AUTORE:
Matteo Tavani
ANNO ACCADEMICO: 2025
TIPOLOGIA: Tesi di Laurea Magistrale
ATENEO: Universitą degli Studi della Tuscia
FACOLTÀ: Giurisprudenza
ABSTRACT
Il presente lavoro mira ad offrire uno sguardo generale sulla condizione giuridica delle res nel diritto romano, affrontando in particolare la categoria delle res humani iuris come prospettata dalla summa divisio rerum di Gaio (Gai inst. 2, 1-2). Da ultimo, si cercherà di ricostruire, in generale, il valore assunto nel diritto romano da quella particolare categoria di res che il Mommsen definì, a suo tempo, “senza né capo né coda”: le res communes omnium (D. 1, 8, 2 pr.-1 Marc. 3 inst.) . Si cercherà dapprima di circoscrivere ed identificare il significato tecnico di res, il che porterà necessariamente ad affrontare argomenti generali strettamente connessi a tale scopo: cosa significa la parola res? Quale definizione di patrimonio può darsi nel diritto romano, sulla base del significato tecnico di res? Quale portata ha la distinzione tra res corporales e res incorporales prospettata da Gaio nelle sue Istituzioni (Gai inst. 2, 12-14), data la definizione di patrimonio accolta? Sono tutte questioni, a modesto avviso di chi scrive, prodromiche a comprendere le classificazioni delle cose oggetto del presente studio; prima tra tutte la distinzione tra res in nostro patrimonio e res extra patrimonium contenuta in Gai inst. 2, 1, sul cui valore la dottrina, come si vedrà, si è a lungo divisa. Successivamente, a partire dalla summa divisio rerum, si cercherà di offrire una ricostruzione quanto più generale delle classificazioni basate sulla condizione giuridica fondamentale delle res nel diritto dell’antica Roma: res in n. p. e res extra n. p., conseguentemente res divini iuris e res humani iuris; quale delle due divisioni è “realmente” la summa divisio rerum? La dottrina si è divisa sul valore e sul rapporto delle due classificazioni, per alcuni strettamente connesse, per altri da porre su due piani completamente diversi. Si vedrà, in breve, la categoria delle res divini iuris, tripartite, come noto, in res sacrae, religiosae e sanctae. Si proseguirà con la categoria delle res humani iuris, in particolare quelle che dai più vengono comunemente denominate extra commercium humani iuris, ossia quelle insuscettibili di rapporti giuridici patrimoniali: le res publicae, composte a loro volta dalle res in usu publico e dalle res in patrimonio populi, le res universitatis e le res communes omnium. Lo sguardo si concentrerà, a livello generale, sulle res in usu publico e su alcune delle principali cose che ne fanno parte, come i fiumi e le vie pubbliche: le res in patrimonio populi infatti, salvo qualche divergenza, seguono gli stessi principi; lo stesso può affermarsi per le res universitatis, le cose dei municipi, le quali seguono la stessa bipartizione e gli stessi principi delle res publicae. Alle ultime è dedicato un capitolo a parte, che cercherà di offrire una visione generale senza pretesa di esaustività. Necessaria inizialmente una ricognizione generale delle fonti per circoscrivere tale categoria e comprendere quali res ne facciano parte. Successivamente ci si dovrà domandare quale fosse il ruolo di Marciano nell’enunciazione della categoria: è davvero una sua posizione peculiare «isolata nella letteratura giuridica romana» oppure rappresenta una «naturale evoluzione del pensiero dei giuristi romani in tema di res publicae» e Marciano avrebbe solo avuto il merito di essere stato il primo ad enunciare espressamente una categoria già prospettata, in linea di principio, dalla giurisprudenza romana? Questi sono i principali interrogativi a cui si cercherà di rispondere nel corso del presente lavoro. L’obiettivo è allora quello di esporre, con uno sguardo generale, le principali teorie che riguardano le res communes omnium e, dopo averne assunto contezza, dare un punto di vista personale su tale categoria che, lungi dall’essere relegata al diritto romano, ha nuovamente assunto, di recente, un ruolo centrale in merito al dibattito dottrinale sui beni comuni nel nostro ordinamento, il cui culmine ha raggiunto con i tentativi, falliti, di una riforma del regime dei beni contenuto nel codice civile: si veda in particolare la nozione di beni comuni offerta dalla Commissione Rodotà, incaricata a suo tempo per redigere un disegno di legge di riforma degli articoli 810 ss. del codice civile.