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Articolo 1434 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Violenza

Dispositivo dell'art. 1434 Codice Civile

La violenza(1) è causa di annullamento del contratto, anche se esercitata da un terzo.

Note

(1) La norma si riferisce alla violenza psichica che consiste nella minaccia di un male ingiusto che viene fatta ad una persona per coartarne la volontà. Essa si distingue dalla violenza fisica, difficilmente ipotizzabile in materia, che si configura quando, materialmente, la manifestazione di volontà è frutto di costringimento fiscio (esempio tipico è quello del soggetto che firma un contratto quando la sua mano è guidata da altri); in tal caso, mancando completamente una volontà, il negozio deve ritenersi nullo. La violenza si distingue anche dal mero timore reverenziale (1437 c.c.), quale soggezione che si ha verso una figura autorevole, che è irrilevante, e dallo stato di pericolo (v. 1447 c.c.) poichè mentre questo è determinato da un evento oggettivo, la prima dipende dalla minaccia di altri.

Ratio Legis

La violenza giustifica l'annullamento del contratto in quanto impedisce alla volontà di formarsi liberamente.

Brocardi

Actio quod metus causa
Aut vi aut fraude delinquitur
Coactus voluit, sed voluit
Etsi contractus, tamen voluit
Metus
Metus ab extrinseco
Nemo de improbitate sua consequitur actionem
Nihil consensui tam contrarium est quam vis atque metus
Non agit sed agitur
Quamvis si liberus essem noluissem, tamen coactus volui
Qui vim facit, dolo malo facit
Venditiones, donationes, transactiones quae per potentiam extortae sunt, praecipimus infirmari

Spiegazione dell'art. 1434 Codice Civile

Sistemazione della materia

In tema di violenza è tradizionale la distinzione tra violenza assoluta o materiale (vis corpori illata), la quale esclude la volontà, e violenza relativa o morale (vis animo), la quale vizia solo la volontà.
Senonché è da osservare che la violenza materiale, a parte l'estrema rarità, a detta dei suoi stessi fautori, delle sue applicazioni pratiche, esclude non solo il comportamento della volontà, ma anche quello della dichiarazione. Pertanto l'unica forma di violenza è la violenza morale, cioè la minaccia.

Il modo con cui la materia della violenza è sistemata nel codice non può dirsi soddisfacente. Mentre le disposizioni relative al soggetto passivo del male minacciato sono distribuite in due distinti articoli (1435 e 1436), le disposizioni relative al contenuto del male minacciato sono in parte collocate in uno di questi due articoli (1435) e in parte in un articolo a sè stante (1438); della norma relativa alla influenza della minaccia sulla determinazione volitiva del contraente non vi è traccia nel nuovo codice, mentre si è ripetuta la norma, del tutto inutile, sull'irrilevanza del timore reverenziale.

I due elementi costitutivi della fattispecie della violenza: il comportamento intimidatorio e l'intenzione di indurre il timore

La violenza è una fattispecie composta, come il dolo, di due elementi, uno materiale ed uno psicologico: il comportamento intimidatorio, spesso, ma non necessariamente, accompagnato da un saggio del male minacciato e l’intenzione di indurre il timore.

Non costituisce pertanto violenza un comportamento oggettivamente intimidatorio, ma posto in essere da un soggetto, il quale, pur avendo magari coscienza del carattere intimidatorio, non ha tuttavia l'intenzione di indurre il timore dell'altro contraente. Neppure si ha violenza, per difetto dell'elemento materiale, nel caso di timore riverenziale. Come per il dolo non è richiesto l'animus nocendi: il soggetto deve essere libero di provvedere come meglio crede ai propri interessi, e la violenza a fin di bene è pur sempre violenza.

Per la sua stessa natura la violenza non può far capo che all'uomo; la c. d. violenza extraumana o «violence des evenements», escogitata da una parte della dottrina e della giurisprudenza francesi per motivare, nell'assenza di una disposizione testuale, l’invalidità del contratto concluso in stato di pericolo e caso fortuito o forza maggiore, ma non violenza.

L'articolo in esame non pone alcun limite in ordine al soggetto da cui proviene la minaccia; a differenza del dolo, la violenza è rilevante tanto che faccia capo all'altro contraente quanto che faccia capo a un terzo, ne sia o meno l'altro contraente a conoscenza. Diversamente era stabilito nel progetto ministeriale (art. 202), il quale, in armonia
con il sistema dell'affidamento, disponeva che la violenza esercitata al terzo è rilevante solo in caso di malafede dell'altro contraente.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

180 Nel prevedere le conseguenze della violenza sul contratto si è tenuto presente che questo può avere effetti reali oltre che effetti obbligatori: perciò, nell'art. 204, si è parlato di "contraente" anziché di "obbligato".
Si è però chiarito, in conformità ai principi dell'affidamento, che la violenza esercitata dal terzo non può produrre annullamento di fronte al contraente di buona fede: in tal caso, l'unica azione che rimane al contraente che subì la violenza è quella di risarcimento del danno contro l'autore della minaccia.
Il progetto del 1936 aveva mantenuto inalterato l'opposto sistema del codice, il quale non pone alcuna differenza di trattamento, a seconda che la minaccia provenga dal contraente o dal terzo. Evidentemente la Commissione reale aveva dato rilievo alla pericolosità sociale del fatto che non dovrebbe lasciare tracce giuridiche nemmeno quando questo è stato prodotto da persona diversa dal contraente. Ma il contraente che non è stato autore o complice della violenza, trae dalla normalità del contegno della controparte la fiducia nella regolare formazione del volere, e perciò non si intende perché debba risentire l'effetto dell'atto antisociale. Viceversa, se egli è stato consapevole della violenza, è giusto che questa gli si possa opporre: egli, allora, ha voluto approfittare dell'azione del terzo per ottenere il vantaggio del contratto, che altrimenti non avrebbe conseguito. In tale situazione psicologica, di affidamento non deve parlarsi.
L'applicazione di siffatti criteri all'ipotesi di violenza, parifica la condizione giuridica del contratto viziato per la violenza del terzo a quella che la stessa Commissione prevedeva per il caso di dolo causato del terzo (art. 21): a tale parificazione mi sono deciso perché non mi apparvero appaganti le giustificazioni che si sogliono dare per sostenere una distinzione tra le due fattispecie.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

653 Lasciata nell'orbita della mancanza di volontà l'ipotesi di violenza fisica, il nuovo codice ha preso in considerazione la violenza morale. La nozione di questa violenza ha ricevuto un'importante precisazione: è la minaccia di male ingiusto o notevole (art. 1435 del c.c.) ma è anche la minaccia di un male di per sé non ingiusto, quando è diretta a conseguire vantaggi esorbitanti (art. 1433 del c.c.). Questa estensione del concetto di violenza, già espressa dalla giurisprudenza, sanziona lo smodato uso dei poteri dati dalla legge. Se, minacciando l'uso del proprio diritto, si consegue un risultato, non soltanto eccedente la realizzazione del diritto stesso, ma anche ripugnante ad ogni senso di giustizia, si presume che ciò sia accaduto per una restrizione della libertà dl volere, e quindi che sia rimasto viziato il volere di chi ha consentito all'attribuzione ingiusta. La minaccia è causa di annullamento anche se proviene dal terzo (art. 1434 del c.c.), per quanto l'altro contraente sia stato in buona fede; non si è perciò soddisfatta l'aspirazione di chi avrebbe voluto che il contratto rimanesse valido nel caso di violenza del terzo non conosciuta dal contraente, com'è valido quando è stato determinato dal dolo del terzo so l'altro contraente non ne ebbe notizia (art. 1439 del c.c., secondo comma). La diversa disciplina adottata circa gli effetti della violenza e del dolo proveniente da terzi, conforme alla tradizione e ai criteri accolti dalla maggior parte dei codici moderni, è sorretta da considerazioni di carattere sostanziale. La violenza agisce direttamente sulla libertà del volere, mentre il dolo opera sull'intelligenza che deve guidare il volere stesso. Come pressione diretta, la violenza influisce più gravemente e più irresistibilmente sul processo formativo della volontà; ed è quindi giusto dare, contro di essa, una protezione maggiore di quella che si dà contro il dolo. Non viene tutelato l'affidamento che si era formato a causa dell'ignoranza dell'azione violenta del terzo, perché è eccessivo far prevalere le esigenze della buona fede di una parte, di fronte alla grave situazione antigiuridica creata dalla minaccia nell'altra parte che ne è stata vittima; questa situazione ha in sé una antigiuridicità senza dubbio maggiore di quella provocata dal dolo, il quale, in fondo, si risolve in un errore. Si accenna qui, naturalmente, al dolo causam dans, mentre il dolo incidens (art. 1440 del c.c.) altro effetto non provoca se non quello di obbligare al risarcimento del danno.

Massime relative all'art. 1434 Codice Civile

Cass. civ. n. 27323/2022

L'azione di annullamento delle pattuizioni di contenuto economico contenute negli accordi di separazione consensuale omologata può essere esercitata, integrando un vizio della volontà, nel caso di violenza morale, che si verifica qualora uno dei coniugi subisca una minaccia specificamente finalizzata ad estorcere il consenso alla conclusione del negozio, di natura tale da incidere, con efficienza causale, sul determinismo del soggetto passivo, che in assenza della minaccia non avrebbe concluso l'accordo, a differenza del caso in cui la determinazione della parte sia stata provocata da timori meramente interni, ovvero da personali valutazioni di convenienza. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione della corte territoriale che, nell'escludere la configurabilità della violenza morale, non aveva adeguatamente valorizzato l'esistenza di minacce da parte dell'ex coniuge, seppur giudizialmente accertate in sede penale, né la loro efficacia a coartare la volontà della ricorrente).

Cass. civ. n. 12058/2022

In materia di annullamento del contratto per vizi della volontà, si verifica l'ipotesi della violenza, invalidante il negozio giuridico, qualora uno dei contraenti subisca una minaccia specificamente finalizzata ad estorcere il consenso alla conclusione del contratto, proveniente dalla controparte o da un terzo e di natura tale da incidere, con efficienza causale, sul determinismo del soggetto passivo, che in assenza della minaccia non avrebbe concluso il negozio. Ne consegue che il contratto non può essere annullato ex art. 1434 c.c. ove la determinazione della parte sia stata determinata da timori meramente interni ovvero da personali valutazioni di convenienza, senza cioè che l'oggettività del pregiudizio risalti quale idonea a condizionare un libero processo determinativo delle proprie scelte.

Cass. civ. n. 19974/2017

In tema di violenza morale, quale vizio invalidante del consenso, i requisiti previsti dall'art. 1435 c.c. possono variamente atteggiarsi, a seconda che la coazione si eserciti in modo esplicito, manifesto e diretto, o, viceversa, mediante un comportamento intimidatorio, oggettivamente ingiusto, anche ad opera di un terzo; è in ogni caso necessario che la minaccia sia stata specificamente diretta ad estorcere la dichiarazione negoziale della quale si deduce l'annullabilità e risulti di natura tale da incidere, con efficacia causale concreta, sulla libertà di autodeterminazione dell'autore di essa. L'apprezzamento del giudice di merito sulla esistenza della minaccia e sulla sua efficacia a coartare la volontà di una persona, si risolvono in un giudizio di fatto, incensurabile in cassazione se motivato in modo sufficiente e non contraddittorio. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva escluso fosse viziato da violenza morale un accordo di risoluzione consensuale, raggiunto a seguito di trattative condotte con l’assistenza degli avvocati di entrambe la parti, che prevedeva il pagamento al dirigente di somme superiori a quelle cui avrebbe avuto diritto in caso di recesso illegittimo).

Cass. civ. n. 20305/2015

In materia di annullamento del contratto per vizi della volontà, si verifica l'ipotesi della violenza, invalidante il negozio giuridico, qualora uno dei contraenti subisca una minaccia specificamente finalizzata ad estorcere il consenso alla conclusione del contratto, proveniente dalla controparte o da un terzo e di natura tale da incidere, con efficienza causale, sul determinismo del soggetto passivo, che in assenza della minaccia non avrebbe concluso il negozio. Ne consegue che il contratto non può essere annullato ex art. 1434 c.c. ove la determinazione della parte sia stata determinata da timori meramente interni ovvero da personali valutazioni di convenienza, senza cioè che l'oggettività del pregiudizio risalti quale idonea a condizionare un libero processo determinativo delle proprie scelte.

Cass. civ. n. 11371/2014

La domanda di annullamento del contratto per violenza morale non può essere riqualificata dal giudice come domanda di annullamento per dolo, egli incorrendo, altrimenti, in ultrapetizione per mutamento del fatto costitutivo.

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