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Articolo 74 Codice dell'ambiente

(D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Definizioni

Dispositivo dell'art. 74 Codice dell'ambiente

1. Ai fini della presente sezione si intende per:

  1. a) abitante equivalente: il carico organico biodegradabile avente una richiesta biochimica di ossigeno a 5 giorni (BOD5) pari a 60 grammi di ossigeno al giorno;
  2. b) acque ciprinicole: le acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti ai ciprinidi (Cyprinidae) o a specie come i lucci, i pesci persici e le anguille;
  3. c) acque costiere: le acque superficiali situate all'interno rispetto a una retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto più vicino della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali e che si estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione;
  4. d) acque salmonicole: le acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti a specie come le trote, i temoli e i coregoni;
  5. e) estuario: l'area di transizione tra le acque dolci e le acque costiere alla foce di un fiume, i cui limiti esterni verso il mare sono definiti con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; in via transitoria tali limiti sono fissati a cinquecento metri dalla linea di costa;
  6. f) acque dolci: le acque che si presentano in natura con una concentrazione di sali tale da essere considerate appropriate per l'estrazione e il trattamento al fine di produrre acqua potabile;
  7. g) acque reflue domestiche: acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche;
  8. h) "acque reflue industriali": qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento;
  9. i) "acque reflue urbane": acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali ovvero meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato;
  10. l) acque sotterranee: tutte le acque che si trovano al di sotto della superficie del suolo, nella zona di saturazione e in diretto contatto con il suolo e il sottosuolo;
  11. m) acque termali: le acque minerali naturali di cui all' art. 2, comma 1, lettera a), della legge 24 ottobre 2000, n. 323, utilizzate per le finalità consentite dalla stessa legge;
  12. n) agglomerato: l'area in cui la popolazione, ovvero le attività produttive, sono concentrate in misura tale da rendere ammissibile, sia tecnicamente che economicamente in rapporto anche ai benefici ambientali conseguibili, la raccolta e il convogliamento [in una fognatura dinamica] delle acque reflue urbane verso un sistema di trattamento o verso un punto di recapito finale;
  13. o) applicazione al terreno: l'apporto di materiale al terreno mediante spandimento e/o mescolamento con gli strati superficiali, iniezione, interramento;
  14. p) utilizzazione agronomica: la gestione di effluenti di allevamento, acque di vegetazione residuate dalla lavorazione delle olive, acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agro-alimentari, dalla loro produzione tino all'applicazione al terreno ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo, finalizzati all'utilizzo delle sostanze nutritive e ammendanti nei medesimi contenute;
  15. q) ente di governo dell'ambito: la forma di cooperazione tra comuni e province per l'organizzazione del servizio idrico integrato;
  16. r) gestore del servizio idrico integrato: il soggetto che gestisce il servizio idrico integrato in un ambito territoriale ottimale ovvero il gestore esistente del servizio pubblico soltanto fino alla piena operatività del servizio idrico integrato;
  17. s) bestiame: tutti gli animali allevati per uso o profitto;
  18. t) composto azotato: qualsiasi sostanza contenente azoto, escluso quello allo stato molecolare gassoso;
  19. u) concimi chimici: qualsiasi fertilizzante prodotto mediante procedimento industriale;
  20. v) effluente di allevamento: le deiezioni del bestiame o una miscela di lettiera e di deiezione di bestiame, anche sotto forma di prodotto trasformato, ivi compresi i reflui provenienti da attività di piscicoltura;
  21. z) eutrofizzazione: arricchimento delle acque di nutrienti, in particolare modo di composti dell'azoto e/o del fosforo, che provoca una abnorme proliferazione di alghe e/o di forme superiori di vita vegetale, producendo la perturbazione dell'equilibrio degli organismi presenti nell'acqua e della qualità delle acque interessate;
  22. aa) fertilizzante: fermo restando quanto disposto dalla legge 19 ottobre 1984, n. 748, le sostanze contenenti uno o più composti azotati, compresi gli effluenti di allevamento, i residui degli allevamenti ittici e i fanghi, sparse sul terreno per stimolare la crescita della vegetazione;
  23. bb) fanghi: i fanghi residui, trattati o non trattati, provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane;
  24. cc) inquinamento: l'introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze o di calore nell'aria, nell'acqua o nel terreno che possono nuocere alla salute umana o alla qualità degli ecosistemi acquatici o degli ecosistemi terrestri che dipendono direttamente da ecosistemi acquatici, perturbando, deturpando o deteriorando i valori ricreativi o altri legittimi usi dell'ambiente;
  25. dd) "rete fognaria": un sistema di condotte per la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane;
  26. ee) fognatura separata: la rete fognaria costituita da due canalizzazioni, la prima delle quali adibita alla raccolta ed al convogliamento delle sole acque meteoriche di dilavamento, e dotata o meno di dispositivi per la raccolta e la separazione delle acque di prima pioggia, e la seconda adibita alla raccolta ed al convogliamento delle acque reflue urbane unitamente alle eventuali acque di prima pioggia;
  27. ff) scarico: qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore in acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti all'articolo 114;
  28. gg) acque di scarico: tutte le acque reflue provenienti da uno scarico;
  29. hh) scarichi esistenti: gli scarichi di acque reflue urbane che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e conformi al regime autorizzativo previgente e gli scarichi di impianti di trattamento di acque reflue urbane per i quali alla stessa data erano già state completate tutte le procedure relative alle gare di appalto e all'affidamento dei lavori, nonché gli scarichi di acque reflue domestiche che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e conformi al previgente regime autorizzativo e gli scarichi di acque reflue industriali che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e già autorizzati;
  30. ii) trattamento appropriato: il trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo ovvero un sistema di smaltimento che, dopo lo scarico, garantisca la conformità dei corpi idrici recettori ai relativi obiettivi di qualità ovvero sia conforme alle disposizioni della parte terza del presente decreto;
  31. ll) trattamento primario: il trattamento delle acque reflue che comporti la sedimentazione dei solidi sospesi mediante processi fisici e/o chimico-fisici e/o altri, a seguito dei quali prima dello scarico il BOD5 delle acque in trattamento sia ridotto almeno del 20 per cento ed i solidi sospesi totali almeno del 50 per cento;
  32. mm) trattamento secondario: il trattamento delle acque reflue mediante un processo che in genere comporta il trattamento biologico con sedimentazione secondaria, o mediante altro processo in cui vengano comunque rispettati i requisiti di cui alla tabella 1 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto;
  33. nn) stabilimento industriale, stabilimento: tutta l'area sottoposta al controllo di un unico gestore, nella quale si svolgono attività commerciali o industriali che comportano la produzione, la trasformazione e/o l'utilizzazione delle sostanze di cui all'Allegato 8 alla parte terza del presente decreto, ovvero qualsiasi altro processo produttivo che comporti la presenza di tali sostanze nello scarico;
  34. oo) valore limite di emissione: limite di accettabilità di una sostanza inquinante contenuta in uno scarico, misurata in concentrazione, oppure in massa per unità di prodotto o di materia prima lavorata, o in massa per unità di tempo; i valori limite di emissione possono essere fissati anche per determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze. I valori limite di emissione delle sostanze si applicano di norma nel punto di fuoriuscita delle emissioni dall'impianto, senza tener conto dell'eventuale diluizione; l'effetto di una stazione di depurazione di acque reflue può essere preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione dell'impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione dell'ambiente nel suo insieme e di non portare carichi inquinanti maggiori nell'ambiente;
  35. pp) zone vulnerabili: zone di territorio che scaricano direttamente o indirettamente composti azotati di origine agricola o zootecnica in acque già inquinate o che potrebbero esserlo in conseguenza di tali tipi di scarichi.

2. Ai fini della presente sezione si intende inoltre per:

  1. a) acque superficiali: le acque interne ad eccezione di quelle sotterranee, le acque di transizione e le acque costiere, tranne per quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse anche le acque territoriali;
  2. b) acque interne: tutte le acque superficiali correnti o stagnanti, e tutte le acque sotterranee all'interno della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali;
  3. c) fiume: un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in superficie ma che può essere parzialmente sotterraneo;
  4. d) lago: un corpo idrico superficiale interno fermo;
  5. e) acque di transizione: i corpi idrici superficiali in prossimità della foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzate dai flussi di acqua dolce;
  6. f) corpo idrico artificiale: un corpo idrico superficiale creato da un'attività umana;
  7. g) corpo idrico fortemente modificato: un corpo idrico superficiale la cui natura, a seguito di alterazioni fisiche dovute a un'attività umana, è sostanzialmente modificata, come risulta dalla designazione fattane dall'autorità competente in base alle disposizioni degli articoli 118 e 120;
  8. h) corpo idrico superficiale: un elemento distinto e significativo di acque superficiali, quale un lago, un bacino artificiale, un torrente, fiume o canale, parte di un torrente, fiume o canale, acque di transizione o un tratto di acque costiere;
  9. i) falda acquifera: uno o più strati sotterranei di roccia o altri strati geologici di porosità e permeabilità sufficiente da consentire un flusso significativo di acque sotterranee o l'estrazione di quantità significative di acque sotterranee;
  10. l) corpo idrico sotterraneo: un volume distinto di acque sotterranee contenute da una o più falde acquifere;
  11. m) bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un'unica foce, a estuario o delta;
  12. n) sotto-bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi e laghi per sfociare in un punto specifico di un corso d'acqua, di solito un lago o la confluenza di un fiume;
  13. o) distretto idrografico: l'area di terra e di mare, costituita da uno o più bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere che costituisce la principale unità per la gestione dei bacini idrografici;
  14. p) stato delle acque superficiali: l'espressione complessiva dello stato di un corpo idrico superficiale, determinato dal valore più basso del suo stato ecologico e chimico;
  15. q) buono stato delle acque superficiali: lo stato raggiunto da un corpo idrico superficiale qualora il suo stato, tanto sotto il profilo ecologico quanto sotto quello chimico, possa essere definito almeno "buono";
  16. r) stato delle acque sotterranee: l'espressione complessiva dello stato di un corpo idrico sotterraneo, determinato dal valore più basso del suo stato quantitativo e chimico;
  17. s) buono stato delle acque sotterranee: lo stato raggiunto da un corpo idrico sotterraneo qualora il suo stato, tanto sotto il profilo quantitativo quanto sotto quello chimico, possa essere definito almeno "buono";
  18. t) stato ecologico: l'espressione della qualità della struttura e del funzionamento degli ecosistemi acquatici associati alle acque superficiali, classificato a norma dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
  19. u) buono stato ecologico: lo stato di un corpo idrico superficiale classificato in base all'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
  20. v) buon potenziale ecologico: lo stato di un corpo idrico artificiale o fortemente modificato, così classificato in base alle disposizioni pertinenti dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
  21. z) buono stato chimico delle acque superficiali: lo stato chimico richiesto per conseguire gli obiettivi ambientali per le acque superficiali fissati dalla presente sezione secondo le modalità previste all'articolo 78, comma 2, lettere a) e b), ossia lo stato raggiunto da un corpo idrico superficiale nel quale la concentrazione degli inquinanti non superi gli standard di qualità ambientali fissati per le sostanze dell'elenco di priorità di cui alle tabelle 1/A e 2/A del paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza;
  22. aa) buono stato chimico delle acque sotterranee: lo stato chimico di un corpo idrico sotterraneo che risponde a tutte le condizioni di cui alla tabella B.3.2 dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
  23. bb) stato quantitativo: l'espressione del grado in cui un corpo idrico sotterraneo è modificato da estrazioni dirette e indirette;
  24. cc) risorse idriche sotterranee disponibili: il risultato della velocità annua media di ravvenamento globale a lungo termine del corpo idrico sotterraneo meno la velocità annua media a lungo termine del flusso necessario per raggiungere gli obiettivi di qualità ecologica per le acque superficiali connesse, di cui all'articolo 76, al fine di evitare un impoverimento significativo dello stato ecologico di tali acque, nonché danni rilevanti agli ecosistemi terrestri connessi;
  25. dd) buono stato quantitativo: stato definito nella tabella B.1.2 dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
  26. ee) sostanze pericolose: le sostanze o gruppi di sostanze tossiche, persistenti e bio-accumulabili e altre sostanze o gruppi di sostanze che danno adito a preoccupazioni analoghe;
  27. ff) sostanze prioritarie e sostanze pericolose prioritarie: le sostanze individuate con disposizioni comunitarie ai sensi dell'art. 16 della direttiva 2000/60/CE;
  28. gg) inquinante: qualsiasi sostanza che possa inquinare, in particolare quelle elencate nell'Allegato 8 alla parte terza del presente decreto;
  29. hh) immissione diretta nelle acque sotterranee: l'immissione di inquinanti nelle acque sotterranee senza infiltrazione attraverso il suolo o il sottosuolo;
  30. ii) obiettivi ambientali: gli obiettivi fissati dal titolo II della parte terza del presente decreto;
  31. ll) standard di qualità ambientale, denominati anche "SQA": la concentrazione di un particolare inquinante o gruppo di inquinanti nelle acque, nei sedimenti e nel biota che non deve essere superata per tutelare la salute umana e l'ambiente;
  32. mm) approccio combinato: l'insieme dei controlli, da istituire o realizzare, salvo diversa indicazione delle normative di seguito citate, entro il 22 dicembre 2012, riguardanti tutti gli scarichi nelle acque superficiali, comprendenti i controlli sulle emissioni basati sulle migliori tecniche disponibili, quelli sui pertinenti valori limite di emissione e, in caso di impatti diffusi, e quelli comprendenti, eventualmente, le migliori prassi ambientali; tali controlli sono quelli stabiliti:
  33. 1) nel decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento;
  34. 2) nella parte terza del presente decreto in materia di acque reflue urbane, nitrati provenienti da fonti agricole, sostanze che presentano rischi significativi per l'ambiente acquatico o attraverso l'ambiente acquatico, inclusi i rischi per le acque destinate alla produzione di acqua potabile e di scarichi di Hg, Cd, HCH, DDT, PCP, aldrin, dieldrin, endrin, HCB, HCBD, cloroformio, tetracloruro di carbonio, EDC, tricloroetilene, TCB e percloroetilene;
  35. nn) acque destinate al consumo umano: le acque disciplinate dal decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31;
  36. oo) servizi idrici: tutti i servizi che forniscono alle famiglie, agli enti pubblici o a qualsiasi attività economica:
  37. 1) estrazione, arginamento, stoccaggio, trattamento e distribuzione, di acque superficiali o sotterranee;
  38. 2) strutture per la raccolta e il trattamento delle acque reflue, che successivamente scaricano nelle acque superficiali;
  39. pp) utilizzo delle acque: i servizi idrici unitamente agli altri usi risultanti dall'attività conoscitiva di cui all'articolo 118 che incidono in modo significativo sullo stato delle acque. Tale nozione si applica ai fini dell'analisi economica di cui all'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto;
  40. [qq) valori limite di emissione: la massa espressa in rapporto a determinati parametri specifici, la concentrazione e/o il livello di un'emissione che non devono essere superati in uno o più periodi di tempo. I valori limite di emissione possono essere fissati anche per determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze. I valori limite di emissione delle sostanze si applicano di norma nel punto di fuoriuscita delle emissioni dall'impianto, senza tener conto dell'eventuale diluizione; per gli scarichi indiretti nell'acqua, l'effetto di una stazione di depurazione di acque reflue può essere preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione dell'impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione dell'ambiente nel suo insieme e di non portare a carichi inquinanti maggiori nell'ambiente;] (1)
  41. rr) controlli delle emissioni: i controlli che comportano una limitazione specifica delle emissioni, ad esempio un valore limite delle emissioni, oppure che definiscono altrimenti limiti o condizioni in merito agli effetti, alla natura o ad altre caratteristiche di un'emissione o condizioni operative che influiscono sulle emissioni;
  42. ss) costi ambientali: i costi legati ai danni che l'utilizzo stesso delle risorse idriche causa all'ambiente, agli ecosistemi e a coloro che usano l'ambiente;
  43. tt) costi della risorsa: i costi delle mancate opportunità imposte ad altri utenti in conseguenza dello sfruttamento intensivo delle risorse al di là del loro livello di ripristino e ricambio naturale;
  44. uu) impianto: l'unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività di cui all'Allegato I del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, e qualsiasi altra attività accessoria, che siano tecnicamente connesse con le attività svolte in uno stabilimento e possano influire sulle emissioni e sull'inquinamento; nel caso di attività non rientranti nel campo di applicazione del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto, l'impianto si identifica nello stabilimento. Nel caso di attività di cui all'Allegato I del predetto decreto, l'impianto si identifica con il complesso assoggettato alla disciplina della prevenzione e controllo integrati dell'inquinamento;
  45. uu-bis) limite di rivelabilità: il segnale in uscita o il valore di concentrazione al di sopra del quale si può affermare, con un livello di fiducia dichiarato, che un dato campione è diverso da un bianco che non contiene l'analita;
  46. uu-ter) limite di quantificazione: un multiplo dichiarato del limite di rivelabilità a una concentrazione dell'analita che può ragionevolmente essere determinata con accettabile accuratezza e precisione. Il limite di quantificazione può essere calcolato servendosi di un materiale di riferimento o di un campione adeguato e può essere ottenuto dal punto di taratura più basso sulla curva di taratura, dopo la sottrazione del bianco;
  47. uu-quater) incertezza di misura: un parametro non negativo che caratterizza la dispersione dei valori quantitativi attribuiti a un misurando sulla base delle informazioni utilizzate;
  48. uu-quinquies) materiale di riferimento: materiale sufficientemente omogeneo e stabile rispetto a proprietà specificate, che si è stabilito essere idonee per un determinato utilizzo in una misurazione o nell'esame di proprietà nominali;
  49. uu-sexies) matrice: un comparto dell'ambiente acquatico, vale a dire acqua, sedimenti, biota;
  50. uu-septies) taxon del biota: un particolare taxon acquatico all'interno del rango tassonomico o "sub phylum", "classe" o un loro equivalente.

Note

(1) Lettera abrogata dal Decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4.

Massime relative all'art. 74 Codice dell'ambiente

Cass. pen. n. 56094/2018

Alla luce della definizione di "scarico" di cui all'art. 74, comma 1, lett. ff), D.Lgs. n. 152/2006, per configurare il reato di scarico abusivo di reflui è irrilevante la momentanea sospensione dell'attività produttiva, ma occorre accertare l'esistenza di un sistema stabile di collettamento che deve collegare senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore in acque superficiali (nella specie, la Cassazione ha ritenuto che non poteva ritenersi provato lo scarico di acque reflue industriali provenienti da un'attività di produzione di mosti e vini basandosi solo sulla mera giacenza di vino nei silos, dopo che era terminata la vendemmia, mancando la prova del sistema stabile di collettamento tra ciclo produttivo e corpo recettore).

Cass. pen. n. 6260/2018

Le acque meteoriche di dilavamento sono costituite dalle sole acque che, cadendo al suolo per effetto di precipitazioni atmosferiche, si depositano su un suolo impermeabilizzato, dilavando le superfici e attingendo indirettamente i corpi recettori, senza subire contaminazioni di sorta con altre sostanze o materiali inquinanti. Da questa premessa discende la coerente esclusione dell'incidenza in materia della competenza regionale fissata dall'art. 113, D.Lgs. n. 152/2006 avendo tale competenza ad oggetto, per espresso dettato normativo, soltanto le acque meteoriche di dilavamento, le acque di prima pioggia e le acque di lavaggio di aree esterne. In tema di tutela penale dall'inquinamento, le acque meteoriche da dilavamento sono costituite dalle sole acque piovane che, cadendo al suolo, non subiscono contaminazioni con sostanze o materiali inquinanti, poiché, altrimenti, esse vanno qualificate come reflui industriali ex art. 74, comma 1, lett. h), D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

Cass. pen. n. 49693/2018

Premesso che le acque meteoriche da dilavamento sono costituite dalle sole acque piovane che, cadendo al suolo, non subiscono contaminazioni con sostanze o materiali inquinanti, perché, altrimenti, vanno qualificate come reflui industriali ex art. 74, lett. h), D.Lgs. n. 152/2006, ricorre il reato di cui all'art. 137, comma 11, D.Lgs. n. 152/2006 in caso di scarico sul suolo di acque reflue industriali, intese come tali le acque meteoriche e di dilavamento dei piazzali che, in conseguenza dello stoccaggio abusivo sui piazzali di rifiuti speciali pericolosi e non, privi di copertura ed esposti agli agenti atmosferici, finivano per riversare sul suolo i componenti inquinanti della produzione.

Cass. pen. n. 52133/2018

Partendo dalla distinzione tra scarico di acque reflue e gestione dei rifiuti idrici e tenendo conto che l'art. 230, comma 5, D.Lgs. n. 152/2006 non è applicabile all'attività di spurgo quando il soggetto non effettui la pulizia manutentiva di fognature (in tal caso l'autospurghista può qualificarsi "produttore"), ma effettui lo spurgo di pozzi neri, fosse Imhoff o bagni mobili (nel qual caso deve qualificarsi "trasportatore di rifiuti prodotti da terzi"), si configura il reato di cui all'art. 256, D.Lgs. n. 152/2006 allorché i reflui trasportati da una ditta di autospurgo, attività per cui è autorizzata, anziché essere conferiti immediatamente presso l'impianto di smaltimento, vengano trattenuti nelle autobotti presso la sede aziendale, realizzando in tal modo uno stoccaggio non autorizzato.

C. giust. UE n. 251/2018

Ai fini della fissazione dell'importo della penalità, i criteri di base da prendere in considerazione per garantire la natura coercitiva di quest'ultima, in vista di un'applicazione uniforme ed effettiva del diritto dell'Unione, sono, in linea di principio, la gravità dell'infrazione, la durata della stessa e la capacità di pagamento dello Stato membro in questione. Per l'applicazione di tali criteri, occorre tener conto, in particolare, delle conseguenze della mancata esecuzione sugli interessi privati e pubblici in gioco, nonché dell'urgenza sentita quanto al fatto che lo Stato membro interessato ottemperi ai propri obblighi.

Cass. pen. n. 6998/2017

L'assimilazione delle acque reflue di vegetazione dei frantoi oleari a quelle domestiche, a norma dell'art. 101 D.Lgs. n. 152/2006, come innovato dalla Legge n. 221/2015, a) opera soltanto ai fini dello scarico in pubblica fognatura; b) non interviene in modo automatico, solo perché si tratti di acque reflue di vegetazione dei frantoi oleari, risultando invero necessario che ricorrano le numerose condizioni di cui alla seconda parte della norma stessa, il cui solo accertamento consente di sottrarre lo scarico delle acque in esame alla disciplina ordinaria di cui al D.Lgs. n. 152/2006 in tema di scarichi industriali.

Cass. pen. n. 50629/2017

La disciplina delle acque è applicabile in tutti quei casi nei quali si è in presenza di uno scarico, anche se soltanto periodico, discontinuo o occasionale, di acque reflue in uno dei corpi recettori specificati dalla legge ed effettuato tramite condotta, tubazioni, o altro sistema stabile. Se presenta, invece, momenti di soluzione di continuità, di qualsiasi genere, si è in presenza di un rifiuto liquido, il cui smaltimento deve essere come tale autorizzato, con conseguente violazione dell'art. 256, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006 (nella specie, si trattava dello sversamento dei reflui promananti da un depuratore comunale nell'area ad esso circostante da cui "ruscellavano" invadendo e ristagnando sul fondo confinante).

Cass. pen. n. 18880/2017

Premesso che la disciplina in materia di scarichi idrici è applicabile in tutti i casi nei quali si è in presenza di uno scarico, anche soltanto periodico, discontinuo o occasionale, di acque reflue in uno dei corpi recettori specificati dalla legge ed effettuato tramite condotte o altro sistema stabile e che in tutti gli altri casi, nei quali manchi il nesso funzionale e diretto delle acque reflue con il corpo recettore, si applica la disciplina sui rifiuti, è configurabile la contravvenzione di cui all'art. 256 del D.Lgs. n. 152/2006 nel caso di sversamento di fanghi, derivanti dalla attività di troticoltura, che, dopo essere stati raccolti in vasche di sedimentazione - elemento questo che, di per sé, escludeva la possibilità di applicare ad essi la ordinaria disciplina degli scarichi idrici stante la presenza di tali elementi intermedi fra il momento di produzione dei reflui e quello di loro trasferimento verso il corpo recettore - si riversavano in maniera incontrollata all'esterno delle stesse (nella specie, le vasche erano utilizzate esse stesse per l'allevamento di tal che venivano meno alla funzione di vasche di decantazione perché la presenza, ed il conseguente frenetico movimento di diverse centinaia di pesci all'interno di esse, impediva la sedimentazione dei rifiuti che, tracimando al di fuori delle vasche, si riversavano nel terreno circostante sino agli adiacenti corsi d'acqua).

Cass. pen. n. 38946/2017

In tema di inquinamento idrico l'assimilazione, ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, di determinate acque reflue industriali alle acque reflue domestiche è subordinata alla dimostrazione della esistenza delle specifiche condizioni individuate dalle leggi che la prevedono, restando applicabili, in difetto, le regole ordinarie. (Fattispecie di scarichi di reflui provenienti da attività di cantina di un'azienda vinicola). (Rigetta, Trib. Pordenone, 1 dicembre 2016).

Corte cost. n. 233/2009

È costituzionalmente legittimo l'art. 75, comma 4 D.Lgs. n. 152/2006 nella parte in cui stabilisce che, con decreto dei Ministri competenti, si modifichino gli Allegati alla Parte III dello stesso decreto legislativo, per dare attuazione alle direttive comunitarie per le parti in cui queste modifichino modalità esecutive e caratteristiche tecniche delle direttive, recepite nella Parte III. Nelle materie di potestà legislativa esclusiva, quale è quella di tutela dell'ambiente, lo Stato ha il potere di dare attuazione alle direttive comunitarie (sentenza n. 399 del 2006), in particolare riguardo all'assolvimento di obblighi comunitari generali per tutto il territorio dello Stato (sentenza n. 412 del 2001, in materia di disciplina degli scarichi).

Cass. pen. n. 35138/2009

Sono da considerarsi rifiuti allo stato liquido, soggetti alla disciplina dell'art. 256 D.Lgs. n. 152 del 2006, i reflui stoccati in attesa di un successivo smaltimento, fuori del caso delle acque di scarico, ovvero di quelle oggetto di diretta immissione nel suolo, nel sottosuolo o nella rete fognaria mediante una condotta o un sistema stabile di collettamento e che l'interruzione funzionale del nesso di collegamento diretto fra la fonte di produzione del liquame ed il corpo ricettore determina la trasformazione del liquame di scarico in un ordinario rifiuto liquido, con la conseguente inapplicabilità delle disposizioni del decreto legislativo 11 maggio 1999 n. 152 ed il necessario rispetto delle previsioni del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22.

Cass. pen. n. 12865/2009

Nella nozione di acque reflue industriali, ex art. 74 lett. h) D.Lgs. 152/06 rientrano tutti i tipi di acqua derivante dallo svolgimento di attività produttive, poiché detti reflui non attengono prevalentemente al metabolismo umano ed alle attività domestiche di cui alla nozione di acque reflue domestiche prevista dall'articolo 74 lett. g) stesso decreto (fattispecie relativa ad acque di condensa provenienti da frigoriferi ove erano conservati prodotti ittici; nonché di quelle prodotte dal lavaggio dei locali e dei macchinari).

Corte cost. n. 61/2009

È costituzionalmente illegittimo l'art. 14 comma 1 L. reg. Valle d'Aosta 3 dicembre 2007 n. 31, in relazione all'art. 117 comma 2 lett. s) Cost., il quale prevede che "i materiali inerti da scavo non costituiscono rifiuti e non sono assoggettati alle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 152/2006" qualora derivanti da materiali "la cui qualità ambientale risulti essere corrispondente almeno allo stato chimico di buono, come definito dall'art. 74, comma 2, lett. z), D.Lgs. n. 152/2006". Si tratta di disposizione che attiene alla stessa definizione di "rifiuto", riguardante la materia della tutela ambientale affidata alla competenza esclusiva dello Stato, e che non è riferibile a nessuna altra competenza propriamente regionale né statutaria né desumibile dal combinato disposto degli artt. 117 cost. e art. 10 L. cost. n. 3 del 2001; la disciplina statale, prevedendo, invece, che tali materie sono rifiuti, non consente l'esclusione fissata dal legislatore regionale.

Cass. pen. n. 42529/2008

Rientrano tra le acque reflue industriali quelle che possiedono qualità, necessariamente legate alla composizione chimica-fisica, diverse da quelle proprie delle acque metaboliche e domestiche.

Cass. pen. n. 41850/2008

Rientrano tra le acque reflue industriali quelle che possiedono qualità necessariamente legate alla composizione chimico fisica diverse da quelle proprie delle acque metaboliche domestiche, mentre rientrano nelle acque domestiche tutti i reflui derivanti da attività che attengono strettamente alla coabitazione ed alla convivenza delle persone.

Cass. pen. n. 38411/2008

In tema di utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, la cui disciplina si pone in deroga alla normativa sui rifiuti, sussiste continuità tra la normativa di cui al D.Lgs. n. 152/99 e la successiva di cui al D.Lgs. n. 152/2006 e successive modifiche, sia con riguardo alla nozione di utilizzazione, sia con riguardo ai criteri di applicazione del diritto transitorio, sia, infine, con riguardo al trattamento sanzionatorio. (Annulla con rinvio, Trib. Udine s.d. Palmanova, 29 Novembre 2007).

Cass. pen. n. 26543/2008

La modifica alla nozione di "scarico" dal D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 è strumentale unicamente a riaffermare la nozione di scarico "diretto", riproponendo in forma più chiara e netta la distinzione esistente tra la nozione di acque di scarico e quella di rifiuti liquidi.

La formulazione dell'art. 74, lettera h) introdotta dal D.Lgs. 4/2008, secondo cui sono da considerare "acque reflue industriali qualsiasi tipo di acque reflue scaricate (e non più, quindi, "provenienti da" come recitava la precedente formulazione dello stesso articolo contenuta nel D.Lgs. 152/ 06) da edifici od impianti in cui si svolgono le attività commerciali o di produzione di beni diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento (per queste ultime è stato invero soppresso anche l'inciso "intendendosi per tali anche quelle venute in contatto con sostanze o materiali anche inquinanti, non connessi con le attività esercitate nello stabilimento"), come si rileva dalla relazione di accompagnamento alle modifiche, è strumentale unicamente a riaffermare la nozione di "scarico diretto" in maniera da riproporre in forma più chiara e netta la distinzione esistente tra la nozione di acque di scarico da quella di rifiuti liquidi.

Cass. pen. n. 26739/2008

Per scarico deve intendersi l'immissione nel corpo recettore tramite condotta o comunque tramite un sistema di canalizzazione, anche se non necessariamente costituito da tubazioni.

Cass. pen. n. 40191/2007

La verifica sugli scarichi inquinanti deve essere effettuata scomputando dalla concentrazione al momento dello scarico quella esistente al punto di prelievo si applica anche agli scarichi inquinanti nella laguna di Venezia, la quale, pur essendo sottoposta ad un regime speciale, non si sottrae, tuttavia, alla regola appena descritta.

Cass. pen. n. 35888/2006

La definizione di "scarico" contenuta nel D.Lgs. n. 152 del 2006 non prevede, come mezzo essenziale per l'esecuzione dello stesso, la presenza di tubazioni o apparecchiature speciali costituenti vera e propria "condotta", dovendo ritenersi che integra scarico in senso giuridico qualsiasi sistema di deflusso, oggettivo e duraturo, che comunque canalizza (senza soluzione di continuità, in modo artificiale o meno) i reflui dal luogo di produzione al corpo recettore e, nella fattispecie in esame, è stato riscontrato appunto un collegamento non interrotto e non occasionale tra fonte di riversamento e corpo ricettore.

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