubblicità di tutti tre gli appartamenti ma solo di due e anche questi mancavano della perizia e dell’ordinanza del giudice prevista dall’art. 173 cpc quando il valore all’asta è superiore a € 25.000,00-
Fatto immediatamente l’Opposizione agli atti esecutivi, la G.E. ha proceduto lo stesso al trasferimento degli immobili assegnati. Immobili che non sono stati trasferiti dal Catasto in quanto opposti e con ricorso al giudice di merito che da un anno deve ancora decidere. Malgrado quanto sopra, la G.E. mi ha imposto la consegna delle chiavi immediatamente e lo sgombro degli immobili entro un mese, nell’agosto del 2018.
Premesso quanto sopra la domanda è: possono gli assegnatari occupare gli appartamenti, fare modifiche, portare gente a visitare gli immobili e fare trattative di vendite di essi quando al catasto risultano a mio nome, cosi come pago tutti i servizi, corrente, acqua, asporto rifiuti IMU compreso? Posso far revocare il possesso delle chiavi?
In attesa di un vostro parere porgo cordiali saluti.

Consulenza legale i 03/06/2020
Nel sistema della vendita forzata, quale delineato dal codice di procedura civile, la disciplina della pubblicità costituisce il momento di esternazione delle operazioni di vendita e della loro comunicazione ad un indifferenziato numero di persone, la quale ha come scopo primario quello di intercettare il mercato e la domanda di acquisto.

Sebbene in diverse occasioni la Corte di Cassazione abbia affermato che per la regolarità della vendita è sempre indispensabile il rigoroso rispetto di tutti i termini e le modalità di pubblicità, pena la nullità dell’aggiudicazione, se si esamina nel dettaglio tale disciplina ci si rende conto che non è sempre facile distinguere tra irregolarità della pubblicità (dovuta a sua omissione, mancato rispetto dei termini prefissati, errore o incompletezza nel suo contenuto) capace di viziare la fase della successiva vendita e rendere nulla l’aggiudicazione, e irregolarità irrilevante, anche per effetto di quel principio del raggiungimento dello scopo sancito dal terzo comma dell’art. 156 del c.p.c..

Peraltro, di fatto, non vi è una norma che espressamente commina la nullità della vendita per violazione delle forme e modalità di pubblicità, con la conseguenza che, almeno in linea puramente teorica, dovrebbe sempre ritenersi possibile la sanatoria di una pubblicità irregolare, secondo il disposto della norma appena citata (cfr. Cass. n. 6297 del 03.12.1984), mentre, una volta aggiudicato il bene, sarà onere di chi vuol far valere la nullità dimostrare che la pubblicità, se effettuata in modo conforme alla legge o all’ordinanza di vendita, avrebbe ottenuto un risultato diverso e migliore.

Trattasi, senza alcun dubbio, di una prova particolarmente difficile da fornire e che rimette in buona sostanza al giudice la valutazione di fatto della sanatoria della vendita per raggiungimento dello scopo nell’interesse delle parti del processo e dei terzi interessati all’acquisto.
Va, tuttavia, evidenziato che la Corte di Cassazione, in diversi casi sottoposti al suo esame, ha annullato l’ordinanza di aggiudicazione.
Si segnala, a tal proposito, la sentenza della Corte di Cass. n. 9255 del 15 maggio 2015, nella quale la S.C. ha annullato l’ordinanza di aggiudicazione (sebbene addirittura questa fosse avvenuta ad un prezzo più alto di quello di stima) sul presupposto che i requisiti di legalità e trasparenza della vendita, come individuati dal Giudice dell’esecuzione, non sono requisiti di forma per i quali si può effettuare una sanatoria per raggiungimento dello scopo, in quanto il mancato raggiungimento della migliore vendita possibile sarebbe in re ipsa nella violazione delle prescrizioni in tema di pubblicità, come se si trattasse di una presunzione, per la quale non è possibile fornire prova contraria.

Con ciò vuol dirsi che, quando la pubblicità è carente e difforme rispetto alle prescrizioni di legge o rispetto alle eventuali prescrizioni contenute nell’ordinanza di autorizzazione alla vendita, qualora vi sia una contestazione dell'aggiudicazione, la valutazione del giudice dovrà tener conto sia dello scopo della migliore vendita possibile nell’interesse delle parti sia di quello della trasparenza e legalità della vendita nell’interesse anche della platea dei terzi (per tutte Cass. S.U. n. 262 del 12 gennaio 2010).

Ciò posto, si pone a questo punto un’ulteriore interrogativo, ossia quello di stabilire in che misura il meccanismo di tutela del terzo acquirente, espresso all’art. 2929 del c.c., possa incidere sulla dichiarazione di nullità della vendita per irregolarità della pubblicità, in quanto si potrebbe giungere ad ottenere il risultato positivo di vedersi annullata l’aggiudicazione per poi non riuscire a conseguire nuovamente il bene che ne ha costituito oggetto nei confronti del terzo o dei terzi aggiudicatari.

Va a tal proposito detto che, sempre secondo quanto affermato dalla Corte di Cassazione in numerose sentenze (cfr. Cass. Sez. III n. 12653 del 11.12.1005; Cass. Sez. I n. 9212 del 01.09.1999; Cass. Sez. I n. 3970 del 27.02.2004; Cass. Sez. III n. 8006 del 18.04.2005; Cass. Sez. III n. 13824 del 09.06.2010; Cass. S.U. n. 21110 del 28.11.2012), il principio espresso dall’art. 2929 c.c. non ha alcun rilievo in caso di atti preparatori della vendita e della sua pubblicità in particolare; ovviamente tale nullità sarà opponibile all’aggiudicatario purchè venga fatta valere nei termini e con i mezzi di impugnazione previsti dall’ordinamento (ossia con l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 del c.p.c. contro il provvedimento di aggiudicazione pronunciato dal Giudice dell’esecuzione o contro il decreto di trasferimento che ne sia seguito).
Una volta decorso il termine di 20 gg. dalla conoscenza al più tardi del decreto di trasferimento, la vendita è sanata e resta intangibile, idonea a sopravvivere alla stessa possibile dichiarazione di estinzione rilevata d’ufficio.

Quanto alla legittimazione attiva, la stessa spetta sia al debitore (che è il primo a poter lamentare una vendita che non sia la migliore possibile) sia ai terzi interessati all’acquisto, i quali possono lamentare di non aver potuto partecipare alla vendita per irregolarità della pubblicità o per aver partecipato a condizioni svantaggiate rispetto ad altri soggetti partecipanti che abbiano avuto notizie maggiormente complete rispetto ad una pubblicità di insufficiente contenuto (così Cass. Sez. VI ordinanza n. 24550 del 18.11.2014).

Quanto sopra detto, dunque, vale non soltanto a porre in evidenza che è del tutto corretta la strada fin qui percorsa, in particolare in relazione allo strumento processuale utilizzato per contestare l’irregolarità della pubblicità che ha portato alla aggiudicazione dei beni staggiti, ma si ritiene possa anche costituire un utile suggerimento in ordine alle argomentazioni giuridiche di cui ci si potrebbe avvalere nel corso del giudizio di merito ancora pendente e nell’eventuale fase di gravame successiva, al fine di supportare la tesi della nullità dell’aggiudicazione e dei conseguenti decreti di trasferimento.

Per quanto concerne, invece, l’aspetto più pratico della vicenda e che per il momento maggiormente preoccupa chi pone il quesito, la situazione, purtroppo, non si presenta favorevole.
Infatti, una volta che i beni pignorati sono stati aggiudicati e che il giudice dell’esecuzione ha emesso il relativo decreto di trasferimento, coloro i quali si sono resi aggiudicatari dei beni hanno la piena e legittima proprietà dei medesimi, con la conseguenza che potranno validamente esercitare tutti i poteri che l’art. 832 del c.c. conferisce al titolare del diritto di proprietà.
In particolare, secondo quanto disposto da tale norma, il proprietario ha non solo il potere di godere, ma anche quello di disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo.
Il potere di disporre comprende il diritto di “fare modifiche, portare gente a visitare gli immobili e fare trattative di vendite di essi”, mentre nella facoltà di godimento vi si deve far rientrare il diritto di “occupare gli appartamenti”.
Inoltre, mentre il potere di disporre compete agli acquirenti per effetto della sola emissione del decreto di trasferimento, il quale, oltre a costituire titolo per la trascrizione in loro favore, contiene anche l’ordine rivolto al Conservatore dei RR.II. di provvedere alla cancellazione di tutte le pregresse formalità (ipoteca e pignoramento), il potere di godimento lo si deve far discendere dal verbale di immissione in possesso che si presume sia stato redatto dal custode giudiziario in data antecedente alla consegna delle chiavi dei cancelli esterni, avvenuta in data 6 ottobre 2018 (di tale verbale, infatti, non risulta trasmessa a questa Redazione alcuna copia, ma si presume che debba essere stato redatto, in quanto altrimenti non si spiegherebbe la consegna delle chiavi dei cancelli esterni).

Per quanto concerne, infine, l’ultimo punto da prendere in esame, ossia quello della possibilità di revoca del possesso delle chiavi, va detto che, allo stato attuale della procedura, finchè non si otterrà un titolo in proprio favore, ossia un provvedimento giudiziale in forza del quale verrà dichiarata nulla la vendita e disposto che i beni debbano essere restituiti al debitore originario, non vi è altro modo per riprendersi il possesso e, dunque, le chiavi già consegnate.
Infatti, da un esame degli atti fatti pervenire, si evince che è stato già posto in essere ogni tentativo per differire la consegna degli immobili, mediante presentazione di istanze di differimento e memorie varie che, purtroppo, almeno finora, non hanno condotto alla emissione di alcun provvedimento favorevole.

Nell’attesa di ottenere tale provvedimenti, invece, si ritiene che non abbia alcun senso continuare a farsi carico delle imposte e spese che gravano su quegli immobili, considerato che sono spese legate alla loro proprietà ed al loro possesso, di cui attualmente non si ha alcuna titolarità.




Mario G. chiede
lunedì 11/12/2017 - Puglia
“Buongiorno, è possibile applicare l'art. 490 c.p.c. per falsa pubblicitari è falsa perizia su un immobile messo all'asta ( senza incanto),dove risulta al catasto deposito vano agricolo categoria C/2 classe 3, ma nel bando d'asta pubblicata dal tribunale/aste la tipologia viene descritta Villa, e nella relazione del perito per la valutazione dell'immobile viene descritta villa singola e tra parentesi , destinazione d'uso deposito agricolo, avendo adottato un criterio di stima di 1500 euro al mq lordi in base all'andamento di mercato per immobili residenziali ( ville villini), e non sul criterio di stima di deposito vano agricolo,il deposito vano agricolo ha l'usabilità ma non l'abitabilità residenziale che catastalmente e A/8. E' possibile bloccare la vendita in atto? Grazie”
Consulenza legale i 16/12/2017
E’ sicuramente possibile, anzi quasi doveroso, bloccare la vendita in atto, e ciò al fine di evitare che colui il quale andrà ad acquistare l’immobile all’asta si trovi ad avere aggiudicato un bene pubblicizzato in maniera diversa dalla reale consistenza.

Momento centrale per una libera e corretta formazione della volontà dell’offerente è costituito proprio dall’avviso di vendita e dalla sua pubblicità: detta fattispecie complessa, se realizzata nel rispetto delle regole processuali e della diligenza, prudenza e perizia, è idonea ad evitare che la volontà dell’offerente si formi in modo scorretto, ovvero che il bene concretamente offerto in vendita sia privo delle caratteristiche e/o delle qualità del bene descritto nell’avviso e posto in pubblicità.

Tre sono i principali gruppi di errori in cui può incorrere l’offerente, relativi ad una difformità di consistenza o di altre qualità materiali e/o giuridiche tra il bene effettivamente staggito e quello che l’offerente si rappresenta come posto in vendita, ossia:

1) errori sulle caratteristiche fisico-materiali del bene (ubicazione, indirizzo, estensione, pertinenze, e così via);
2) errori sul diritto reale posto in vendita e sugli eventuali oneri o diritti reali su di esso gravanti (immobile gravato da usufrutto, ovvero posto in vendita per il solo usufrutto, servitù indicate come esistenti);
3) errori sulle caratteristiche urbanistiche (edificabilità/non edificabilità dei terreni, abusi edilizi, presenza di vincoli convenzionali e così via, questioni connesse alla certificazione energetica) e catastali (immobili non accatastati, planimetrie difformi, mappe catastali non regolari, categorie catastali non corrispondenti alla norma).

Tali errori possono trovare la loro origine:
- in una non diligente redazione della perizia ad opera del consulente tecnico d’ufficio (C.T.U.) o non diligente redazione e/o deposito di altri documenti ad opera di altri soggetti;
- in una scorretta trasposizione nell’avviso d’asta delle risultanze della perizia o degli altri documenti in atti;
- in una divergenza tra l’avviso d’asta e la pubblicità cartacea e telematica;
- in un esame poco approfondito delle risultanze della perizia o dell’avviso d’asta da parte dell’offerente.

La presenza di tali errori può così indurre il Giudice o il professionista delegato alla vendita a disporre la pubblicità di un bene o a redigere l’avviso di vendita trascrivendo una errata descrizione di esso.
Inevitabile conseguenza sarà, come prima accennato, che i potenziali acquirenti andranno ad acquistare ed a ritenere un immobile sostanzialmente differente dalle aspettative scaturenti dalla lettura degli atti processuali.

Inoltre, conseguenza ancora più grave sarà che le invalidità attinenti l’ordinanza di vendita e la relativa pubblicità non potranno essere fatte valere con l’impugnazione del decreto di trasferimento dell’immobile venduto (in tal senso Cassazione Sezione I sentenza n. 6710 del 19.03.2009); tale impossibilità deriva dal fatto che il processo esecutivo è strutturato come una successione di sub procedimenti, ciascuno dei quali conduce e si conclude con un provvedimento distinto.
Pertanto le nullità che si sono verificate in una certa fase del procedimento possono riflettersi sulla validità degli atti della fase successiva che da essi dipendono solo se sono state fatte valere entro la conclusione della fase in cui si sono prodotte, salvo che il vizio non sia tale da incidere da solo e direttamente anche sugli atti della fase successiva (Cass. 4584/99).

Né consegue, quindi, che le nullità relative alla pubblicità degli avvisi di vendita di cui all’art. 490 c.p.c. devono essere fatte valere necessariamente entro il termine di 5 giorni dall’atto di aggiudicazione e prima che venga emesso il decreto di trasferimento.
Lo strumento processuale a ciò deputato è quello della opposizione agli atti esecutivi, di cui si può avvalere la parte che abbia interesse a far valere il vizio procedimentale e che non abbia contribuito alla produzione di esso; tale opposizione dovrà esperirsi prima che sia concluso il sub-procedimento nel quale il vizio si è prodotto e nel termine di venti giorni dalla sua scoperta, con la conseguenza in linea generale che, una volta data esecuzione al decreto di trasferimento, non sarebbe più possibile far valere vizi procedimentali anteriori nei confronti del decreto.

Esperita l’opposizione agli atti esecutivi, non vi sono dubbi sul fatto che il Giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 487 c.p.c., possa sospendere la vendita e revocare l’ordinanza di vendita; pare indubitabile che tale revoca sia sempre possibile prima dell’aggiudicazione.

Parimenti dovrebbe ritenersi possibile per il Giudice dell’esecuzione, ovviamente su istanza dell’eventuale professionista delegato che solleva la difficoltà dell’esecuzione, sospendere la procedura e revocare l’ordinanza anche in assenza di opposizione agli atti esecutivi.
In tal senso può argomentarsi dall’art. 591 ter c.p.c. norma che consente al delegato, qualora insorgano “difficoltà”, di rivolgersi al Giudice delegante, prospettando i presunti vizi del procedimento, in modo da ottenere i provvedimenti che il Giudice stesso riterrà opportuni, come, appunto, la revoca dell’ordinanza di vendita, al fine di far regredire il processo esecutivo ad una fase anteriore a quella di produzione del vizio.

Si tenga presente che i principi della revocabilità delle ordinanze e di economia processuale, principi immanenti al nostro ordinamento processuale, dovrebbero di per se stesso far ritenere possibile la revoca in presenza di evidenti vizi della procedura, e ciò al fine di evitare defatiganti impugnazioni.

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