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Articolo 817 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Pertinenze

Dispositivo dell'art. 817 Codice Civile

Sono pertinenze le cose destinate in modo durevole(1) a servizio o ad ornamento di un'altra cosa.

La destinazione(2) può essere effettuata dal proprietario della cosa principale o da chi ha un diritto reale(3) sulla medesima(4).

Note

(1) La destinazione deve essere caratterizzata dal requisito della durevolezza, intesa nel senso che, pur non essendo necessarie la perpetuità e la permanenza, il rapporto pertinenziale non può essere nè occasionale nè temporaneo.
(2) La pertinenza è caratterizzata dall'oggettiva destinazione di una cosa a servizio od ornamento di un'altra e dalla volontà, del titolare della cosa principale (o di altro legittimato) orientata alla costituzione di un rapporto di complementarità e strumentalità tra le cose. Molto dibattuta è la questione relativa alla destinazione a pertinenza, si discute cioè se essa possa essere attuata dal proprietario di entrambe le cose, o dal solo proprietario della cosa principale. I giudici ritengono che la destinazione a pertinenza possa essere impressa solo da chi è proprietario o titolare di un diritto reale su entrambe le cose (v. art. 819 del c.c.).
(3) La giurisprudenza e la dottrina hanno ricompreso nel novero di soggetti legittimati a dar vita ad un rapporto pertinenziale anche i titolari di servitù personali e il possessore (1141).
(4) Vedasi a questo proposito l' art. 26 u.c. della l. 1985, n. 47, il quale prevede che gli spazi deputati a parcheggio di cui all'art. 18 della l. 1967, n. 765 sono pertinenze delle abitazioni ai sensi e per gli effetti degli artt. 817, 818, 819 del codice civile. Su tale questione cfr. anche art. 41 sexies, l. 1942, n. 1150, nonché la l. 1989, n. 122.

Ratio Legis

La pertinenza si differenzia dalla cosa accessoria perchè nella prima c'è un vincolo di destinazione durevole, la seconda non è, invece, legata in modo stabile alla cosa principale (nell'automobile, a titolo esemplificativo, è cosa accessoria la ruota di scorta). Ne è conferma che alle cose accessorie non si applica l'art. 818 c.c.

Brocardi

Ea quae perpetui usus causa in aedificiis sunt, aedificii sunt
Instrumenta domus
Instrumentum fundi, non personae

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

390 Come ho già rilevato, la categoria delle pertinenze supplisce alla eliminazione degli immobili per destinazione; ma la categoria ha una sfera di applicazione più ampia, in quanto abbraccia più generalmente il rapporto tra cosa principale e cosa accessoria. Sono pertinenze, secondo la nozione che ne dà l'art. 817 del c.c., le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un'altra cosa. Occorre quindi, perché si abbia pertinenza, che la destinazione non sia transitoria od occasionale, ma abbia carattere di stabilità. La destinazione può essere effettuata così dal proprietario della cosa principale come da ogni altro titolare di un diritto reale di godimento sulla cosa medesima. Resta così escluso che il rapporto pertinenziale possa essere creato dalla volontà del conduttore. Tale esclusione, sulla quale non è mancato qualche dubbio, trova la sua ragione decisiva nel fatto che gli effetti del rapporto pertinenziale non si possono verificare nel caso in cui la destinazione sia opera del conduttore e che per l'unico aspetto praticamente rilevante del problema, e cioè per la impignorabilità relativa delle cose destinate alla coltivazione del fondo, ha provveduto con una disposizione generale il codice di procedura civile (art. 513 del c.p.c., secondo comma). Al collegamento economico della pertinenza con la cosa principale è correlativo il collegamento giuridico: gli atti e i rapporti giuridici che hanno per oggetto la cosa principale comprendono anche le pertinenze, se non è diversamente disposto (art. 818 del c.c., primo comma). Per altro, dato che le pertinenze non divengono parti della cosa principale, ma conservano la loro individualità giuridica, nella stessa guisa che conserva la propria individualità ciascuna cosa mobile nella universalità di mobili, esse, come aggiunge il secondo comma dell'art. 818, possono formare oggetto di separati atti o rapporti giuridici. A tutela dei terzi che abbiano anteriormente acquistato diritti sulla cosa principale e quindi anche sulla cosa destinata al servizio della medesima, l'ultimo comma dell'art. 818 dichiara loro inopponibile la cessazione della qualità di pertinenza. La costituzione del rapporto di pertinenza non può pregiudicare, com'è ovvio, i preesistenti diritti che i terzi abbiano sulla cosa che è posta in relazione di subordinazione rispetto ad un'altra. Ho avuto cura di regolare l'ipotesi di collisione di tali diritti con quelli acquistati dai terzi successivamente alla costituzione del rapporto pertinenziale. L'art. 819 del c.c. dirime il conflitto, dichiarando inopponibili ai terzi di buona fede i diritti preesistenti se questi non risultano da scrittura avente data certa anteriore, quando la cosa principale è un bene immobile o un bene mobile iscritto in pubblici registri. Non si fa menzione dell'ipotesi in cui la cosa principale sia un bene mobile non iscritto in pubblici registri, poiché per tale ipotesi provvedono i principi stabiliti in tema di possesso.

Massime relative all'art. 817 Codice Civile

Cass. civ. n. 6281/2023

In tema di imposta comunale sugli immobili, il contribuente, in sede di dichiarazione, è chiamato a fare una precisa scelta rispetto all'esistenza del vincolo di pertinenzialità di un immobile. Pertanto, ove nella dichiarazione non abbia evidenziato l'esistenza di una pertinenza, non può addurre il predetto vincolo nel giudizio di impugnazione dell'atto impositivo. Infatti, la scelta di destinare l'area a servizio dell'immobile principale, per assumere rilievo, deve essere necessariamente esplicitata.

Cass. civ. n. 12866/2022

Gli accessori pertinenziali di un bene immobile devono ritenersi compresi nel suo trasferimento, anche nel caso di mancata indicazione nell'atto di compravendita, essendo necessaria un'espressa volontà contraria per escluderli, senza che possa in tal senso interpretarsi il riconoscimento, in capo all'acquirente, di una servitù di passaggio sulla comproprietà del bene accessorio (nella specie un cortile), potendo essa giustificarsi nell'intenzione di assicurare un vantaggio per la proprietà esclusiva dell'acquirente, eccedente i limiti di comproprietà ex art. 1102 c.c., posto a carico della comunione residua.

Cass. civ. n. 12440/2022

Poiché il rapporto pertinenziale postula, a norma dell'art. 817 c.c., la volontà dell'avente diritto di destinare durevolmente una cosa (bene accessorio) al servizio di un'altra (bene principale), nell'ipotesi di alienazione a soggetti diversi, per quote separate, del bene principale e della corrispondente parte del bene accessorio, la permanenza del suindicato rapporto è configurabile (nel concorso dei requisiti di cui al citato art. 817 c.c. ed in difetto di una contraria volontà dei nuovi aventi diritto) solo tra le frazioni concrete del bene principale e di quello accessorio attribuite al medesimo acquirente, mentre la conservazione dell'originario vincolo tra i due beni, a carico di ciascuno degli altri acquirenti delle frazioni della pertinenza ed a favore di ciascuno degli acquirenti delle frazioni del bene principale, non può che conseguire all'assunzione degli obblighi di carattere personale o ad altra costituzione di servitù, anche non pattizie.

Cass. civ. n. 1471/2022

In ipotesi di alienazione di un bene immobile unitamente ad una sua pertinenza senza alcuna menzione di quest'ultima nella nota di trascrizione, ove l'autore provveda ad una successiva alienazione del solo bene pertinenziale con tempestiva trascrizione, il secondo avente causa che non trovi trascritto l'acquisto dell'immobile pertinenziale contro l'alienante, ma trovi solo la trascrizione del bene principale, può avvalersi di questo difetto per fare prevalere il proprio acquisto limitatamente alla pertinenza, indipendentemente da ogni indagine sulla buona o malafede.

Cass. civ. n. 20911/2021

Il vincolo pertinenziale tra la cosa accessoria e la cosa principale cessa quando viene oggettivamente meno la destinazione funzionale tra i due beni e quando l'avente diritto, con atto volontario, dispone separatamente della pertinenza, senza che, in tal caso, sia necessaria un'espressa e formale dichiarazione della volontà della nuova e diversa destinazione della cosa.

L'accertamento del rapporto pertinenziale tra due immobili - che comporta un giudizio di fatto demandato al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, se sorretto da congrua e corretta motivazione - presuppone l'esistenza, oltre che di un unico proprietario, di un elemento oggettivo, consistente nella oggettiva destinazione del bene accessorio ad un rapporto funzionale con quello principale e di un elemento soggettivo, consistente nell'effettiva volontà, espressa o tacita, di destinazione della "res" al servizio o all'ornamento del bene principale, da parte di chi abbia la disponibilità giuridica ed il potere di disporre di entrambi i beni. Ne consegue che siffatto vincolo non può essere costituito dal conduttore.

Cass. civ. n. 9383/2020

La natura del sottotetto di un edificio è, in primo luogo, determinata dai titoli e, solo in difetto di questi ultimi, può presumersi comune, se esso risulti in concreto, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, oggettivamente destinato, anche solo potenzialmente, all'uso comune o all'esercizio di un servizio di interesse comune; il sottotetto può considerarsi, invece, pertinenza dell'appartamento sito all'ultimo piano solo quando assolva all'esclusiva funzione di isolare e proteggere dal caldo, dal freddo e dall'umidità, e non abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l'utilizzazione come vano autonomo. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 26/05/2014).

Cass. civ. n. 14229/2019

La nozione di pertinenze, contenuta nell'art. 12, comma 3, della l.p. Trento n. 6 del 1993, che testualmente include tra le aree edificate quelle sulle quali insistono le costruzioni e le loro strette pertinenze, non evoca le categorie proprie della disciplina urbanistica del territorio ma va intesa con riferimento alle aree poste a servizio ed ornamento della cosa principale senza però costituirne parte integrante ed elemento indispensabile alla sua esistenza, continuando invece a godere di una propria individualità fisica e giuridica. L'esistenza di tale rapporto pertinenziale non comporta necessariamente l'applicabilità dell'istituto dell'espropriazione parziale, il quale presuppone che la parte residua del fondo sia strettamente collegata con quella espropriata da un vincolo strumentale ed obiettivo, tale da conferire all'intero immobile una unità economica e funzionale suscettibile di restare oggettivamente pregiudicata dal distacco di una sua parte.

Cass. civ. n. 13507/2019

Per la costituzione del vincolo pertinenziale è necessario, oltre al requisito soggettivo dell'appartenenza di entrambi al medesimo soggetto, anche un elemento oggettivo, consistente nella materiale destinazione del bene accessorio ad una relazione di complementarità con quello principale. Ciò posto, è da escludere la natura di pertinenza delle suppellettili, degli arredi e dei mobili che riguardino esclusivamente la persona del titolare del diritto reale sulla cosa principale e non la cosa in sè considerata, dovendosi, di regola, negare la natura pertinenziale dei mobili che arredano un immobile, a meno che non siano destinati durevolmente all'ornamento di questo.

Cass. civ. n. 12731/2019

Ai fini della sussistenza del vincolo pertinenziale avuto riguardo alle cd. pertinenze "urbane" e, in specie, ai beni mobili posti ad ornamento di edifici, è necessaria la presenza del requisito oggettivo dell'idoneità del bene a svolgere la funzione di servizio od ornamento rispetto ad un altro, ponendosi in collegamento funzionale o strumentale con questo, nonché del requisito soggettivo dell'effettiva volontà dell'avente diritto di destinare durevolmente il bene accessorio a servizio od ornamento del bene principale; sicché, di regola, va esclusa la natura di pertinenza delle suppellettili, degli arredi e dei mobili che riguardino esclusivamente la persona del titolare del diritto reale sulla cosa principale e non la cosa in sé considerata. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la sussistenza di tale vincolo tra un immobile e due specchiere affermando che queste ultime costituivano beni mobili non inseriti stabilmente nella struttura muraria dell'edificio e che l'atto di trasferimento dell'immobile aveva consapevolmente escluso che la vendita riguardasse anche le specchiere).

Cass. civ. n. 27636/2018

La costituzione del rapporto pertinenziale presuppone che il proprietario della cosa principale abbia anche la piena disponibilità della pertinenza; in difetto, la destinazione di una cosa al servizio di un'altra può avere luogo solo in forza di un rapporto obbligatorio convenzionalmente stabilito tra il proprietario della cosa principale e quello della cosa accessoria.

Cass. civ. n. 869/2015

La costituzione del vincolo pertinenziale presuppone un elemento oggettivo, consistente nella materiale destinazione del bene accessorio ad una relazione di complementarità con quello principale, e un elemento soggettivo, consistente nella effettiva volontà del titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale sui beni collegati di destinare il bene accessorio al servizio o all'ornamento del bene principale, ma non si traduce in un modo di acquisto della proprietà, sicché è comunque necessario l'accertamento del diritto dominicale sulla cosa accessoria. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che una volta accertata la destinazione a pertinenza da parte dell'unico proprietario del bene principale e di quello accessorio l'omessa menzione del bene destinato a pertinenza in un decreto di trasferimento emesso a seguito di procedimento espropriativo non impedisse l'operatività dell'art. 2912 cod. civ.)

Cass. civ. n. 27302/2013

È ammissibile la costituzione di una pertinenza in comunione, al servizio di più immobili appartenenti in proprietà esclusiva ai condomini della pertinenza stessa, in quanto l'asservimento reciproco del bene accessorio comune consente di ritenere implicitamente sussistente la volontà dei comproprietari di vincolare lo stesso in favore delle rispettive proprietà esclusive. (In applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva ritenuto valida la determinazione con cui i proprietari di singole unità immobiliari, facenti parte di un medesimo edificio, avevano destinato, sia pure solo "per facta concludentia", l'area circostante a giardino pertinenziale delle rispettive proprietà individuali).

Cass. civ. n. 12855/2011

Ai fini della sussistenza del vincolo pertinenziale tra bene principale e bene accessorio è necessaria la presenza del requisito soggettivo dell'appartenenza di entrambi al medesimo soggetto nonché del requisito oggettivo della contiguità, anche solo di servizio, tra i due beni, ai fini del quale è necessario che il bene accessorio arrechi una "utilità" al bene principale e non al proprietario di esso. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di appello che aveva escluso la pertinenzialità tra un immobile condominiale ed un'autorimessa privata in quanto appartenenti a lotti diversi ed aveva stabilito che il garage dovesse essere arretrato in osservanza della norma contenuta nel P.R.G. di Vicenza).

Cass. civ. n. 19157/2005

La destinazione durevole di una cosa al servizio di un'altra dà luogo ad un rapporto pertinenziale ai sensi dell'art. 817 c.c. solo se effettuata dal proprietario o dal titolare di un diritto reale di godimento su entrambe le cose, che intenda con un atto di disposizione della cosa (elemento soggettivo) collegarla ad un'altra in modo da farne un'entità strutturale; pertanto qualora le cose appartengano a due proprietari diversi, la destinazione dell'una a servizio dell'altra può avvenire solo in forza di un rapporto obbligatorio convenzionalmente stabilito tra il proprietario della cosa principale e quello della cosa accessoria, mentre, allorquando la destinazione di una cosa a servizio dell'altra, pur in presenza della proprietà dell'una e dell'altra in capo allo stesso soggetto, venga fatta da colui che abbia in locazione la cosa principale con la sola tolleranza o la mera conoscenza del proprietario locatore, il vincolo pertinenziale è escluso per difetto del suddetto elemento soggettivo. (Nella specie la S.C. in applicazione dei principi soprariportati ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso il rapporto pertinenziale relativamente ad un'area nuda, non formalmente inclusa nel contratto di locazione e di proprietà dello stesso locatore, utilizzata quale parcheggio dal conduttore di un ristorante con la consapevolezza e la tolleranza da parte del locatore dello specifico uso che di questo bene veniva fatto dal conduttore. Il rapporto era stato invocato dal conduttore in funzione dell'estensione all'area del riscatto ex art. 39 legge n. 392 del 1978).

Cass. civ. n. 9563/2005

Per la costituzione del vincolo pertinenziale sono necessari un elemento oggettivo, consistente nella materiale destinazione del bene accessorio in una relazione di complementarità con quello principale, e un elemento soggettivo, consistente nella effettiva volontà, del titolare del diritto di proprietà, o di altro diritto reale sui beni collegati, di destinazione della res al servizio o all'ornamento del bene principale. (Nella specie, relativa a un vano terraneo accessorio ad un edificio condominiale inizialmente eretto da unico costruttore, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva affermato la pertinenzialità di detto vano rispetto all'edificio esclusivamente sulla base dell'esistente rapporto di complementarità, senza indagare gli elementi dai quali poteva ritenersi che il costruttore lo avesse destinato a servizio dell'intero fabbricato).

Cass. civ. n. 12983/2002

Ai fini della sussistenza del vincolo pertinenziale tra bene principale e bene accessorio è necessaria la presenza del requisito soggettivo dell'appartenenza del bene accessorio e del bene principale in proprietà al medesimo soggetto, nonché del requisito oggettivo della contiguità, anche solo di servizio, tra i due beni, ai fini del quale il bene accessorio deve arrecare una «utilità» al bene principale, e non al proprietario di esso.

Cass. civ. n. 2473/2000

In tema di pertinenze, tra le singole unità immobiliari di proprietà esclusiva dei condomini e le relative aree di parcheggio esiste un vincolo pertinenziale ex lege, previsto dalla norma di cui all'art. 26 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (a mente della quale «gli spazi di cui all'art. 18 della legge 765/67 costituiscono pertinenze delle costruzioni, ai sensi degli artt. 817, 818 ed 819 c.c.).

Cass. civ. n. 2016/1998

Allorché i vani posti al servizio esclusivo di un bene immobile — come nel caso della cucina, bagno e soffitta — sono essenziali al suo completamento, manca il vincolo di subordinazione tra l'accessorium e il principale, richiesto dall'art. 817 c.c., ed è perciò esclusa la loro natura pertinenziale, essendo invece parti che concorrono, pariteticamente e unitariamente, all'utilizzazione funzionale di tale immobile in relazione alla sua destinazione.

Cass. civ. n. 370/1997

In tema di locazione di immobili urbani, sussiste la presunzione di un rapporto pertinenziale, a norma dell'art. 817 c.c., tra l'appartamento destinato ad abitazione ed il posto macchina sito nell'autorimessa condominiale, qualora gli immobili appartengano al medesimo proprietario, siano ubicati nello stesso edificio, siano concessi in locazione — anche se con separati contratti — allo stesso conduttore, ed il posto macchina risulti destinato a soddisfare le esigenze della famiglia alloggiata nell'appartamento; ne consegue che il rapporto locativo del posto-macchina, il cui uso si attua in funzione di pertinenza dell'abitazione, va assoggettato allo stesso regime giuridico relativo alla locazione di tale secondo immobile.

Cass. civ. n. 1327/1996

Mentre il rapporto pertinenziale ex lege che si costituisce tra il fabbricato e l'area da destinare a parcheggio trova la sua fonte nella norma imperativa che determina ed impone l'esistenza dell'inderogabile vincolo pubblicistico di servizio con il fabbricato, l'eventuale rapporto pertinenziale che sussiste tra lo stesso fabbricato e la superficie eccedente quella vincolata è geneticamente collegato solo ai modi ordinari con cui esso si costituisce, ossia secondo la effettiva destinazione della cosa e secondo la volontà del proprietario.

Cass. civ. n. 5262/1993

Perché il vincolo pertinenziale, tra due beni autonomi e distinti, siano essi mobili o immobili, possa costituirsi e il relativo regime — che postula l'esclusività della funzione accessoria — possa funzionare, è necessario che il proprietario della cosa principale abbia la piena disponibilità anche della cosa accessoria e che la destinazione pertinenziale, specie quando essa derivi da un atto non negoziale, sia attuale ed effettiva e non meramente potenziale, dovendo risultare da un comportamento oggettivamente valutabile. Pertanto, non ricorre un vincolo pertinenziale, ma semmai un rapporto di comproprietà o di servitù, nell'ipotesi di un immobile contemporaneamente adibito a servizio di diversi altri immobili, appartenenti a proprietari diversi, né tale vincolo sussiste quando il collegamento funzionale sia previsto solo in prospettiva futura, come in un progetto finalizzato all'edificazione con riguardo ad immobili poi venuti ad esistenza in capo a diversi proprietari.

Cass. civ. n. 6025/1991

Il rapporto pertinenziale tra due cose ex art. 817 c.c. presuppone la destinazione in modo durevole di una cosa a servizio od ornamento di un'altra, senza che sia sufficiente, per la sussistenza di tale rapporto, solo la teorica possibilità che una cosa possa eventualmente servire all'altra, al fine di renderla più utile o più amena.

Cass. civ. n. 7655/1990

La costituzione del rapporto pertinenziale presuppone che il proprietario della cosa principale abbia anche la piena disponibilità della pertinenza; ove tale presupposto faccia difetto, la destinazione di una cosa al servizio di un'altra può avere luogo solo in forza di un rapporto obbligatorio costituito tra i rispettivi proprietari.

Cass. civ. n. 2278/1990

Il vincolo pertinenziale, il quale può sussistere anche fra beni immobili, assume rilevanza giuridica non soltanto nel caso in cui il contratto che lo riguarda sia di natura obbligatoria, ma anche nel caso in cui il detto contratto sia ad effetti reali, non consentendo l'ampia dizione degli artt. 817 e 818 c.c. alcuna limitazione al riguardo.

Le pertinenze a norma dell'art. 817 c.c. sono le cose che pur essendo destinate in modo durevole al servizio o ad ornamento di altra cosa (principale) possono formare oggetto di separati atti e rapporti giuridici (art. 818). Il rapporto tra cosa principale e cosa accessoria (diversamente dall'incorporazione) è preso in considerazione dalla legge non come rapporto di connessione materiale o strutturale ma come rapporto economico e giuridico di strumentalità e complementarità funzionale, sicché non è necessario che il vincolo pertinenziale dia luogo ad un quid novi, cioè ad una nuova individualità (come avviene nell'incorporazione), né alla configurazione di una nuova utilità diversa dalla somma o anche dalla sintesi dell'utilità fornita dai due beni singolarmente considerati, essendo destinata la pertinenza al servizio o ad ornamento della cosa principale per renderne possibile una migliore utilizzazione o godimento, o per aumentarne il decoro.

Cass. civ. n. 3103/1989

Ai sensi dell'art. 817 c.c., l'esistenza del vincolo pertinenziale tra due beni richiede la presenza di un elemento oggettivo, consistente nella destinazione di un bene al servizio o all'ornamento di un altro, ed un elemento soggettivo, costituito dalla rispondenza di tale destinazione all'effettiva volontà dell'avente diritto di creare il predetto vincolo di strumentalità e complementarietà funzionale.

Cass. civ. n. 2615/1986

Poiché il vincolo pertinenziale, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 817 e 818 c.c., postula la destinazione in modo durevole, attuale ed effettivo della cosa accessoria a quella principale ad opera del proprietario di entrambe (o dal titolare di altro diritto reale) siffatto vincolo non può essere costituito dal conduttore con riguardo a due diverse entità immobiliari — costituite rispettivamente da un locale per il ricovero dell'autovettura e da una casa di abitazione — appartenenti a distinti proprietari ancorché gli immobili siano tra loro in relazione materiale. Conseguentemente il contratto di locazione relativo al detto locale integra un rapporto autonomo relativo ad immobile ad uso non abitativo, distinto da quella concernente l'abitazione.

Cass. civ. n. 132/1985

Poiché al fine della configurazione del rapporto pertinenziale sono necessari un elemento oggettivo, inteso nel senso che la cosa accessoria deve essere posta in una relazione di complementarietà funzionale con la cosa principale, e un elemento soggettivo, consistente in un atto dispositivo, cioè nella volontà effettiva del titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale sui beni collegati, di destinare durevolmente la cosa accessoria al servizio all'ordinamento di quella principale, tale atto non può essere ravvisato nel mero silenzio serbato dal proprietario-locatore rispetto alla oggettiva destinazione data dal conduttore a distinti locali ad esso concessi separatamente in locazione. (Nella specie, la C.S. in base all'enunciato principio ha confermato la decisione del merito che aveva escluso il vincolo pertinenziale tra i locali in locazione e, di conseguenza, l'applicabilità dell'art. 5 della L. 27 gennaio 1963, n. 19 sulla facoltà del conduttore di sublocazione degli immobili insieme all'azienda).

Cass. civ. n. 6671/1984

Al fine della configurabilità del vincolo pertinenziale (art. 817 c.c.) sotto il profilo della durevole destinazione di una cosa al servizio di un'altra, è necessario che l'utilità sia oggettivamente arrecata dalla cosa accessoria a quella principale e non al proprietario di questa, dovendo le pertinenze servire all'utilità della cosa e non anche a quella meramente personale del dominus della stessa. (Nella specie, in applicazione del suesposto principio, la C.S. ha confermato la decisione del giudice del merito, con cui si è escluso che costituisca pertinenza di una farmacia l'appartamento che il proprietario della stessa abbia costruito come sua abitazione per raggiungere da essa più rapidamente il luogo di lavoro).

Cass. civ. n. 2748/1978

Qualora i proprietari di due edifici limitrofi si accordino nel destinare alcune parti dei rispettivi immobili, in modo durevole, all'installazione di un comune impianto per il riscaldamento di entrambi gli edifici, la concreta realizzazione di tale destinazione assoggetta quelle porzioni, ai sensi dell'art. 817 c.c., a vincolo pertinenziale a servizio dell'intero complesso, e, pertanto, conferisce a ciascun proprietario il diritto di accedere alíe porzioni medesime per le necessarie attività di sorveglianza e manutenzione dell'impianto.

Cass. civ. n. 622/1977

L'elemento distintivo fra i concetti di parte di una cosa e di pertinenza non consiste nell'esistenza o meno di una relazione di congiunzione fisica, bensì in un diverso atteggiamento del collegamento funzionale il quale consiste, per la parte, nella necessità di questa per completare la cosa, affinché soddisfi i bisogni cui è destinata, come sentiti in un determinato momento storico ed in una data società; per la pertinenza, invece, in un servizio od ornamento che la pertinenza realizza per una cosa già completa ed utile di per sé.

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Consulenze legali
relative all'articolo 817 Codice Civile

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PATRIZIA S. chiede
lunedì 29/03/2021 - Emilia-Romagna
“Abito in un edificio unifamiliare in qualità di usufruttuaria.
L'abitazione è sprovvista di garage.
Vorrei acquistare nelle immediate vicinanze un ampio ambiente seminterrato (mq 212), attualmente di categoria C3 (ex laboratorio artigianale), con l'intenzione di modificarne la destinazione d'uso in garage per farlo diventare un C6 pertinenza della mia abitazione.
Sarà un cambio di destinazione d'uso con opere poiché a tal fine occorre allargare l'ingresso.
Ai fini fiscali il C3 diventato C6, del quale risulterò piena e unica proprietaria, potrà essere considerato pertinenza della mia abitazione della quale risulto soltanto usufruttuaria?
L'ampiezza dell'ambiente (mq 212) potrebbe risultare un problema?”
Consulenza legale i 06/04/2021
In base all’art. 817 del c.c. costituiscono pertinenzele cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un’altra cosa. La destinazione può essere effettuata dal proprietario della cosa principale o da chi ha un diritto reale sulla medesima”.

Due sono gli elementi richiesti al fine di qualificare un bene come pertinenza:
- un elemento oggettivo, consistente nella destinazione di un bene al servizio o all’ornamento di un altro;
- e un elemento soggettivo, costituito dalla rispondenza di tale destinazione all’effettiva volontà dell’avente diritto (proprietario o titolare di diritto reale) di creare il predetto vincolo di strumentalità e complementarità funzionale.

La giurisprudenza è abbastanza concorde nel considerare che la distinzione tra cose principali e pertinenze si fonda su un criterio non economico ma funzionale. A tal proposito, la Cassazione (sentenza n. 4242 del 19/7/82), ha affermato che la natura agricola di un terreno sul quale insista un fabbricato non può essere esclusa in base al semplice rilievo che il valore del fabbricato sia superiore a quello del terreno; pertanto, poco conta l’ampiezza dell’ambiente o il valore dello stesso in rapporto all’ampiezza o al valore del bene di cui lo stesso costituirà una pertinenza.

Il successivo art. 818 del c.c. prevede, poi, che gli atti e i rapporti giuridici che hanno per oggetto la cosa principale comprendono anche le pertinenze, se non è stato diversamente disposto, anche se, comunque, le pertinenze possono pure formare oggetto di separati atti e rapporti giuridici.
Sussiste pertanto, una presunzione legale per cui, salvo prova contraria, i rapporti relativi alla cosa principale si intendono estesi alle pertinenze.

Le predette disposizioni vengono richiamate anche sotto il profilo fiscale.
Con la risoluzione n. 149 dell’11 aprile 2008, l'Amministrazione finanziaria ha, infatti, affermato che:
- non esiste una definizione tributaria di pertinenza e, pertanto, anche in ambito fiscale occorre fare riferimento all’art. 817 del c.c.;
- affinché sussista il vincolo pertinenziale devono ricorrere i due elementi, quello soggettivo, rappresentato dalla volontà effettiva di creare un vincolo di strumentalità e complementarietà funzionale tra due beni e quello oggettivo, consistente nel rapporto funzionale corrente tra la cosa principale e quelle accessorie, di cui abbiamo parlato prima trattando della disciplina civilistica.

Anche sotto il profilo tributario vale, inoltre, la regola generale secondo cui ai beni pertinenziali si applica il medesimo regime fiscale dettato per il bene principale.
Ai fini dell’imposta di registro, invero, l’articolo 22 del Dpr n. 634/72, stabilisce che le pertinenze sono in ogni caso soggette alla disciplina prevista per il bene al cui servizio od ornamento sono destinate.
Inoltre, relativamente ai trasferimenti immobiliari, il Testo unico delle disposizioni in materia di imposta di registro, d.P.R. n. 131/86, all’24, dispone che le pertinenze si presumono trasferite all’acquirente dell’immobile, a meno che siano escluse espressamente dalla vendita o si provi, che appartengono a un terzo, o sono state cedute all’acquirente da un terzo.
In tema di agevolazioni prima casa, il comma 3 della nota II-bis, dell’articolo 1 della tariffa, parte prima, del Testo unico del registro, dispone che l’agevolazione “prima casa”, ricorrendo le condizioni di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1, spetta pure per l’acquisto “anche se con atto separato, delle pertinenze dell’immobile di cui alla lettera a).
Sono ricomprese tra le pertinenze, limitatamente a una per ciascuna categoria, le unità immobiliari classificate o classificabili nelle categorie catastali C/2 (cantine, soffitte, magazzini), C/6 (autorimesse, rimesse, scuderie) e C/7 (tettoie chiuse o aperte), che siano destinate di fatto in modo durevole a servizio della casa di abitazione oggetto dell’acquisto agevolato”.

L’agevolazione, quindi, si applica anche se detta pertinenza è situata in prossimità dell’abitazione principale, purchè la stessa risulti destinata in modo durevole al servizio della casa di abitazione.
L’agevolazione non si applica, invece, qualora la pertinenza non possa essere oggettivamente destinata in modo durevole a servizio o ornamento dell’abitazione principale, circostanza, quest’ultima, che normalmente ricorre, ad esempio, qualora il bene pertinenziale sia ubicato in un punto distante o addirittura si trovi in un Comune diverso da quello dove è situata la “prima casa”.

Ai fini Iva, qualora ricorrano le condizioni di cui alla citata nota II-bis, della tariffa, parte prima, d.P.R. n. 131/86, le agevolazioni per la prima casa vengono estese anche alle pertinenze di un immobile abitativo che sia stato precedentemente acquistato, purchè le stesse siano classificate o classificabili nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, limitatamente a una sola pertinenza per ciascuna categoria.
Il regime agevolato consiste nell’applicare l’aliquota Iva del 4 per cento al fabbricato strumentale che risulti imponibile al tributo, qualora esso sia destinato al servizio di un’abitazione acquistata in regime Iva con la medesima agevolazione, anche se acquistato con atto separato rispetto alla abitazione.
Tuttavia, come precisato con le circolari n. 19/E del 2001 e n. 12/E del 2007, qualora la pertinenza risulti esente da Iva, la relativa cessione usufruirà dell’agevolazione “prima casa” prevista ai fini dell’imposta di registro, anche se l’immobile principale abbia fruito del regime agevolato ai fini Iva in quanto imponibile.

In conclusione, quindi, l’acquisto, con atto separato, di un bene pertinenziale da parte dell’usufruttuario del bene principale non è preclusivo della destinazione dello stesso a pertinenza del bene principale se susistono le condizioni soggettive ed oggettive in precedenza indicate e, in relazione alle agevolazioni prima casa, a patto che si tratti di un bene riconducibile nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7.


Giovanni chiede
martedì 19/10/2010
“Quale è la differenza sostanziale della parola "pertinenza" e "proprietà".
Grazie”
Consulenza legale i 19/10/2010

La "proprietà" è un diritto, la pertinenza è una caratteristica di un bene che è destinato al servizio di un alto bene (detto principale).


P. M. chiede
mercoledì 13/09/2023
“Buongiorno, sono una donna di 44 anni che ha vissuto sempre con il padre invalido. Mio padre aveva due figlie: la sottoscritta e mia sorella. Mia madre è morta nel 2002, all'età di 65 anni per una malattia rara, la sindrome cerebellare paraneoplastica. Io avevo solo 22 anni, mia sorella 25, mio padre 70 anni. In seguito alla morte di mia madre, la successione della casa di famiglia fu ripartita nel modo seguente: 2/3 mio padre,1/6 mia sorella, 1/6 la sottoscritta. In seguito alla morte di mia madre si ammalò anche mio padre, prima di cuore (fu operato urgentemente al Gemelli, dove gli fu impiantato un pace maker), e successivamente di maculopatia degenerativa, diventando ipovedente (occhio destro: 2/10, occhio sinistro 0/10). Inoltrammo subito richiesta di invalidità. In prima istanza, nel 2007, fu dichiarato invalido al 100% da commissione medica. In seconda istanza, nel 2008, tramite ricorso al tribunale, invalido al 100% con diritto all'accompagno. Mia sorella si sposò nel 2009, andò a vivere 120 km da qui, e io rimasi con mio padre e mi presi cura di lui. L'anno successivo purtroppo mi ammalai anche io, fui ricoverata urgentemente per uno pseudotumor orbitario, e mi fu diagnosticata la sindrome di Sjogren, una malattia autoimmune che colpisce tutte le ghiandole esocrine del corpo. Così nel 2012 fui dichiarata invalida anche io, con una percentuale del 46%. Fui iscritta nella lista delle categorie protette. Nel 2016 vinsi un concorso, lavoravo fino a tarda sera, di sabato e domenica. Questo ruolo comportava anche lo spostamento tra Roma e Milano. Mi trovai in seria difficoltà, ero sola e non avevo nessuno che mi potesse aiutare con mio padre. Mio padre si rivolse a mia sorella, chiedendogli aiuto. Lei di risposta mi inviò una diffida con la quale si dichiarava senza soldi e senza reddito, quindi impossibilitata ad aiutare il padre. Mio padre da allora ruppe definitivamente i rapporti con la figlia e la cacciò di casa. Così mi accollai tutte le spese assistenziali di papà e le spese straordinarie dell'appartamento. All'inizio provai ad assumere dei badanti, però mi trovai in seria difficoltà per il lavoro che espletavo e la distanza tra la mia casa di famiglia e la sede di lavoro. Fui costretta a prendere la legge 104/1992 di corsa e il capo del personale fu costretto a spostarmi d'ufficio per la mia situazione familiare. Cosi' fui costretta, con gran dispiacere ad inserirlo in una struttura. Poiché tenevo molto a mio padre, lo inserì in una struttura privata di alto livello (dove mi accollai tutte le spese che questa struttura comportava). Lui si trovò molto bene qui, trovò una compagna, si legò ai figli alla famiglia di questa compagna. Era felice, e mi disse che non voleva più tornare a casa. Ovviamente io andavo a trovarlo spesso, e a volte siamo usciti con la famiglia della sua compagna (ristorante, etc). A dicembre del 2021 è caduto per terra, si è rotto il femore, ed è morto nel 16 gennaio 2022.Mio padre ha lasciato un testamento pubblico davanti a due testimoni, lasciando 2/3 del patrimonio alla sottoscritta, e 1/3 a mia sorella. Nel conto non ci sono titoli nè liquidità. Attualmente, io sono proprietaria della casa per 11/18, e mia sorella per 7/18 (casa era intestata a mio padre e mia madre). Ora io vorrei rilevare l'immobile per intero, liquidando 7/18 a mia sorella. Lei non vuole vendermi la sua quota, perchè pretende che io lo ristrutturi così l'immobile si alza di valore e lei possa lucrare sui miei sacrifici. Sto mettendo soldi da parte per iniziare una causa di divisione giudiziale, ma nel frattempo è sorto un altro problema. Poichè il mio quartiere è molto trafficato, da circa 15 anni tenevo la mia auto in un posto auto scoperto, pagando un affitto mensile. Purtroppo la proprietaria del posto auto scoperto mi ha appena comunicato che vuole vendere, e mi ha chiesto se sono disposta a comprarlo. Io vorrei acquistarlo perchè per me è di assoluta necessità, soprattutto quando torno di sera tardi da sola, ma quello che mi spaventa è che dichiarando il box pertinenziale all'immobile (è situato vicino all'appartamento), faccio il gioco di mia sorella. Nel senso che dovrò comprare l'immobile ad un prezzo maggiorato a causa del box che ho acquistato proprio io. Ora le mie domande sono queste:

1)Alla morte di mio padre noi due sorelle siamo entrate in successione esclusivamente per l'appartamento di famiglia. Se con atto successivo alla successione dell'immobile, io acquisto un posto auto scoperto dichiarandolo di pertinenza dell'immobile, si può valutare l'immobile cointestato alle due sorelle per effetto di successione, separatamente dal box auto pertinente di mia proprietà?

2)Se in causa di divisione giudiziale anche mia sorella chiedesse l'attribuzione dell'immobile, posso rischiare che il giudice proceda a sorteggio, perdendo l'immobile, nonostante io abbia la quota di 11/18 e lei la quota di 7/18?

3)Infine ultima domanda, lei cosa mi consiglia di fare con questo box auto?Avevo pensato di acquistarlo dichiarandolo non pertinenziale, ma così sarei costretta a pagare l'Imu e altre tasse credo. Dichiarandolo pertinenziale rischio di regalare ancora i miei sacrifici a mia sorella?
Spero con tutto il cuore in una sua risposta.”
Consulenza legale i 21/09/2023
Le questioni che si chiede di affrontare sono sostanzialmente due:
a) la prima concerne le modalità di gestione e divisione del bene in comproprietà;
b) la seconda, invece, concerne la possibilità di destinare un garage da acquistare a pertinenza di immobile in comproprietà e gli effetti che tale acquisto può avere sulla successiva divisione dell’immobile.

Per quanto concerne il primo problema, ci si lamenta del fatto che l’altra comproprietaria vorrebbe ristrutturare l’immobile ereditato al fine di far acquisire allo stesso un incremento di valore e così in qualche modo lucrarne in sede di divisione.
A tale riguardo può dirsi che nessuno dei comproprietari può vantare un diritto siffatto, in tal senso dovendosi argomentare dalle norme che il codice civile detta in tema di comunione in generale.
In particolare, dispone l’art. 1108 del c.c. che qualunque innovazione diretta “…al miglioramento della cosa o a renderne più comodo o redditizio il godimento…” può essere disposta soltanto con deliberazione della maggioranza dei partecipanti che rappresenti almeno i due terzi del valore complessivo della cosa comune.
Diversa è la situazione, invece, nel caso di spese necessarie per la conservazione della cosa, considerato che tali spese possono essere affrontate anche da un solo partecipante senza il consenso degli altri, con diritto al rimborso per colui che le ha sostenute.

Pertanto, finchè permane lo stato di comunione ereditaria, nessuno dei due partecipanti può pretendere l’esecuzione di opere di semplice miglioria sull’immobile senza il consenso dell’altro.
Nel momento in cui, invece, ci si deciderà a sciogliere la comunione, considerato che le parti sono comproprietarie per quote diverse, sarà possibile per colei che detiene la quota maggiore avvalersi del disposto di cui all’art. 720 c.c.
Presupposti per l’applicazione di tale norma sono i seguenti:
a) che oggetto di comunione sia un immobile non comodamente divisibile o il cui frazionamento possa recare pregiudizio alle ragioni della pubblica economia o dell’igiene;
b) che la divisione non possa realizzarsi senza il suo frazionamento;
c) che anche uno solo dei coeredi sia titolare di una quota maggiore rispetto agli altri.
Ebbene, se sussistono le suddette condizioni, colei che detiene la quota maggiore (ovvero la sorella che è proprietaria per 11/18) avrà tutto il diritto di chiedere al giudice, investito della causa di divisione, che l’immobile le venga assegnato per intero, assumendo su di sé l’obbligo di corrispondere all’altra comproprietaria una somma di denaro pari al valore della sua quota.
Tale norma costituisce una deroga a quanto disposto dall’art. 718 del c.c., il quale sancisce il principio di carattere generale secondo cui ciascun erede ha diritto di chiedere la sua parte in natura dei beni, mobili o immobili, che compongono l’eredità, facendo salve le disposizioni dettate dagli articoli che seguono, tra i quali vi è appunto l’art. 720 c.c.

Occorre precisare, rispondendo tra l’altro a quanto chiesto, che la richiesta di attribuzione del bene proveniente dal coerede titolare della quota maggiore vincola in genere il giudice alla pronuncia di assegnazione con addebito dell’eccedenza alla porzione dell’istante, salva ovviamente la comprovata esistenza di gravi motivi, concernenti l’interesse comune dei condividenti stessi (in tal senso Cass. n. 8629/1988).
In particolare, si legge in giurisprudenza che il giudice ha il potere discrezionale di derogare dal criterio della preferenziale assegnazione al condividente titolare della quota maggiore, purché assolva all'obbligo di fornire adeguata e logica motivazione della diversa valutazione di opportunità adottata (così Cass. 22663/2015), il che può avvenire, ad esempio, in considerazione dell'interesse personale prevalente dell'assegnatario, privo di un'unità immobiliare da destinare a casa familiare, a differenza del titolare della quota maggiore (così Cass. 24053/2008)
Per quanto attiene alla determinazione del valore di tale immobile, vale il disposto di cui all’art. 726 del c.c., secondo cui la stima deve essere riferita al tempo della divisione e non a quello dell'apertura della successione, tenendo conto di ogni elemento incidente sul valore di mercato del bene (così Cass.n. 6469/1982).

Il tema della stima induce ad affrontare la seconda questione che qui viene posta, ovvero quella descritta all’inizio di questa consulenza sub lettera b).
Il primo aspetto da esaminare concerne la possibilità di acquistare in via esclusiva un box auto destinandolo a pertinenza di un immobile in comproprietà.
Occorre innanzitutto precisare che la nozione di pertinenza trova adeguata formulazione nell’art. 817 del c.c., secondo il quale sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un’altra cosa, purché la destinazione sia opera del proprietario o di chi abbia un diritto reale sul bene principale.

Come si desume agevolmente dalla stessa definizione civilistica, il rapporto pertinenziale consta di un elemento oggettivo e di un elemento soggettivo.
Sotto il profilo oggettivo, per aversi pertinenzialità dal punto di vista logico occorre l’autonomia dei due beni (quello principale e quello accessorio) e quindi è indispensabile la pluralità.
Per quanto attiene ai profili soggettivi, si ritiene che l’indicazione fornita dal codice circa la relazione con la cosa principale, allorché stabilisce che la destinazione debba provenire dal suo proprietario o da chi su di esso vanti un diritto reale, circoscriva la cerchia dei legittimati al proprietario, all’enfiteuta, all’usufruttuario, all’usuario, all’abitatore, escludendosi che autore di essa possa essere il creditore ipotecario così come il titolare della servitù.

La circostanza, poi, che l’art. 817 c.c. utilizzi il plurale (“pertinenze”) per le cose accessorie ed il singolare (“un’altra cosa”) per la cosa principale, ha fatto sorgere il dubbio sulla configurabilità del rapporto pertinenziale allorchè una cosa acceda ad una pluralità di cose principali, così come in un caso come quello di specie, ovvero allorchè il bene principale appartenga in comproprietà a più soggetti e quello accessorio soltanto ad uno di essi.
Ebbene, sia la dottrina che la giurisprudenza ritengono ammissibile ed utile configurare il rapporto pertinenziale tra una cosa principale e più cose principali appartenenti ad una pluralità di soggetti (in buona sostanza, si ritiene plausibile che possa aversi pertinenzialità anche qualora il bene accessorio appartenga a Tizio e Caio, ciascuno dei quali, nel contempo, sia titolare di un distinto bene principale).
Nel diverso caso in cui, invece, sia il bene principale ad appartenere a Tizio e Caio, mentre il bene accessorio appartenga solo a Tizio, si ritiene che il nesso pertinenziale debba configurarsi come unilaterale, sicchè le vicende dei due beni possano considerarsi correlate soltanto allorchè a negoziare sia Tizio, titolare nel contempo sia del bene principale che di quello accessorio.

Da quanto fin qui osservato se ne deve far conseguire che l’acquisto del box auto da parte di una sola delle comproprietarie e la sua destinazione a pertinenza dell’immobile ereditario, oltre a doversi ritenere giuridicamente ammissibile, non può in alcun modo costituire elemento di cui tener conto ai fini della valutazione dell’immobile in sede di divisione, in quanto il rapporto di pertinenzialità che viene ad instaurarsi è soltanto unilaterale, ovvero a beneficio del solo comproprietario acquirente, non potendo essere invocato a proprio favore dalla sorella rimasta estranea a tale acquisto.