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Articolo 1469 bis Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Contratti del consumatore

Dispositivo dell'art. 1469 bis Codice Civile

(1)(2)Le disposizioni del presente titolo si applicano ai contratti del consumatore, ove non derogate dal codice del consumo o da altre disposizioni più favorevoli per il consumatore.

Note

(1) Articolo così modificato dall'articolo 142 del D. lgs. 6 settembre 2005, n. 206, Codice del consumo, il quale ha sostituito gli artt. da 1469 bis c.c. a 1469 sexies c.c. con il nuovo 1469 bis c.c..
(2) Prima della riforma, l'articolo recitava:
"Nel contratto concluso tra il consumatore ed il professionista, [che ha per oggetto la cessione di beni o la prestazione di servizi], (1) si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto (2).
In relazione al contratto di cui al primo comma, il consumatore è la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. Il professionista è la persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che, nel quadro della sua attività imprenditoriale o professionale, utilizza il contratto di cui al primo comma.
Si presumono vessatorie fino a prova contraria (3) le clausole che hanno per oggetto o per effetto di:
1) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un'omissione del professionista;
2) escludere o limitare le azioni o i diritti del consumatore nei confronti del professionista o di un'altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;
3) escludere o limitare l'opponibilità da parte del consumatore della compensazione di un debito nei confronti del professionista con un credito vantato nei confronti di quest'ultimo;
4) prevedere un impegno definitivo del consumatore mentre l'esecuzione della prestazione del professionista è subordinata ad una condizione il cui adempimento dipende unicamente dalla sua volontà (4);
5) consentire al professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore se quest'ultimo non conclude il contratto o ne recede, senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal professionista il doppio della somma corrisposta se è quest'ultimo a non concludere il contratto oppure a recedere (5);
6) imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo nell'adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d'importo manifestamente eccessivo (6);
7) riconoscere al solo professionista e non anche al consumatore la facoltà di recedere dal contratto (7), nonché consentire al professionista di trattenere anche solo in parte la somma versata dal consumatore a titolo di corrispettivo per prestazioni non ancora adempiute, quando sia il professionista a recedere dal contratto;
8) consentire al professionista di recedere da contratti a tempo indeterminato senza un ragionevole preavviso, tranne nel caso di giusta causa (8);
9) stabilire un termine eccessivamente anticipato rispetto alla scadenza del contratto per comunicare la disdetta al fine di evitare la tacita proroga o rinnovazione;
10) prevedere l'estensione dell'adesione del consumatore a clausole che non ha avuto la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto [1341 1];
11) consentire al professionista di modificare unilateralmente le clausole del contratto, ovvero le caratteristiche del prodotto o del servizio da fornire, senza un giustificato motivo indicato nel contratto stesso;
12) stabilire che il prezzo dei beni o dei servizi sia determinato al momento della consegna o della prestazione;
13) consentire al professionista di aumentare il prezzo del bene o del servizio senza che il consumatore possa recedere se il prezzo finale è eccessivamente elevato rispetto a quello originariamente convenuto;
14) riservare al professionista il potere di accertare la conformità del bene venduto o del servizio prestato a quello previsto nel contratto o conferirgli il diritto esclusivo d'interpretare una clausola qualsiasi del contratto [1362 ss.];
15) limitare la responsabilità del professionista rispetto alle obbligazioni derivanti dai contratti stipulati in suo nome dai mandatari o subordinare l'adempimento delle suddette obbligazioni al rispetto di particolari formalità;
16) limitare o escludere l'opponibilità dell'eccezione d'inadempimento da parte del consumatore;
17) consentire al professionista di sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti dal contratto, anche nel caso di preventivo consenso del consumatore, qualora risulti diminuita la tutela dei diritti di quest'ultimo;
18) sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria, limitazioni all'allegazione di prove, inversioni o modificazioni dell'onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi;
19) stabilire come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore;
20) prevedere l'alienazione di un diritto o l'assunzione di un obbligo come subordinati ad una condizione sospensiva dipendente dalla mera volontà del professionista a fronte di un'obbligazione immediatamente efficace del consumatore. È fatto salvo il disposto dell'art. 1355.
Se il contratto ha ad oggetto la prestazione di servizi finanziari a tempo indeterminato il professionista può, in deroga ai numeri 8) e 11) del terzo comma:
1) recedere, qualora vi sia un giustificato motivo, senza preavviso, dandone immediata comunicazione al consumatore;
2) modificare, qualora sussista un giustificato motivo, le condizioni del contratto, preavvisando entro un congruo termine il consumatore, che ha diritto di recedere dal contratto.
Se il contratto ha per oggetto la prestazione di servizi finanziari il professionista può modificare, senza preavviso, sempreché vi sia un giustificato motivo in deroga ai numeri 12) e 13) del terzo comma, il tasso di interesse o l'importo di qualunque altro onere relativo alla prestazione finanziaria originariamente convenuti, dandone immediata comunicazione al consumatore che ha diritto di recedere dal contratto.
I numeri 8), 11), 12) e 13) del terzo comma non si applicano ai contratti aventi ad oggetto valori mobiliari, strumenti finanziari ed altri prodotti o servizi il cui prezzo è collegato alle fluttuazioni di un corso e di un indice di borsa o di un tasso di mercato finanziario non controllato dal professionista, nonché la compravendita di valuta estera, di assegni di viaggio o di vaglia postali internazionali emessi in valuta estera.
I numeri 12) e 13) del terzo comma non si applicano alle clausole di indicizzazione dei prezzi, ove consentite dalla legge, a condizione che le modalità di variazione siano espressamente descritte".
NOTE ALLA PRECEDENTE FORMULAZIONE
(1) Le parole tra parentesi quadra sono soppresse ai sensi della l. 21 dicembre 1999, n. 526.
(2) Lo squilibrio che dà luogo alle vessatorietà è di tipo normativo. Il legislatore non fa riferimento ad un criterio economico; non si valuta, cioè, l'adeguatezza o la proporzione tra beni o servizi e il corrispettivo "purché tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile" (v. art. 1469 ter). Infine, è necessario che lo squilibrio sia anche contrario al principio di buona fede oggettiva ("malgrado il requisito della buona fede") che impone alle parti di comportarsi correttamente al momento della conclusione del contratto.
(3) Si tratta, dunque, di una presunzione juris tantum (v. 2727).
(4) La norma fa riferimento alla condizione meramente potestativa, ossia quella condizione il cui verificarsi dipende esclusivamente dal puro arbitrio di una delle parti (in questo caso il professionista) che non ha alcun apprezzabile interesse al suo avveramento (v. 1355). La disposizione in esame conferma, dunque, il disposto dell'art. 1355 del c.c., per il quale è nulla l'alienazione di un diritto o l'assunzione di un obbligo subordinata ad una condizione che la faccia dipendere dalla mera volontà dell'alienante o, rispettivamente, da quella del debitore.
(5) È evidente il riferimento alla caparra confirmatoria (v. 1385) e penitenziale (v. 1386).
(6) Si ricorda che ai sensi dell'art. 1384 del c.c., nei contratti ordinari, la fissazione di un ammontare della penale, manifestamente eccessivo, comporta la semplice riduzione della stessa (da parte del giudice) e non la nullità della clausola, come nei contratti in esame.
(7) Il D. lgs. 15 gennaio 1992, n. 50 che ha dato attuazione alla direttiva Cee n. 577/1985, in materia di contratti negoziati fuori dei locali commerciali, attribuisce al consumatore il diritto di recedere dal contratto, entro un termine di almeno 7 giorni decorrenti dalla data di sottoscrizione del modulo o di ricevimento della merce. Analogo diritto di recesso è stato introdotto dal D. lgs. 22 maggio 1999, n. 185 a favore del consumatore nel caso di contratti stipulati a distanza (es.: tramite posta elettronica). Tale normativa si ispira alla stessa esigenza della disposizione in esame, di approntare per il consumatore una tutela specifica, tenuto conto della condizione di inferiorità in cui esso si presume trovarsi.
(8) Pur non essendo espressamente sancito da alcuna norma di legge generale, vige nel nostro ordinamento il principio per il quale nei contratti a tempo indeterminato, è sempre ammesso il recesso unilaterale (v. 1373) delle parti, purché sia dato un congruo preavviso. La norma è conferma indiretta di tale principio.

Ratio Legis

La norma trova applicazione residuale, in quanto se è disposta a favore del consumatore una disciplina più favorevole questa prevale.

Massime relative all'art. 1469 bis Codice Civile

Cass. civ. n. 11639/2022

In tema di contratti del consumatore, ai fini della identificazione del soggetto legittimato ad avvalersi della tutela di cui al vecchio testo dell'art. 1469-bis cod. civ. (ora art. 33 del Codice del consumo, approvato con D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206), la qualifica di "consumatore" spetta solo alle persone fisiche e la stessa persona fisica che svolga attività imprenditoriale o professionale potrà essere considerata alla stregua del semplice "consumatore" soltanto allorché concluda un contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all'esercizio di dette attività; correlativamente deve essere considerato "professionista" tanto la persona fisica, quanto quella giuridica, sia pubblica che privata, che utilizzi il contratto non necessariamente nell'esercizio dell'attività propria dell'impresa o della professione, ma per uno scopo connesso all'esercizio dell'attività imprenditoriale o professionale.

Cass. civ. n. 36740/2021

La nozione di significativo squilibrio contenuta nell'art. 1469-bis c.c. (e, successivamente, nell'art. 33 codice del consumo), relativamente alle clausole vessatorie contenute nei contratti tra professionista e consumatore, fa esclusivo riferimento ad uno squilibrio di carattere giuridico e normativo, riguardante la distribuzione dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, non consentendo invece di sindacare l'equilibrio economico, ossia la convenienza economica dell'affare concluso.

Cass. civ. n. 16827/2016

In presenza di un contratto di fideiussione, ai fini dell'applicabilità della specifica normativa in materia di tutela del consumatore di cui agli artt. 1469 bis e segg. c.c., nel testo vigente "ratione temporis", il requisito soggettivo della qualità di consumatore deve riferirsi all'obbligazione garantita, cui quella del fideiussore è accessoria, sicché, difettando tale condizione, è valida la clausola derogativa della competenza territoriale contenuta nel contratto di fideiussione per le esposizioni bancarie di una società di capitali stipulato da un socio o da un terzo.

Cass. civ. n. 7176/2015

In materia di assicurazione contro gli infortuni, la clausola contrattuale che subordini il diritto dell'assicurato di agire in giudizio al previo esperimento di una perizia contrattuale arbitrale sulla quantificazione dei danni, allorché comporti un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi nascenti dal contratto, deve ritenersi abusiva ai sensi degli artt. 1469 bis e ss. cod. civ. ("ratione temporis" vigenti). (Nella specie, la S.C. ha ritenuto abusiva la clausola che prevedeva che la decisione arbitrale, presa a maggioranza, fosse definitivamente vincolante per entrambe le parti, poneva sull'assicurato, pur se il lodo avesse confermato "in toto" la congruità della sua richiesta, le intere spese del proprio arbitro ed il 50 percento di quelle del presidente del collegio, e, infine, attribuiva al collegio peritale la facoltà di rinviare "ad libitum" la propria decisione ad epoca da definirsi "ove ne riscontri l'opportunità", con il solo potere - ma non l'obbligo - di concedere all'assicurato un anticipo sull'indennizzo, senza che ne fosse determinata la misura minima).

Cass. civ. n. 21763/2013

In tema di contratti del consumatore, ai fini della identificazione del soggetto legittimato ad avvalersi della tutela di cui al vecchio testo dell'art. 1469-bis cod. civ. (ora art. 33 del Codice del consumo, approvato con d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206), la qualifica di "consumatore" spetta solo alle persone fisiche e la stessa persona fisica che svolga attività imprenditoriale o professionale potrà essere considerata alla stregua del semplice "consumatore" soltanto allorché concluda un contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all'esercizio di dette attività; correlativamente deve essere considerato "professionista" tanto la persona fisica, quanto quella giuridica, sia pubblica che privata, che utilizzi il contratto non necessariamente nell'esercizio dell'attività propria dell'impresa o della professione, ma per uno scopo connesso all'esercizio dell'attività imprenditoriale o professionale. (Nella specie, la S.C. ha escluso l'applicabilità della disciplina di cui al vecchio testo dell'art. 1469-bisc.c. art. 1469-bis - Contratti del consumatore cod. civ. in favore di una persona fisica la quale, pur avendo concluso un contratto di apertura di credito con una banca in nome proprio, aveva però ottenuto il finanziamento - come emergeva dalle risultanze istruttorie - non per sé ma in favore della società di cui era amministratore e principale azionista, con la conseguente validità della clausola di deroga alla competenza territoriale prevista dal contratto).

Cass. civ. n. 12872/2011

La disposizione dettata dall'art. 1469 bis, terzo comma, numero 19, c.c. - applicabile nella specie "ratione temporis" - si interpreta nel senso che il legislatore, nelle controversie tra consumatore e professionista, ha stabilito la competenza territoriale esclusiva del giudice del luogo in cui il consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo, presumendo vessatoria la clausola che preveda una diversa località come sede del foro competente; tale criterio, che implica il superamento dei fori alternativi di cui all'art. 20 c.p.c., si applica anche se la pretesa azionata si fondi su di una promessa di pagamento o una ricognizione di debito, poiché queste ultime non costituiscono un'autonoma fonte di obbligazione ma, determinando un'astrazione meramente processuale della "causa debendi", non dispensano il creditore dall'onere di proporre la domanda davanti al giudice competente.

Cass. civ. n. 13967/2007

Il soggetto che stipula un contratto come persona fisica che agisce per scopi relativi alla attività di agente di un'impresa di assicurazioni non può assumere la veste di consumatore ai sensi dell'art. 1469 bis c.c..

Cass. civ. n. 11876/2007

Nella clausola di un contratto di assicurazione contro gli infortuni, che preveda una perizia contrattuale (con il deferimento ad un collegio di esperti degli accertamenti da espletare in base a regole tecniche e con l'impegno di accettarne le conclusioni come diretta espressione della volontà dei contraenti), è insita la temporanea rinunzia alla tutela giurisdizionale dei diritti nascenti dal rapporto contrattuale, nel senso che, prima e durante il corso della procedura contrattualmente prevista, le parti stesse non possono proporre davanti al giudice le azioni derivanti dal suddetto rapporto. Tale clausola non ha, peraltro, carattere compromissorio o, comunque, derogativo della competenza del giudice ordinario, e non rientra, pertanto, fra quelle da approvarsi specificamente per iscritto a norma degli art. 1341 e 1342 c.c. (Nella specie, la S.C. ha confermato l'impugnata sentenza di merito con la quale, in virtù di una clausola contemplante la necessità di ricorrere ad una perizia contrattuale, era stata ritenuta la temporanea improponibilità della domanda nella sede giudiziaria ordinaria di tutte le azioni derivanti dal dedotto contratto di assicurazione stipulato anteriormente all'entrata in vigore degli artt. 1469 bis e seguenti c.c., introdotti per effetto dell'art. 25 della legge irretroattiva n. 52 del 1996, e quindi sia della domanda dell'assicurato al pagamento dell'indennizzo che di quella di risarcimento del danno per inadempimento a detto obbligo di adempimento, senza che potesse assumere, al riguardo, alcun rilievo la qualificazione della domanda al fine di superare la ravvisata temporanea preclusione dell'azione giudiziaria, derivante dal mancato espletamento della perizia convenzionalmente pattuita).

Cass. civ. n. 449/2005

Qualora in un contratto di fideiussione la posizione di beneficiario sia rivestita da una persona fisica che, in relazione alla controparte nel rapporto principale, debba considerarsi consumatore, e quelle di fideiussore e debitore principale da due società, la clausola che stabilisca un foro esclusivo diverso da quello della residenza o del foro elettivo del beneficiario non produce effetto nei confronti di quest'ultimo, tenuto conto che il contratto di fideiussione ha natura trilatera e che l'obbligazione fideiussoria è collegata e subordinata a quella inerente il rapporto principale. Ne consegue che erroneamente il giudice adito dal beneficiario contro il fideiussore ed il creditore garantito declina la competenza a favore del giudice del foro di cui a detta clausola, dando rilievo alla natura societaria del debitore garantito agli effetti dell'esclusione dell'operatività dell'art. 1469 bis c.c. (principio affermato dalla Corte Cass. in relazione ad una controversia introdotta da un beneficiario — locatore persona fisica contro un conduttore avente natura di società ed un fideiussore avente identica natura).

Cass. civ. n. 16336/2004

In tema di contratti stipulati tra professionista e consumatore, l'art. 1469 bis, terzo comma, n. 19, c.c., nel presumere la vessatorietà della clausola che stabilisca come sede del foro competente una località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore, ha introdotto un foro esclusivo speciale, derogabile dalle parti solo con trattativa individuale. Ne consegue che è da presumere vessatoria anche la clausola che stabilisca un foro coincidente con uno dei fori legali di cui agli artt. 18 e 20 c.p.c., se è diverso quello del consumatore, perchè l'art. 1469 ter, terzo comma, c.c. — per il quale non sono vessatorie le clausole che riproducono disposizioni di legge — non può essere interpretato vanificando in modo surrettizio la tutela del consumatore, come nel caso in cui il forum destinatae solutionis coincida con la residenza del professionista. Ne consegue ulteriormente che, se la clausola è inefficace perchè vessatoria ex art. 1469 quinquies, terzo comma, c.c., sia per incompatibilità sia per il principio di successione delle leggi nel tempo, non sono applicabili gli artt. 18 e 20 c.p.c.

Cass. civ. n. 14669/2003

La disposizione dettata dall'art. 1469 bis, terzo comma, numero 19, c.c. — che, avendo natura di norma processuale, si applica nelle cause iniziate dopo la sua entrata in vigore, anche se relative a controversie derivanti da contratti stipulati prima — si interpreta nel senso che il legislatore, nelle controversie tra consumatore e professionista, ha stabilito la competenza territoriale esclusiva del giudice del luogo in cui il consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo, presumendo vessatoria la clausola che preveda una diversa località come sede del foro competente, ancorché coincidente con uno di quelli individuabili sulla base del funzionamento dei vari criteri di collegamento stabiliti dal codice di procedura civile per le controversie nascenti da contratto. (Principio espresso in relazione a controversia — introdotta dopo l'entrata in vigore della legge 6 febbraio 1996, n. 52, che ha aggiunto il citato articolo del codice civile — nascente dal recesso del consumatore da un contratto preliminare di acquisto di una quota di multiproprietà, stipulato nel 1994).

Cass. civ. n. 14561/2002

L'art. 1469 bis c.c., che presume la vessatorietà della clausola tra professionista e consumatore quando sia stato stabilito per le controversie relative ai contratti conclusi tra i medesimi come sede del foro competente una località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore, non si applica nel caso in cui la controparte del professionista sia una persona giuridica, non potendo quest'ultima essere qualificata come «consumatore» a norma dello stesso art. 1469 bis, con conseguente inapplicabilità non solo della norma già citata, ma anche dell'art. 12 del D.L.vo n. 50 del 1992.

Cass. civ. n. 11282/2001

In materia di contratti conclusi tra consumatori e professionisti, la disposizione dettata, in tema di competenza territoriale, dall'art. 1469 bis, n. 19 c.c. — a mente del quale la competenza a conoscere dell'eventuale controversia insorta tra le parti si radica presso l'autorità giudiziaria del foro di residenza o domicilio del consumatore — si applica, attesane la natura processuale, anche ai giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore, ma concernenti rapporti sorti precedentemente.

Cass. civ. n. 10127/2001

Al fine dell'applicazione della disciplina di cui agli artt. 1469 bis e ss. c.c. relativa ai contratti del consumatore, deve essere considerato «consumatore» la persona fisica che, anche se svolge attività imprenditoriale o professionale, conclude un qualche contratto (avente ad oggetto la cessione di beni o la prestazione di servizi — secondo l'originaria formulazione del primo comma dell'art. 1469 bis c.c. — e senza tale limitazione dopo la modifica di cui all'art. 25 della legge 21 dicembre 1999, n. 526) per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all'esercizio di dette attività, mentre deve essere considerato «professionista» tanto la persona fisica, quanto quella giuridica, sia pubblica che privata, che, invece, utilizza il contratto (avente ad oggetto la cessione di beni o la prestazione di servizi e senza tale limitazione dopo l'entrata in vigore della citata legge n. 526/99) nel quadro della sua attività imprenditoriale o professionale. Perché ricorra la figura del «professionista» non è necessario che il contratto sia posto in essere nell'esercizio dell'attività propria dell'impresa o della professione, essendo sufficiente che venga posto in essere per uno scopo connesso all'esercizio dell'attività imprenditoriale o professionale.

Cass. civ. n. 7436/2001

La clausola derogativa della competenza territoriale per le controversie relative alla partecipazione al concorso Totogol, prevista dall'art. 14, terzo comma, decreto del Ministero delle finanze del 10 marzo 1993, recante il regolamento del concorso pronostico, non determina un significativo squilibrio a carico dello scommettitore e non può, dunque, qualificarsi come vessatoria per gli effetti dì cui all'art. 1469 bis c.c. (introdotto dall'art. 25 legge 6 febbraio 1996, n. 52, e modificato dall'art. 25 legge 21 dicembre 1999, n. 526).

Cass. civ. n. 4946/2001

Con riguardo al contratto bancario inerente al servizio delle cassette di sicurezza, la clausola che contempli la concessione dell'uso della cassetta per la custodia di cose di valore non eccedente un determinato ammontare, facendo carico al cliente di non inserirvi beni di valore complessivamente superiore, e che, correlativamente, neghi oltre detto ammontare la responsabilità della banca per la perdita dei beni medesimi, lasciando gravare sul cliente gli effetti pregiudizievoli ulteriori, integra un patto limitativo non dell'oggetto del contratto, ma del debito risarcitorio della banca, in quanto, a fronte dell'inadempimento di essa all'obbligo di tutelare il contenuto della cassetta (obbligo svincolato da quel valore, alla stregua della segretezza delle operazioni dell'utente), fissa un massimale all'entità del danno dovuto in dipendenza dell'inadempimento stesso. Tale clausola, pertanto, è soggetta tanto alle disposizioni dell'art. 1229 primo comma, c.c., in tema di nullità dell'esclusione o delimitazione convenzionale della responsabilità del debitore per i casi di dolo o colpa grave, quanto a quelle di cui agli artt. 1469 bis seguenti stesso codice, in tema di «inefficacia» (rectius, nullità) di clausole comportanti uno squilibrio a carico del cliente - consumatore, che si risolvano, in caso di inadempimento della banca, in una limitazione nella proposizione dell'azione risarcitoria nei confronti della stessa (art. 1469 quinquies, punto 2 c.c.).

Cass. civ. n. 314/2001

Sebbene la fideiussione non possa essere inclusa di per sé fra i contratti di cessione dei beni o di prestazione di servizi intercorrenti tra un professionista ed un consumatore, previsti dall'art. 1469 bis c.c. nel testo anteriore alla legge n. 526 del 1999, tuttavia, anche nel vigore della precedente formulazione, per la fideiussione che accede a contratti bancari deve ritenersi sussistente il requisito oggettivo per l'applicabilità della disciplina delle clausole abusive, introdotta dalla legge n. 52 del 1996, in ragione del collegamento contrattuale che intercorre tra il contratto costitutivo del debito principale garantito ed il contratto costitutivo dell'obbligazione fideiussoria. Quanto al requisito soggettivo di applicabilità della medesima disciplina, la qualità del debitore principale attrae quella del fideiussore ai fini della individuazione del soggetto che deve rivestire la qualità di consumatore. (Nella specie è stata conseguentemente ritenuta valida — per difetto del requisito soggettivo di applicabilità della disciplina delle clausole abusive nei contratti con i consumatori — la clausola derogativa della competenza territoriale, contenuta nel contratto di fideiussione per le esposizioni bancarie di una società di capitali, stipulato dal suo amministratore unico).

Cass. civ. n. 15101/2000

In tema di contratti conclusi tra consumatori e professionisti, la regula iuris dettata, in tema di competenza territoriale, dall'art. 1469 bis n. 19 c.c. (introdotto con legge 6 febbraio 1996 n. 55), secondo la quale la competenza a conoscere dell'eventuale controversia insorta tra le parti si radica presso l'autorità giudiziaria del foro di residenza o domicilio del consumatore, non si applica ai procedimenti instaurati in epoca precedente all'entrata in vigore della norma citata, attesane la natura sostanziale e non meramente processuale.

Cass. civ. n. 13339/1999

I nuovi artt. 1469 bis e seguenti c.c. non sono applicabili ai contratti stipulati prima della loro entrata in vigore, in virtù del generale principio della irretroattività della legge.

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Massimo B. chiede
domenica 12/02/2017 - Liguria
“Faccio seguito al quesito n. Q201718323 a cui avete risposto il 10/02/2017, per sottoporvi un secondo quesito collegato al precedente.
La Giudice di primo grado ha condannato l’assicurazione del direttore dei lavori a pagare anche i danni solidali da lui causati, nonché le spese legali, perché, secondo il giudice, nella polizza la clausola di rinuncia ai danni solidali avrebbe dovuto essere approvata per iscritto. Trascrivo dalla sentenza:
“Peraltro non risulta che la clausola sopra citata sia stata specificamente approvata per iscritto.
Si pone, quindi, la questione se la clausola secondo cui, nel caso di responsabilità solidale la copertura assicurativa collegata al vincolo di solidarietà valga esclusivamente per la sola quota di danno direttamente e personalmente imputabile all'assicurato, sia vessatoria oppure no.
Secondo il Giudicante si tratta di condizione da approvare specificamente per iscritto ai sensi dell’art. 1341 c.c. in quanto stabilisce una limitazione di responsabilità.”
Fa inoltre riferimento alla sentenza della Cassazione n. 20322/2012, anche da voi menzionata nella risposta al primo quesito, ed infine:
“ferma restando la surroga dell'assicuratore, ex art. 1203, n. 3, cod. civ., nel diritto di regresso dell'assicurato nei confronti del corresponsabile, obbligato solidale (in tal senso anche sentenza N. 8686 del 2012).”
Mi piacerebbe conoscere il vostro parere se questo tipo di motivazione sia sufficientemente valida da poter superare il ricorso in Appello da parte dell'assicurazione.
Grazie e cordiali saluti.”
Consulenza legale i 22/02/2017
Ciò che emerge dal quesito in esame, e che non risultava in maniera esplicita nel precedente quesito, è la circostanza che nel contratto di assicurazione,stipulato dal Direttore dei lavori, in effetti sussisteva una clausola disciplinante proprio il caso di responsabilità solidale dell’assicurato. Clausola per effetto della quale la copertura assicurativa doveva intendersi limitata alla sola quota di danno direttamente e personalmente imputabile all’assicurato.

Ineccepibile si ritiene sia la qualificazione che di tale clausola ha dato il Giudice di primo grado, facendola rientrare a pieno titolo fra le c.d. clausole vessatorie disciplinate dall’art. 1341 c.c.

Dalla lettura di tale norma, infatti, emerge che vi sono espressamente ricomprese tutte quelle clausole che prevedono limitazioni di responsabilità e che il legislatore ha voluto sanzionare con l’inefficacia, ossia privandole di ogni effetto giuridico nei confronti delle parti contrattuali, allorchè non siano state specificamente approvate per iscritto con il sistema della doppia sottoscrizione.

Scopo di tale norma è quello di richiamare l’attenzione da parte del sottoscrittore del contratto di assicurazione su clausole di tal tipo, onde far sì che lo stesso possa avere coscienza piena di ciò che sta per sottoscrivere e rendersi conto degli effetti che da una siffatta clausola potranno discendere nei suoi confronti.

Tale disciplina va poi coordinata con quella contenuta nell’attuale Codice del Consumo il quale, novellando l’art.1469 bisc.c. e abrogando le norme immediatamente successive, si occupa delle clausole vessatorie nei rapporti tra professionisti e consumatori (è tale il rapporto che ci occupa), sanzionandole non più con la mera inefficacia, ma con la nullità parziale (ossia limitata alla singola clausola e non estesa all’intero contratto).

Trattandosi, dunque, di clausola nulla ipso iure e come tale insanabile (con ciò andando anche oltre la motivazione resa dal Giudice di primo grado), dal riferimento ad essa l’Assicurazione non potrà avanzare alcuna pretesa o legittimazione nel corso del giudizio di appello, restandole dunque il solo diritto di surrogarsi all’assicurato ex art. 1203 n. 3 c.c. nell’azione diregresso contro il coobbligato (l’impresa costruttrice), in piena conformità, peraltro, a quanto dedotto nella motivazione della sentenza appellata.

Si tenga conto che validi argomenti a sostegno della posizione contrattuale dell’assicurato si rinvengono non solo nella sentenza del primo grado di giudizio, ma anche in quella della Corte di Cassazione ivi richiamata (la n. 20322/2012) ed in altra pronuncia giurisprudenziale del Tribunale di Udine del 14.08.2014, che qui si ritiene interessante riportare in quanto, in identica fattispecie, richiama ancora una volta la citata sentenza n. 20322/2012 (il che vale ad attribuire ancora maggior forza all’orientamento della Cassazione, dal quale il Giudice di appello non potrà facilmente discostarsi).

In particolare, nel caso sottoposto all’esame del Tribunale di Udine veniva invocata l’esclusione della copertura assicurativa in caso di responsabilità solidale dell’assicurato imputabile ad un identico fatto colposo ascrivibile a più soggetti tenuti a rispondere in relazione al medesimo obbligo (è l’ipotesi in cui vi siano più direttori dei lavori), fondandosi tale esclusione su una previsione contrattuale contenuta in tutte le polizze dei professionisti tecnici.

Traendo proprio spunto da tale tipo di clausola, il Tribunale ha affermato che l’esclusione della copertura assicurativa non può operare nel caso in cui la solidarietà passiva derivi dalla legge (ossia dalla previsione di cui all’art. 1669c.c.) per ricadere su due soggetti (impresa costruttrice e direttore dei lavori), il cui obbligo ha natura e contenuto completamenti diversi.

Quindi, come si vede, si ha una riaffermazione del principio della copertura assicurativa per l’intera obbligazione solidale, traendo questa volta argomento di prova anche dal testo dell’art. 1669 c.c., che considera obbligazione solidale inscindibile quella tra costruttore e direttore dei lavori, ossia tra tutti colori che in qualche misura hanno contribuito alla realizzazione dell’opera.

A questo punto, dunque, una unica incertezza può permanere su quanto accennato nella risposta al primo quesito, nella parte in cui è stato detto che costituisce caso frequente nella prassi assicurativa quello di realizzare ad hoc una sorta di incrocio fra le varie clausole del contratto di assicurazione al fine di creare una distorsione nella esatta individuazione del debito effettivamente garantito.
Ma, anche allorché con un siffatto meccanismo si riuscisse a raggiungere il risultato di una limitazione di responsabilità, aggirando il requisito legale della doppia sottoscrizione, sul piano giuridico l’assicurato non sarebbe privo di tutela, potendo far valere nel corso del giudizio di appello la frode alla legge che con tale sistema l’impresa di assicurazione ha di fatto posto in essere.