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Articolo 31 Testo Unico sulle successioni e donazioni

(D.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346)

[Aggiornato al 13/01/2024]

Termine per la presentazione della dichiarazione

Dispositivo dell'art. 31 Testo Unico sulle successioni e donazioni

1. La dichiarazione deve essere presentata entro dodici mesi dalla data di apertura della successione.

2. Il termine decorre:

  1. a) per i rappresentanti legali degli eredi o legatari, per i curatori di eredità giacenti e per gli esecutori testamentari dalla data, successiva a quella di apertura della successione, in cui hanno avuto notizia legale della loro nomina;
  2. b) nel caso di fallimento del defunto in corso alla data dell'apertura della successione o dichiarato entro sei mesi dalla data stessa, dalla data di chiusura del fallimento;
  3. c) nel caso di dichiarazione di assenza o di morte presunta, dalla data di immissione nel possesso dei beni ovvero, se non vi è stata anteriore immissione nel possesso dei beni, dalla data in cui è divenuta eseguibile la sentenza dichiarativa della morte presunta;
  4. d) dalla scadenza del termine per la formazione dell'inventario, se l'eredità è accettata con beneficio d'inventario entro il termine di cui al comma 1;
  5. e) dalla data della rinunzia o dell'evento di cui all'art. 28, commi 5 e 6, o dalla diversa data in cui l'obbligato dimostri di averne avuto notizia;
  6. f) dalla data delle sopravvenienze di cui all'art. 28, comma 7;
  7. g) per gli enti che non possono accettare l'eredità o il legato senza la preventiva autorizzazione, purché la relativa domanda sia stata presentata entro sei mesi dall'apertura della successione, dalla data in cui hanno avuto notizia legale dell'autorizzazione;
  8. h) per gli enti non ancora riconosciuti, purché sia stata presentata domanda di riconoscimento e di autorizzazione all'accettazione entro un anno dalla data di apertura della successione, dalla data in cui hanno avuto notizia legale del riconoscimento e dell'autorizzazione.

3. Fino alla scadenza del termine la dichiarazione della successione può essere modificata con l'osservanza delle disposizioni degli articoli 28, 29 e 30.

4. La presentazione ad ufficio del registro diverso da quello competente si considera avvenuta nel giorno in cui la dichiarazione è pervenuta all'ufficio competente.

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Consulenze legali
relative all'articolo 31 Testo Unico sulle successioni e donazioni

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

R. T. chiede
martedģ 16/05/2023
“OGGETTO: TERMINI DICHIARAZIONE SUCCESSIONE A SEGUITO RITROVAMENTO TESTAMENTO
Buonasera, avrei bisogno di sapere i termini di apertura di una successione, a seguito ritrovamento e pubblicazione di un testamento.
Al 30 luglio 2022 è deceduta una mia amica. A inizio 2023 ho ritrovato un testamento che ho fatto pubblicare in questi giorni.
In questo momento non ho ancora accettato l'eredità e intendo farlo con beneficio di inventario solo in settembre-ottobre al massimo. Si tratta infatti di eredità in altra provincia e di persona che potrebbe avere parecchi debiti da far emergere ed io sono parecchio impegnato professionalmente fino a settembre.

Gli attuali eredi - marito e fratello - prima della pubblicazione del testamento dovevano presentare la denuncia di successione entro un anno dalla morte, quindi in luglio 2024 al massimo (attualmente non è stata presentata). Con la pubblicazione del testamento penso che il termine per la presentazione della denuncia venga prorogato ad un anno dal ritrovamento, se non dalla pubblicazione, ma non ne sono certo.
Vorrei quindi sapere quale sia il nuovo termine di presentazione una volta ritrovato (e pubblicato) il testamento e soprattutto se questo nuovo termine resta valido per gli altri eredi anche nelle more della mia accettazione (fino a ottobre resterei solo chiamato all'eredità) o qualora non accettassi l'eredità a seguito dell'inventario sfavorevole. Non vorrei che - finché non accetto o se poi non accettassi - gli attuali eredi si ritrovino a fare una denuncia tardiva perché comunque dovevano presentarla entro un anno dal decesso, non essendoci stata ancora la mia accettazione.
Grazie”
Consulenza legale i 22/05/2023
Norma di riferimento per il tema che il quesito pone è l’art. 31 Testo Unico sulle successioni e donazioni, il quale dispone, al suo primo comma, che la dichiarazione di successione deve essere presentata entro dodici mesi dalla data di apertura della successione.
Quest’ultima, a sua volta, coincide con la data di morte della persona della cui successione si tratta, come espressamente disposto dall’art. 456 del c.c..
Pertanto, nel caso di specie, è dal 30 luglio 2022 (data di morte) che va conteggiato il termine di dodici mesi entro cui si dovrà adempiere all’obbligo (si ricorda di natura prettamente fiscale) di presentazione della denuncia di successione.

Precisato ciò, va a questo punto osservato che, come è ben noto, alla morte di un soggetto, il suo patrimonio può devolversi secondo le norme della successione legittima ovvero in conformità alla volontà dallo stesso de cuius manifestata con testamento.
Solo se la persona defunta non abbia predisposto un testamento, ovvero se tale testamento non sia stato rivenuto dai suoi prossimi congiunti, sopperisce la legge, determinando esattamente le quote che spettano agli eredi, quali generalmente sono coniuge, figli e, in mancanza di questi soggetti, anche fratelli, sorelle o ascendenti.
Se invece il de cuius ha fatto testamento, questo è destinato sempre a prevalere sulla successione legittima, e ciò perchè è giusto che ciascuno decida a chi devolvere i propri beni per il tempo in cui avrà cessato di vivere (questo, ovviamente, vale sempre nei limiti delle quote di riserva spettanti ai c.d. legittimari, ovvero figli e coniuge).

Ora, non sono per nulla infrequenti i casi in cui un testamento venga scoperto a distanza perfino di qualche anno dall’apertura della successione, ma tale probabilità non può di certo valere a sospendere il termine fissato dal sopra ciato art. 31 Testo Unico sulle successioni e donazioni per la presentazione della dichiarazione di successione.
Infatti, fin quando non si verificherà una tale ipotesi, sarà la legge a regolare la devoluzione del patrimonio del de cuius, con la conseguenza che coloro che si verranno a trovare nella posizione di chiamati all’eredità ex lege, dovranno necessariamente adempiere all’obbligo di presentazione della dichiarazione di successione, pagando le rispettive imposte in base alle quote così determinate.
Nel momento in cui, poi, dovesse essere scoperto un testamento, gli eredi non potranno assolutamente negarne l’esistenza, in quanto, come detto prima, la volontà testamentaria deve sempre essere rispettata dagli eredi, i quali, tuttavia, potranno eventualmente agire per la tutela della posizione di legittimari, posizione che riguarda il coniuge e i figli.

Per tale ragione, è necessario che l’erede o gli eredi nominati per testamento si rechino da un notaio di propria fiducia, al quale dovrà essere chiesto di provvedere alla pubblicazione di quel testamento olografo, operazione che consiste nella redazione da parte del notaio di un verbale, che verrà ricevuto per atto pubblico e sottoscritto dai richiedenti.
Il sopravvenire di tale evento (ritrovamento successivo del testamento), ma a anche qualunque altro fatto che possa incidere quantitativamente sulla devoluzione dell’eredità (es. la scoperta di un bene in precedenza non considerato) non fa altro che determinare un mutamento della devoluzione dell’eredità, con la conseguenza che i soggetti interessati (nel caso di specie, colui che viene contemplato nel testamento) saranno obbligati a presentare una dichiarazione sostitutiva o integrativa, ipotesi espressamente disciplinata dal comma 6 dell’art. 28 del T.U. successioni e donazioni.
In tal caso, i dodici mesi per la presentazione della dichiarazione decorrono dalla data della sopravvenienza o dalla diversa data in cui l’obbligato dimostra di averne avuto notizia.
In particolare, si dovrà presentare la “dichiarazione sostitutiva” anche per modificare o integrare la precedente dichiarazione nel caso in cui:
a) occorre inserire nell’asse ereditario altri beni che non sono stati indicati nella dichiarazione principale;
b) sopravviene un evento che dà luogo a mutamento della devoluzione dell’eredità o del legato ovvero ad applicazione delle imposte in misura superiore (rientra proprio in tale ipotesi la scoperta successiva di un testamento);
c) si presenta la necessità di modificare i dati identificativi degli eredi, degli immobili, il loro valore e/o la misura delle quote.

In conclusione, rispondendo alla domanda che viene posta, va detto che è errata la convinzione che per gli eredi legittimi il termine di dodici mesi debba intendersi prorogato e farsi decorrere dalla data di pubblicazione del testamento.
Nel caso di specie, infatti, si avranno due diversi termine di decorrenza e precisamente:
a) dodici mesi dalla data di apertura della successione per gli eredi ex lege;
b) dodici mesi dalla data di pubblicazione del testamento per l’erede testamentario, il quale sarà tenuto a presentare una dichiarazione di successiva modificativa della precedente.

Anonimo chiede
venerdģ 05/05/2023
“E' morta una vecchia zia in possesso di un cospicuo patrimonio, mai sposata e senza figli ma con molti fratelli e sorelle (10) di cui 8 deceduti e, in alcuni casi anche alcuni loro figli risultano deceduti. Due fratelli sono emigrati all'estero (uno in Sud Africa ed uno in Australia) e di questi so solo che si sono sposati ma null'altro.
Nel predisporre la successione (sono trascorsi sei mesi dal decesso) posso omettere alcuni eventuali eredi in quanto non conosciuti e/o non reperibili? Ed eventualmente a cosa vado incontro se a distanza di anni si fa vivo alcuno di loro?
Grazie!”
Consulenza legale i 14/05/2023
Alla morte di una persona ed in assenza di espressa volontà testamentaria, si apre la successione legittima, la quale risulta regolata nel nostro ordinamento dagli artt. 565 e ss. c.c.
In particolare, l’art. 565 del c.c. individua quali eredi legittimi il coniuge, i discendenti, gli ascendenti, i collaterali, gli altri parenti ed, infine, lo Stato.
Il secondo comma dell’art. 572 del c.c. dispone a sua volta, con particolare riferimento alla categoria degli “altri parenti”, che la successione non ha luogo tra i parenti oltre il sesto grado.

Altre norme che vanno prese in considerazione al fine di individuare i chiamati all’eredità di un soggetto sono gli artt. 467 e ss. c.c., norme che disciplinano la c.d. “rappresentazione”, ovvero quel particolare istituto giuridico per effetto del quale determinati soggetti sono chiamati a succedere in luogo (in rappresentazione, appunto) di altri soggetti.
Più precisamente l’art. 468 del c.c. delimita con esattezza i soggetti c.d. “rappresentati”, distinguendo tra linea retta e linea collaterale.
In linea retta possono essere tali i figli, anche adottivi, del de cuius, mentre in linea collaterali rivestono la posizione di rappresentati i fratelli e le sorelle dello stesso de cuius.
Assumono la posizione di rappresentanti, invece, i discendenti dei figli e dei fratelli e delle sorelle.
Precisa, poi, l’art. 469 del c.c. che la rappresentazione ha luogo all’infinito.

Ebbene, nel caso di specie la defunta, nubile e senza figli, lascia come suoi parenti prossimi, quali individuati dal sopra citato art. 565 c.c., soltanto collaterali (fratelli e sorelle).
Tuttavia, tenuto conto che la gran parte di questi sono morti, per l’individuazione dei chiamati all’eredità deve per forza di cose farsi ricorso all’applicazione delle norme dettate in materia di rappresentazione, rientrando i fratelli e le sorelle nella categoria dei soggetti che possono essere “rappresentati”.
Pertanto, al fine di presentare una corretta e fedele dichiarazione di successione, non si ha altra scelta, purtroppo, che quella di doversi impegnare in una lunga e difficile ricerca di coloro che, al momento dell’apertura della successione, si trovano nella posizione di “chiamati all’eredità”.

Per fare ciò non vi è altra soluzione che quella di partire dal certificato storico di famiglia della de cuius, per poi arrivare gradualmente, seguendo i vari movimenti anagrafici, ai discendenti dei fratelli e delle sorelle della stessa de cuius, ai quali spetta il diritto di accettare l’eredità in luogo dei chiamati diretti.
Si tenga presente, infatti, che nelle istruzioni fornite dall’Agenzia delle entrate si legge che con la dichiarazione di successione devono, tra l’altro, essere presentati i seguenti documenti, da allegare tramite il quadro EG:
- l’albero genealogico, dal quale deve risultare il nome, cognome, luogo e data di nascita del coniuge e dei soggetti beneficiari legati al defunto da vincoli di parentela (ossia, quelli di cui agli artt.565 e ss. c.c., sopra richiamati);
- la dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante lo stato di famiglia del defunto, degli eredi (più precisamente dei chiamati all’eredità) e legatari che sono in rapporto di parentela o affinità con il defunto.

Si precisa che quest’ultima allegazione è obbligatoria nel caso in cui chi presenta la dichiarazione sia il curatore dell’eredità giacente, l’amministratore dell’eredità, l’esecutore testamentario nonché in tutti quei casi in cui le informazioni riguardanti il rapporto di parentela con il defunto (quali risultanti dal quadro EH), non siano esaustive per la corretta rappresentazione dello stato di famiglia; in particolare, in quest’ultimo caso la dichiarazione sostitutiva di atto notorio deve contenere tutti gli elementi utili al completamento della suddetta rappresentazione.

Come può facilmente intuirsi, dunque, la dichiarazione di successione, oltre che assolvere agli obblighi di natura fiscale, assume anche natura di dichiarazione sostitutiva di atto notorio, con la conseguenza che, in presenza di dichiarazioni non veritiere, troverà applicazione l’art. 76 del D.P.R. n. 445/2000, norma che, secondo le norme dettate dal codice penale e dalle leggi speciali in materia, incrimina la condotta di chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso.

Pertanto, ciò che si consiglia è di adoperarsi il più possibile per cercare di ricostruire in modo veritiero l’albero genealogico della defunta e così poter indicare nella dichiarazione di successione gli eredi corretti, evitando in tal modo di dover rendere dichiarazioni mendaci.
Qualora, poi, non si dovesse proprio in alcun modo riuscire ad individuare tutti i chiamati all’eredità, anche in considerazione del fatto che per alcuni di essi opera l’istituto della rappresentazione all’infinito, non si potrà certamente fare a meno di presentare entro i termini di legge (dodici mesi dall’apertura della successione, ex art. 31 Testo Unico sulle successioni e donazioni) una prima dichiarazione di successione indicando i nominativi di coloro a cui si è riusciti a risalire ed i beni costituenti il patrimonio ereditario della defunta (sui quali verranno calcolate le imposte da versare allo Stato).
In un secondo momento sarà sempre possibile presentare una dichiarazione di successione modificativa della precedente, prevista proprio per le ipotesi in cui si renda necessario cambiare mappali, quote ed eredi senza un aumento del valore dell’asse ereditario (in questo caso occorre sempre provvedere al pagamento delle imposte ipotecaria e catastale in misura fissa, nonché dell’imposta di bollo e dei tributi speciali).

La medesima possibilità (ossia quella di presentare una denuncia di successione modificativa) è concessa a quei chiamati all’eredità che, a distanza di qualche anno, potrebbero venire a conoscenza dell’apertura della successione della de cuius.
Questi entro il termine di dieci anni conservano il diritto di accettare l’eredità, con conseguente possibilità di agire con l’azione di petizione di eredità ex art. 533 c.c. al fine di recuperare la quota di beni ereditari loro spettante ex lege.
Il secondo comma di questa norma precisa che l’azione è imprescrittibile, ma si tenga comunque conto che resta prescrittibile, ex art. 480 del c.c., il diritto di accettare l’eredità, il quale si pone pur sempre a monte della petizione di eredità.

A. P. chiede
sabato 28/01/2023 - Liguria
“Buongiorno.
In caso di successione tra fratelli, nel senso che uno dei fratelli è venuto a mancare, in mancanza di eredi diretti, moglie e figli, la casa di proprietà passa ai restanti fratelli rimasti.
Nel caso di
- rinuncia di uno dei due
- l'altro non si pronuncia su accettazione o no della sua parte
la terza persona può avviare la pratica di successione in attesa di pronuncia degli altri due aventi diritto? Nel qual caso come si dovrebbe procedere?
Grazie”
Consulenza legale i 02/02/2023
In forza di quanto disposto dall’art. 565 del c.c., nel caso di successione legittima, in assenza di coniuge, discendenti ed ascendenti, l’eredità si devolve ai collaterali, ovvero fratelli e sorelle.
Precisa il successivo art. 570 del c.c. che fratelli e sorelle succedono in parti eguali tra loro (salvo il caso di fratelli e sorelle unilaterali, a cui spetta la metà della quota che conseguono i germani).
Qualora, poi, come si pensa possa accadere nel caso di specie, taluno dei chiamati per legge abbia intenzione di rinunciare all’eredità, dovrà farsi applicazione dell’art. 522 c.c., il quale dispone che, salvo il diritto di rappresentazione, la parte di colui che rinuncia si accresce a coloro che avrebbero concorso con il rinunciante (quest’ultima norma, a sua volta, costituisce esplicazione del principio generale espresso all’art. 521 del c.c., ove è detto che il rinunciante è considerato come se non fosse mai stato chiamato all’eredità).

Occorre precisare che, rientrando i primi chiamati all’eredità nella categoria dei collaterali del de cuius, l’accrescimento in favore degli altri chiamati o dell’unico altro chiamato rimasto potrà aver luogo soltanto se non può operare l’istituto giuridico della rappresentazione, istituto disciplinato dagli artt. 467 e ss. c.c., e per effetto del quale la chiamata ereditaria si estende ai discendenti del rinunziante, se ve ne sono.

Prima di affrontare il tema a cui si fa esplicitamente riferimento nel quesito, si ritiene possa anche essere utile precisare che il legislatore, all’art. 481 del c.c., ha previsto un particolare strumento giuridico (c.d. actio interrogatoria) per mezzo del quale chiunque vi abbia interesse (è tale uno qualunque dei chiamati all’eredità) può rivolgersi all’autorità giudiziaria, chiedendo la fissazione di un termine entro il quale i chiamati che non hanno intenzione di manifestare alcuna volontà devono necessariamente dichiarare se accettano o rinunziano all’eredità (trascorso inutilmente detto termine, si perde definitivamente il diritto di accettare).

Precisato quanto sopra e passando ad esaminare la questione posta, va detto che l’obbligo di presentare la dichiarazione di successione entro il termine fissato dall’art. 31 del T.U. successioni e donazioni (ossia dodici mesi dalla data di apertura della successione) incombe su tutti i soggetti chiamati all’eredità, salvo che gli stessi, anteriormente alla scadenza del suddetto termine e non essendo nel possesso dei beni ereditari, non vi abbiano rinunciato (si veda in tal senso la risposta ad interpello dell’Agenzia delle Entrate n. 296 del 25 maggio 2022).
Infatti, come chiarito con la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 17 de 15 marzo 1991, per effetto del combinato disposto di cui al comma 2 dell’art. 28 del T.U. successioni e donazioni ed al comma 4 dell’art. 7 del T.U. successioni e donazioni, il presupposto dell’obbligo di presentare la dichiarazione di successione va individuato non nella qualità di erede accettante l’eredità, bensì in quella di chiamato all’eredità.
Inoltre, fin quando l’eredità non è stata accettata o non è stata accettata da tutti i chiamati, l’imposta è determinata considerando come eredi i chiamati che non vi hanno rinunciato.

In tal senso può richiamarsi la recente sentenza della Corte di Cassazione sez. V del 12.04.2022 n. 11832 nella quale si afferma che, facendo corretta applicazione dell’art. 7 del D.lgs. 246/1990, in tema di imposta successione il presupposto dell’imposizione tributaria deve individuarsi nella chiamata all’eredità e non già nell’accettazione.
Tale individuazione resta condizionata alla circostanza che il chiamato acquisti poi effettivamente la qualità di erede, mentre l’efficacia retroattiva della eventuale e successiva rinuncia, legittimamente esercitata, determina il venir meno del presupposto soggettivo dell’imposizione tributaria.

A quanto detto sopra va aggiunto che, secondo quanto si legge nelle istruzioni che l’Agenzia delle Entrate fornisce per la presentazione dichiarazione di successione, qualora, come nel caso in esame, vi siano più persone obbligate, nella loro qualità di chiamati all’eredità, è sufficiente che la dichiarazione sia presentata e sottoscritta anche da uno solo dei soggetti obbligati.
Ciò significa che soggetto dichiarante può anche essere il solo fratello che ha intenzione sin d’ora di accettare, mentre nella dichiarazione devono essere indicati i nominativi di tutti gli eredi con le relative quote di devoluzione.
Pertanto, se alcuni dei chiamati si rifiutano di presentare la denuncia di successione (come è probabile), se ne potrà fare carico uno solo degli eredi senza che sia necessario ottenere l’assenso degli altri.