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Articolo 2911 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Beni gravati da pegno o ipoteca

Dispositivo dell'art. 2911 Codice Civile

Il creditore che ha pegno su beni del debitore non può pignorare altri beni del debitore medesimo, se non sottopone a esecuzione(1) anche i beni gravati dal pegno.

Non può parimenti, quando ha ipoteca, pignorare altri immobili, se non sottopone a pignoramento anche gli immobili gravati dall'ipoteca .

La stessa disposizione si applica se il creditore ha privilegio speciale [2755] su determinati beni [2770].

Note

(1) Nell'esecuzione mediante espropriazione forzata, il bene o i beni colpiti dalla procedura esecutiva vengono venduti ai pubblici incanti e la somma ricavata ripartita tra i creditori, attraverso le forme prescritte dal codice di rito agli artt. 483 ss. c.p.c.

Ratio Legis

La disposizione in commento è finalizzata a tutelare innanzitutto i creditori chirografari (v. art. 2741), i quali rischiano un pregiudizio da chi, pur potendo aggredire i beni oggetto della garanzia, preferisca agire sugli altri. In secondo luogo, si offre poi tutela al debitore, al quale non vengono sottratti i beni liberi da garanzie, che conservano in tal modo il loro effettivo valore di mercato.

Spiegazione dell'art. 2911 Codice Civile

Espropriazione forzata promossa da creditore pignoratizio o ipotecario

L'articolo contiene la formulazione generale di un principio ovvio che già si trovava espresso parzialmente nell'art. 208o vecchio cod. civ. e precisamente : il creditore pignoratizio, ipotecario o con privilegio speciale deve esercitare la propria azione esecutiva in prima linea sui beni che sono. vincolati alla garanzia a suo favore. Solo se il creditore sottopone ad esecuzione tali beni, avrà la facoltà di estendere il pigno­ramento ad altri beni del debitore salvo sempre il disposto dell'art. 496 cod. proc. civ.

È da segnalare che mentre l'art. 2980 cod. civ. 1865 subordinava al consenso del debitore l'estensione della esecuzione ai beni non ipotecati, quando i beni ipotecati non erano sufficienti a coprire il suo credito, l'art. 2911 pone senz'altro come requisito per l'estensione dell'esecuzione la sottoposizione a pignoramento dei beni, costituiti in garanzia.

Resta cosi rafforzato il criterio di economia processuale cui la pre­sente norma si ispira.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 2911 Codice Civile

Cass. civ. n. 8881/2020

La vendita al pubblico incanto di cosa ricevuta in pegno, ai sensi dell'art. 2797 c.c., configura una forma di autotutela privata esecutiva, diversa e distinta dall'espropriazione forzata, sicché alla stessa non si applica la disciplina prescritta per la vendita forzata e, in particolare, l'art. 2922 c.c., che nega alla parte acquirente la possibilità di fare valere i vizi della cosa venduta, in quanto le cose ottenute in pegno non sono liberamente negoziabili dal creditore garantito, comunque tenuto al rispetto delle leggi speciali inerenti alle forme specifiche di costituzione del pegno. Deve, tuttavia, considerarsi lecita e meritevole di tutela, in ossequio al principio di autonomia privata ex art. 1322 c.c., la previsione regolamentare e convenzionale (desumibile anche in via implicita dal regolamento d'asta) di esclusione del diritto del partecipante all'asta di contestare i vizi redibitori e la mancanza di qualità della cosa venduta in base agli artt. 1490 e 1497 c.c., fatta salva la tutela riconosciuta in caso di vendita di "aliud pro alio".

Cass. civ. n. 1033/2007

L'opposizione con cui il debitore faccia valere la disposizione di cui all'art. 2911 c.c., per la mancata esecuzione su beni costituiti in pegno da un terzo, deve qualificarsi come opposizione agli atti esecutivi, in quanto con essa non viene denunciato un limite legale all'esecuzione; infatti, l'art. 2911 c.c. non si applica al caso in cui il pegno sia costituito da un terzo, sicché l'esecuzione non incontra il limite della necessaria sottoposizione a pignoramento dei beni gravati da pegno.

Cass. civ. n. 702/2006

La riduzione del pignoramento, purché restino assoggettati ad esecuzione solo immobili ipotecati, può essere disposta in base all'art. 496 c.p.c., sebbene ciò comporti che ad essere liberati siano altri beni ipotecati, senza che ciò significhi sottrarre il bene al vincolo della causa di prelazione (che potrà tornare ad essere fatta valere esclusivamente se il credito risulterà insoddisfatto). Difatti, gli artt. 2911 c.c. e 558 c.p.c. perseguono lo scopo che, ad essere pignorati, siano prima gli immobili ipotecati e poi gli altri immobili ma, purché d'espropriazione restino assoggettati immobili ipotecati, non escludono che altri immobili, ipotecati o meno, vi siano sottratti, se si delinea una situazione di eccesso nel ricorso all'espropriazione. (Nella specie, la S.C., sulla scorta del suddetto principio, ha confermato l'impugnata sentenza con la quale era stata rigettata l'opposizione agli atti esecutivi del creditore procedente avverso l'ordinanza del giudice dell'esecuzione che, con riguardo ad un procedimento di espropriazione relativo ad immobili ipotecati, aveva disposto la riduzione del pignoramento, rilevando l'ammissibilità di quest'ultimo rimedio anche quando i beni assoggettati all'esecuzione risultino tutti ipotecati a garanzia del credito azionato e ciò, a maggior ragione. quando, come nel caso di specie, non si trattava di ipoteca volontaria, bensì di ipoteca iscritta in virtù del medesimo titolo giudiziale con il quale si era proceduto al pignoramento).

Cass. civ. n. 11122/1997

Non è precluso, al creditore garantito dal pegno, di munirsi di un titolo esecutivo e di sottoporre (al fine di tentare di realizzare per intero la soddisfazione del credito) a pignoramento altri beni del debitore, purché, nel rispetto della disposizione contenuta nell'art. 2911 c.c., sottoponga ad esecuzione anche il bene gravato da pegno.

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Anonimo chiede
venerdì 02/07/2021 - Puglia
“Mi aggancio a quanto chiesto da Fabio C.
giovedì 27/08/2020 - Campania

Nel dettaglio:
1. la banca creditrice ha ipoteca sui beni della de cuius.
2. la banca non pignora i suddetti beni ipotecati, ma pignora l'abitazione principale dell'erede fideiussore (con beneficio d'inventario) (mutui del 2000 e del 2002) e procede col pignoramento.
3. i beni ipotecati soddisfano la pretesa creditizia, anche se la banca-unica ipoteca- sostiene siano di scarso valore (falso).
4. Il debitore esecutato ha depositato istanza di estinzione per violazione art. 2911 cc, (la vendita non è stata ancora disposta), il Ge si deve pronunciare.
5. Il creditore sostiene che i beni ipotecati oggetto di eredità beneficiata sia impignorabili.
Chiedo
1. Sussiste la violazione ex art.2911 cc?
2. E' corretta l'istanza come formulata senza stigmatizzarla in un opposizione ex 615, 2 o 617, 2 c.?
3. Di talchè, si è incorsi in delle decadenze?
4.E' legittima la procedura esecutiva avverso il fideiussore o v'è violazione del 2911cc?
Attendo fiduciosa un vostro parere quanto prima. Grazie

Consulenza legale i 08/07/2021
Il quesito a cui ci si intende riagganciare fa riferimento ad una fattispecie un po’ diversa da quella qui descritta, in quanto in quel caso non era presenta la figura del fideiussore.
Com’è noto e come si può agevolmente ricavare dalla lettura degli artt. 1936 e 1944 c.c., l’obbligazione assunta dal fideiussore ha natura accessoria e la posizione dello stesso si assimila, per precisa esplicazione dell'art. 1944 c.c., a quella del coobbligato in solido col debitore principale al pagamento del debito.
Tuttavia, qualora non sia stato pattuito il beneficium excussionis, l'obbligazione del fideiussore, pur avendo carattere accessorio e pur essendo subordinata all'inadempimento del debitore principale, è solidale con quella di quest'ultimo e non può essere considerata né sussidiaria né eventuale.

A ciò si aggiunga che il fideiussore, in applicazione del successivo art. 1945 c.c., può opporre al creditore tutte le eccezioni, anche riconvenzionali, che spettano al debitore principale, salvo quelle derivanti da incapacità.
Con ciò si intende innanzitutto chiarire che:
  1. l’azione esecutiva posta in essere dalla Banca non può essere censurata per il fatto che la stessa ha scelto di aggredire un bene di proprietà dell’erede accettante con beneficio di inventario, in quanto la posizione giuridica di quest’ultimo viene in rilievo non quale erede del debitore principale, ma quale fideiussore di quest’ultimo, avente come tale responsabilità solidale;
  2. il fideiussore può opporre tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre il debitore principale, compresa quella che si andrà qui di seguito a suggerire.

Precisato ciò, va detto che la regola dettata dall’art. 2911 c.c., in effetti, è abbastanza chiara nel vietare al creditore pignoratizio o ipotecario di pignorare altri beni del medesimo debitore se contestualmente non sottopone ad esecuzione “anche” i beni gravati da pegno o ipoteca.
Con tale norma, dunque, il legislatore non ha inteso escludere la generale garanzia patrimoniale di cui all’art. 2740 del c.c. né il correlativo diritto di agire in via esecutiva di cui all’art. 2910 del c.c., ma si è soltanto limitato ad imporre delle particolari modalità operative ai creditori assistiti da una garanzia specifica, impedendo a questi ultimi di assoggettare ad esecuzione esclusivamente beni non vincolati alla garanzia.

Ciò va inteso nel senso che il creditore assistito da garanzia specifica può indubbiamente pignorare beni non vincolati, ma a condizione che siano stati pignorati “anche” quelli vincolati ed a condizione ancora che questi ultimi beni siano insufficienti a soddisfare l’importo delle spese e dei crediti del creditore pignorante e dei creditori intervenuti.
La valutazione in ordine alla eventuale insufficienza dei beni assoggettati a garanzia specifica non può, però, mai essere compiuta in via preventiva (come vorrebbe sostenere la banca nel caso di specie), ma soltanto dopo che sia stato compiuto il pignoramento ulteriore: solo in questo momento sarà possibile far luogo ad un controllo giurisdizionale sulla violazione dell’art. 2911 c.c.

Per quanto concerne le conseguenze della mancata osservanza dell’art. 2911 c.c., due sono gli orientamenti al riguardo sviluppatisi.
Secondo una prima tesi sarebbe sempre consentita l’estensione dell’azione esecutiva ad altri beni, salvo l’intervento del giudice dell’esecuzione, su istanza del debitore esecutato, volto ad evitare eccessi nell’uso del mezzi esecutivi, in conformità anche alle norme processuali di cui agli artt. 483 c.p.c. (che limita il cumulo dei diversi mezzi di espropriazione) ed all’art. 496 c.p.c. (relativo alla riduzione dell’unico pignoramento eseguito).
Conforme a tale tesi è anche parte della giurisprudenza di legittimità (in particolare si veda Cass. n. 2604/1995), secondo cui le speciali misure previste dall’art. 2911 c.c. e dagli artt. 483, 496, 504 e 588 c.p.c. si risolvono in istanze con cui il debitore esecutato, senza contestare il diritto della controparte a procedere ad esecuzione forzata né dedurre vizi formali della procedura, lamenta che il creditore abbia ecceduto nell'uso del procedimento di espropriazione forzata, con la conseguenza, da una parte, che tali istanze appartengono alla competenza del giudice dell'esecuzione, e, dall'altra, che il provvedimento, negativo o positivo, al riguardo emanato dal giudice dell'esecuzione, in quanto atto esecutivo, è impugnabile con l'opposizione ex art. 617 c.p.c. con riferimento sia ad eventuali irregolarità formali che alla sua inopportunità, in quanto con essa non viene denunciato un limite legale all'esecuzione (in tal senso si è espressa anche Cass. n. 1033/2007).

Secondo un’altra tesi, invece, la norma di cui si discute (ossia l’art. 2911 c.c.) introduce un’ipotesi di impignorabilità relativa, da far valere con l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., con la conseguenza che la violazione del divieto di cui all’art. 2911 importa la nullità del pignoramento, salva la possibile sanatoria conseguente al successivo assolvimento successivo dell'onere di cui all'art. 2911.
A differenza della prima, questa seconda tesi trova conforto nella giurisprudenza di merito (Tribunale di Camerino 02.04.1971 e Tribunale di Torino 04.11.2003), la quale precisa che il ricorso con cui il debitore lamenta la violazione dell'art. 2911, costituisce un'opposizione all'esecuzione per impignorabilità dei beni ex art. 615 c.p.c., sicché può essere legittimamente proposta oltre il termine di decadenza di cui all'art. 615.

Ora, ritornando al caso in esame, ciò che dovrebbe costituire oggetto di contestazione non è l’estensione dell’azione esecutiva a beni ulteriori e diversi da quelli ipotecati, con conseguente diritto a chiedere la riduzione a questi ultimi ex art. 617 c.p.c., come afferma la prima delle tesi sopra riportata.
Ciò che va contestato e fatto valere è piuttosto l’impignorabilità relativa del bene che la banca ha deciso di aggredire, ed a tal fine lo strumento che si ritiene più corretto utilizzare è quello di cui all’art. 615 c.p.c.

Questo non esclude che possa egualmente considerarsi corretta l’istanza già depositata, dovendosi tuttavia tenere presente che occorrerà avvalersi del rimedio di cui all’art. 617 c.p.c. per impugnare l’eventuale provvedimento di diniego che il Giudice dell’esecuzione potrebbe emettere, e ciò in conformità a quanto statuito da Cass. Civ. Sez. I, sentenza n. 1033 del 17.01.2007, sopra citata.
Qualora, poi, la procedura esecutiva dovesse nel frattempo andare avanti, si consiglia di proporre opposizione ex art. 615 c.p.c., attraverso cui far valere l’impignorabilità relativa dell’immobile sottoposto ad esecuzione forzata per mancato rispetto del disposto di cui all’art. 2911 c.c.
Sotto quest’ultimo profilo può dirsi che non si è ancora incorsi in alcuna decadenza, non essendo tra l’altro ancora stata disposta la vendita del bene.


Fabio C. chiede
giovedì 27/08/2020 - Campania
“Spett. Le redazione di Brocardi.it, il quesito è in materia successoria e riguarda principalmente il beneficio dell'inventario, e la presenza di un mutuo ipotecario intestato al de cuius su un immobile donato a uno degli eredi che ha accettato l'eredità con beneficio di inventario.

Tale immobile essendo stato donato dal de cuius a uno degli eredi, non è presente in inventario, il mutuo ipotecario aperto dal de cuius su tale immobile è invece presente (integrato successivamente dall'erede donatario).


Il mio dubbio è il seguente: premesso che la donazione è stata trascritta successivamente al contratto di mutuo ipotecario , In tal caso la banca creditrice come soddisferà il credito verso il de cuius? Attraverso l'attivo ereditario oppure con l'immobile oggetto del mutuo?

L'erede dell'immobile donato avendo accettato con beneficio di inventario riuscirebbe così ad avere l'immobile salvo e il debito pagato attraverso l'attivo ereditario danneggiando gli altri eredi, oppure la banca provvederà principalmente a soddisfare il proprio credito con l'immobile donato?

Resto in Attesa di Vs gentile risposta e porgo i miei migliori saluti”
Consulenza legale i 02/09/2020
Oggetto del contratto di donazione da parte del de cuius è stato un immobile sul quale, già al momento del trasferimento a titolo gratuito, gravava un’ipoteca a garanzia di un mutuo.
Nel quesito, infatti, viene precisato che la donazione è stata trascritta successivamente al contratto di mutuo.
Ora, nessun dubbio sussiste in ordine alla trasferibilità di un immobile ipotecato, sia nel caso in cui il trasferimento si realizzi a titolo oneroso che a titolo gratuito.

L'ipoteca, infatti, rientra nella categoria delle c.d. “garanzia reali”, le quali si caratterizzano per il fatto che seguono il bene anche se questo successivamente viene venduto o donato a terzi, restando a garanzia del creditore fin quando non verrà pagato interamente il debito.
Tuttavia, se da un lato nulla vieta la circolazione degli immobili ipotecati, dall’altro lato il soggetto che diventerà titolare del bene è costretto ad accettare il rischio di perderlo se il debitore originario non versa quanto dovuto al soggetto in favore del quale è stata iscritta l'ipoteca, generalmente l’istituto di credito.

E’ per tale ragione che la banca creditrice non ha alcun diritto ad opporsi all'eventuale trasferimento dell'immobile, considerato che, anche cambiando proprietario, non perde il diritto di espropriarlo e metterlo all'asta se non vengono pagate le rate del mutuo.
Solitamente è il notaio che, nel momento in cui procede alla stipula dell’atto pubblico di donazione, informa il donatario dei rischi a cui può andare incontro nell’ipotesi in cui, continuando il mutuo a gravare sul donante, quest’ultimo (o i suoi eredi, come nel caso di specie) non dovesse provvedere a soddisfare le rate di mutuo.

Per quanto concerne in particolare il pagamento di tali rate, generalmente accade che nello stesso atto di donazione siano specificate le caratteristiche del mutuo e sia anche stabilito che tale mutuo viene accollato in capo al donatario (ossia trasferito dal donante al donatario).
Tale trasferimento, tuttavia, non è automatico, o meglio non può farsi dipendere soltanto dalla volontà di donante/donatario o di venditore/acquirente (nel caso di alienazione a titolo oneroso).
Costituisce, infatti, preciso onere del notaio, che stipula l’atto, provvedere alla notifica dello stesso con relativo accollo alla banca che concesse il mutuo, comunicando i dati dell’accollatario, il quale assume l’obbligazione di pagare il mutuo.
La banca, una volta ricevuta la notifica, potrà:
  1. liberare il precedente proprietario dall’obbligazione di pagamento, adottando una delibera di accollo liberatorio;
  2. non liberare il donante (o il venditore, se si tratta di una compravendita) dall’obbligazione, con la conseguenza che donante e donatario resteranno entrambi solidalmente obbligati al pagamento delle rate di mutuo (è proprio questa l’ipotesi più frequente).

Nel caso di specie sembra di capire che alla donazione dell’immobile ipotecato non abbia fatto seguito alcun accollo del contratto di mutuo da parte del donatario, con la conseguenza che si è realizzata quella scissione, ammessa dalla legge, tra soggetto obbligato a pagare le rate di mutuo alla banca e soggetto titolare dell’immobile per l’acquisto del quale il mutuo è stato contratto e sul grave grava la garanzia ipotecaria.
Della ammissibilità di tale scissione se ne trova, peraltro, conferma all’art. 2858 del c.c., in cui si fa esplicito riferimento al terzo acquirente di beni ipotecati che non sia personalmente obbligato.

Alla morte del donante, indubbiamente quel debito derivante dal contratto di mutuo continuerà a gravare sul patrimonio ereditario e di esso saranno tenuti a risponderne gli eredi, nei limiti del patrimonio ereditario o anche con il patrimonio personale, a seconda se si siano avvalsi o meno della procedura di accettazione con beneficio di inventario.
Qualora abbiano scelto di avvalersi del beneficio di inventario, sicuramente non accadrà nulla finché qualcuno pagherà regolarmente le rate di quel mutuo, in quanto alla banca interessa soltanto che vi sia regolarità nei pagamenti.
Se, al contrario, tale regolarità dovesse venir meno, la banca non potrà fare a meno di applicare il disposto dell’art. 2911 c.c., ovvero avrà l’obbligo ed il diritto di soddisfarsi esecutivamente sul bene gravato da ipoteca.
Si tratta di un obbligo in quanto tale norma dispone che il creditore che ha ipoteca su beni del debitore non può pignorare altri beni dello stesso debitore se non sottopone ad esecuzione anche i beni gravati dall’ipoteca.
Pertanto, poiché in questo caso parte debitrice sono gli eredi del de cuius debitore originario, la banca, prima di aggredire il patrimonio ereditario, dovrà soddisfarsi sull’immobile gravato da ipoteca e, soltanto se questo dovesse essere insufficiente a garantire il suo credito, avrà il diritto di aggredire gli altri beni caduti in successione.

Il donatario, da parte sua, se vuole evitare l’espropriazione forzata dell’immobile ricevuto in donazione, non avrà altra scelta che quella di pagare i creditori iscritti (cioè in favore dei quali sussiste l’ipoteca), come disposto dal citato art. 2858 c.c.

A questo punto, rispondendo sinteticamente alle domande poste nel quesito, può dirsi quanto segue:
  1. la banca creditrice ha il diritto, ma anche l’obbligo, di soddisfare il credito verso il de cuius con preferenza sull’immobile ipotecato e per l’acquisto del quale è stato contratto il mutuo. Solo se questo dovesse risultare incapiente, potranno essere aggrediti gli altri beni costituenti la massa attiva ereditaria;
  2. dipende solo dalla volontà degli eredi del de cuius continuare o meno a pagare le rate di quel mutuo, con la conseguenza che finché queste verranno soddisfatte con denaro ereditario l’immobile donato sarà salvo, mentre in caso di ritardato o omesso pagamento la banca agirà esecutivamente su quell’immobile.