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Articolo 887 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Fondi a dislivello negli abitati

Dispositivo dell'art. 887 Codice Civile

Se di due fondi posti negli abitati uno è superiore e l'altro inferiore(1), il proprietario del fondo superiore deve sopportare per intero le spese di costruzione e conservazione del muro dalle fondamenta all'altezza del proprio suolo(2), ed entrambi i proprietari devono contribuire per tutta la restante altezza.

Il muro deve essere costruito per metà sul terreno del fondo inferiore e per metà sul terreno del fondo superiore.

Note

(1) La disposizione è applicabile esclusivamente al caso in cui il dislivello tra un fondo e l'altro sia naturale, non creato, cioè, da uno dei confinanti.
(2) Il titolare del fondo superiore deve farsi integralmente carico dei costi relativi alla manutenzione, costruzione, e conservazione della porzione di muro compresa tra le fondamenta e l'altezza del proprio suolo, dal momento che tale parte ha la funzione di sostenere il suo fondo sì da evitare frane e smottamenti.

Ratio Legis

La norma non individua un diritto diverso da quello previsto dall'art. 886, ma specifica che le spese per la costruzione del muro di cinta devono essere sostenute per intero dal proprietario del fondo superiore. Si applica solo ai fondi posti negli abitati.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

422 In ordine ai muri di cinta, è riconosciuto, in conformità del codice del 1805 (art. 559), il diritto di costringere il vicino a concorrere per metà nella spesa di costruzione di essi, quando separano le rispettive case, i cortili e i giardini posti negli abitati. La loro altezza, in mancanza di regolamenti locali o di convenzione, rimane fissata in tre metri (art. 886 del c.c.). Se i fondi finitimi sono a dislivello, l'onere di contribuzione grava interamente sul proprietario del fondo superiore per la parte del muro che va dalle fondamenta all'altezza del fondo predetto, mentre entrambi i proprietari devono concorrere nella spesa per l'altezza ulteriore del muro (art. 887 del c.c., primo comma). Il diverso criterio di contribuzione, già accolto nel codice del 1865 (art. 560), è giustificato dalla funzione di sostegno, oltre quella di recinzione, che il muro esercita rispetto al fondo superiore. Per eliminare controversie, il secondo comma dell'art. 887 precisa che, anche nel caso di fondi a dislivello, il muro di cinta deve essere costruito per metà sul terreno del fondo inferiore e per l'altra metà sul terreno del fondo superiore. Dall'obbligo di contribuire nella spesa di costruzione del muro di cinta il vicino può esimersi, cedendo, senza diritto a compenso, la metà del terreno necessario per la costruzione. Egli però conserva la facoltà di renderlo comune quando voglia; e poiché, all'atto della costruzione, ha già contribuito con la cessione della metà del terreno, può ottenere la comunione pagando soltanto la metà del valore del muro (art. 888 del c.c.).

Massime relative all'art. 887 Codice Civile

Cass. civ. n. 18500/2020

In caso di fondi a dislivello non può considerarsi costruzione ai fini e per gli effetti dell'art. 873 c.c. il muro di contenimento realizzato per evitare smottamento o frane. Nel caso invece di dislivello derivante dall'opera dell'uomo devono considerarsi costruzioni in senso tecnico-giuridico il terrapieno ed il relativo muro di contenimento che lo abbiano prodotto o che abbiano accentuato quello già esistente per la natura dei luoghi. Il muro che assolve alla duplice funzione di sostegno del terreno superiore con la parte bassa e di divisione tra due immobili con la parte alta si presume di proprietà esclusiva del titolare del fondo superiore, dalle fondamenta sino al livello del piano di campagna di tale fondo, e di proprietà comune tra i titolari dei terreni finitimi, nella parte sovrastante il detto livello.

Cass. civ. n. 29108/2019

In tema di fondi posti a dislivello naturale, il muro che assolve alla duplice funzione di sostegno del terreno superiore con la parte bassa e di divisione tra i due immobili con la parte alta si presume di proprietà esclusiva del titolare del fondo superiore, dalle fondamenta sino al livello del piano di campagna di tale fondo, e di proprietà comune tra i titolari dei terreni finitimi, nella parte sovrastante il detto livello.

Cass. civ. n. 10606/2019

In tema di limitazioni legali della proprietà di terreni cosiddetti "a dislivello", la disciplina prevista dall'art. 887 c.c., con riguardo al regime delle spese relative al muro di confine, non trova applicazione qualora tale muro sia stato costruito esclusivamente sul suolo di uno dei due fondi, superiore od inferiore.

Cass. civ. n. 8522/2016

La fattispecie prevista dall'art. 887 c.c. (a norma del quale nei fondi a dislivello il proprietario del fondo superiore deve sopportare le spese di costruzione e manutenzione del muro di sostegno dalle fondamenta sino all'altezza del proprio suolo) presuppone che il dislivello tra i due fondi sia di origine naturale, mentre, se lo stesso è stato causato dal proprietario del fondo inferiore, rendendo indispensabile la costruzione di un muro di sostegno, l'obbligo della relativa conservazione incombe su quest'ultimo.

Cass. civ. n. 17692/2009

La norma di cui all'art. 887 c.c. non individua un diritto diverso da quello, previsto dall'art. 886 c.c., di costringere il vicino a contribuire alle spese di costruzione del muro di cinta, ma specifica soltanto che tali spese devono essere sostenute per intero dal proprietario del fondo superiore; ne consegue che la richiesta di addebitare integralmente la costruzione al vicino non costituisce inammissibile "mutatio", ma mera "emendatio", consentita anche in appello, della domanda inizialmente proposta e volta ad imporre al vicino, proprietario del fondo superiore, la costruzione del muro di cinta. (Principio affermato dalla S.C. in relazione ad una causa introdotta prima del 30 aprile 1995).

Cass. civ. n. 4031/2007

La fattispecie prevista dall'art. 887 c.c. (a norma del quale nei fondi a dislivello negli abitati il proprietario del fondo superiore deve sopportare per intero le spese di costruzione e di manutenzione del muro di sostegno dalle fondamenta fino all'altezza del proprio suolo) presuppone che il dislivello tra i due fondi sia di origine naturale. Se il dislivello, invece, è stato causato dal proprietario del fondo inferiore, rendendo indispensabile la costruzione di un muro di sostegno, l'obbligo della relativa conservazione incombe su quest'ultimo.

Cass. civ. n. 13406/2001

L'art. 887 c.c., nel disciplinare il regime delle spese di costruzione e conservazione del muro di confine comune tra fondi a dislivello negli abitati, pone una presunzione semplice di comproprietà di detto muro, salvo il diritto degli interessati di provare con ogni mezzo (e il potere del giudice di raggiungere il relativo convincimento anche per via presuntiva) la proprietà esclusiva del muro a favore del proprietario del fondo sopraelevato o di quello sottostante, a seconda che il muro sia stato costruito interamente sul suolo di uno soltanto dei due confinanti, allo scopo, rispettivamente, di contenere il fondo sopraelevato o di realizzare una struttura necessaria o utile per il fondo a valle.

Cass. civ. n. 8171/1998

In tema di limitazioni legali della proprietà di fondi cosiddetti «a dislivello», la norma codicistica di cui all'art. 887 non trova applicazione né quando la creazione di un dislivello ex novo — ovvero l'aumento dell'originario dislivello naturale — sia opera del proprietario del fondo inferiore (incombendo su quest'ultimo, in tal caso, l'onere della realizzazione e manutenzione del muro di sostegno della scarpata da lui stesso creata ovvero reso maggiormente soggetta a smottamenti), né qualora il muro sia stato costruito esclusivamente sul suolo di uno dei due fondi, superiore od inferiore (nel qual caso sussiste la proprietà esclusiva del muro in capo al proprietario del relativo fondo), né quando il muro sia stato, infine, costruito dal solo proprietario del fondo inferiore, di propria autonoma iniziativa, allo scopo di realizzare una struttura necessaria (o anche solo utile) per il proprio fondo (nel qual caso resta a suo carico, con l'onere della costruzione, anche quello della manutenzione del muro).

Cass. civ. n. 12457/1995

Le spese di costruzione e conservazione del muro di confine tra fondi a dislivello naturale sono a carico del proprietario del fondo superiore, ai sensi dell'art. 887 c.c., fino al piano di campagna di tale fondo, del quale il muro ha funzione di contenimento, mentre sono a carico di entrambi i proprietari per la parte che si eleva al di sopra del piano di campagna, in considerazione della finalità divisoria assolta da questa porzione di muro, con pari utilità per i due fondi.

Cass. civ. n. 473/1994

La disposizione dell'art. 887 c.c. che, per i fondi a dislivello negli abitati, pone sul proprietario del fondo superiore l'onere della costruzione e manutenzione del muro di sostegno, non si applica ai fondi rustici, in relazione ai quali, per il principio del neminem laedere, l'obbligo, per il proprietario del fondo superiore, di costruzione e manutenzione del muro di contenimento ricorre solo nel caso di concreto pericolo di franamenti o smottamenti verso il fondo inferiore.

Cass. civ. n. 9156/1991

In tema di fondi a dislivello, il proprietario del fondo superiore è tenuto a costruire a proprie spese il muro di sostegno sul confine, quando tale costruzione si renda necessaria per contenere il franamento del terreno che arrechi pregiudizio al fondo inferiore, con la conseguenza che egli deve rispondere dei danni derivati a tale fondo per non avere provveduto tempestivamente ed efficacemente alla anzidetta costruzione, o per avere trascurato di mantenere in efficienza il muro preesistente. L'onere della costruzione del muro di sostegno ricade invece sul proprietario del fondo inferiore quando lo stesso abbia modificato lo stato del terreno con scavi e sbancamenti i quali abbiano reso indispensabile il muro di sostegno che, senza quelle opere, non sarebbe stato necessario. L'anzidetto principio trova applicazione anche nel caso che il crollo del muro si sia verificato quando i due fondi finitimi appartenevano allo stesso proprietario, giacché l'obbligo della costruzione a carico del proprietario del fondo superiore sorge per il solo fatto che ciò si renda necessario per contenere il franamento del terreno, quale sia la condizione dei luoghi precedente all'acquisto.

Cass. civ. n. 1954/1978

L'art. 887 c.c., che disciplina la costruzione del muro di separazione tra fondi a dislivello, si limita a stabilire la ripartizione delle spese di costruzione e di conservazione del muro stesso, senza imporre al proprietario che costruisce il muro obblighi più ampi di quello, derivante dal principio generale del neminem laedere, di non recare danno o far insorgere pericolo di danno per il vicino, secondo la situazione dei luoghi e la posizione dei fondi finitimi; in particolare, deve escludersi che nella costruzione del muro debba tenersi conto di eventi futuri, collegabili alle iniziative del proprietario del fondo inferiore, le quali, del resto, debbono essere realizzate in armonia con la situazione obiettiva dei luoghi, in essa compreso il muro, cosi come realizzato. (Nella specie la S.C., nel confermare l'impugnata decisione ha ribadito che il proprietario del fondo inferiore, il quale abbia proceduto a lavori di sbancamento del proprio terreno sino a livello inferiore a quello delle fondamenta del muro di confine, non può pretendere il risarcimento dei danni conseguenti al crollo del muro stesso e al dissesto della rampa di accesso all'edificio sottostante).

Cass. civ. n. 2626/1976

Il muro che, tra fondi a dislivello, assolve la duplice funzione di sostegno del fondo superiore (con la sua parte bassa) e di divisione tra i due immobili (con la sua parte più alta) si presume di proprietà esclusiva del titolare del fondo superiore, dalle fondamenta sino al livello del piano di campagna di tale fondo, e di proprietà comune tra i titolari dei fondi finitimi, nella parte sovrastante detto livello.

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Consulenze legali
relative all'articolo 887 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

E. S. chiede
sabato 03/09/2022 - Lombardia
“Buongiorno,
pongo un quesito in tema fondi posti a diverso livello con muro di contenimento alto circa 2/2,5 mt. Dal 2008 sono il proprietario di quello superiore che costituisce il giardino di casa. Il terreno inferiore non è edificabile ed è stato per decenni incolto e privo di cura tanto che erbacce e sterpaglia hanno invaso il muro in questione sormontandolo ed invadendo il mio prato, costringendomi a continui interventi di pulizia e ripristino, ovviamente soltanto dal lato della mia propietà. Nonostante le ricerche catastali e di conservatoria non ho potuto contattare il proprietario del fondo inferiore a confine dato che ancor oggi risulta essere persona nata nel 1895, deceduta nel 1987, e la situazione ha impedito il regolare controllo e manutenzione del muro dal lato del terreno inferiore, sempre coperto da vegetazione incolta e rovi, resi impenetrabili dall'azione del tempo vista l'immaginabile proliferazione.
Non si è a conoscenza dell'età del muro in sasso, forse più di un secolo, e nemmeno da quale ex proprietario sia stato eretto e su quale terreno o viceversa a metà ( larghezza circa 60/70cm-lunghezza circa 15 mt)tra i due.
Catastalmente i due lotti sono a confine ed il muro ne garantisce la separazione.
Di recente il terreno inferiore è stato bonificato con lavori di sistemazione e di movimentazione della terra con mezzi pesanti( scavatori/bobcat ) che ne hanno anche modificato il rilievo, dapprima declive ed ora a terrazze.
La nuova proprietà ne dichiara la provenienza con successione testamentaria, ma non rivela da chi e da quando.
Mi invia lo scorso maggio una raccomandata che mi invita a sistemare il muro dato che asserisce " essere a retta del vostro terreno a confine con la proprietà della sottoscritta" ed aggiunge che" presenta gravi dissesti e parziali frane che necessitano un intervento immediato di messa in sicurezza". Ai primi di giugno con il mio tecnico finalmente si riescono a vedere e capire le condizioni del muro dal lato del terreno inferiore per decenni infestato che in effetti, pur non essendo nello stato disastoso descritto, necessita di sistemazione con manutenzione straordinaria. Rispondo alla raccomandata dichiarandomi "disponibile ad un incontro alla presenza dei rispettivi tecnici volto ad individuare, tra l’altro, l'esatto confinamento delle proprietà e dunque gli oneri per l’esecuzione dell'intervento da lei indicato". Per tutta risposta ricevo dopo due mesi una convocazione per un procedimento di mediazione presso un arbitrato, attivato da controparte.
A prescindere dalla dimostrazione della proprietà e da come si svolgerà tale mediazione, vorrei ricevere un Vs parere in merito alla questione del muro: a chi compete l'onere e la spesa del ripristino del muro che, a mio modo di vedere, oltre a svolgere la funzione di contenimento rappresenta anche la divisione tra i due lotti? Preciso che il muro arriva proprio a livello della terra del mio terreno. Nel caso si riuscisse a stabilire l'esatto confinamento dei lotti e la posizione del muro quali potrebbero essere le diverse conseguenze? Nel caso opposto, ove non fosse possibile oppure non se ne volessero sostenere le spese tecniche ( al proposito da dividere o completamente a mio carico?), come è orientata l'attuale giurisprudenza?

Ringrazio per il riscontro.”
Consulenza legale i 12/09/2022
La descrizione che viene fatta dello stato dei luoghi induce a dover ritenere che norma applicabile nel caso di specie debba essere l’art. 887 c.c., rubricato proprio “Fondi a dislivello negli abitati”.
Tale norma disciplina appunto la costruzione del muro divisorio tra due fondi a diverso livello, disponendo che la parte del muro che va dalle fondamento sino al livello più alto deve essere costruita a spese esclusive del proprietario del fondo inferiore, mentre la parte di muro superiore a tale livello, che assume la funzione di vero e proprio muro divisorio, va costruita a spese comuni, secondo quanto disposto dall’art. 886 c.c.

Precisa il secondo comma che il muro deve essere costruito per una metà sul terreno del fondo inferiore e per l’altra metà su quello del fondo superiore; ciò comporta che, anche allorchè la spesa per il muro di sostegno sia a carico esclusivo del proprietario del fondo superiore (come accade, ad esempio, nel caso in cui il muro si arresti a livello di tale fondo), il vicino dovrà comunque contribuire cedendo una quota di suolo pari alla metà dello spessore del muro.

La norma citata, come si evince chiaramente dal suo dato letterale, fa riferimento non soltanto alle spese di costruzione, ma anche a quelle di conservazione, le quali, dunque, vanno poste e devono essere sostenute esclusivamente dal proprietario del fondo superiore.
Occorre, tuttavia, precisare, che presupposto essenziale per l’operatività del predetto art. 887 c.c. è che il dislivello tra i fondi sia di origine naturale, non potendo di contro trovare applicazione nel caso in cui sia stato il proprietario del fondo inferiore a modificare lo stato dei luoghi, dando origine ad un dislivello ex novo ovvero aumentando l’originario dislivello naturale con scavi e sbancamenti, in conseguenza dei quali sia divenuta indispensabile la costruzione di un muro di sostegno, altrimenti non necessaria (si vedano in tal senso Cass. 4031/2007, Cass. 13406/2001, Cass. 7131/2001, Cass. 9156/1991).

Il dislivello a cui si fa riferimento nel caso in esame sembra essere proprio di origine naturale, mentre i lavori fatti di recente sul fondo inferiore, a seguito dei quali si dice essere stato realizzato un terrazzamento del fondo, potrebbero assumere rilievo ai fini della ripartizione delle spese soltanto se dagli stessi ne siano derivati dei danni al muro, dei quali dovrà rispondere solo colui che ha eseguito i lavori.

Oltre che nell’ipotesi di dislivello naturale, non ricadono nel campo di applicazione dell’art. 887 c.c. né l’ipotesi di un muro costruito esclusivamente sul suolo di uno dei due fondi (spettando la proprietà di esso al solo titolare del fondo) né l’ipotesi in cui il muro sia stato costruito dal proprietario del fondo inferiore di propria autonoma iniziativa, al solo scopo di realizzare una struttura utile per il proprio fondo, nel qual caso l’onere della costruzione e della manutenzione del muro resterà ad esclusivo carico di quest’ultimo.
In tal senso è orientata la giurisprudenza di legittimità, come si legge nella sentenza della Corte di Cass. Sez. III civ. n. 13406 del 29.10.2001, così massimata:
In tema di limitazioni legali della proprietà di fondi cosiddetti "a dislivello" la disciplina prevista dall'art. 887 c.c. in tema di regime delle spese relative al muro di confine non trova applicazione nè quando la creazione di un dislivello "ex novo" (ovvero l'aumento dell'originario dislivello naturale) sia opera del proprietario del fondo inferiore, incombendo su quest'ultimo, in tal caso, l'onere della realizzazione e manutenzione del muro di sostegno della scarpata da lui stesso creata (resa maggiormente soggetta a smottamenti), nè qualora il muro sia stato costruito esclusivamente sul suolo di uno dei due fondi, superiore od inferiore, nel qual caso sussiste la proprietà esclusiva del muro in capo al proprietario del relativo fondo, nè quando il muro sia stato costruito dal solo proprietario del fondo inferiore, di propria autonoma iniziativa, allo scopo di realizzare una struttura necessaria, o anche solo utile, per il proprio fondo, nel qual caso resta a suo carico, con l'onere della costruzione, anche quello della manutenzione del muro”.

Per converso, qualora il dislivello tra i fondi sia stato determinato da opere eseguite dal proprietario del fondo superiore, l'obbligo di costruire e mantenere il muro di sostegno è interamente a carico del primo quale forma di risarcimento del danno con la conseguenza che egli dovrà rispondere dei danni derivati a tale fondo, per non aver provveduto tempestivamente alla costruzione o per aver trascurato di mantenere in efficienza il muro preesistente. (cfr. Cass. n. 6721/1981).

In considerazione dei principi sopra enunciati e delle norme citate, si consiglia, dunque. di procedere nel seguente modo:
1. richiedere al più presto l’intervento di un tecnico di propria fiducia a cui conferire l’incarico di verificare con esattezza se il muro ricade sulla linea mediana di confine o su suolo di uno dei due confinanti;
2. accertarsi se detto muro svolge effettivamente un funzione di sostegno del fondo superiore o se sia stato realizzato esclusivamente per realizzare una struttura utile al fondo inferiore;
3. se all’esito di tali accertamenti si ha conferma del fatto che il muro ha in effetti funzione di sostegno e che è stato realizzato a confine tra i due fondi, si dovrà purtroppo soccombere alle richieste del confinante e provvedere alle opere di manutenzione di cui il muro necessita con spese esclusivamente a proprio carico, come voluto dall’art. 887 c.c. (in questo caso sarà opportuno aderire alle richieste che la controparte avanzerà in occasione della mediazione, onde evitare che la questione sfoci in un giudizio civile);
4. se, al contrario, il tecnico dovesse accertare che il dislivello tra i fondi non è tale da necessitare di un muro di contenimento, poiché la sua altezza non supera quella del fondo superiore non può qualificarsi come muro divisorio, e come tale tenuto a sopportarne le spese di conservazione sarà soltanto il proprietario del fondo inferiore, non procurando alcuna utilità al fondo superiore (né di contenimento né di divisione).

Infine, va precisato che, sebbene l’art. 887 c.c. si riferisca ai fondi a dislivello negli abitati, lo stesso è applicabile analogicamente anche agli agglomerati edilizi extraurbani), mentre non si applica ai fondi rustici, con riferimento ai quali, in forza del principio del neminem laedere, l'obbligo per il proprietario del fondo superiore, di costruzione e manutenzione del muro di contenimento, ricorre solo nel caso di concreto pericolo di frane e smottamenti verso il fondo inferiore.

M.G. chiede
martedì 14/09/2021 - Piemonte
“Sono proprietario di un immobile ubicato a valle di un terreno scosceso. Il muro di contenimento tra il terreno superiore e la mia proprietà (sita all'interno di un condominio) sta disgregandosi per il movimento del terreno soprastante.
A chi spetta la manutenzione e le opere di rifacimento del muro di contenimento?”
Consulenza legale i 20/09/2021
Per fornire una risposta puntuale al quesito posto occorrerebbe conoscere nel dettaglio le condizioni dei luoghi. In ogni caso, anche con le indicazioni in nostro possesso è possibile dare alcune indicazioni di massima.
La norma cui fare riferimento è sicuramente l’art. 887 c.c., che disciplina la costruzione (e manutenzione) del muro di confine tra due fondi situati in un centro abitato e posti a diversi livelli. In particolare, si prevede che il proprietario del fondo superiore debba sopportare per intero le spese di costruzione e conservazione del muro dalle fondamenta all'altezza del proprio suolo, ed entrambi i proprietari debbano contribuire per tutta la restante altezza.
Il secondo comma precisa altresì che il muro deve essere costruito per metà sul terreno del fondo inferiore e per metà sul terreno del fondo superiore. Non sappiamo se nel nostro caso tale presupposto sia verificato, così come non sappiamo se il dislivello tra le due proprietà sia di origine naturale o artificiale.
Entrambe le circostanze rivestono importanza decisiva ai fini dell’applicabilità della norma in commento, come ha chiarito Cass. Civ., Sez. III, 29/10/2001, n. 13406: “la disciplina prevista dall'art. 887 c.c. in tema di regime delle spese relative al muro di confine non trova applicazione né quando la creazione di un dislivello "ex novo" (ovvero l'aumento dell'originario dislivello naturale) sia opera del proprietario del fondo inferiore, incombendo su quest'ultimo, in tal caso, l'onere della realizzazione e manutenzione del muro di sostegno della scarpata da lui stesso creata (resa maggiormente soggetta a smottamenti), nè qualora il muro sia stato costruito esclusivamente sul suolo di uno dei due fondi, superiore od inferiore, nel qual caso sussiste la proprietà esclusiva del muro in capo al proprietario del relativo fondo, né quando il muro sia stato costruito dal solo proprietario del fondo inferiore, di propria autonoma iniziativa, allo scopo di realizzare una struttura necessaria, o anche solo utile, per il proprio fondo, nel qual caso resta a suo carico, con l'onere della costruzione, anche quello della manutenzione del muro”.
Riassumendo, per rispondere alla domanda specificamente posta: le spese di manutenzione e/o rifacimento del muro dovranno essere suddivise tra i proprietari dei due fondi a dislivello, secondo i criteri di cui all’art. 887 c.c., solo se il dislivello sia di origine naturale e solo se si tratti di muro posto sul confine.
Nel caso di dislivello creato artificialmente dal proprietario del fondo inferiore, o nel caso in cui il muro insista esclusivamente su uno dei due fondi, o nel caso di muro realizzato di propria iniziativa dal proprietario del fondo a valle, la regolamentazione delle spese dovrà avvenire secondo i criteri enunciati nella citata pronuncia della Cassazione.

Vitantonio G. chiede
venerdì 02/10/2020 - Veneto
“Lo scrivente espone il seguente caso, per una consulenza giuridica al fine di orientarmi per i prossimi passi da effettuare:
dal novembre 2006 risiedo e vivo in una abitazione – palazzina ex ferrovie – con pertinenza un terreno 600/700 mq che confina con una scarpata della ferrovia dello stato (oggi RFI).
Nel 2008, insistendo un certo dislivello tra il mio fondo e la scarpata della ferrovia ho in via naturale ritenuto di realizzare una struttura a contenimento del terreno/scarpata lungo il confine, presunto quello giusto, costituita da traverse in legno, utilizzate un tempo dalla ferrovia stessa per le rotaie, sovrapposte per circa un mt e sormontate da una rete metallica come da immagini che allego.
In quel momento veramente non mi sono chiesto a chi spettasse in tutto o in parte tale costruzione per cui ho proceduto a realizzarla.
Da un po di tempo la struttura, che NON E' UN MURO se per tale giuridicamente deve intendersi un manufatto costruito con materiale edile, ormai sta cedendo come si rileva dalle immagini allegate, per cui si rende necessaria la sua sostituzione questa volta però con un muro di contenimento.
In relazione a tanto ho cercato di informarmi, e qualche ferroviere per la verità mi ha suggerito che il muro di contenimento tocca costruirlo alle Ferrovie (RFI).
Ho letto inoltre l'art. 887 c.c. e facendo riferimento a tale norma ho rappresentato il caso alla RFI ma mi hanno contestato la richiesta, facendo riferimento all'art.52 DPR 753 1980: sarei io praticamente obbligato a realizzare il muro, se non ho capito male, nell'interesse della ferrovia. (Mi pare assurdo).
CONCLUSIONI
premesso quanto sopra, gradirei conoscere il vs parere per regolarmi su come affrontare la questione.
A disposizione per altre informazioni.
Allego n.tre immagini

Consulenza legale i 08/10/2020
Il D.P.R. n. 753 dell’11 luglio 1980 in effetti detta la disciplina in materia di polizia, sicurezza e regolarità dell’esercizio delle ferrovie e di altri mezzi di trasporto, e come tale tratta di una materia che attiene solo marginalmente alla questione oggetto del quesito.

Si dice “solo marginalmente” in quanto, leggendo l’art. 52 richiamato dalla società RFI nella missiva di risposta, ci si rende conto che probabilmente è stato fatto riferimento a tale norma per porre in rilievo la sussistenza di un generale divieto, lungo i tracciati delle ferrovie, di “erigere muriccioli di cinta, steccati o recinzioni in genere ad una distanza minore di metri sei dalla più vicina rotaia”.
Tale divieto trova il suo fondamento, come si può evincere dalla lettura del penultimo comma di quella medesima norma, nell’esigenza di assicurare che venga lasciata libera la visuale necessaria per la sicurezza della circolazione, e ciò soprattutto se i manufatti a cui si fa riferimento dovessero essere realizzati in corrispondenza di un tratto curvilineo.

Chiarito ciò, vediamo adesso come risulta disciplinata la fattispecie sotto il profilo civilistico.
Norma sicuramente applicabile è quella correttamente citata nel quesito, ossia l’art. 887 c.c., il quale non comporta particolari dubbi interpretativi.
Infatti, il muro che vorrebbe realizzarsi è quello che tecnicamente si definisce “muro di contenimento”, qualificandosi come tale quel muro che ha come finalità quella di sostenere i terrapieni, naturali o artificiali che siano, prevenendo possibili frane a valle e garantendo l’integrità del suolo.
Alla realizzazione di tale muro si è costretti a ricorrere tutte le volte in cui due fondi posti negli abitati si trovino a dislivello, disponendo espressamente il citato art. 887 c.c. che il proprietario del fondo superiore deve sopportare per intero le spese di costruzione e conservazione del muro per la parte che va dalle fondamenta all’altezza del proprio suolo.

E’ proprio questa parte di muro che assolve alla funzione di contenimento o sostegno, mentre l’eventuale parte di muro che supera l’altezza del piano del fondo superiore assume natura e funzione di muro di cinta.
Solo per questa seconda parte i proprietari confinanti (di fondo superiore e fondo inferiore) sono tenuti a contribuire in egual misura, sempre che il muro sia stato costruito per metà sul terreno del fondo inferiore e per l’altra metà sul terreno del fondo superiore (così dispone il secondo comma dell’art. 887 c.c.).

In tal senso si esprime univocamente la giurisprudenza di legittimità, tra cui si riporta Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 9156 del 27 agosto 1991, nella quale viene espressamente affermato che “In tema di fondi a dislivello, il proprietario del fondo superiore è tenuto a costruire a proprie spese il muro di sostegno sul confine, quando tale costruzione si renda necessaria per contenere il franamento del terreno che arrechi pregiudizio al fondo inferiore, con la conseguenza che egli deve rispondere dei danni derivati a tale fondo per non avere provveduto tempestivamente ed efficacemente alla anzidetta costruzione, o per avere trascurato di mantenere in efficienza il muro preesistente. L'onere della costruzione del muro di sostegno ricade invece sul proprietario del fondo inferiore quando lo stesso abbia modificato lo stato del terreno con scavi e sbancamenti i quali abbiano reso indispensabile il muro di sostegno che, senza quelle opere, non sarebbe stato necessario. L'anzidetto principio trova applicazione anche nel caso che il crollo del muro si sia verificato quando i due fondi finitimi appartenevano allo stesso proprietario, giacché l'obbligo della costruzione a carico del proprietario del fondo superiore sorge per il solo fatto che ciò si renda necessario per contenere il franamento del terreno, quale sia la condizione dei luoghi precedente all'acquisto”.

Come può notarsi, la S.C. configura addirittura la costruzione del muro di contenimento come un onere a carico del proprietario del fondo superiore, essendo nella maggior parte dei casi volto ad evitare che il franamento del terreno possa arrecare pregiudizio al fondo inferiore, ciò che determinerebbe l’insorgere di un’obbligazione risarcitoria in capo al proprietario del fondo superiore.
Nel caso di specie tale onere verrebbe ad assumere una particolare gravità se il fondo inferiore, di proprietà della RFI, dovesse essere attraversato da una linea ferrata, potendo costituire fonte di pericolo per il traffico ferroviario e per la pubblica incolumità.

Quanto sopra detto, invece, non vale per l’ipotesi in cui il dislivello non sia naturale ma artificiale, ossia frutto dell’opera del proprietario del fondo inferiore.
Infatti, se il dislivello è stato causato dal proprietario del fondo inferiore, l'obbligo della costruzione e della manutenzione del muro di sostegno incombe su quest'ultimo, che risponde ex art. 2053 del c.c. dei danni cagionati dalla sua rovina (così Cass. n. 7131 del 25/05/2001; Cass. n. 8496 del 22/04/2005; Cass. n. 4031 del 21/02/2007).

Poiché la situazione, almeno per come viene descritta nel quesito, lascia intendere che si tratta di una scarpata naturale, sarà il proprietario del fondo superiore che, se necessario, dovrà assumere su si sé ogni spesa occorrente per realizzare il muro o qualunque altra opera di contenimento.


Lorenzo L. chiede
lunedì 17/06/2019 - Friuli-Venezia
“Buongiorno
Oggetto fondi confinanti a dislivello in centro abitato
Venticinque anni fa ho acquistato un'abitazione in centro abitato con annesso terreno ad un livello INFERIORE rispetto a quello del mio confinante di circa 2mt e lungo 40 delimitato con pietre a secco già allora fatiscenti come da foto da me fatte all'acquisto
Ora il mio confinante mi intima di ricostruire il muro dicendo che il dislivello non è di origine naturale ma è stato sbancato parecchi anni fa,almeno 100 e come di norma spetta al fondo inferiore.
Ora vi chiedo
Non ci sono carte che dimostrino se il terreno sia stato sbancato oppure era una scarpata naturale (il mio vicino presume sia così )
E se comunque fosse stato sbancato e dall'epoca dei fatti si sono susseguiti più proprietari di entrambe i terreni per compravendita come d'altronde è successo mi vedo costretto a costruirlo a mie spese e a sobbarcarmi una colpa che non è la mia?
Grazie per la riposta che mi fornirete”
Consulenza legale i 24/06/2019
La situazione qui descritta trova espressa disciplina all’art. 887 c.c., dedicato proprio al caso di fondi a dislivello negli abitati.
Regola generale dettata dalla norma sopracitata è quella secondo cui, tutte le volte in cui vi sia un muro divisorio tra due fondi a diverso livello, la parte di muro che va dalle fondamenta fino al livello più alto deve essere costruita e conservata a spese esclusive del proprietario del fondo superiore, mentre la parte di muro che va oltre il livello del fondo più alto e che assume la funzione di muro divisorio vero e proprio, va costruita e conservata a spese comuni ex art. 886 del c.c..

Tuttavia, affinché tale regola possa operare, è necessario che ricorrano dei presupposti ben precisi, ossia:

  1. il muro deve essere costruito per metà sul terreno del fondo inferiore e per l’altra metà sul terreno del fondo superiore (così dispone espressamente il secondo comma dell’art. 887 c.c.).
Ciò comporta che il criterio di suddivisione delle spese ivi dettato non può trovare applicazione nell'ipotesi di muro costruito esclusivamente sul suolo di uno dei due fondi (poiché in questo caso la proprietà di esso spetta al solo titolare del fondo) e neppure nell'ipotesi in cui il muro sia stato costruito dal proprietario del fondo inferiore di propria autonoma iniziativa, al solo fine di realizzare una struttura utile per il proprio fondo (in questo caso sarà a suo esclusivo carico l'onere della costruzione e della manutenzione del muro);

  1. il dislivello deve essere di origine naturale: poiché il muro viene a svolgere anche una funzione di contenimento per il fondo superiore, si avrà che tutte le spese occorrenti per costruzione e conservazione della parte di muro che va dalle fondamenta al piano di campagna saranno a carico esclusivo del proprietario del fondo superiore, mentre le spese necessarie per la parte di muro che si eleva al di sopra del piano di campagna saranno a carico di entrambi i proprietari, e ciò in considerazione del fatto che questa porzione di muro assolve una finalità divisoria, con pari utilità per i due fondi (in tal senso si è espressa Cass. n. 12457/1995).

Nel caso di dislivello artificiale, invece, l’onere di costruzione e manutenzione del muro ricade interamente sul proprietario del fondo inferiore, essendo imputabile soltanto a lui quella modifica dello stato del terreno, che ha dato origine ad un dislivello ex novo ovvero aumentato l’originario dislivello con scavi e sbancamenti, a seguito dei quali sia divenuto indispensabile la costruzione di un muro di sostegno altrimenti non necessaria (in tal senso si esprime univocamente la giurisprudenza, tra cui si segnalano Cass. n. 4031/2007; Cass. n. 13406/2001; Cass n. 7131/2001).

Qualora, al contrario, il dislivello tra i fondi sia stato determinato da opere eseguite dal proprietario del fondo superiore, l'obbligo di costruire e mantenere il muro di sostegno è interamente a suo carico, con la conseguenza che il medesimo dovrà rispondere dei danni derivati al fondo inferiore per non aver provveduto tempestivamente alla costruzione o per aver trascurato di mantenere in efficienza il muro preesistente.

Tutti i criteri e le regole fin qui viste, desumibili interamente dalla norma in esame, costituiscono oggetto di una c.d. presunzione iuris tantum, avverso la quale è ammissibile la prova contraria della proprietà esclusiva dell’intero muro a favore di uno dei due confinanti.

Una volta esaminato il quadro giuridico di riferimento, vediamo adesso qual è il comportamento più opportuno che si suggerisce di seguire in questa situazione.

Intanto, prima di affrontare ogni eventuale controversia giudiziaria, dalla quale conseguiranno inevitabilmente delle spese da sostenere, ragioni di buon senso inducono a suggerire di acquisire un preventivo delle somme necessarie per il ripristino del muro, così da poter valutare se si tratti di una spesa davvero tanto eccessiva da giustificare la necessaria compartecipazione del proprietario del fondo superiore e l’instaurazione di un giudizio di cognizione ordinaria per ottenere tale risultato.

Qualora non si abbia alcun interesse ad effettuare una tale valutazione preventiva, non resta che attivarsi per munirsi delle prove necessarie a dimostrare che il dislivello non è di origine artificiale e che il muro si trova su suolo di proprietà di entrambi i confinanti (requisiti richiesti dall’art. 887 c.c. per la sua applicazione).

Indispensabile sarà a tale scopo l’ausilio di un consulente tecnico di parte, identificabile possibilmente nella figura di un ingegnere, al quale spetterà il compito di valutare la natura del dislivello e, sulla base delle risultanze catastali, raffrontate con una misurazione reale, il compito di stabilire se il muro si trova sul confine o su suolo di uno solo dei due proprietari confinanti.

Soltanto dopo aver acquisito tali prove, sarà possibile avanzare eventuale pretese in ordine al soggetto o ai soggetti tenuti ad eseguire i lavori di ripristino del muro.
Infatti, qualora dovesse risultare che il dislivello è artificiale e che il muro si trova su suolo del proprietario del fondo inferiore, sarà quest’ultimo a dover sopportare in via esclusiva ogni tipo di spesa, essendo ininfluente il fatto che quel muro, al momento dell’acquisto, si trovasse già in condizioni fatiscenti.
Infatti, anche se può sembrare una mera clausola di stile, nelle compravendite viene di solito inserito il patto con il quale si conviene che l’immobile viene acquistato nello stato di fatto e di diritto in cui si trova, essendo proprio tale stato a determinare il prezzo di acquisto.
Ciò significa, a voler essere più concreti, che se oggetto della compravendita è un immobile allo stato rustico, il corrispettivo che si andrà a versare sarà sicuramente relazionato a tale stato, incombendo sull’acquirente tutte le spese necessarie per portare a completamento l’immobile.
Analogamente, se si accetta di acquistare un immobile ove vi sono infissi, muri di cinta, impianti o altre parti da rifare, l’acquirente non può prima accettare e poi dolersi dello stato in cui si trova l’immobile: sicuramente, nella determinazione del prezzo si sarà tenuto conto del suo stato, salvo che si tratti di vizi occulti, manifestatisi solo in un momento successivo (ipotesi, quest’ultima, sicuramente da scartare quando si tratta dello stato di un muro esterno e ben visibile).


Antonio D. chiede
mercoledì 23/01/2019 - Campania
“Come è noto la giurisprudenza consolidata riconosce che l'art. 887 (che regola i muri tra fondi a dislivello) pone una presunzione semplice di comunione del muro, sempre che le parti non dimostrino il contrario. Si supponga che in una causa civile che ha ad oggetto la rovina di un muro di contenimento, si costituisca il proprietario del fondo inferiore (attore) per chiedere il risarcimento del danno e asserisca che il muro è di proprietà del proprietario del fondo superiore. Quest'ultimo invece eccepisce di non essere proprietario del muro.
Nel caso in cui l'attore non riesca a dare prova della proprietà del muro in capo al convenuto, il giudice può fare ricorso alla presunzione semplice di comunione dello stesso o è tenuto a rigettare la domanda per carenza dell'onere della prova ex art 2697?”
Consulenza legale i 29/01/2019
Prima di affrontare il tema dell’onere della prova, argomento per il quale è stato specificamente posto il quesito, si ritiene possa essere utile trattare, in termini estremamente sintetici e nei limiti di quanto qui ci interessa, della fattispecie prevista e disciplinata dall’art. 887 del c.c..
E’ questa una di quelle norme che il legislatore ha voluto dettare in tema di limitazioni legali della proprietà, volta essenzialmente a regolare il regime delle spese per la costruzione di un muro di cinta nel caso di fondi posti a dislivello, e ciò secondo quanto unanimemente sostenuto sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza.

Dalla interpretazione del suo contenuto (cfr, in tal senso Cass. 18.08.1998 n. 8171, richiamata da Cass. n. 13406 del 29.10.2001) se ne è generalmente dedotto che la norma non trova applicazione nei seguenti casi:
  1. se la creazione del dislivello sia riconducibile esclusivamente al fatto dell’uomo, e più precisamente al proprietario del fondo inferiore, nel qual caso incombe sullo stesso l’onere di realizzare un muro di sostegno della scarpata realizzata, provvedendo alla relativa manutenzione;
  2. se il muro sia stato costruito esclusivamente sul suolo di uno dei due fondi, con la conseguenza che il proprietario del relativo fondo sarà anche, per accessione, proprietario esclusivo di quel muro;
  3. se il muro sia stato costruito dal solo proprietario del fondo inferiore o dal solo proprietario del fondo superiore a seguito di autonoma iniziativa ed allo scopo di realizzare una struttura necessaria per il proprio fondo, ed in questo caso, oltre all’onere della costruzione, resterà a carico di chi lo ha realizzato anche quello della manutenzione del muro.

Ciò detto, ritornando al caso di specie può dirsi che, esclusa l’ipotesi sub lettera a), che non sembra qui ricorrere, per riuscire a provare la proprietà esclusiva di quel muro in capo al proprietario del fondo superiore sarebbe necessario provare e far accertare che questo sia stato realizzato sul suolo dello stesso (potrebbe essere sufficiente eseguire, con l’ausilio di un tecnico, una misurazione esatta dei lotti di terreno, così da constatare su quale parte di suolo ricade il muro) ovvero munirsi di prove, anche testimoniali, dalle quali far constare che il muro sia stato voluto e realizzato solo dal proprietario del fondo superiore (dovendosene in tal caso lo stesso assumere l’onere della relativa manutenzione e le conseguenze di un eventuale crollo).

Qualora non si versi in alcuna di tali ipotesi e, dunque, qualora non si riesca in altro modo a provare che il muro appartiene soltanto al proprietario del fondo superiore, si ritiene che debba trovare per forza di cose applicazione la norma codicistica di cui all’art. 887 c.c.
Così, se il giudice chiamato a pronunciarsi sul risarcimento del danno subito dal proprietario del fondo inferiore a seguito del crollo del muro, accerta che quel muro adempie, oltre che alla funzione di sostegno del fondo superiore, anche a quella di divisione tra i due fondi, dovrà presumere che quel muro sia di proprietà comune, valendo analogicamente la disciplina propria del muro di cinta divisorio di cui al secondo comma dell’art. 880 del c.c..
Tale presunzione la si deve necessariamente ricavare dalla espressa previsione del secondo comma dell’art. 887 c.c., ove è detto che nei fondi a dislivello il muro divisorio deve incidere per metà sul terreno del fondo inferiore e per metà sul terreno del fondo superiore, nonché dalla mancata previsione, per il muro divisorio tra fondi a dislivello, di una disposizione analoga a quella del primo comma dell’art. 880 del c.c., che solo con riferimento al muro divisorio tra edifici introduce la regola della comunione del muro sino alle altezze eguali degli edifici medesimi (così Cass. n. 4924 del 1980).

Da quanto detto sopra, dunque, se ne ricava che, nell’ipotesi in cui non si riesca a provare il contrario, il giudice dovrebbe a rigore attenersi alla presunzione semplice di comproprietà del muro che si fa scaturire dall’art. 887 c.c.

Infatti, è’ vero che l’art. 2697 c.c. esprime il principio raccolto nel noto brocardo “onus probandi incumbit ei qui dicit”, facendo così ricadere su colui che vuole far valere un diritto le conseguenze negative che derivano dalla mancata prova dei fatti, ma è anche vero che questa norma fissa un criterio valevole essenzialmente sotto il profilo processuale e che occorrerà pur sempre far capo alla disciplina sostanziale della singola fattispecie dedotta in giudizio.
In questo caso la fattispecie dedotta in giudizio è quella prevista dall’art. 887 c.c. la quale, come prima visto e come anticipato nello stesso quesito, prevede una presunzione relativa (o semplice) di comunione di quel muro, per contrastare la quale l’attore dovrà fornire la prova contraria.
Qualora la parte non sia in grado di raggiungere tale risultato, il giudice non potrà fare a meno di fondare la sua decisione sul fatto presunto, ossia sulla situazione di comunione di quel muro.

Spingendoci a questo punto un po’ oltre in ciò che è stato chiesto, può dirsi che anche una decisione in tal senso non deve ritenersi del tutto priva di risvolti pratici, in quanto il ricorrente potrebbe avere interesse a dimostrare che il crollo del muro ed i danni da tale crollo conseguiti siano causalmente imputabili all’altro comproprietario (un esempio potrebbe essere la presenza di radici sul fondo del confinante che hanno pian piano determinato il crollo del muro).
Ciò sarebbe in grado di condurre ad una statuizione di condanna a carico del convenuto ex art. 2053 del c.c. o potrebbe quantomeno indurre lo stesso giudice a ravvisare nella fattispecie concreta una responsabilità solidale di entrambe le parti ex art. 2055 del c.c. (in quest’ultimo caso il danneggiato avrebbe diritto ad agire nei confronti del danneggiante non per l’intero, ma almeno pro quota).

E’ su questa strada che si consiglia dunque di andare avanti, ove ve ne sia almeno un principio di prova, per convincere il giudice del fatto che la propria azione non è poi del tutto destituita di fondamento.


Anonimo chiede
sabato 13/05/2017 - Campania
“Spett/ Studio Legale
chiedo consulenza su una situazione davvero complicata.

Sono il neo proprietario di una delle due abitazione (complesso bifamiliare) poste su un fondo a dislivello (livello inferiore) rispetto ad un'altra abitazione, quella del vicino, che si trova ad un livello superiore (circa 6 metri di dislivello).

I due fondi sono separati da un muro di contenimento, oggetto del contendere.

Circa 30 anni fa i miei genitori ed i miei zii realizzarono su questo fondo inferiore due abitazioni fisicamente collegate (hanno un muro in comune) ma con ingressi indipendenti.

Poiché si era provveduto a sbancare e si era accentuata una situazione che già aveva un dislivello naturale, chiesero al vicino, la cui abitazione era già esistente, di contribuire alla realizzazione di un muro di contenimento dei detriti.

Ricevuta risposta negativa eressero un muro di circa 3,5 metri di altezza che copriva in lunghezza tutta l'estensione della proprietà del vicino ma che arrivava a metà circa dalle abitazioni da noi costruite.

L'altra meta' ha ancora alle spalle una scarpata ed il fondo è di un altro proprietario.

Dopo alcuni anni i miei zii decisero di vendere ed io acquistai la loro abitazione.

Tale complesso bifamiliare è stato per tutto questo tempo in una situazione di (grezzo avanzato) cioè erano state realizzate le strutture portanti, i muri esterni ed in parte il tetto e di mancata assegnazione fisica (dal punto di vista catastale)

Tre anni fa io ho completato una delle due abitazioni e si è provveduto a frazionare ed accatastare il tutto.

Ovviamente io adesso abito sulla casa che ha alle spalle il muro in questione.

Premesso ciò chiedo:

Sono io obbligato alla manutenzione del muro, resasi ormai necessaria, essendo acquirente e trovatomi di fatto questa situazione causata da altri (sebbene miei familiari). Ovvero è un'obbligazione propter rem?

Può il vicino sottrarsi, visto che, quando fu costruito il muro, lo sopraelevò, cioè vi costruì sopra un ulteriore muro di circa 1,5 metri, riempì il vuoto e realizzò quello che attualmente è il suo piazzale?

Inoltre dai rilievi fatti durante l'accatastamento, il geometra ha accertato che il muro è interamente costruito sul suolo del vicino (cosa che anche lui ha confermato).

Spero di essere stato chiaro nell'esposizione, allego comunque uno schema della situazione.

In attesa di una risposta che chiarisca i miei obblighi ed i miei doveri gentilmente saluto

Angelo.”
Consulenza legale i 17/05/2017
In tema di fondi a dislivello, l’art. 887 c.c. stabilisce che, “il proprietario del fondo superiore deve sopportare per intero le spese di costruzione e conservazione del muro dalle fondamenta all'altezza del proprio suolo” mentre “entrambi i proprietari devono contribuire per tutta la restante altezza”.


La giurisprudenza della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8171 del 1998, ha, tuttavia, precisato che il criterio di ripartizione delle spese sopra enunciato non trova applicazione:
a) quando il dislivello tra i due fondi è stato creato dal proprietario del fondo inferiore o quando quest’ultimo ha aumentato l’originario dislivello naturale, modificando lo stato del terreno con scavi e sbancamenti e rendendo, in tal modo, indispensabile il muro di sostegno, che, senza quelle opere, non sarebbe stato necessario. In tal caso, infatti, le spese di conservazione del muro sono a carico del proprietario del fondo inferiore.

b) quando il muro è stato costruito esclusivamente sul suolo di uno dei due fondi, superiore od inferiore (nel qual caso sussiste la proprietà esclusiva del muro in capo al proprietario del relativo fondo);

c) quando, infine, il muro sia stato costruito dal solo proprietario del fondo inferiore, di propria autonoma iniziativa, allo scopo di realizzare una struttura necessaria (o anche solo utile) per il proprio fondo (nel qual caso resta a suo carico, con l'onere della costruzione, anche quello della manutenzione del muro).

Nel caso di specie, deve osservarsi che:
a) si è in presenza di dislivello artificiale, con la conseguenza che non trova applicazione l’art. 887 c.c., che si applica, come osservato, solo in ipotesi di dislivello naturale;

b) il muro è stato costruito dall’allora proprietario del fondo inferiore, di propria autonoma iniziativa e nel proprio interesse;

c) il fondo su cui è stato costruito il muro è interamente di proprietà del proprietario del fondo superiore.

Per rispondere ai suoi quesiti è necessario, dunque, indagare circa l’effettiva proprietà del muro di contenimento che, come osservato, è stato costruito, su iniziativa e a spese del proprietario del fondo inferiore, sul terreno del proprietario del fondo superiore.
Come precisato dalla giurisprudenza di legittimità, il fatto che il muro sia stato costruito, con il consenso del proprietario del fondo superiore, interamente sul proprio fondo, non comporta che vi sia stato un mutamento del confine tra le due proprietà.
Infatti, la Cassazione ha chiarito che il muro non rappresenta una prova del confine tra i due fondi, ma un mero indizio, che deve essere valutato anche alla luce delle risultanze catastali.
Ritengo, dunque, che, nel caso di specie, vi sia una scissione tra proprietà del muro e proprietà del terreno, potendosi ritenere che il suo vicino abbia concesso un diritto di superficie ai suoi zii, onde consentirgli di erigere il necessario muro di contenimento (art. 952 c.c.).

Quanto alla natura propter rem dell’obbligazione manutentiva, va osservato che la Cassazione ha precisato che, solo laddove il muro sia di proprietà comune, l’obbligazione di provvedere alla conservazione dello stesso possa essere qualificata quale obbligazione “propter rem”, in quanto, “l'obbligazione di ciascun comproprietario di contribuire alle spese stesse per la conservazione dei beni comuni, nasce proprio nel momento in cui e' necessario eseguire le relative opere, a prescindere da eventuali cause esterne di produzione del danno o pericolo, per le quali soccorre l'azione di rivalsa” (Corte di Cassazione, sentenza n. 11020 del 2008).
Nel caso di specie, occorrerebbe esaminare il suo titolo di acquisto, onde chiarire se il medesimo avesse ricompreso, altresì, il muro di contenimento realizzato sul fondo del vicino.
Si ritiene, tuttavia, più probabile, che il muro in questione non le sia stato trasferito unitamente all’abitazione.
Di conseguenza, le spese di conservazione del muro dovrebbero considerarsi a carico dei suoi zii, i quali sono ancora titolari esclusivi del muro in questione.

Alessandro B. chiede
venerdì 17/02/2017 - Lazio
“Sono proprietario di un terreno posto a livello superiore (circa 3
metri) rispetto al fondo del mio vicino posizionato a quota più bassa.
Tenuto conto di quanto previsto dall'art. 887 c.c. che disciplina la
realizzazione del muro di contenimento tra fondi a dislivello e secondo il quale, nel caso di specie, sarebbe a mio carico la realizzazione di detto muro, vorrei sapere:
il muro che dovrei realizzare a mie spese sarà poi di mia esclusiva proprietà (e quindi il vicino proprietario del fondo inferiore non potrà piantaci nemmeno un chiodo) oppure sarà in comunione con il vicino, dando facoltà a quest'ultimo di sfruttarlo come crede, ad esempio, per appoggiarvi pensiline, tettoie o addirittura un proprio manufatto sfruttando il muro come parete per il manufatto stesso?

Nel caso in cui il suddetto muro si presume in comune ed il vicino nell'uso che può farne dovesse provocare danni dovrei comunque provvedere alla manutenzione e conservazione come previsto dall'art. 887? Non ritengo giusto che io debba provvedere a tali riparazioni.
Come è possibile ovviare a tale
eventualità?”
Consulenza legale i 23/02/2017
La risposta al quesito si trova in parte nella stessa norma citata nel quesito, in parte nell’elaborazione giurisprudenziale che tiene conto del complesso della disciplina del codice civile in materia di muri di confine.

L’art. 887, al suo ultimo comma, contiene una precisazione indicativa: “Il muro deve essere costruito per metà sul terreno del fondo inferiore e per metà sul terreno del fondo superiore”.
Ciò significa che, qualora il muro da edificare tra due fondi a dislivello sia realizzato con queste caratteristiche, su di esso si presumerà la comunione forzosa tra i proprietari dei due fondi.

La giurisprudenza, tuttavia, ha fornito – in ordine a questa norma – tutta una serie di precisazioni.
Innanzitutto, ma ciò è forse intuitivo, se il muro non è stato costruito per metà su ciascun fondo ma su di uno solo, diverrà di proprietà esclusiva del proprietario di quest’ultimo: “L'art. 887 c.c., nel disciplinare il regime delle spese di costruzione e conservazione del muro di confine comune tra fondi a dislivello negli abitati, pone una presunzione semplice di comproprietà di detto muro, salvo il diritto degli interessati di provare con ogni mezzo (e il potere del giudice di raggiungere il relativo convincimento anche per via presuntiva) la proprietà esclusiva del muro a favore del proprietario del fondo sopraelevato o di quello sottostante, a seconda che il muro sia stato costruito interamente sul suolo di uno soltanto dei due confinanti, allo scopo, rispettivamente, di contenere il fondo sopraelevato o di realizzare una struttura necessaria o utile per il fondo a valle.”(Cassazione civile, sez. III, 29/10/2001, n. 13406).

Altra variabile è costituita dalle ragioni per le quali è stato realizzato il muro, oltre che dal soggetto che lo ha edificato: “In tema di limitazioni legali della proprietà di fondi cosiddetti "a dislivello" la disciplina prevista dall'art. 887 c.c. in tema di regime delle spese relative al muro di confine non trova applicazione né quando la creazione di un dislivello "ex novo" (ovvero l'aumento dell'originario dislivello naturale) sia opera del proprietario del fondo inferiore, incombendo su quest'ultimo, in tal caso, l'onere della realizzazione e manutenzione del muro di sostegno della scarpata da lui stesso creata (resa maggiormente soggetta a smottamenti), né qualora il muro sia stato costruito esclusivamente sul suolo di uno dei due fondi, superiore od inferiore” – (come detto sopra) _ “nel qual caso sussiste la proprietà esclusiva del muro in capo al proprietario del relativo fondo, né quando il muro sia stato costruito dal solo proprietario del fondo inferiore, di propria autonoma iniziativa, allo scopo di realizzare una struttura necessaria, o anche solo utile, per il proprio fondo, nel qual caso resta a suo carico, con l'onere della costruzione, anche quello della manutenzione del muro.” (Cassazione civile, sez. III, 29/10/2001, n. 13406).

Ancora, sempre sotto l’ultimo dei profili sopra evidenziati: “La presunzione di proprietà prevista dall'art. 887 c.c. presuppone che il dislivello fra i due fondi confinanti abbia un'origine naturale.” (Cassazione civile, sez. II, 14/04/1999, n. 3674) e non opera quando il dislivello tra i due fondi confinanti sia stato, come detto, creato artificialmente da uno dei due confinanti.

Infine “La disposizione dell'art. 887 c.c. che, per i fondi a dislivello negli abitati, pone sul proprietario del fondo superiore l'onere della costruzione e manutenzione del muro di sostegno, non si applica ai fondi rustici, in relazione ai quali, per il principio del neminem laedere, l'obbligo, per il proprietario del fondo superiore, di costruzione e manutenzione del muro di contenimento ricorre solo nel caso di concreto pericolo di franamenti o smottamenti verso il fondo inferiore.” (Cassazione civile, sez. II, 20/01/1994, n. 473).

Ciò premesso, e data risposta alla prima domanda formulata nel quesito (il muro sarà comune e non di proprietà esclusiva), occorre esaminare cosa accade se il vicino voglia costruire in aderenza allo stesso.
Viene in soccorso l’art. 884 cod. civ., rubricato “Appoggio e immissione di travi e catene nel muro comune”, il quale stabilisce: “Il comproprietario di un muro comune può fabbricare appoggiandovi le sue costruzioni e può immettervi travi, purché le mantenga a distanza di cinque centimetri dalla superficie opposta, salvo il diritto dell'altro comproprietario di fare accorciare la trave fino alla metà del muro, nel caso in cui egli voglia collocare una trave nello stesso luogo, aprirvi un incavo o appoggiarvi un camino. Il comproprietario può anche attraversare il muro comune con chiavi e catene di rinforzo, mantenendo la stessa distanza. Egli è tenuto in ogni caso a riparare i danni causati dalle opere compiute.
Non può fare incavi nel muro comune, né eseguirvi altra opera che ne comprometta la stabilità o che in altro modo lo danneggi.

Tutti i poteri elencati nella norma – i quali sono, si noti bene, tassativi – possono essere esercitati senza il consenso del comproprietario. Per tutto il resto, la disciplina di riferimento è quella della comunione legale (articoli 1102-1108 cod. civ.), in forza della quale saranno leciti, in buona sostanza, tutti gli atti che costituiscano esercizio del potere rivolto ad una migliore utilizzazione della cosa comune. E’ esclusa invece ogni opera che non garantisca, come specifica l’ultimo comma dell’articolo, la solidità del muro comune.

Sulla responsabilità per i danni, è l’articolo 882 cod. civ., che contiene la disciplina di riferimento: “Le riparazioni e le ricostruzioni necessarie del muro comune sono a carico di tutti quelli che vi hanno diritto e in proporzione del diritto di ciascuno, salvo che la spesa sia stata cagionata dal fatto di uno dei partecipanti.
Il comproprietario di un muro comune può esimersi dall'obbligo di contribuire nelle spese di riparazione e ricostruzione, rinunziando al diritto di comunione, purché il muro comune non sostenga un edificio di sua spettanza.
La rinunzia non libera il rinunziante dall'obbligo delle riparazioni e ricostruzioni a cui abbia dato causa col fatto proprio.
Come si vede, la norma stabilisce chiaramente il principio per il quale chi si rende responsabile dei danni con la propria condotta è tenuto a farsi carico delle conseguenti spese.
L’altro comproprietario (quello che non ha dato causa al danno) potrà chiedere un risarcimento, ma entro il limite precisato dalla giurisprudenza: “Ai sensi dell'art. 882, comma 1, c.c., le riparazioni e le ricostruzioni necessarie del muro comune sono a carico di tutti i comproprietari in proporzione alle rispettive quote, salvo che la spesa sia stata cagionata dal fatto di uno dei partecipanti, nel qual caso l'obbligo di riparare il muro comune è posto per l'intero a chi abbia cagionato il fatto che ha dato origine alla spesa. Ne consegue che, qualora il danno subito dalla cosa comune sia imputabile ad uno dei due comproprietari, l'altro può agire nei confronti del danneggiante per il risarcimento dei danni per equivalente solo nei limiti dell'importo corrispondente alla spesa necessaria per la riparazione su lui gravante in proporzione al suo diritto di comproprietà, e non anche per la parte di esborso dovuta dal comproprietario danneggiante.” (Cassazione civile, sez. II, 23/11/2012, n. 20733) ed ancora:Mentre l'onere delle spese di riparazione e ricostruzione del muro comune per quelle cause di deterioramento dipendenti dal suo uso normale è, ai sensi dell'art. 882 c.c., a carico di tutti i comproprietari, in proporzione del diritto di ciascuno, e si trasferisce, perciò, in capo a chiunque sia proprietario della cosa nel momento in cui si presenta la necessità della riparazione o della ricostruzione, l'onere delle spese provocate dal fatto di uno dei partecipanti, essendo connesso alla responsabilità personale di questo, grava esclusivamente sul soggetto che vi ha dato causa” (Cassazione civile, sez. II, 30/03/1994, n. 3089).

Pietro D. C. chiede
venerdì 11/11/2016 - Puglia
“Crollo di un segmento di muro a secco eretto per il contenimento di terreno agricolo a dislivello sulla sottostante sede
di strada "comunale" costruita molti anni addietro. L'insediamento della strada richiese lo sbancamento di un lungo banco roccioso sul quale fu necessario edificare il muro di contenimento in parte crollato.
Contro le pietre cadute sul margine della strada un automobilista ha danneggiato l'auto e, il Comune, che peraltro aveva delimitato con apposite strisce segnaletiche il tratto incidentato, dopo dieci mesi dall'accaduto, ritiene che l'articolo 887 del cc lo sollevi da qualsivoglia responsabilità che fa ricadere sul proprietario del fondo poiché collocato al disopra del dislivello.
Ma l'articolo del codice non attene al dislivello tra due fondi?
A chi spetta la sorveglianza della strada comunale?
Distinti saluti”
Consulenza legale i 16/11/2016
Il caso che si propone attiene specificamente al tema dei danni da insidia stradale e più in particolare al regime di responsabilità addebitabile all’ente proprietario/custode della strada dove l’insidia si manifesta causando danni.

Il caso di specie è poi arricchito dal tema della corresponsabilità tra l’ente custode della strada e colui che risulta essere proprietario del segmento di muro crollato, con la conseguenza che le norme da prendere in esame saranno non solo quelle dettate in materia di risarcimento danni, ma anche quelle sulla proprietà.

Come ormai ben noto, secondo un orientamento per lungo tempo dominante, la tutela dell’utente della strada era esclusivamente quella predisposta dall’art. 2043 c.c., la quale presupponeva quale condizione per il suo configurarsi che l’evento dannoso dipendesse da “insidia” o “trabocchetto” ovvero che il bene demaniale presentasse una situazione di pericolo occulto non visibile, né prevedibile e né evitabile dall’utente con l’ordinaria diligenza; la presunzione di responsabilità ex art. 2051 c.c. non poteva ritenersi operante nei confronti della P.A. anche in virtù del principio secondo cui “ad impossibilia nemo tenetur”.

L’evoluzione giurisprudenziale degli ultimi tempi, tuttavia, ha portato ad una posizione chiara ed alquanto univoca, che ha configurato la responsabilità della P.A. definitivamente come “oggettiva” per il solo fatto di esercitare la custodia sul bene, salvo la prova del caso fortuito (così Cass. N. 999/2014; Cass. N. 2562/2012).
Così, il cittadino-utente della strada danneggiato avrà solamente l’onere di dimostrare l’an dell’evento dannoso e dare la prova del nesso di causalità tra la cosa e il verificarsi dello stesso.

L’ente gestore, invece, per esimersi da responsabilità dovrà provare il caso fortuito, il quale si fa consistere nella alterazione dello stato dei luoghi imprevedibile, imprevista e non eliminabile o segnalabile tempestivamente agli utenti, neanche con l’uso dell’ordinaria diligenza (Cass. 3793/2014; n. 28616/2013).
Anche il comportamento della vittima è da ritenere in grado di interrompere il nesso eziologico esistente tra la causa del danno e il danno stesso; così, un inadeguato comportamento dell’utente, specie nell’ipotesi in cui il pericolo sia adeguatamente segnalato, può determinare l’interruzione del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, configurando il caso fortuito e, dunque, escludendo la responsabilità della P.A. ex art. 2051 c.c. (Cass.3793/2014; 28616/2013; Trib. Modena N. 1585/2009).

Chiariti questi principi generali, va ora osservato che nel caso che ci occupa il danno si è verificato in conseguenza della rovina di un muro a secco di contenimento di proprietà privata, i cui detriti sono andati ad occupare il margine della strada.
Pertanto, come accennato in premessa, le norme sulla responsabilità da fatto illecito vanno integrate con quelle in tema di proprietà, ed in particolare con l’art. 887 c.c., correttamente richiamato dal Comune, ma non per le finalità da esso indicate.

Premesso, intanto, che tale norma viene dettata per il caso di fondi a dislivello posti “negli abitati” mentre qui il dislivello attiene alla posizione di un terreno a destinazione agricola rispetto alla sede di una strada comunale, il principio da essa desumibile è quello secondo cui il proprietario del fondo superiore deve sopportare le spese di conservazione dalle fondamenta all’altezza del proprio suolo, mentre entrambi devono contribuire per tutta la restante altezza.
Il che comporta che la responsabilità per mancata ottemperanza agli obblighi di conservazione con conseguente crollo del muro non potrà farsi gravare soltanto sul proprietario del fondo agricolo superiore, dovendo ricadere anche sul Comune proprietario della strada posta a livello inferiore.

Posta dunque la responsabilità di entrambi, altra norma cui dovrà farsi ricorso è quella di cui all’art. 2053 c.c., il quale dispone che il proprietario di un edificio o “di altra costruzione” (per tale deve intendersi il muro di contenimento) è responsabile dei danni cagionati dalla loro rovina; da tale responsabilità ci si potrà esimere solo dando prova che la rovina non è dovuta a difetto di manutenzione.

Nel caso di specie la responsabilità da rovina, in capo, si ripete, sia al proprietario del terreno che al Comune, trova il suo fondamento nel non aver ottemperato in congruo termine alla rimozione delle pietre occupanti il margine della strada, essendo l’incidente avvenuto a distanza di ben dieci mesi dall’accaduto.
Inoltre, seppure il Comune abbia provveduto a delimitare con apposite strisce segnaletiche il tratto incidentato, non sarà dallo stesso invocabile per esimersi da responsabilità il caso fortuito di cui all’art. 2051 c.c., avendo avuto l’ente gestore della strada tutto il tempo necessario per eliminare la situazione di pericolo dopo averla segnalata.

Sussistendo, per quanto sopra detto, un concorso di responsabilità tra proprietario del terreno e Comune, altro precetto di cui dovrà farsi applicazione è quello contenuto nell’art. 2055 c.c., il quale prevede che se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno.

Sembra infine il caso di evidenziare che, trovandosi le pietre cadute sul margine della strada e, dunque, non invadendo la sede stradale, ed essendo peraltro il tratto interessato segnalato con apposite strisce, non appare inverosimile ipotizzare un apporto, nella causazione dell’evento, da parte del danneggiato, ex art. 1227 comma 1 c.c.

Per quanto concerne la domanda su chi competa la sorveglianza della strada comunale, una esplicita risposta ad essa si rinviene nell’art. 14 Codice della strada (Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285), il quale pone a carico degli enti proprietari (in questo caso il Comune) l’obbligo di provvedere alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade nonché al controllo tecnico della loro efficienza, il che conferma tutto quanto sostenuto in precedenza.

Silvano G. chiede
lunedì 12/09/2016 - Piemonte
“Ho già ottenuto una consulenza legale (vedi qua sotto) al mio quesito n° 16803

La risposta al Suo quesito, pertanto, non può che essere positiva: Lei ben può chiedere al condominio di effettuare i contenimenti necessari ai sensi dell’art. 887 c.c. Naturalmente, si consiglia di esperire questa via in sede stragiudiziale, per evitare costi e lungaggini tipici dell’attività giurisdizionale.

Pare solo il caso di ricordare quanto segue: la norma di cui all'art. 887 c.c. non individua un diritto diverso da quello previsto dall'art. 886 c.c., che costringe il vicino a contribuire alle spese di costruzione del muro di cinta, ma specifica soltanto particolari criteri di distribuzione della spesa.

Pertanto la facoltà di pretendere l'edificazione di un muro di confine (poiché, di fatto, di questo si tratta) deriva dalla norma citata, e non dall'art. 887.

A questo punto, non capisco come interpretare la Relazione n° 422 che dice:

…. Dall'obbligo di contribuire nella spesa di costruzione del muro di cinta il vicino può esimersi, cedendo, senza diritto a compenso, la metà del terreno necessario per la costruzione.

Vuole forse dire che io posso chiedere al condominio di effettuare i contenimenti necessari affinché il terreno condominiale non frani sul mio terreno privato (scarpata molto franosa), ma che il condominio può esimersi dal farlo cedendomi una strisciolina di terreno? Se fosse vero, a questo punto ci si troverebbe entrambi nella stessa situazione che in precedenza, ma mezzo metro più in su. E così via. C’è sicuramente una spiegazione. Grazie di darmi un chiarimento”
Consulenza legale i 16/09/2016
Un chiarimento ai dubbi sollevati può rinvenirsi nel combinato disposto degli articoli 887, 888 e 833 codice civile.
Premesso che quanto detto nella Relazione 422 si rinviene nel testo dell’art. 888 codice civile, rubricato “Esonero dal contributo nelle spese”, va specificato che quest’ultima norma trova in certo qual modo una limitazione legale nel precedente articolo 833, il quale fa divieto al proprietario di compiere tutti quegli atti i quali non abbiano altro fine che quello di nuocere o recare molestia ad altri (c.d. atti emulativi). Ciò significa che il proprietario non può esercitare il suo diritto in modo arbitrario, badando al suo esclusivo interesse personale.

La necessità di fissare dei limiti al diritto di proprietà risponde all’esigenza di salvaguardare non solo interessi privati (in special modo degli altri proprietari), ma anche interessi della collettività (limiti posti nell’interesse pubblico) e, dunque, di far sì che l’esercizio del diritto di proprietà non possa divenire strumento per danneggiare o infastidire gli altri soggetti. Pertanto, tutte le volte in cui un atto, costituente esercizio di un diritto soggettivo, non abbia altro scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri, quell’atto non potrà che configurarsi come abuso del diritto.

Va detto che il principio dell’abuso del diritto costituisce un principio generale del nostro ordinamento giuridico, che segna un limite alla tutela del diritto stesso e che, diversamente da altri limiti, che restringono in via preventiva ed astratta il contenuto del diritto, riguarda l’alterazione funzionale del diritto stesso, poiché colpisce atti che risultano nocivi per gli altri. Poiché poi nel nostro ordinamento non esiste una norma che sanzioni in via generale l'abuso del diritto, esso sarà configurabile tutte le volte in cui un diritto viene ad essere esercitato in contrasto con la buona fede o con lo scopo in vista del quale il diritto stesso è stato riconosciuto dal legislatore.

Quanto sopra detto vale a significare che il diritto riconosciuto al proprietario ex art. 888 c.c. di esimersi dalla contribuzione alle spese di costruzione del muro di cinta può essere legittimamente esercitato e costituire normale esplicazione del diritto di proprietà allorché tale costruzione assuma natura voluttuaria o di semplice miglioramento della proprietà, ma non in un caso come quello di specie, ove detta costruzione costituisce opera necessaria e indispensabile per la tutela dell’altrui proprietà, come è dato evincersi anche dall’ordinanza comunale che ne impone la realizzazione.

In tal senso si è peraltro espressa la Corte di Cassazione Sezione 2 Civile, Sentenza 5 mag 2008, n. 11020, nella quale è detto peraltro che, in tema di fondi a dislivello, il proprietario di quello superiore è tenuto a costruire a proprie spese il muro di sostegno sul confine, quando tale costruzione si renda necessaria per contenere il franamento del terreno che arrechi pregiudizio al fondo inferiore, con la conseguenza che egli deve rispondere dei danni derivati a tale fondo inferiore per non avere provveduto tempestivamente ed efficacemente all'anzidetta costruzione, o per avere trascurato di mantenere in efficienza il muro preesistente.

Per quanto riguarda i rimedi esperibili avverso la manifestazione della volontà del confinante di avvalersi della facoltà di cui all’art. 888 c.c., va anzitutto premesso in linea generale che la Corte di Cassazione sanziona come comportamenti illeciti atti che pure astrattamente sono configurabili conformi al diritto in quanto esplicazioni delle facoltà di godimento da parte del proprietario. Ciò premesso, va detto che contro gli atti emulativi è possibile esperire un’azione di risarcimento danni (per equivalente o in forma specifica) o un’azione inibitoria.

L’atto riconosciuto emulativo, dovendo, ai sensi dell’art. 833 del cc., considerarsi illecito, produce la conseguenza della rimozione della molestia (demolizione dell’opera) o del risarcimento del danno, anche in applicazione degli articoli 2043 e 2058 del c.c. Pertanto, si potrà intimare al proprietario del fondo superiore di contribuire alle spese di costruzione del muro che, più che di cinta, sarebbe opportuno qualificare come di contenimento, pena un’azione di risarcimento danni per equivalente.

Silvano G. chiede
mercoledì 07/09/2016 - Piemonte
“La zona

Un Condominio (articolato in due fabbricati distinti, Lotto 1 e Lotto 2) edificato nel 1977 (con regolare concessione edilizia rilasciata dal Comune del luogo) ai piedi di una scarpata piuttosto scoscesa occupata da alberi di alto fusto e sottobosco. Il Piano Regolatore del luogo classifica la scarpata in Classe IIIa.2, cioè come “terreni instabili sostanzialmente in equilibrio precario (cioè soggetti a frane)”.
Lo scrivente è proprietario di un appartamento in detto Condominio. L’appartamento è situato al piano terra della scarpata ed è corredato, sempre su questo lato, di un’ampia terrazza a piano terra e di un giardino pertinenziale di 210 mq circa.


La scarpata

La scarpata può essere suddivisa in quattro fasce orizzontali che si susseguono dal basso verso l’alto nel modo seguente.
Prima fascia (circa 9 m): mio terreno pertinenziale; sottobosco di pendenza media 35° circa.
Seconda fascia (circa 15 m): terreno condominiale; sottobosco di pendenza media di 32° circa.
Terza fascia (circa 8 m): terreno comunale; sottobosco molto scosceso, con pendenze 40°-45°.
Quarta fascia (circa 7 m fino al culmine della scarpata): terreno privato, boscaglia, molto scosceso con pendenze 40°-45°.


Le frane

Una grande frana era già caduta nel 2009 dall’alto della scarpata fino ad impattare sul piano terra del Lotto 1. Il ripristino della zona e il risarcimento danni è avvenuto tra le parti su base amichevole.

Una seconda, grossa frana è caduta il 25 marzo 2015 a una ventina di metri di distanza dalla prima. Questa frana ha impattato su parte del mio terreno pertinenziale provocando seri danni. Contrariamente alla prima frana (2009), questa seconda frana ha dato luogo a una controversia tra le parti in causa. Il Comune (terza fascia) ha accusato il privato soprastante (quarta fascia) di essere all’origine della frana, ordinandogli con ordinanza comunale di risarcire i danni e di mettere in sicurezza la scarpata franosa. Il privato, che invece accusa il Comune di essere all’origine dello smottamento, non ha dato seguito all’ordinanza che rimane tutt’ora in vigore. Il privato ha richiesto al Tribunale di ordinare un’ATP. Il verdetto del CTU ha causato scompiglio: causa della frana non è né la prima, né la seconda fascia. Concause della frana di colamento sono invece le tre fasce più alte della frana, cioè privato, Comune e Condominio, con percentuali di concausa, rispettivamente, di 45%, 30% e 25%.
Vista la franosità della zona, le tre parti in causa tentano (ormai da due anni) di concordare un intervento di stabilizzazione della scarpata a costi condivisi. Una soluzione equa ed amichevole della transazione non sembra in vista.


Domanda

Dato il contesto, se le parti in causa decidessero di adire le vie legali, si potrebbe invocare l’articolo 887 del c.c. che imporrebbe ad ognuno dei contendenti di costruire a proprie spese un muretto di contenimento sul confine a valle della sua proprietà? In altri termini: potrei io (prima fascia) obbligare il Condominio (seconda fascia) di costruire a sue spese un muretto di contenimento per evitare che il suo terreno crolli sul mio? Potrebbe il Condominio obbligare il Comune (terza fascia) a costruire a sue spese un muretto di contenimento per evitare che il terreno comunale crolli su quello condominiale? E così via fino alla quarta fascia?
Desidererei avere una risposta anche perché, se quello fosse il caso, la minaccia di spese elevate potrebbe convincere i più restii a un accordo, a scendere a più miti compromessi.

Molte grazie”
Consulenza legale i 11/09/2016
Ai sensi dell’art. 887 c.c., “Se di due fondi posti negli abitati uno è superiore e l'altro inferiore, il proprietario del fondo superiore deve sopportare per intero le spese di costruzione e conservazione del muro dalle fondamenta all'altezza del proprio suolo, ed entrambi i proprietari devono contribuire per tutta la restante altezza.
Il muro deve essere costruito per metà sul terreno del fondo inferiore e per metà sul terreno del fondo superiore”.

Questa disposizione può invero essere applicata solo nel caso in cui il dislivello tra i due fondi abbia origine naturale (sì come stabilito dalla Cassazione: ex multis, sez. II, 21/12/2007 n. 4031) e comporta la comproprietà del muro (posto che il muro dovrà essere costruito per metà sul fondo superiore e per metà sul fondo inferiore – C. Cass., sez II, 30/4/2012 n. 6620).

La risposta al Suo quesito, pertanto, non può che essere positiva: Lei ben può chiedere al condominio di effettuare i contenimenti necessari ai sensi dell’art. 887 c.c. Naturalmente, si consiglia di esperire questa via in sede stragiudiziale, per evitare costi e lungaggini tipici dell’attività giurisdizionale.

Pare solo il caso di ricordare quanto segue: la norma di cui all'art. 887 c.c. non individua un diritto diverso da quello previsto dall'art. 886 c.c., che costringe il vicino a contribuire alle spese di costruzione del muro di cinta, ma specifica soltanto particolari criteri di distribuzione della spesa.

Pertanto la facoltà di pretendere l'edificazione di un muro di confine (poiché, di fatto, di questo si tratta) deriva dalla norma citata, e non dall'art. 887.

Sarebbe stato certamente utile pretendere la realizzazione di detto muro ancora parecchi anni addietro.



Guglielmo chiede
domenica 10/04/2016 - Veneto
“Buon giorno
Un condominio vicini alla mia proprietà, il cui muro di contenimento non è in grado di contenere il terreno ( Muro alto m 1, a 80 cm rispetto il mio terreno sovrastati da una rete metallica di circa 1,37 a 1,20) quindi sta ruotando e ritengo traslando. Il condominio ritiene che la muratura sia tutta sulla mia proprietà, quindi vuole usucapire il terreno sottostante o reificare catastalmente e forse con atto pubblico.
1 ) una tale pretesa è possibile ?
2 ) stando gli articoli 887
“ Se di due fondi posti negli abitati uno è superiore e l'altro inferiore (1), il proprietario del fondo superiore deve sopportare per intero le spese di costruzione e conservazione del muro dalle fondamenta all'altezza del proprio suolo (2), ed entrambi i proprietari devono contribuire per tutta la restante altezza.
Il muro deve essere costruito per metà sul terreno del fondo inferiore e per metà sul terreno del fondo superiore.”
La costruzione del muro è stata fatta dal costruttore del condominio diversi anni fa, predisponendo il muro con fondazioni non idonee al sostentamento del terreno, quindi la recinzione superiore ( anche rete ) precipita a causa di tale difetto originario ora imputabile al condominio
1) può il condominio pretendere l’usucapione del terreno su cui poggia il muro quando il muro stante l’articolo precedente e di proprietà di entrambi ?
2 ) può il condominio pretendere le spese della parte eccedente la muratura al suo P.C. , considerando che il cappottamento del muro è determinato da una originaria costruzione non adeguata di tutta la struttura muraria e di fondazione ?
3) sembra che il condominio sia disposto a prendersi tutte le spese della recinzione in caso di passaggio di proprietà del terreno sottostante la muratura, diversamente minaccia causa di usucapione della proprietà è corretta una tale pretesa ?
In seguito ritengo verrà chiesto l’accesso alla mia proprietà per poter fare i lavori sul confine.
Ho l’obbligo di fare accedere perché vengano fatti i lavori, considerando che pur con grande difficoltà potrebbero farli dalla loro parte (scavando a mano e carriole e con molta attenzione alle linee fognarie) ?

Quali sono i mie diritti e doveri nei confronti del vicino ?
Considerando che i lavori limiterebbero fortemente la fruibilità e il transito e accesso sulla mia proprietà.

Distinti saluti”
Consulenza legale i 18/04/2016
Il quesito sottoposto alla nostra attenzione attiene ad una situazione che non è di raro accadimento.
1. Stando al dettato dell'art. 887, comma 2, del c.c., il vicino può pretendere l' usucapione del terreno su cui poggia il muro?
L'art. 887 del c.c. stabilisce che:
"[I]. Se di due fondi posti negli abitati uno è superiore e l'altro inferiore, il proprietario del fondo superiore deve sopportare per intero le spese di costruzione e conservazione del muro dalle fondamenta all'altezza del proprio suolo, ed entrambi i proprietari devono contribuire per tutta la restante altezza.
[II]. Il muro deve essere costruito per metà sul terreno del fondo inferiore e per metà sul terreno del fondo superiore".
Preliminarmente, occorre delimitare l'ambito oggettivo della norma ora richiamata: il dettato di cui all'art. 887 del c.c. si applica nel caso di fondi situati in centri abitati, contraddistinti da un dislivello naturale, come sembra essere nel caso di specie ("La fattispecie prevista dall'art. 887 c.c. presuppone che il dislivello tra i due fondi sia d'origine naturale", cfr. Cassazione civile, Sez. III, 17 marzo 2005, n. 5762).
Laddove, al contrario, il dislivello fosse causato dal proprietario del fondo inferiore, l'obbligo della costruzione e la spettanza delle spese della manutenzione graverebbero in capo a quest'ultimo proprietario ("Se il dislivello, invece, è stato causato dal proprietario del fondo inferiore, l'obbligo della costruzione e della manutenzione del muro di sostegno incombe su quest'ultimo, che risponde ex art. 2053 c.c. dei danni cagionati dalla sua rovina", cfr. Cassazione civile, Sez. III, 17 marzo 2005, n. 5762).
Nello stesso senso si veda altresì Cassazione Civile, Sez. II, 21 febbraio 2007, n. 4031: "La fattispecie prevista dall'art. 887 c.c. presuppone che il dislivello tra i due fondi sia di origine naturale. Se il dislivello, invece, è stato causato dal proprietario del fondo inferiore, rendendo indispensabile la costruzione di un muro di sostegno, l'obbligo della relativa conservazione incombe su quest'ultimo".
Una volta chiarito che il caso di specie è riconducibile alla previsione di cui all'art. 887 del c.c., occorre fare un secondo, fondamentale, passaggio: non è possibile derivare la comproprietà del muro al confine dal dettato dell'art. 887, comma 2, c.c., come si vorrebbe fare nel quesito formulato.
Infatti, "l'art. 887 c.c., nel disciplinare il regime delle spese di costruzione e conservazione del muro di confine comune tra fondi a dislivello negli abitati, pone una presunzione semplice di comproprietà di detto muro, salvo il diritto degli interessati di provare con ogni mezzo (e il potere del giudice di raggiungere il relativo convincimento anche per via presuntiva) la proprietà esclusiva del muro a favore del proprietario del fondo sopraelevato o di quello sottostante, a seconda che il muro sia stato costruito interamente sul suolo di uno soltanto dei due confinanti, allo scopo, rispettivamente, di contenere il fondo sopraelevato o di realizzare una struttura necessaria o utile per il fondo a valle" (cfr. Cassazione civile, Sez. III, 29 ottobre 2001, n. 13406).
In sostanza, in generale, il muro posto a confine si presume essere di proprietà di entrambi i proprietari (rispettivamente del fondo superiore e del fondo inferiore). In questo caso, le spese vanno divise in base al dettato dell'art. 887, comma 1, del c.c., salvo quanto si dirà oltre.
Tuttavia, ciascun proprietario potrebbe avere interesse a dimostrare e fare accertare che, in realtà, il muro è stato costruito o sulla propria proprietà o sulla proprietà dell'altro fondo, con lo scopo di dimostrare che il muro è in proprietà esclusiva.
Nel caso di specie, è il condominio a volere superare la cd. presunzione semplice sostenendo che il muro si trova interamente sulla proprietà del vicino; pertanto, il condominio, laddove dimostrasse che ricorrono i presupposti per la cd. usucapione (cioè, in particolare, il decorso di 20 anni; il possesso continuato, non interrotto nel tempo; il possesso pacifico e pubblico; il possesso che corrisponda in modo non dubbio all’esercizio del diritto di proprietà), potrebbe richiedere giudizialmente una pronuncia dichiarativa in tal senso.
Chiaramente, laddove nascesse una controversia relativa all'individuazione del confine, l'esistenza del muro non è una prova determinante ai fini di tale accertamento, occorrerebbe, infatti, acquisire ulteriori elementi di prova, quali, ad esempio, i dati catastali.
A titolo meramente esemplificativo: "in tema di spese di manutenzione del muro tra fondi a dislivello, l'art. 887 c.c. pone una presunzione semplice di comproprietà del muro, salvo agli interessati il diritto di provare il contrario. Pertanto, in presenza di contestazione sull'individuazione del confine tra i fondi, la sussistenza del muro non vale quale prova certa al riguardo, ma come indizio da apprezzarsi nel quadro delle altre risultanze probatorie, con possibilità di ricorrere, in caso di perdurante incertezza della linea di confine, ai dati catastali" (cfr. Cassazione Civile, Sez. II, 30 aprile 2012, n. 6620).
2. Può il condominio pretendere le spese della parte eccedente la muratura al suo P.C., considerando che il cappottamento del muro è determinato da una originaria costruzione non adeguata di tutta la struttura muraria e di fondazione?
In generale, il condominio potrebbe pretendere la ripartizione delle spese secondo il dettato di cui all'art. 887, comma 1, del c.c. laddove "desse per buona" la presunzione semplice della comproprietà del muro.
Tuttavia, in concreto, seppure secondo il dettato di cui all'art. 887, comma 1, del c.c. entrambi i proprietari dovrebbero sostenere le spese per la manutenzione di parte dell'altezza del muro, laddove si dimostrasse, con una perizia, che il condominio non abbia in realtà rispettato le regole tecniche previste per la realizzazione del muro (in relazione allo specifico stato dei luoghi), si potrebbe determinare una ripartizione differente delle spese di manutenzione favorevole al proprietario del fondo inferiore (determinate, appunto, dalla negligenza del condominio).
Sulla stessa linea, anche nel caso in cui si accertasse che il muro si trovi sulla proprietà di uno dei due proprietari, bisosognerebbe determinare la specifica responsabilità di entrambi al fine di quantificare la corretta ripartizione delle spese, sempre tramite una perizia tecnica: "nel caso in cui l'esigenza di rifacimento di un muro di recinzione posto tra due fondi a dislivello, di proprietà esclusiva di uno solo dei confinanti per essere interamente compreso sul suo fondo, sia determinata da condotte concorrenti di entrambi i proprietari, le relative spese di ricostruzione e consolidamento vanno poste a carico degli stessi in relazione alle rispettive responsabilità per il mutamento dello stato dei luoghi, ai sensi degli artt. 2043 e 1227 c.c., restando in ogni caso esclusa l'applicabilità dell'art. 887 c.c., il quale attiene al regime delle spese nella diversa ipotesi di comunione del muro a dislivello, cfr. Cassazione Civile, Sez. III, 31 agosto 2015, n. 17305).
La Giurisprudenza, tra l'altro, conferma che si configura un preciso obbligo in capo al proprietario del fondo superiore, di evitare ogni pregiudizio al fondo inferiore: "In tema di fondi a dislivello, il proprietario di quello superiore è tenuto a costruire a proprie spese il muro di sostegno sul confine, quando tale costruzione si renda necessaria per contenere il franamento del terreno che arrechi pregiudizio al fondo inferiore, con la conseguenza che egli deve rispondere dei danni derivati a tale fondo per non avere provveduto tempestivamente ed efficacemente all'anzidetta costruzione, o per avere trascurato di mantenere in efficienza il muro preesistente; a maggior ragione il principio della contribuzione alle spese stesse deve valere pure nell'ipotesi di proprietà comune" (cfr. Cassazione Civile, Sez. II, 05 maggio 2008, n. 11020).
3. Ho l’obbligo di fare accedere perchè vengano fatti i lavori, considerando che pur con grande difficoltà potrebbero farli dalla loro parte (scavando a mano e carriole e con molta attenzione alle linee fognarie ) ?
Si ritiene che la risposta debba pendere verso l'affermativo. Infatti sin dalla Giurisprudenza più risalente "nel caso di urgente riparazione e di rafforzamento di un muro sorgente sul confine per cui si debba accedere nel fondo del vicino e necessariamente rimuovere una piccola opera ivi esistente (baracca), tale ultima azione deve ritenersi compresa nella facoltà di accesso e di esecuzione dei lavori previsti dall'art. 843 c.c."(Cassazione Civile, Sez. II, 26 ottobre 1979, n. 5616).
In senso conforme: "nel caso in cui il proprietario di fondo (peraltro, non annesso ad abitazione) si opponga all'ingresso nello stesso fondo, per eseguire, anche mediante idonee impalcature da installare, opere di intonacature e pitturazione di muro a confine, il giudice può ordinare che lo stesso proprietario permetta l'esecuzione dei relativi lavori con provvedimento di urgenza" (cfr. Pretura Nola, 5 aprile 1994).

Gian Pietro G. chiede
mercoledì 06/05/2015 - Liguria
“il muro di contenimento del fondo superiore ha la parte alta che termina al livello del suo suolo. Sul mio piccolo terreno, piu' basso di circa 3 m. ha inizio il muro di contenimento su menzionato.Sulla testa di questo muro il proprietario ha costruito una ringhiera protettiva. Vorrei sapere se il costo delle ringhiera e ripartibile fra i due proprietari.”
Consulenza legale i 11/05/2015
Supponiamo nel caso di specie che il dislivello tra i fondi abbia origine naturale e che ci si trovi in una zona abitata.
In questo caso, si fa applicazione dell'art. 887 c.c., il quale sancisce che il proprietario del fondo superiore deve sopportare per intero le spese di costruzione e conservazione del muro dalle fondamenta all'altezza del proprio suolo, ed entrambi i proprietari devono contribuire per tutta la restante altezza.

L'articolo in commento pone una presunzione semplice di comproprietà del muro, salvo il diritto degli interessati di provare con ogni mezzo (e il potere del giudice di raggiungere il relativo convincimento anche per via presuntiva) la proprietà esclusiva del muro a favore del proprietario del fondo sopraelevato o di quello sottostante, a seconda che il muro sia stato costruito interamente sul suolo di uno soltanto dei due confinanti, allo scopo, rispettivamente, di contenere il fondo sopraelevato o di realizzare una struttura necessaria o utile per il fondo a valle (v. Cass. civ. 29.10.2001, n. 13406 e 11.8.1980, n. 4924).
La dottrina e la giurisprudenza meno recente, al contrario, ritenevano, sulla scorta della suddivisione delle spese prevista dall'art. 887, che il muro che, fra fondi a dislivello, assolve la duplice funzione di sostegno del fondo superiore (con la parte bassa) e di divisione tra i due immobili (con la sua parte più alta), si presume di proprietà esclusiva del titolare del fondo superiore, dalle fondamenta sino al livello del piano di campagna di tale fondo e di proprietà comune tra i titolari dei fondi finitimi, nella parte sovrastante detto livello.

Di fatto, la parte di muro che parte dal suolo del fondo superiore, costituisce un muro di cinta, a differenza del muro che sostiene il terrapieno, che deve considerarsi come muro di fabbrica. Certamente, in base all'art. 887, le spese della parte di muro che "fuoriesce" dal fondo superiore vanno ripartite tra entrambi i proprietari confinanti, in considerazione della finalità divisoria assolta da questa porzione di muro, con pari utilità per i due fondi. Ma la ringhiera si considera muro?

Anche se l'art. 887 non ci dice nulla in proposito, è possibile guardare alla interpretazione della giurisprudenza in tema di definizione del muro di cinta in generale (v. art. 878 del c.c.).

Viene considerato muro di cinta il muro isolato (con entrambe le facce a vista), destinato allo scopo di delimitare la linea di confine tra proprietà limitrofe e con altezza non superiore a tre metri (solo ai fini delle distanze legali: se l'altezza è superiore, il muro diventa assoggettabile alla disciplina delle distanze tra le costruzione e quindi non può essere arbitrariamente posto sul confine).
Quanto ai materiali di costruzione, poiché lo scopo è anche quello di proteggere la proprietà da intrusioni, si considera normalmente "muro" la costruzione eretta in muratura (composta, cioè, di pietre, mattoni, cemento, formata con gettata di calcestruzzo, ...), cioè che abbia una certa solidità e volume. La giurisprudenza, in casi non frequenti, ha ritenuto muro anche un recinto o un divisorio in rete metallica, fissato stabilmente al suolo con pali di ferro e cemento, purché la costruzione abbia carattere permanente (es. uno zoccolo in muratura con rete metallica infissa, Cass. civ. 2129/1973).

Quindi, se la ringhiera apposta dal proprietario del fondo superiore ha caratteristiche tali da potersi considerare un muro di cinta, il vicino potrà pretendere che le spese siano ripartite anche con il proprietario del fondo inferiore.
Se, al contrario, la ringhiera è bassa, priva dei caratteri essenziali del muro di cinta, il vicino non sarà obbligato a partecipare alla spesa. In sostanza, si dovrebbe fare applicazione dell'art. 886 del c.c., che impone al vicino di contribuire per metà nella spesa di costruzione di muri di cinta che separano le rispettive case, i cortili e i giardini posti negli abitati.

Alessandro B. chiede
lunedì 02/02/2015 - Lazio
“Faccio presente di essere proprietario di un fondo posto ad un livello superiore (circa 3 mt) rispetto a quello del mio confinante. In caso di dislivello non di origine naturale ma creato artificialmente, per opere di scavo o sbancamento effettuate dal proprietario del fondo inferiore, la Cassazione ha affermato che l’art. 887 c.c non trova applicazione poiché spetta a chi ha creato il dislivello farsi carico della realizzazione del muro di contenimento.
In proposito, vorrei sapere se tale obbligo che il consolidato orientamento giurisprudenziale fa gravare sul proprietario del fondo inferiore che ha eseguito lo sbancamento:
1) si trasmette anche in capo all’erede laddove l’autore dello sbanco sia deceduto senza aver prima provveduto a realizzare il muro?
2) si trasmette anche in capo all’acquirente laddove l’autore dello sbanco abbia venduto il terreno senza aver prima provveduto a realizzare il muro?”
Consulenza legale i 04/02/2015
Come giustamente indicato nel quesito, la giurisprudenza di legittimità è concorde nel ritenere che l'art. 887 c.c. trova applicazione esclusivamente nei casi in cui il dislivello tra due fondi abbia origine naturale.
Nel caso di dislivello di origine artificiale, l'obbligo di costruzione e manutenzione del muro di sostegno incombe sul proprietario che lo abbia causato: nel caso di specie, il proprietario del fondo inferiore.

Per rispondere alle domande poste nel quesito, si deve indagare la natura dell'obbligo sorto in capo a colui che ha dato origine al dislivello.
Secondo l'orientamento che appare maggioritario nella giurisprudenza di legittimità, non si tratterebbe di una obbligazione propter rem, connessa alla titolarità del fondo, quindi trasmissibile per atti tra vivi o per successione mortis causa.
Sarebbe, al contrario, un'obbligazione personale del soggetto che ha creato il dislivello: più precisamente, egli risponderebbe nei confronti del confinante per responsabilità extracontrattuale (art. 2043 del c.c.), ove non provvedesse a realizzare il muro di contenimento ed esponesse quindi il vicino a pericoli di crollo o danni di altro tipo.

Di conseguenza, se l'autore dello sbanco fosse deceduto prima di realizzare il muro, l'erede sarebbe tenuto a sopportare il relativo onere solo laddove il diritto di credito del vicino fosse già entrato a far parte del "patrimonio" del defunto.
Di regola, infatti, fanno parte dell'eredità anche le obbligazioni extracontrattuali sussistenti in capo al de cuius al momento della sua morte. Quindi, se fosse già sorto il diritto al risarcimento del danno quando colui che ha creato il dislivello era morto, esso potrebbe essere fatto valere nei confronti degli eredi del de cuius, sempre che questi ne abbiano accettato l'eredità e la stessa sia "capiente" qualora abbiano accettato con beneficio d'inventario (se invece avessero accettato puramente e semplicemente nulla quaestio: risponderebbero anche con il loro patrimonio personale e quindi anche oltre il valore di quanto lasciato dal de cuius).

Quanto alla seconda domanda, l'obbligo di realizzare il muro sarà in capo all'avente causa dell'autore dello sbanco (cioè in capo a chi abbia acquistato il terreno) solo qualora questi lo abbia espressamente assunto, accollandoselo. Se ciò non è avvenuto e l'autore dello sbanco è ancora in vita, l'obbligazione continuerà a gravare su di lui, anche se non è più proprietario del terreno.

Resta inteso che il proprietario del fondo superiore che abbia a temere un danno dalla mancata costruzione del muro (es. crolli) potrà convenire in giudizio con l'azione di danno temuto (art. 1172 del c.c.) anche colui che abbia la disponibilità della cosa in quel momento - pur non essendo il creatore del dislivello - per ottenere un provvedimento rapido volto alla tutela immediata di una situazione di pericolo imminente. Si dovrà poi verificare a chi spettino le spese relative all'esecuzione delle opere necessarie ad ovviare il pericolo.

Teresa L. chiede
lunedì 01/08/2011 - Piemonte

“Se il dislivello è stato creato artificialmente dal proprietario del fondo inferiore ,chi deve provvedere al contenimento del terreno superiore che inizia a franare?”

Consulenza legale i 02/08/2011

La fattispecie prevista dall'art. 887 del c.c. presuppone che il dislivello tra i due fondi confinanti abbia un'origine naturale. Perciò, in tema di limitazioni legali della proprietà di fondi c.d."a dislivello" la disciplina prevista dall'art. 877 c.c. in tema di regime delle spese relative al muro di contenimento non trova applicazione quando il dislivello sia opera del proprietario del fondo inferiore, incombendo su quest'ultimo, in tal caso, l'onere della realizzazione e manutenzione del muro di sostegno della scarpata da lui stesso creata (e quindi resa maggiormente soggetta a smottamenti). Egli risponderà altresì ex art. 2053 del c.c. dei danni cagionati dalla rovina del muro di sostegno (così anche Cass. 07/4031).


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