Corte costituzionale sentenza n. 233 del 23 luglio 2009

(7 massime)

(massima n. 1)

È inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 73 del D.Lgs. n. 152 del 2006, proposta, in riferimento all'art. 117, terzo comma, della Costituzione, dalla Regione Calabria, avendo la ricorrente formulato una censura di carattere generico e avendo, altresì, omesso di evidenziare gli aspetti specifici ritenuti lesivi delle prerogative regionali. Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 73, comma 2, del D.Lgs. n. 152 del 2006, proposta, in riferimento all'art. 117, terzo comma, della Costituzione, dalla Regione Calabria. L'elencazione, da parte della norma censurata, degli strumenti atti a realizzare il raggiungimento degli obiettivi per la tutela delle acque superficiali, marine e sotterranee, non viola le prerogative regionali nella materia concorrente del "governo del territorio" ovvero, in subordine, il principio di leale collaborazione per mancata previsione dell'intesa con i rappresentanti delle Regioni, poiché la previsione degli strumenti è formulata a livello generale, organizzativo, al fine di assicurare standard omogenei sul territorio nazionale, in ordine alle modalità di conseguimento degli obiettivi. Inoltre, nella materia ambientale, lo Stato non è vincolato a stabilire solo norme di principio quando sussista la concomitante possibilità per le Regioni di intervenire nell'esercizio delle loro competenze in tema di tutela della salute e governo del territorio. Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 73, c. 2, del D.Lgs. n. 152/2006, Codice dell'ambiente, il quale, indica gli strumenti attraverso i quali raggiungere, nell'ambito della tutela delle acque superficiali, marine e sotterranee, gli obiettivi di cui al c. 1. La previsione di strumenti per il raggiungimento degli obiettivi di tutela ambientale è formulata infatti a livello generale, organizzativo, al fine di assicurare standard omogenei sul territorio nazionale, in ordine alle modalità di conseguimento degli obiettivi. Il carattere generale, unitario, non interferente su specifiche realtà territoriali, si ritrova nella disposizione di chiusura della norma (c. 3), in cui si prevede che "il perseguimento delle finalità e l'utilizzo degli strumenti contribuiscono a proteggere le acque territoriali e marine e a realizzare gli obiettivi degli accordi internazionali in materia". Del resto, nella materia ambientale, di potestà legislativa esclusiva, lo Stato non si limita a porre principi (come nelle materie di legislazione concorrente): il fatto che tale competenza statale non escluda la concomitante possibilità per le Regioni di intervenire, nell'esercizio delle loro competenze in tema di tutela della salute e di governo del territorio, non comporta che lo Stato debba necessariamente limitarsi, allorquando individui l'esigenza di interventi di questa natura, a stabilire solo norme di principio.

(massima n. 2)

È costituzionalmente legittimo l'art. 75, comma 4 D.Lgs. n. 152/2006 nella parte in cui stabilisce che, con decreto dei Ministri competenti, si modifichino gli Allegati alla Parte III dello stesso decreto legislativo, per dare attuazione alle direttive comunitarie per le parti in cui queste modifichino modalità esecutive e caratteristiche tecniche delle direttive, recepite nella Parte III. Nelle materie di potestà legislativa esclusiva, quale è quella di tutela dell'ambiente, lo Stato ha il potere di dare attuazione alle direttive comunitarie (sentenza n. 399 del 2006), in particolare riguardo all'assolvimento di obblighi comunitari generali per tutto il territorio dello Stato (sentenza n. 412 del 2001, in materia di disciplina degli scarichi).

(massima n. 3)

È inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 75, comma 1, lettera b), del D.Lgs. n. 152 del 2006, proposta, in riferimento agli artt. 117, quarto comma, e 118, primo comma, della Costituzione, dalla Regione Calabria, stante la genericità delle doglianze, alla luce della "neutralità" dell'espressione normativa che fa salve le competenze regionali e statali, nelle loro possibili reciproche implicazioni. Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 75, comma 4, del D.Lgs. n. 152 del 2006, proposta, in riferimento all'art. 117, terzo comma, della Costituzione, dalla Regione Calabria. Premesso, infatti, che nelle materie di potestà legislativa esclusiva, quale è quella di tutela dell'ambiente, lo Stato ha il potere di dare attuazione alle direttive comunitarie, l'allocazione a livello statale delle funzioni amministrative in materia ambientale - la cui attribuzione può essere disposta in base ai criteri generali dettati dall'art. 118, primo comma, della Costituzione - è comunque giustificata da ragioni di unitarietà ed uniformità ordinamentali. Non è fondata la questione di legittimità costituzionale, per violazione dell'art. 119 Cost., dell'art. 75, c. 5 del D.Lgs. n. 152/2006, Codice dell'ambiente. Essa riguarda la divulgazione, da parte delle Regioni, delle informazioni sullo stato di qualità delle acque e la trasmissione al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) dei dati conoscitivi e delle informazioni relative all'attuazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, e di quelli prescritti dalla disciplina comunitaria. Tali obblighi vanno inquadrati, quanto al primo, nell'ambito della normativa in tema di informazione ambientale, che grava sulla pubblica amministrazione, ed è disciplinato dal D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 195, di attuazione della Direttiva n. 2003/4/CE, sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale; il secondo rimette le informazioni sullo stato di attuazione della Parte III del Codice dell'ambiente al coordinamento esercitato dallo Stato, non in quanto titolare della potestà legislativa esclusiva in materia ambientale, bensì nell'ambito della tutela del diritto di accesso del pubblico ai documenti amministrativi, riguardo ai quali lo Stato fissa i livelli essenziali delle prestazioni, ma la cui attuazione compete a tutti gli organi di amministrazione. Il rispetto dell'autonomia delle Regioni, senza dubbio necessario anche sotto il profilo della provvista di mezzi finanziari per fronteggiare nuovi oneri, è assicurato dalla previsione circa l'attuazione di tale forma di collaborazione previa intesa con gli enti interessati o con gli organismi rappresentativi degli stessi. È proprio il caso della norma in esame, che demanda le modalità di diffusione e di trasmissione dei dati e delle informazioni ad un decreto ministeriale adottato d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano: il decreto, avendo ad oggetto gli aspetti organizzativi, ben potrà regolare i costi delle operazioni. Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 75, comma 5, del D.Lgs. n. 152 del 2006, proposta, in riferimento all'art. 119 della Costituzione, dalla Regione Toscana e dalla Regione Marche. Ed invero, allorché lo Stato si avvalga di uffici regionali (nella specie per la divulgazione delle informazioni sullo stato di qualità delle acque e di trasmissione all'APAT dei dati conoscitivi e delle informazioni relative all'attuazione del codice dell'ambiente e della normativa comunitaria), il rispetto dell'autonomia finanziaria delle Regioni (sotto il profilo della ricaduta degli oneri economici derivanti sul bilancio) è assicurato dalla possibilità che i costi delle operazioni vengano regolati in un decreto ministeriale adottato d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni. Non è fondata la questione di legittimità costituzionale, dell'art. 75, c. 4, del D.Lgs. n. 152/2006, Codice dell'ambiente, nella parte in cui stabilisce che, con decreto dei Ministri competenti, si modifichino gli Allegati alla Parte III dello stesso decreto legislativo, per dare attuazione alle direttive comunitarie per le parti in cui queste modifichino modalità esecutive e caratteristiche tecniche delle direttive, recepite nella Parte III. Nelle materie di potestà legislativa esclusiva, quale è quella di tutela dell'ambiente, lo Stato ha infatti il potere di dare attuazione alle direttive comunitarie, in particolare riguardo all'assolvimento di obblighi comunitari generali per tutto il territorio dello Stato. Riguardo al possibile contenuto esecutivo e di dettaglio delle modifiche, nella materia della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, lo Stato non si limita a dettare norme di principio, anche riguardo alle funzioni amministrative, la cui attribuzione può essere disposta in base ai criteri generali dettati dall'art. 118, c. 1, Cost., del resto compatibile con la disciplina dell'ambiente. Gli allegati alla Parte III del D.Lgs. n. 152 del 2006, inoltre, danno attuazione alla Parte II dello stesso decreto legislativo, che si muove nella materia ambientale, pur se i correttivi da inserire, demandati a decreti ministeriali, riguardino modalità di ordine esecutivo e caratteristiche tecniche per le quali si impone una disciplina unitaria a carattere nazionale. A parte il fatto che il potere di emanare regolamenti nelle materie di competenza statale esclusiva, di cui al c. 6 dell'art. 117 Cost., discende direttamente dalla Costituzione, sono sussistenti ragioni di unitarietà ed uniformità ordinamentali tali da richiedere l'allocazione a livello statale delle funzioni amministrative in materia, tanto più che la fissazione delle modalità tecniche generali era assegnata allo Stato già dagli artt. 80 e 88 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112.

(massima n. 4)

È inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 77, comma 5, del D.Lgs. n. 152 del 2006, proposta, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione e al principio di leale collaborazione dalla Regione Toscana e dalla Regione Marche, trattandosi di impugnazione proposta in termini ipotetici.

(massima n. 5)

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 87, comma 1 D.Lgs. n. 152/2006 nella parte in cui prevede che prevede l'intesa con il Ministero delle politiche agricole e forestali nella designazione, da parte delle Regioni, delle acque marine costiere e salmastre richiedenti protezione e miglioramento per consentire la vita e lo sviluppo di banchi e di popolazioni naturali di molluschi bivalvi e gasteropodi, per contribuire alla buona qualità dei prodotti della molluschicoltura commestibili per l'uomo. Premesso che la molluschicoltura deve essere ascritta all'ambito materiale della pesca, e rientra quindi nella competenza legislativa residuale delle Regioni, la necessità dell'intesa con il Ministro delle politiche agricole e forestali è giustificata dal fatto che la disposizione censurata ha ad oggetto le acque marine e costiere, ragione per la quale - a differenza delle acque dolci interne che hanno un preciso collegamento bacino territoriale di riferimento - sono coinvolti interessi che sovraintendono organi statali, nonché esigenze di tutela dell'ecosistema, e competenze concorrenti, tra le quali, in particolare, quella della "tutela dell'alimentazione".

(massima n. 6)

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 87, comma 1, del D.Lgs. n. 152 del 2006, proposta, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione, dalla Regione Calabria, in riferimento all'art. 117, quarto comma, della Costituzione, dalla Regione Marche, in riferimento agli artt. 117, quarto comma, e 118, primo comma, della Costituzione, dalla Regione Toscana. Ed invero, premesso che la molluschiocoltura deve essere ascritta all'ambito materiale della pesca, costituendo, pertanto, materia di competenza legislativa residuale delle Regioni, la necessità dell'intesa con il Ministro delle politiche agricole e forestali è giustificata dal fatto che la disposizione censurata ha ad oggetto le acque marine e costiere, ragione per la quale - a differenza delle acque dolci interne che hanno un preciso collegamento al bacino territoriale di riferimento - sono coinvolti interessi cui sovraintendono organi statali, nonché esigenze di tutela dell'ecosistema e competenze concorrenti, tra le quali, in particolare, quella della "tutela dell'alimentazione". È ammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 87, comma 1, del D.Lgs. n. 152 del 2006, proposta, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, potendo le Regioni invocare parametri diversi da quelli compresi nel Titolo V della Parte II della Costituzione, purché la violazione ridondi a pregiudizio delle competenze regionali (in motivazione la Corte ha precisato che la violazione di principi della legge delega può sortire questo effetto, ove la delega sia finalizzata al riordino delle competenze). Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 87, comma 1, del D.Lgs. n. 152 del 2006, proposta, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, dalla Regione Calabria, in quanto la disposizione censurata non comporta un ridimensionamento del ruolo regionale rispetto alle norme di riparto vigenti in materia, giacché "la determinazione dei criteri generali per il monitoraggio e il controllo della fascia costiera finalizzati in particolare a definire la qualità delle acque costiere, l'idoneità alla balneazione, nonché l'idoneità alla molluschicoltura e sfruttamento dei banchi naturali di bivalvi" rientrava già tra i compiti di rilievo nazionale, di cui all'art. 80, lettera q), del D.Lgs. n. 112 del 1998, il cui rispetto è posto come criterio direttivo dalla legge delega (art. 1, comma 8, della legge n. 308 del 2004). E se la designazione, nell'ambito delle acque marine costiere e salmastre, di quelle da tutelare, anche ai fini del miglioramento dei prodotti della molluschicoltura (con formulazione normativa anche testualmente coincidente con il nuovo art. 87 del D.Lgs. n. 152 del 2006), era attribuita alle Regioni dall'abrogato art. 14 del D.Lgs. n. 152 del 1999, il compito del Codice dell'ambiente è proprio quello del "riordino, coordinamento e integrazione delle disposizioni legislative nei seguenti settori e materie", e tra queste (lettera b), la "tutela delle acque dall'inquinamento e gestione delle risorse idriche". Non è fondata la questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 117 e 118 Cost, dell'art. 87 del D.Lgs. n. 152/2006, Codice dell'ambiente, ove prevede l'intesa con il Ministero delle politiche agricole e forestali nella designazione, da parte delle Regioni, delle acque marine costiere e salmastre richiedenti protezione e miglioramento per consentire la vita e lo sviluppo di banchi e di popolazioni naturali di molluschi bivalvi e gasteropodi, per contribuire alla buona qualità dei prodotti della molluschicoltura commestibili per l'uomo. L'art. 87, nell'ambito del Capo II della Sezione II, dedicato alle acque a specifica destinazione, ha ad oggetto le acque marine e costiere, ed è per questo che, a differenza delle acque dolci interne, che hanno un preciso collegamento al bacino territoriale di riferimento, in cui si configura la competenza regionale, coinvolgono interessi cui sovrintendono organi statali. La molluschicoltura deve a sua volta essere ascritta all'ambito materiale della pesca, di competenza legislativa residuale delle Regioni. Concorrono, però, con essa anche competenze statali, connesse principalmente, ma non esclusivamente, alla tutela dell'ecosistema e competenze concorrenti. Occorre applicare il principio di leale collaborazione, postulandosi la necessità di intese a livello attuativo, nell'individuazione degli ambienti marini in cui tutelare le popolazioni naturali di molluschi e garantire la buona qualità dei prodotti della molluschicoltura.

(massima n. 7)

L'art. 75, comma 5 del D.Lgs. n. 152/2006 prevede che le Regioni debbano porre in essere azioni dirette all'acquisizione di informazioni finalizzate al controllo e monitoraggio sullo stato di qualità delle acque ed alla trasmissione al Dipartimento tutela acque interne e marine dell'APAT (Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici) dei dati conoscitivi relativi all'attuazione dello stesso decreto legislativo, nonché di quelli prescritti dalla disciplina comunitaria, secondo modalità da indicare con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri competenti, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato e Regioni. Tali obblighi vanno inquadrati, quanto al primo, nell'ambito della normativa in tema di informazione ambientale, che grava sulla pubblica amministrazione, ed è disciplinato dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, di attuazione della direttiva 2003/4/CE, sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale; il secondo rimette le informazioni sullo stato di attuazione della Parte III del Codice dell'ambiente al coordinamento esercitato dallo Stato, non in quanto titolare della potestà legislativa esclusiva in materia ambientale, bensì nell'ambito della tutela del diritto di accesso del pubblico ai documenti amministrativi, riguardo ai quali lo Stato fissa i livelli essenziali delle prestazioni, ma la cui attuazione compete a tutti gli organi di amministrazione.

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